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Gli U23 con più valore: Yamal frantuma ogni record, gli italiani…

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Il noto osservatorio calcistico CIES ha stilato la lista dei calciatori Under 23 che hanno aumentato di più il proprio valore.

CIES, Yamal e la Premier dominano la classifica

Il 16enne del Barcellona, Lamine Yamal, sta frantumando ogni record. Fenomeno di precocità, svetta davanti a tutti anche nella speciale classifica stilata dal CIES. Il noto osservatorio calcistico ha redatto una lista con tutti i calciatori Under-23 che hanno accresciuto maggiormente il proprio valore nel corso della stagione corrente.

Fra questi, il canterano blaugrana primeggia con un aumento esponenziale del proprio valore di mercato. Valore che il CIES stima attorno ai 150 milioni di euro: un incremento record del 1200% rispetto alla sua iniziale valutazione di poco superiore ai 10 milioni. Yamal crea un solco dietro di sé, poiché subito dopo troviamo un altro enfant prodige ovvero Joao Neves del Benfica. Il lusitano è l’ennesimo gioiello sfornato dal celebre centro di formazione delle Aquile di Lisbona, il cui valore di mercato a oggi supera i 100 milioni di euro.

Se parliamo solamente del valore e non di quanto quest’ultimo è aumentato nel corso dei mesi, al secondo posto in assoluto troviamo Florian Wirtz del Bayer Leverkusen. Il tedesco è valutato quasi 130 milioni e la cosa sorprendente è che la sua quotazione di mercato è lievitata di 47 milioni nonostante sia reduce da un infortunio al crociato. Chiude il podio Cole Palmer del Chelsea, valutato 117 milioni. L’inglese è terzo anche nella classifica delle crescite, completando il podio assieme a un altro ex-City ovvero Savio del Girona.

Di seguito, la TOP 10 completa:

CIES

Come sono messe l’Italia e la Serie A?

Il primo giocatore italiano a comparire in questa classifica non gioca (più) in Serie A. Parliamo infatti dell’ex Udinese Destiny Udogie, che al Tottenham si è trasformato da interessante cursore di centrocampo in uno dei laterali puri più forti d’Europa in prospettiva. Udogie occupa il 19esimo posto, con un incremento registrato di 35 milioni di euro, e il 15esimo per valore assoluto. Il primo giocatore attualmente militante in Serie A è ancora un italiano e parliamo di Kayode, rivelazione stagionale nella Fiorentina.

Kayode è nella TOP 50 dei giocatori che hanno aumentato il proprio valore grazie al +28 registrato in questa sua prima stagione fra i professionisti. Non entra nella TOP 50 invece Yildiz, fermo a 21 milioni di incremento. Se parliamo solo di valori assoluti, il primo italiano in lista è Scalvini dell’Atalanta. Il prodotto del settore giovanile orobico è di un pelo fuori dalla TOP 10, dato che è 11esimo con un valore di mercato di 95 milioni.

Parlando invece di squadre, dominano i campionati inglesi con 29 rappresentanti. Non solo grazie alla onnipresente Premier League, ma anche grazie al Championship. Campionato in costante ascesa, come dimostra la presenza di Archie Gray (33esimo) del Leeds e Abdul Fatawu (39esimo) del Leicester. Segue a ruota la Liga con 17 rappresentanti, poi la Bundesliga (14) e infine la Ligue 1 (11). Il Brighton invece è la squadra più rappresentata, avendo portato nella TOP 100 la bellezza di undici calciatori.

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Perché sono (quasi) tutti contenti della retrocessione del Sassuolo?

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Sassuolo, Andrea Pinamonti

Raramente nella storia del calcio italiano si sono viste squadre in grado di catalizzare su sé stessi l’odio delle tifoserie come il Sassuolo.

Su sapiente consiglio di uno dei miei colleghi caporedattori, mi sono imbattuto in un articolo (ottimo, come sempre) di Rivista Undici a firma di Francesco Gerardi. Ottimo nella forma, un po’ meno (ma questo è soggettivo) nella sostanza. Il Sassuolo è un accentratore trasversale di odio calcistico (e su questo siamo tutti d’accordo) ma taluni sembrano quasi voler scaricare la colpa su chi ne rigetta il modello imprenditoriale.

Il Sassuolo non è solo l’emanazione calcistica del capitalismo finanziario (e quindi è inevitabile che non stia simpatico a molti, basti pensare a l’RB Leipzig in Germania) ma è altresì l’estremizzazione di quelli che sono i principali capi d’accusa degli anti-capitalisti. Ovvero, i clienti (perché di clienti si tratta) non sono tutti uguali. E i clienti, in questo caso, sono le squadre di calcio che fanno affari con il Sassuolo.

Affari molto redditizi per alcuni, molto meno per altri. Non si tratta semplicemente di “vendere tanto e bene” perché quello è legittimo: il tesserato è tuo e decidi tu società se e a quanto venderlo. Il discorso verte più che altro su i rapporti “sospetti” che intercorrono fra il Sassuolo e alcune società calcistiche. Sul modo in cui i neroverdi si mostrino intransigenti con taluni e sul loro atteggiamento quasi accondiscendente con talaltro.

Perché è impossibile non ricordarsi di come il Sassuolo (anche per la volontà del giocatore di vestire bianconero) rifiutò 40 milioni di sterline cash dall’Arsenal per Locatelli, salvo poi cederlo alla Juventus con una formula che sembra uscita direttamente da un film di Totò. Non è possibile dimenticarsi della formula cervellotica che ha permesso all’Inter, nonostante la sua situazione economica, di spendere oltre 30 milioni di euro per Frattesi.

Per non parlare dell’acquisto di Missori e Volpato. Arrivati letteralmente per “fare un favore alla Roma“, per stessa ammissione dell’amministratore delegato Giovanni Carnevali. Un “aiuto” da oltre dieci milioni di euro complessivi, con i due prodotti del vivaio giallorosso che in due hanno totalizzato 1085 minuti sin qui in stagione.

Massimo rispetto per i colleghi di Rivista Undici, ma se ieri sera molti tifosi italiani si sono detti contenti della retrocessione dei neroverdi non si può imputar loro nulla. Del resto dietro al calcio si annidano furtivi interessi economici che noi comuni mortali non possiamo nemmeno immaginare e i cui scheletri nell’armadio vengono disvelati soltanto molti anni dopo i fatti “incriminati”. Chiedere al Chievo per conferma.

Sassuolo

ANSA / SERENA CAMPANINI

 

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Roma, 5 talenti che Ghisolfi può “portarsi” dalla Francia

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La Roma si appresta ad accogliere Florent Ghisolfi come nuovo direttore sportivo e potrebbe portare con sé alcuni talenti della Ligue 1.

Roma, le giovanili del Nizza sono una miniera d’oro

Amidou Doumbouya era stato accostato a numerosi club italiani (e non solo) lo scorso autunno, quando sembrava che potesse liberasi a parametro zero dal Souchax. Poi però questo scenario non si è verificato in quanto il Nizza lo ha acquistato per mezzo milione di euro. Sintomatico della grande fiducia che il club nutre nei suoi confronti, e ora servirebbe un esborso economico importante per portarlo via dalla Francia.

Classe 2007, compirà 17 anni il prossimo 5 agosto, è un difensore centrale mancino (merce rara al giorno d’oggi) molto strutturato fisicamente. Attualmente fa parte dell’U19 del Nizza ed è nel giro dell’U17 della Francia. Non ha ancora esordito in Ligue 1, ma ha esordito in prima squadra negli ottavi di finale della Coupe de France. Ha infatti giocato tre minuti da subentrato nella partita che il Nizza ha vinto 4-1 sul campo del Montpellier.

Altri due giocatori molto interessanti, sempre del Nizza ma questi provenienti dal centro di formazione, sono Tom Louchet e Daouda Traoré. Fra i due Louchet è sicuramente quello più pronto, in quanto ha collezionato 15 presenze con la prima del Nizza: realizzando anche 2 gol e 1 assist. Migliore in campo nella partita che ieri sera il Nizza ha pareggiato sul campo del Lille, Louchet è un centrocampista eclettico ed estremamente versatile.

Farioli lo ha spesso impiegato come mezz’ala in un centrocampo a tre, ma può tranquillamente giocare anche da centrocampista di fascia. Al Pierre-Mauroy, per esempio, è stato impiegato da quinto di destra nella difesa a tre provata da Farioli. Traoré è un classe 2006, in procinto di compire la maggiore età, che ha esordito (esattamente come Doumbouya) nella vittoria di Coupe de France contro il Montpellier. In Ligue 1 ha esordito proprio ieri sera sul campo del Lille e aveva anche bagnato il suo esordio con un gol, annullato però dal VAR per fuorigioco.

Se Louchet (classe 2003) è un giocatore più brevilineo, Traoré è un centrocampista prettamente difensivo e dalla imponente struttura fisica. Le sue qualità tecniche e atletiche, tuttavia, gli permettono di giocare anche più avanti o più defilato, come dimostra l’inserimento con il quale aveva regalato al Nizza una vittoria pesante (ma inutile) sul campo del Nizza prima che il VAR (come detto poc’anzi) glielo annullasse per fuorigioco millimetrico.

Garanzia Monaco: dal “nuovo Mbappé” al pallino di Furlani

Il sogno sarebbe Eliesse Ben Seghir. Considerato in patria il “nuovo Mbappé“, come lui è cresciuto nelle giovanili del Monaco e si è stabilmente insediato in prima squadra da giovanissimo, la sua imposizione è stata rallentata da due importanti infortunati (uno alla coscia e uno spalla) occorsi nella prima parte della stagione.

Quando è tornato non ha trovato moltissimo spazio nelle gerarchie di Hutter, che nel frattempo era riuscito a costruire una squadra rodata in cui era difficile trovare spazio, e questo potrebbe favorire le squadre interessate potenzialmente al giocatore. Anche perché il Monaco ci ha abituato a cedere i suoi talenti per il giusto prezzo.

Ben Seghir ha giocato titolare le ultime due gare di campionato, che per i monegaschi non contavano nulla in quanto già certi della partecipazione diretta alla prossima edizione della Champions League, e proprio contro il Nantes (nell’ultima giornata di questa Ligue 1) ha segnato il suo secondo gol stagionale. Sempre nel Monaco gioca il maliamo Soungoutou Magassa: classe 2003 e altro prodotto del settore giovanile monegasco,

Mediano dall’importante struttura fisica, che all’inizio di questa stagione è stato arretrato anche come difensore centrale. Hutter se n’era calcisticamente innamorato, facendogli giocare da titolare 11 delle prime 13 partite stagionali, salvo poi relegarlo in panchina una volta che Salisu è tornato dall’infortunio. Magassa è tornato a giocare titolare (ieri sera contro il Nantes) dopo oltre tre mesi: l’ultima volta il 4 Febbraio contro il Le Havre.

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Il VAR sarà abolito in Premier League? I primi “exit poll” dei media inglesi…

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E’ improbabile che il partito abolizionista, guidato dal Wolverhampton, abbia i voti per far abolire il VAR, ma questo lo sanno già.

Il VAR sarà abolito in Premier? La situazione

Ha fatto molto scalpore la notizia, trapelata negli scorsi giorni, secondo la quale in Inghilterra si sarebbe presto tenuta una votazione per l’abolizione del VAR. Votazione che effettivamente ci sarà, ma che salvo sorprese non si concluderà con l’abolizione della tecnologia. Quasi certamente la prossima stagione di Premier League vedrà (suo malgrado) ancora l’utilizzo del VAR, quindi è già tutto finito?

Assolutamente no, in quanto (riporta Sky Sports UK) il Wolverhampton (ovvero il club fautore della protesta e che guida il “partito degli abolizionisti“) è sempre stato perfettamente consapevole che la mozione non sarebbe passata. “E allora perché farla” potrebbe obiettare qualcuno, ma non sarebbe un ragionamento sensato.

Perché le opposizioni dovrebbe proporre degli emendamenti se perfettamente consapevoli del fatto che non passeranno, dato che, per definizione, hanno la minoranza in parlamento? Semplice, per rendere una questione di dominio pubblico. I Wolves sono perfettamente consapevoli che il VAR sta danneggiando il calcio e con questa mossa vogliono creare un precedente, sensibilizzando ulteriormente l’opinione pubblica.

VAR

LPS/Fabrizio Carabelli

Persa la battaglia, non la “guerra”

Opinione pubblica che, se questa votazione fosse un referendum, non avrebbe dubbi sul propendere per l’abolizione del VAR. La stessa forza non c’è (ancora) nelle aule della Premier League, ma fino a qualche mese fa sarebbe stato impossibile anche solo pensare di ascoltare una notizia del genere.

Il VAR veniva etichettato dalla propaganda come indispensabile, come il velivolo che avrebbe traghettato il calcio verso la modernità e verso un’utopia egalitaria. E invece, una manciata di anni dopo la sua implementazione, ci troviamo già di fronte alla possibilità concreta di una rinuncia del calcio a questa tecnologia.

Del resto lo avevamo detto che la Svezia, con la sua scelta di rifiutare l’implementazione del VAR, avesse segnato una svolta storica nella forma mentis del pallone. E anche in quel caso ci eravamo detti che la “guerra” fosse ben lungi dall’essere vinta. Però i Wolves hanno svelato l’elefante nella stanza, rendendo il leitmotiv (“It’s not football anymore“) sempre più una realtà socialmente accettabile e sempre meno una posizione controcorrente.

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