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Derby della Mole: Juventus e Torino
La storia della rivalità tra Juventus e Torino è un derby che va oltre il calcio, la rivalità tra Juventus e Torino è molto più di una semplice sfida calcistica.
Quand’è nata la rivalità tra Juventus e Torino

Il Derby della Mole è uno degli incontri più intensi e appassionanti del calcio italiano. La rivalità tra Juventus e Torino è radicata profondamente nella storia di Torino e nel tessuto sociale della città. Questa rivalità è stata plasmata nel corso degli anni da una serie di eventi che hanno contribuito a definire l’importanza e il significato di questo derby.
Tutto ha inizio nel lontano 1906! La Juventus, fondata nel 1897, rappresenta il cuore della borghesia torinese, con una storia ricca di successi nazionali e internazionali che l’hanno resa una delle squadre più titolate al mondo. Dall’altra parte c’è il Torino, nato nel 1906 da una scissione della Juventus e divenuto il simbolo della classe operaia torinese. Questa dualità sociale ha alimentato la rivalità tra le due squadre, trasformando il derby in uno degli eventi più attesi e sentiti della stagione calcistica italiana.
La rivalità tra Juventus e Torino è molto più di una semplice sfida calcistica; è una narrazione intrecciata con la storia stessa di Torino, una città divisa tra due colori, due passioni e due tradizioni. Questo derby, conosciuto come il “Derby della Mole” in riferimento alla Mole Antonelliana che sovrasta la città, ha radici profonde che risalgono ai primi giorni del calcio italiano.
Il primo incontro ufficiale tra Juventus e Torino si è svolto il 13 gennaio 1907, con la vittoria della Juventus per 2-1. Da allora, le partite tra le due squadre sono diventate un momento di grande passione e rivalità per i tifosi.
La storia del derby è segnata da momenti di grande dramma e passione. Uno degli episodi più toccanti è quello del 4 maggio 1949, quando il Grande Torino, una squadra leggendaria che dominava il calcio italiano, scomparve in un tragico incidente aereo. Questa tragedia ha lasciato un segno indelebile nella città di Torino e ha reso il derby ancora più carico di emozioni e significati.
Negli anni successivi, la Juventus ha dominato il calcio italiano, accumulando successi nazionali e internazionali, mentre il Torino ha attraversato alti e bassi. Tuttavia, ciò non ha mai attenuato la passione e l’intensità del Derby della Mole.
Negli anni, il derby è diventato un simbolo di identità per i tifosi delle due squadre. Le strade di Torino si tingono di bianconero e granata nei giorni che precedono l’incontro, con i tifosi che si preparano per una battaglia che va ben oltre il terreno di gioco. Le partite sono caratterizzate da una tensione palpabile e da momenti di grande intensità, con gli spalti degli stadi gremiti di tifosi che sostengono con fervore le proprie squadre.
Ma la rivalità tra Juventus e Torino non si limita al calcio; si estende anche alla vita quotidiana della città. I tifosi si confrontano su ogni aspetto della vita, dal lavoro alla politica, dando vita a una rivalità che permea ogni strato della società torinese.
Nonostante le divergenze, però, c’è un elemento che accomuna i tifosi delle due squadre: l’amore per la propria città e per il calcio. Il derby rappresenta un momento di celebrazione della storia e dell’identità di Torino, un’occasione per riunirsi e condividere le proprie passioni, anche se divise da colori diversi.
In un mondo in continua evoluzione, il derby tra Juventus e Torino resta un faro di tradizione e appartenenza per la città di Torino. Una rivalità che va oltre il calcio, che racconta la storia e l’anima di una città divisa, ma unita dalla stessa passione per il gioco del pallone.
Negli ultimi decenni, il derby è diventato un momento di grande interesse non solo per i tifosi locali, ma anche per gli appassionati di calcio di tutto il mondo. Le partite sono caratterizzate da un’atmosfera carica di tensione e emozioni, con i tifosi che riempiono gli stadi di Torino per sostenere le proprie squadre.
Ogni Derby della Mole è un capitolo nella storia del calcio italiano, un momento in cui le due squadre si sfidano non solo per la vittoria, ma anche per il prestigio e l’onore della propria città. E mentre il calcio evolve e cambia nel corso del tempo, la rivalità tra Juventus e Torino rimane una costante, una parte essenziale del panorama calcistico italiano.
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Calcio inglese, i giocatori da tenere d’occhio per il 2026
Il futuro del calcio inglese è già qui: giovani talenti pronti a brillare tra Premier League e Mondiale 2026.
Calcio inglese, i talenti da seguire nel 2026 e oltre
Mentre il calcio mondiale continua a evolvere, l’Inghilterra rimane una delle nazioni più prolifiche nello sfornare giovani calciatori di qualità.
Tra under-21 già affermati e enfant prodige che stanno emergendo, la nuova generazione del calcio inglese promette di plasmare il futuro della Nazionale e dei grandi club europei.
Myles Lewis-Skelly (Arsenal / Nazionale Inglese)
Uno dei nomi più caldi del panorama giovanile inglese. Cresciuto nelle giovanili dell’Arsenal, Lewis-Skelly ha fatto il suo esordio in Nazionale maggiore nel 2025, segnando al debutto e diventando il più giovane marcatore nella storia dell’Inghilterra. Capace di giocare come terzino sinistro moderno, solido difensivamente e incisivo in attacco, rappresenta una certezza per il futuro.
Archie Gray (Tottenham Hotspur / Inghilterra U21)
Centrocampista completo e dinamico, Gray è spesso citato come uno dei talenti che potrebbe fare il salto definitivo verso la Nazionale A. Dotato di buona visione, tecnica e capacità di impatto sia in fase difensiva che offensiva, è considerato un potenziale elemento chiave per il centrocampo inglese in futuro.
Rio Ngumoha (Liverpool)
Già protagonista con la prima squadra del Liverpool nonostante la giovane età, Ngumoha ha mostrato fiducia, dribbling e spinta offensiva nelle rare occasioni concesse. È stato inserito in alcune formazioni e le sue performance precoci in coppe e amichevoli fanno ben sperare per un futuro da protagonista.
Seth Ridgeon (Fulham / Inghilterra U18)
Un centrocampista di grande equilibrio e visione di gioco, Ridgeon è già stato promosso in prima squadra al Fulham e seguito da analisti come promessa del futuro in mediana. È noto per la sua tecnica pulita, lettura delle situazioni e abilità di passaggio.
Leo Shahar (Newcastle United)
Difensore inglese incaricato di rafforzare il reparto arretrato dei Magpies, Shahar si è distinto nelle giovanili e ora è pronto per guadagnarsi minuti con la prima squadra. La sua affidabilità difensiva unita a buone qualità fisiche lo rende un prospetto interessante per il futuro.
Ryan McAidoo (Manchester City / Inghilterra U17)
Ala sinistra veloce e tecnica, McAidoo è cresciuto nelle giovanili del Chelsea prima di approdare al Manchester City, dove continua la sua formazione. È noto per la rapidità, la capacità di saltare l’uomo e i cross pericolosi.
Altri emergenti da tenere d’occhio
Tra gli altri nomi da tenere sotto osservazione ci sono, ad esempio, Emmanuel Fejokwu (West Ham U18): giovanissimo talento seguito anche dall’Olanda.
Un altro nome caldo è quello di MTrey Nyoni (Liverpool): centrocampista già sceso in campo in FA Cup e con qualità tecniche di livello.
Chiude questa ulteriore carrellata Shim Mheuka (Chelsea): attaccante giovane e dinamico con un buon feeling per la porta, già utilizzato in competizioni europee giovanili.
Calcio inglese, tanti giovani di talento
La nuova generazione inglese combina tecnica, versatilità e maturità tattica, frutto anche dei programmi di sviluppo delle accademie e della possibilità di esordire presto in Premier League o nelle coppe europee, spesso negata ai giocatori italiani.
Nel contesto del Mondiale 2026, questi giovani potrebbero non solo entrare nel giro della Nazionale maggiore, ma anche essere protagonisti assoluti nei rispettivi club, dando continuità alla tradizione di talento inglese nel calcio mondiale.
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Palermo-Nocerina 1997/98, i rosanero tornano per le feste alla Favorita
Il periodo natalizio 1997, fu molto particolare in Sicilia: lo Stadio della Favorita riaprì i battenti dopo le Universiadi con il match Palermo-Nocerina.
Per la nostra rubrica anni ’90 facciamo un regalo a tutti i tifosi palermitani, ricordando un fatto curioso proprio durante il periodo natalizio 1997: lo Stadio della Favorita riaprì i battenti dopo le Universiadi estive in Sicilia, andiamo rivivere il match Palermo-Nocerina, che si giocò il 28 dicembre di quell’anno.

Palermo-Nocerina 1997/98, i rosanero durante il periodo natalizio tornano alla Favorita, Barone e Triuzzi firmarono la vittoria per la squadra di Arcoleo
La nostra rubrica anni ’90 vuole fare un piccolo regalo di Natale ai tifosi rosanero, che sperano che il nuovo anno che verrà sia quello del sospirato ritorno in Serie A. Ovviamente quello che può essere determinante, come lo ha detto più volte l’attuale tecnico Filippo Inzaghi, è il pubblico dello Stadio Barbera, ed è proprio sull’impianto di Viale del Fante che ci concentriamo oggi, di un match che non fu di particolare importanza se non proprio che riguardava l’allora Stadio della Favorita: riviviamo il match Palermo-Nocerina di Serie C1 che si giocò il 28 dicembre 1997.
Un Palermo che visse la peggiore stagione di tutta la sua gloriosa storia, che aveva visto andare via il tecnico Giorgio Rumignani, scomparso proprio in questi giorni e ritornare in panchina Ignazio Arcoleo, quello che fece vivere momenti di gloria contro il Parma mondiale di Stoichkov e proprio di Filippo Inzaghi. Si veniva dalla sconfitta di Gualdo Tadino, serviva un successo per allontanare le zone pericolose della classifica. Non ci fu alla riapertura dell’impianto grosso pubblico, anche perché molti avevano deciso di andare per vedere l’Inter di Ronaldo contro l’Auxerre. Ci furono solo 1500 spettatori, il Palermo vinse 2 a 1 con reti di Onofrio Barone e Triuzzi e gol ospite dell’ex Pallanch, i rosanero chiusero il 1997 con una vittoria che doveva dare morale, che invece servì poco a nulla, perché alla fine la C2 purtroppo si materializzò dopo i playout contro la Battipagliese.
Comunque si tornò a giocare dopo il breve esilio al Velodromo Borsellino, ma non sarà l’ultimo: anche la stagione successiva non si poté usufruire subito del campo principale, per i diverbi che ci furono tra la società del presidente Giovanni Ferrara e l’amministrazione comunale.
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Maximo Perrone, la bussola del Como di Fabregas
Alla scoperta di Maximo Perrone, mediano argentino e una delle gemme del campionato italiano. Dalla sua crescita dentro e fuori dal campo al rapporto con il suo tecnico Fabregas.
C’è una presenza silenziosa e costante che guida il Como come un orologio svizzero, e il suo nome è Maximo Perrone. Arrivato in prestito dal Manchester City, il centrocampista argentino si è imposto rapidamente come un punto di riferimento per compagni e allenatore. Non solo per la qualità tecnica, ma anche per il modo in cui interpreta il gioco, unendo istinto, intelligenza tattica e capacità di gestione del pallone. “Molto di quello che faccio nasce dall’istinto. Mi piace seguire come si sviluppa la partita, ma ci sono momenti in cui serve ragionare e avere maggiore attenzione. L’istinto è fondamentale, ma va sempre combinato con il controllo”, racconta Perrone.
Il suo ruolo nel centrocampo del Como va oltre il semplice dettare il ritmo. È il giocatore che crea connessioni, apre linee di passaggio e permette alla squadra di esprimere un calcio propositivo senza perdere equilibrio. In un sistema complesso, in cui l’occupazione degli spazi e la lucidità nelle decisioni sono imprescindibili, Perrone sembra modellato su misura per l’idea di gioco di Cesc Fabregas, il suo allenatore. “Mi piace aiutare la squadra a muoversi e creare opportunità. Cerco di essere al posto giusto nel momento giusto, offrendo sempre una linea di passaggio comoda per i compagni”, spiega.
Ciò che distingue Perrone è la combinazione di intensità e qualità: dinamismo, capacità di trasmissione della sfera e lucidità mentale. La sua visione del gioco gli permette di gestire situazioni complesse, leggere gli avversari e prendere decisioni rapide.
Non è un centrocampista che si limita a seguire schemi: anticipa gli sviluppi, si propone come riferimento e si rende disponibile in entrambe le metà campo. La sua leadership è silenziosa ma concreta, fatta di presenza, scelte intelligenti e capacità di guidare la manovra senza imporsi con autorità, ma con naturalezza.
Perrone, dai primi passi al Velez al rapporto con Fabregas
Arrivato giovanissimo in Europa, Perrone ha saputo adattarsi rapidamente a un contesto completamente diverso da quello argentino, mantenendo la stessa curiosità e determinazione che lo hanno caratterizzato sin da bambino.
A Buenos Aires, tra le giovanili del Velez Sarsfield, imparava a guidare i compagni fin da piccolo, un ruolo che oggi replica in maniera più consapevole e strutturata. Il suo approccio è fatto di disciplina, rispetto dei compiti e voglia di migliorare costantemente: qualità che lo hanno reso un giocatore chiave per Fabregas e per l’intero progetto del Como.

CESC FABREGAS ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Il rapporto con l’allenatore Fabregas è stretto, basato sulla fiducia e sullo scambio continuo. “Fabregas ci dà spazio, ci incoraggia a crescere e ci permette di sbagliare, perché è così che si impara. Ogni settimana inserisce qualcosa di nuovo, non ci fermiamo mai”. Perrone risponde con la stessa mentalità, e in campo interpreta alla perfezione i dettami richiesti dall’allenatore, rappresentando un punto di riferimento naturale per la squadra.
Oltre all’aspetto tecnico, Perrone dimostra maturità e equilibrio anche nella gestione della vita quotidiana. Mantiene un forte legame con le radici argentine e con la famiglia, un supporto che gli permette di affrontare con serenità le sfide europee. Ama osservare e apprendere dai grandi centrocampisti, riconoscendo i modelli di riferimento e ispirandosi a chi coniuga qualità tecnica e intelligenza tattica.
Allo stesso tempo, rimane umile e consapevole dei propri limiti, senza lasciarsi intimidire dai paragoni con grandi giocatori come Busquets. “Ho grande rispetto per chi è davanti a me, ma so che devo costruire la mia strada e migliorare ogni giorno”, racconta.
La sua leadership è anche sociale e relazionale. Con i compagni sviluppa rapporti solidi, basati sulla fiducia e sul supporto reciproco. Ritrova volti conosciuti dai tempi delle nazionali giovanili e costruisce nuovi legami, creando un ambiente positivo che favorisce crescita e coesione. “Il mister ci permette di sbagliare e di imparare dagli errori, e io cerco di fare lo stesso con chi mi sta accanto”, spiega, evidenziando come la sua influenza vada oltre le competenze tecniche.
Maximo Perrone rappresenta quindi un esempio di come talento e personalità possano fondersi per diventare una risorsa fondamentale. Non è solo un centrocampista di qualità, ma un punto di riferimento per il gruppo, capace di guidare, ascoltare e motivare. La sua storia è quella di un giovane che ha saputo unire capacità tecniche, intelligenza emotiva e una leadership silenziosa ma efficace.
Il futuro di Perrone non è solo legato ai risultati sul campo: è il percorso di un ragazzo che costruisce il suo successo giorno dopo giorno, in campo e fuori, con la stessa passione e determinazione con cui ha mosso i primi passi a Buenos Aires.
In un mondo in cui il calcio è sempre più frammentato e veloce, Perrone emerge come figura di equilibrio e maturità. La sua presenza nel Como non è solo tattica, ma anche morale: un giocatore che ispira fiducia, stimola crescita e trasmette valori positivi.
La capacità di leggere la partita, di muoversi nello spazio giusto e di prendere decisioni lucide è ciò che rende il centrocampo del Como una delle zone più solide e produttive della squadra. E mentre molti giovani si perdono nel percorso europeo, Perrone resta centrato, concentrato e motivato, pronto a guidare i compagni e a migliorarsi continuamente.
Maximo Perrone è quindi molto più di un giovane centrocampista: è un modello di crescita personale, un esempio di leadership consapevole e una figura che fonde talento, istinto e intelligenza tattica. Con il suo approccio equilibrato e la sua capacità di influenzare l’ambiente, ha già lasciato il segno al Como, mostrando che il futuro appartiene a chi sa unire qualità tecnica, visione di gioco e solidità caratteriale.
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