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Paradosso Maifredi: il peggior allenatore nella storia della Juve parla male del migliore

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Allegri

Luigi Maifredi ha criticato Massimiliano Allegri in una recente intervista concessa a TuttoJuve. Di seguito, un estratto delle sue parole.

Pur non sopportandoli, ammetto di invidiare gli ottusi dalla faccia tosta. Credo che un dilagante propagarsi della sindrome di Dunning Kruger sia la naturale conseguenza dell’estensione universale del sacrosanto diritto di parola e di espressione. Una situazione che si è acuita nell’epoca moderna, andando di pari passo con il progredire dei principali mezzi d’informazione. Il bene placito del fato che ci rincuora del fatto che abbiamo non solo il diritto ma addirittura il dovere di proferir parola, a prescindere dal livello di competenza.

Maifredi, l’attacco Allegri: “Non è un grande allenatore

E se invidio il masochismo di Ivan Grieco, che apre al dibattito con Marco Travaglio pur consapevole che la sua immagine ne uscirà distrutta nonostante il fattore campo e il vantaggio numerico, allora devo fare lo stesso con la sfacciataggine di Luigi Maifredi che, a quasi trent’anni di distanza dal più grosso fallimento della storia della Juventus, ha ancora il coraggio di parlare di calcio. Di seguito, un estratto delle sue dichiarazioni:

❝È stata una bellissima vittoria quella con la Lazio, ma frutto anche di casualità. La rete di Chiesa arriva da un passaggio di 50 metri di Cambiaso e neanche in terza categoria si prende un gol così. Un pizzico di fortuna c’è stato, come è giusto che sia, perché la Juve non può essere sempre sfortunata. Meglio la ripresa, ma non possiamo basarci su una partita per giudicare. L’analisi deve essere più completa: c’è da lavorare molto e da ricostruire il rapporto tra i giocatori, altrimenti non si va in Champions.

La Fiorentina è la squadra da ideale da affrontare per la Juventus, visto che gioca male e prende un sacco di gol. Sarà una gara spartiacque, ma la Juve la giocherà ancora in casa e il pubblico è con la squadra. Alla fine della stagione si faranno le valutazioni. La panchina di Allegri è molto instabile in questo momento, non perché si vuol male ad Allegri ma per via dei risultati. Non qualificarsi in Champions sarebbe un dramma. La Juve ha una buona chance di raggiungere la finale di Coppa Italia, ma contro l’Atalanta nell’eventualità sarebbe molto difficile. L’impressione è che non ci sia più la sicurezza della grande squadra, c’è l’insicurezza di chi sa di non essere competitivo per un verso o per un altro.

Questo rende difficoltoso lo svolgimento del gioco e l’applicazione in campo diventa poi quasi assente. Con Allegri andrebbe fatta una bella chiacchierata in cui fargli capire che sarebbe il caso di modernizzarsi. L’impressione è che sia rimasto fermo a Buffon, Barzagli, Chiellini e Pirlo, ma ormai sono passati quei tempi. Il tecnico bianconero ha dimostrato di essere un magnifico gestore di ottimi giocatori, ma non è riuscito a dimostrare di essere un grande allenatore.❞

Maifredi

Il flop più fragoroso della storia della Juventus

Se si eccettua la parte in cui, sorprendentemente se si conosce il personaggio, si ammette che Italiano gioca un calcio improponibile, il resto dell’intervista è la classica sequela di luoghi comuni, banalità, slogan vuoti e frasi da comizio politico che ti aspetteresti di sentire da uno qualsiasi di questo santoni del bel gioco. Giacché molti dei proseliti dell’anti-Allegrismo non erano neppure nati all’epoca di Maifredi, è bene ricordare chi sia costui.

O meglio, cosa abbia fatto (o non abbia fatto) in carriera: soprattutto alla Juventus. Maifredi è stato l’allenatore di Madama per una sola stagione e tanto è bastato. Come spesso accade, una dirigenza miope sostituisce un tecnico pratico (Dino Zoff) nonostante una buona stagione (vittoria di Coppa Italia e Coppa UEFA) che viene erroneamente scambiata per un’annata insufficiente, convinta che per fare il salto di qualità basti il “bel gioco“.

La scelta del nuovo allenatore ricade proprio su Luigi Maifredi. Profeta di provincia, che a Bologna iniziò una vera e propria rivoluzione culturale che ha dato i natali alla celebre espressione “calcio champagne“, sulle orme di Sacchi. Peccato che Bologna non sia Torino (promemoria per Motta) e che il calcio pervicacemente zonista di Sacchi non abbia mai funzionato se non quando ha avuto il trio olandese all’apice delle rispettive carriere.

E il triste epilogo di una tragedia annunciata dice settimo posto (con la Juve che non mancava la qualificazione alle coppe europee da 28 anni consecutivi) e zero trofei in bacheca. La regola più vecchia del calcio è che non tutte le filosofie possono attecchire a ogni latitudine. Le squadre sono prima di tutto contesti storici e culturali, di cui bisogna avere rispetto prima di provare a copia-incollarvi un qualcosa visto altrove.

A Torino (sponda bianconera) un certo tipo di approccio calcistico (così come in tante altre grandi piazze) non ha mai funzionato e non potrà mai funzionare per ragioni culturali. E nonostante questo Maifredi lo abbia sperimentato sulla sua pelle, ha parlato utilizzando il periodo ipotetico. Come se un cambio di paradigma a Vinovo non fosse stato già provato innumerevoli volte e non avesse sempre fallito.

Allegri è uno dei migliori allenatori della storia della Juventus. Piaccia o non piaccia questi sono fatti (non giochismi) poiché primeggia in quasi tutti gli indicatori storici concernenti la Vecchia Signora. Maifredi, al contempo, è stato uno dei peggiori se non il peggiore di tutti. E’ paradossale come possa sentirsi in diritto (se non addirittura in dovere) di dire ad Allegri cosa dovrebbe fare, dimenticandosi (o facendo finta di essersene dimenticato) che quelle cose provò a farle anche lui in tempi non sospetti: finendo col fallire miseramente.

Pur essendo uomo d’altri tempi, probabilmente Maifredi è uomo intelligente e ha capito che, nel periodo della post-verità e dell’estremo relativismo, la narrazione che si fa della realtà è più importante della realtà stessa. Del resto se esistono i negazionisti del Covid o dell’Olocausto, vuoi che non esistano del pallone?

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Rivoluzione: i numeri della nuova Roma

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Quella messa in atto a Roma è una vera e propria rivoluzione. Un cambio di marcia epocale, che potrebbe segnare il punto di svolta della nuova Roma.

Nella capitale tira un’aria diversa. I vecchi acquisti a parametro zero, o prestiti che siano, sembrano essere solo un ricordo lontano.

Un cambio di marcia epocale

Il mercato estivo della Roma rappresenta un vero e proprio cambio di marcia. Dopo anni di acquisti a parametro zero e prestiti dubbi, i giallorossi puntano a investire seriamente. Ne sono prova i nuovi acquisti: 22 milioni per Le Fee, 26 più 4 per Soulé, tra 33 e 35 milioni (inclusi i bonus) per Dovbyk.

Un trend completamente opposto rispetto alle passate stagioni. Ndicka, Kristensen, Aouar, Renato Sanches (praticamente sempre infortunato) e Azmoun. Poi i prestiti di Paredes e Lukaku. L’anno prima erano arrivati Svilar, Matic, Wijnaldum, Camara, Dybala e Belotti.

Roma

(FOTO DI SALVATORE FORNELLI)

A Roma solo calciatori pronti, ma con potenziale

La Roma cerca profili di giocatori pronti a fare la differenza, ma che in caso di cessione possano generare plusvalenze consistenti. Questo cambio di strategia potrebbe segnare il destino della Lupa, creando un asset in cui la parola chiave è l’investimento a lungo termine. Rischiare su un giovane piuttosto che accontentarsi di un giocatore affermato, ma in prestito e senza margine di miglioramento.

Roma

(FOTO DI SALVATORE FORNELLI)

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La Francia piange: il Bordeaux è fallito per “soli” 40 milioni di debiti

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Oggi è un giorno molto triste per il calcio francese. Dopo 92 anni finisce la gloriosa storia del Bordeaux, a causa di una gestione societaria criminale.

L’edizione di stamane de “L’Equipe” è lapidaria. “Inevitabile“, titola la testata transalpina. Eppure ci sono squadre che stanno tranquillamente in piedi con il decuplo dei debiti del Bordeaux.

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Gerard Lopez deve sparire da Bordeaux

Nella giornata odierna, il Football Club des Girondins de Bordeaux (meglio noto come Bordeaux) ha presentato, nella figura del suo proprietario Gerard Lopez, ufficialmente la propria istanza del fallimento. Lo stesso che Lopez che aveva quasi fatto fallire il Lille, prima del salvifico intervento del Fondo Elliott.

Ci è andato giù pesante Bixente Lizarazu, storico giocatore de Le Girondin (quasi 300 partite disputate in carriera) nonché Campione d’Europa e del Mondo con la Nazionale Francese, che ha voluto affidare ai propri profili social la rabbia per una gestione societaria che non si fatica a definire come criminale.

Sono indignato come tutti coloro che amano questo club, ma quanto sta accadendo è purtroppo la conseguenza di tanti anni di gestione sportiva e finanziaria disastrosa. Dall’arrivo di Gérard Lopez è diventata incomprensibile e testarda. Retrocesso dalla Ligue 1 alla Ligue 2 per motivi sportivi.

Retrocessione dalla Ligue 2 alla terza serie per motivi amministrativi e finanziari… E leggo che Gérard Lopez intende restare presidente e proprietario? Quest’uomo deve scomparire da Bordeaux. Qualunque cosa accada, spero con tutto il cuore che un giorno questo grande club riconquisti il ​​suo posto ai vertici del calcio francese.

Bordeaux

Photo Source: Pagina Instagram di Lizarazu.

Gerard Lopez strike again: la sua “fedina penale”

Nel curriculum di questo lestofante fioccano due accuse di falso in bilancio. La prima risale all’estate del 2020 e riguarda il trasferimento di Victor Oshimen dal Lille al Napoli, su cui indaga anche la finanza francese oltre che quella nostrana.

La seconda è più recente e riguarda un’accusa di riciclaggio (per un valore di due milioni di euro) tramite un complesso sistema che vedrebbe coinvolte la Lotus (scuderia di F1 di cui Lopez è co-proprietario); la Fola Esch (squadra lussemburghese) e The Lydian Group: fondo d’investimento con sede ad Hong Kong.

Non solo, in quanto Lopez ha mandato in bancarotta anche il Royal Excel Mouscron. Squadra all’epoca militante nella Tweede Klasse, ovvero la seconda serie del campionato belga, che ha presentato istanza di fallimento nel 2022.

Bordeaux

Il Bordeaux non esiste più: genesi di un disastro annunciato

Come ha fatto quindi un uomo con simili referenze ad essere ritenuto un acquirente credibile? Proprio l’Equipe, che ha sempre denunciato la poca trasparenza nella transizione del club da Frédéric Longuépée (ex-presidente esautorato da Lopez nel 2022) all’imprenditore lussemburghese, si esprimeva così (per voce di Pierre Rondeau, ovvero il consulente economico del quotidiano) nel Luglio del 2023 sulla questione:

Una delle prime chance che ha Lopez per prelevare il Bordeaux è quella di acquistare a credito, sperando che i dividendi e i risultati saranno in grado di rimborsare il credito sottoscritto. Ovvero quello che Lopez ha fatto al Lille. Il Leverage By Out, LBO, o effetto leva in francese. Un prestito per finanziare l’acquisto di una società terza. Il riacquisto è quindi garantito offrendo ai creditori dividendi in modo che beneficino sia del rimborso con interessi sia, in caso di difficoltà, delle azioni dirette della società. Cosa accaduta al Milan: il fondo Elliott (che aveva prestato anche i soldi di Lopez al Lille) ha così recuperato il club italiano dalle mani di investitori cinesi, a cui aveva prestato i soldi del buyout a Silvio Berlusconi.”

La DNCG (acronimo che sta per Direction Nationale du Contrôle de Gestion, ovvero l’organizzazione responsabile del monitoraggio e della supervisione dei conti delle squadre francesi) dettò le seguenti condizioni per la sopravvivenza del club:

“1. L’acquisizione da parte di Jogo Bonito, la società di Lopez, della metà del debito. Ovvero 26 milioni di euro sui 52 milioni da rimborsare entro il 2025.

2. L’accordo con King Street e Fortress per quanto riguarda la partecipazione agli utili e le indennità di formazione sui trasferimenti di Tchouaméni dal Monaco al Real Madrid e su quello di Koundé al Barcellona, che all’epoca militava nelle fila del Siviglia.”

Inutile dire che la King Street Capital Management (società d’investimento statunitense) non abbia adempiuto ai propri oneri, mentre Lopez ha versato a fondo perduto soltanto 10 milioni di euro a fronte dei 26 richiesti dalla DNCG. Proprio in un’intervista concessa all’Equipe, i diretti interessati asserirono che “in caso di permanenza in Ligue 2 il Bordeaux si sarebbe potuto salvare“. Ma il mancato rispetto degli accordi fu punito con la retrocessione d’ufficio nel Championnat National: ovvero la terza serie francese.

Senza più lo status di squadra cadetta, il Bordeaux perse anche i 7 milioni annui garantiti dai diritti televisivi e gli 8,25 milioni di euro garantiti dal fondo d’investimento CVC Capital Partners (sì sempre loro, quelli del Genoa e dell’Everton) in caso di permanenza in Ligue 2. Un’emorragia di introiti che ha esacerbato la già disastrosa situazione economica-finanziaria del club, costringendo Lopez ad ammettere l’impossibilità di saldare i debiti.

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Juventus: Vlahovic pesa a bilancio quanto tutto l’attacco dell’Inter

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Juventus, a caccia di un vice-Vlahovic

Vlahovic continua ad essere al centro delle discussioni di mercato. Nel mirino non solo le prestazioni, ma anche il suo impatto economico.

L’attaccante ha un peso importante sui conti del club bianconero, pari al costo dei quattro attaccanti a disposizione di Simone Inzaghi.

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Quanto costa Vlahovic alla Juventus

Arrivato alla Juventus nel gennaio del 2022. Sotto la gestione Agnelli-Arrivabene-Cherubini, il calciatore è stato acquistato per la “modica cifra” di 70 milioni di euro più ulteriori 10 di commissioni e altri 10 di potenziali bonus.

Agnelli - Depositphotos

Il calciatore aveva firmato un contratto da 7 milioni iniziali fino a crescere per arrivare ai 12 milioni di euro netti, che guadagnerà in questa stagione. Oltre quindi 22 milioni di euro lordi. Considerando anche la quota di ammortamento, che si aggira intorno ai 19 milioni di euro, il costo che la Juventus dovrà sostenere per il centravanti nel 2024/25 sarà di oltre 41 milioni. Non di certo un investimento da nulla.

Il confronto con l’Inter

Se consideriamo il costo di Lautaro Martinez (con aumento di stipendio in vista del rinnovo imminente), Marcus ThuramMarko Arnautovic e Mehdi Taremi, il costo complessivo delle quattro punte tocca i 41,9 milioni di euro. Possiamo affermare e confermare che Dusan Vlahovic, da solo, pesi sui conti del club quanto tutto il reparto offensivo nerazzurro.

Vlahovic

L’ultimo verdetto al campo

Valutare se il prezzo fissato per Vlahovic valga la candela spetterà al campo da gioco, il quale fornirà, come sempre, il proprio verdetto insindacabile. Dusan ha ancora molta strada da fare. Di certo possiamo constatare che le ultime stagioni bianconere non sono state di certo le più semplici, né sotto il punto di vista del gioco né tantomeno per le vicissitudini fuori dal campo.

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