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Sarri, alla sua prima uscita pubblica dopo le dimissioni, mi ha dato ragione

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Serie A

Maurizio Sarri ha parlato, per la prima volta da quando ha lasciato la panchina della Lazio, ai microfoni di Sportitalia e mi ha dato (indirettamente) ragione.

Le parole di Sarri a Sportitalia

L’intervista rilasciata da Maurizio Sarri ai microfoni di Alfredo Pedullà, sulle frequenze di Sportitalia e riprese in maniera testuale da Noibiancocelesti.com, lascia numerosi spunti di riflessione. Soprattutto quando dice che: “La squadra aveva bisogno di una scossa forte. Quando mi sono reso conto che potevo darla io, ho preso la decisione giusta. Ho avuto la sensazione, soprattutto nell’ultimo mese, che i giocatori fossero finiti in uno stato di irreversibile pattume emotivo. E l’unico modo per tirarli fuori dal tunnel era indurgli uno shock.”

L’opinione pubblica che grava attorno all’ambiente bianco celeste si biforca in due correnti di pensiero. Chi pensa che i giocatori giocassero “contro il proprio allenatore“, e che quindi le sue dimissioni abbia tolto loro alibi, e chi invece sostiene la teoria della “terapia d’urto“. Sia come sia, parimenti a quanto successo con De Rossi dopo l’esonero di Mourinho, è certo che il prossimo anno Tudor non potrà più fare affidamento sul lavoro fatto in due anni e mezzo dal suo predecessore e dovrà iniziare ad allenare veramente.

Tuttavia, la parte più interessante dell’intervista è un’altra. Ovvero questa: “Ci sono stati due momenti in cui potevo dare le dimissioni: una dopo il secondo posto e una dopo il mercato estivo. Alla Lazio stavo bene con la piazza e i tifosi. Ero riconoscente verso un gruppo di giocatori che aveva fatto una stagione d’altissimo livello; mi sembrava di tradire andando via quel momento lì. Se avessi dovuto fare una scelta logica, egoistica, quella sarebbe stata la migliore perché era difficile ripetersi su quei livelli. Il secondo posto è stato frutto di un’annata eccezionale, in un’annata in cui hanno fallito squadre sulla carta più forti di noi a livello di organico; si è innescato un meccanismo di aspettative troppo elevate.”

Tutte cose che il sottoscritto ripete da mesi. In particolare la necessità di Sarri di dare un segnale forte (lo stesso che ha voluto dare ai giocatori) all’ambiente, che confidava nella sua figura per rompere il circolo di stagnante mediocrità in cui galleggia mestamente la Lazio dagli albori della gestione Lotito. Alla fine, seppur con sei mesi di (colpevole) ritardo, Sarri ha rassegnato le dimissioni e (cosa non da tutti) ha rinunciato a un anno di stipendio.

Accettando di non percepire più un euro dalla Lazio e smentendo la bieca narrativa che voleva affermare il contrario. Una scelta che sicuramente gli fa onore, ma che è stata presa tardivamente e che ha pregiudicato la stagione della Lazio. Che forse, con Tudor dall’inizio, avrebbe avuto un epilogo diverso. Il tecnico avrebbe potuto lasciare un ricordo diverso del suo biennio in quel di Formello, e invece di lui rimarrà soltanto l’uso improprio dell’appellativo di “Comandante“. Chi di dovere si starà ribaltando nella tomba.

Sarri

Photo credit: Fabrizio Carabelli /LM

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Leicester, Albrighton si ritira a 34 anni

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Dopo la fine del suo contratto con il Leicester lo scorso 30 Giugno, Marc Albrighton (34 anni) ha annunciato il suo addio al calcio.

Aveva deciso che quella della Blue Army sarebbe stata la sua ultima maglia e così è stato. Con Marc Albrighton se ne va anche il penultimo tassello del leggendario Leicester di Claudio Ranieri, aspettando Jamie Vardy.

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Ex-Villa, ma amato a Leicester: un unicum irripetibile

Non sono molti i giocatori che hanno tentato il salto della barricata, passando dalla metropolitana Birmingham all’anglicana Leicester. Da un estremo all’altro della contea, dall’Ovest all’Est delle Midlands. E’ rischioso poiché l’Aston Villa è la squadra più odiata nel Leicestershire, dopo gli acerrimi rivali del Nottingham Forest.

Basti pensare all’accoglienza “tiepida” (per usare un sottile eufemismo) che ha ricevuto Steve Cooper, ex-allenatore proprio del Forest, o alla bordata di fischi con i quali Jake Grealish (ex-capitano dei Villans) viene accolto al King Power Stadium ogni volta che vi fa visita con indosso la maglia del Manchester City.

Il passato non si dimentica. Così come non si dimentica quello di Youri Tielemans, passato proprio agli odiati rivali (a parametro zero) la scorsa estate. Potete star certi che quando domani le due squadre si affronteranno nel Derby delle Midlands, sicuramente al belga non verrà tributata una standing ovation come a James Maddison.

Albrighton history maker: la prima delle prime volte

Del passato di Albrighton, però, a Leicester non interessa a nessuno. Quasi una sorta di miracolo sportivo, considerando che Sharky (così ribattezzato nello spogliatoio del Leicester, stando a quanto si legge nella biografia di Vardy per via delle dimensioni del suo naso: simili a quelle della pinna di uno squalo) è cresciuto proprio nelle giovanili dell’Aston Villa. Club in cui ha militato per 17 anni, dall’Academy alla prima squadra.

Di fatto l’esperienza più longeva dell’eclettico esterno inglese, ma non a livello professionistico. Infatti, sono “solo” sei le stagioni in prima squadra per Albrighton con l’Aston Villa contro le dieci in maglia blu. Dieci stagioni in cui è diventato una leggenda del club, segnando anche il primo gol in Champions League nella storia del club. 14 Settembre del 2016, la rete si gonfia al quinto minuto di Club Brugge-Leicester.

The City’s Assist King” come lo hanno ribattezzato nella contea. Appellativo di cui gli ha fatto dono lo stesso club (tramite i propri canali social) e figlio del suo vellutato piede destro: fra i più precisi che si ricordino da quelle parti. Sono 49 gli assist in 317 partite, frutto anche della sua intesa quasi simbiotica con Vardy.

Da Birmingham a Birmingham: cerchio perfetto, come Giotto

Una scena che, soprattutto negli anni immediatamente successivi al titolo del 2016, si è vista così tante volte da assumere i contorni di un déjà vu. Scatto in profondità di Jamie, con Marc che senza neppure guardare cerca una verticalizzazione alla cieca che, quasi sempre, finisce esattamente sui piedi del centravanti di Sheffield. Stephy Mavididi, attuale giocatore del Leicester, ha ribattezzato questa connection “Leicester’s cheat code“.

E lo ha fatto sui propri profili social, al termine dell’ottavo di F.A. Cup fra Leicester e Birmingham. L’ultimo assist in maglia blu di Albrighton. Proprio per Jamie Vardy. Proprio contro una squadra di Birmingham, come quella in cui è nato calcisticamente. Un borgo distante 21,7 km da Tamworth: città che gli ha dato i natali.

La chiusura perfetta di un cerchio. Una città scritta sin da subito nel suo destino, che però ora si tinge ancor più di blu. Infatti, dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, Albrighton diventerà opinionista per Foxes Hub: il medium sportivo di proprietà del Leicester. Per ora solo come Special Guest, affiancando Matt Elliott (storico capitano del Leicester negli anni 2000) nel pre-partita della gara che vedrà affrontarsi le due squadre della sua vita, ma del resto anche quella dell’estate del 2013 sembrava una capatina di passaggio.

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Osimhen è invendibile: Napoli e Conte “prigionieri” di una clausola folle

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Osimhen, Napoli

Salvo miracoli, il Napoli non riuscirà a vendere Victor Osimhen in questa sessione di mercato. Colpa delle richieste (assurde) di De Laurentiis.

Almeno stando a quanto riportato dai media inglesi e francesi, in questa sessione di mercato il PSG non proverà a prendere Victor Osimhen. Il nigeriano, dunque, non è più un obiettivo dei parigini.

Luis Enrique dice no: avanti con Ramos e Kolo Muani

Il centravanti del Napoli non è una priorità nelle idee di Luis Enrique, che, perso Mbappé, ha scelto Gonzalo Ramos come suo nuovo centravanti. Il giocatore portoghese si è infortunato nel corso della gara inaugurale di Ligue 1 contro il Le Havre, ma il suo infortunio è meno serio di quanto si temesse inizialmente.

In sua assenza il tecnico spagnolo si consolerà con Kolo Muani, il cui trasferimento all’Atletico è saltato. Data la spesa esorbitante fatta per il suo cartellino appena dodici mesi fa, circa 120 milioni di euro, una cessione del francese è quasi impossibile e quindi il club parigino ha deciso di tenerlo come “rincalzo” del portoghese.

Tenere in panchina due attaccanti con un prezzo del cartellino in triplice cifra sarebbe troppo anche per le ricchissime casse del PSG, motivo per il quale i Campioni di Francia si sono tirati fuori dalla corsa al nigeriano e questa sembrerebbe essere a tutti gli effetti una decisione definitiva.

Osimhen

Per Osimhen c’è solo il Chelsea. Napoli, che fai con Lukaku?

L’unica squadra che si è concretamente mossa per assicurarsi l’ex-Lille è il Chelsea, che però non incontra le preferenze del nigeriano (egli infatti preferirebbe un’altra big inglese in alternativa al PSG, suo reale sogno) e la cui offerta, in ogni caso, non si avvicina nemmeno lontanamente alle richieste dei partenopei.

Questo perché De Laurentiis continua a pretendere il pagamento integrale della clausola rescissoria (130 milioni di euro) o giù di lì, rischiando di inimicarsi il suo vulcanico allenatore. Una cifra irrealistica, per un giocatore che a 25 anni ha giocato una volta la Champions League e che ha vinto un solo campionato di “alto” livello.

Nessuno in Europa è disposto a soddisfare questa richiesta, dato che attaccanti molto più forti di Osimhen (o quantomeno del suo livello) è possibile reperirli in ogni dove e a cifre nettamente inferiori. Basti pensare che l’Atletico Madrid si è assicurato Julian Alvarez per 75 milioni di euro, bonus esclusi: praticamente la metà di quanto il Napoli chiede per un giocatore che ha vinto un decimo.

Per questo motivo pare che lo stesso De Laurentiis abbia contattato personalmente Roberto Calenda (agente del centravanti) per chiedergli di valutare la possibilità araba. Non a caso le squadre saudite sono le uniche realmente disposte a far scattare la clausola presente nel contratto del nigeriano.

In questo momento il Napoli e il suo allenatore sono (ancora una volta) prigionieri della megalomania del proprio patron, che rischia di sacrificare una stagione sull’altare dell’ingiustificata ostinazione. Ma a De Laurentiis questa bomba ad orologiera rischia di scoppiargli in faccia, dato che il leccese è notoriamente una mina vagante pronta ad esplodere in qualsiasi momento. E i prodromi sono di quelli nefasti…

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Juventus: “ahhh come gioca Yildiz!”

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yildiz

Proprio come Mosca esaltava le giocate di Del Piero alla Juventus, dopo la prestazione contro il Como si può affermare senza dubbio: “Ahhh, come gioca Yildiz!”

Un talento che promette di regalare momenti indimenticabili e di elevare il calcio a nuovi livelli.

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Torna il 10 alla Juventus. Estro e fantasia al servizio del calcio

Questo è Kenan Yildiz, un talento che sembra venire da un altro pianeta. Torna il 10 alla Juventus. Numero che rappresenta l’essenza pura del calcio, capace di elevarlo a un livello quasi divino. Come un poeta gioca con le parole per sfuggire alla banalità, così Yildiz, con la maglia numero 10 bianconera, disegna calcio, trasformando ogni gesto tecnico in un’opera d’arte. Il 10 è colui che trova la giocata quando tutto sembra perduto, capace di scovare una via, un pertugio, uno scorcio di luce dove far passare il pallone.

Del Piero alla Milan Games Week

Del Piero alla Milan Games Week

ESORDIO BOLLENTE

Yildiz, una vera e propria bomba a orologeria pronta a esplodere. Sul campo, leggero e fluido, sterza e ripulisce anche i palloni più scomodi nella propria area di rigore; rende il tutto di una semplicità disarmante, come solo i top player sanno fare. Parlarne è riduttivo: il consiglio è guardare e riguardare la velocità di gambe di questo classe 2005. Una rapidità che anticipa il pensiero, o forse è il pensiero stesso a correre più veloce delle gambe. Qualità innate che non si possono insegnare

Juventus: le statistiche del Diez

Kenan Yildiz si distingue per la sua eccezionale precisione e influenza sul campo. Con una percentuale del 97% di passaggi riusciti (34/35), dimostra una notevole abilità nel mantenere il possesso e orchestrare il gioco. I suoi 49 tocchi e il 75% di duelli uno contro uno vinti evidenziano la sua capacità di gestire il pallone e superare l’avversario con agilità. La precisione nei tiri lunghi (86% su 8 tentativi) e il numero di falli subiti (3) confermano la sua pericolosità e il suo impatto offensivo.

yildiz, Juventus

KENAN YILDIZ IN AZIONE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Questi dati suggeriscono che Yildiz è un giocatore chiave, capace di creare opportunità e mettere in difficoltà le difese avversarie, mentre il suo ruolo potrebbe essere più orientato alla creazione di gioco piuttosto che alla finalizzazione diretta.

THIAGO MOTTA E IL LABOR LIMAE

Come i poeti neoterici latini, come Catullo, che perfezionavano ogni parola con il labor limae per raggiungere la perfezione così Thiago Motta dovrà affinare e limare le straordinarie caratteristiche di Yildiz. Un talento della Juventus destinato a grandi cose ma che necessita della mano esperta di un allenatore come Motta. L’italo brasiliano dovrà scolpire questo diamante grezzo e farlo brillare al massimo delle sue potenzialità.

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