editoriale
Napoli, Conte tradito dai suoi uomini chiave

Il Napoli cade a Como e perde l’imbattibilità nel 2025. A pochi giorni dallo scontro con l’Inter, gli azzurri danno segnali di crisi.
Como–Napoli segna un altro passo falso per i partenopei, nonché la prima sconfitta nel 2025. La squadra di Antonio Conte manca la vittoria per la quarta partita consecutiva, con soli 3 punti ottenuti nelle 4 gare, frutto dei pareggi contro Roma, Lazio e Udinese.
Napoli, Rrahmani sbaglia ancora
Il problema reale degli azzurri in questo periodo non risiede tanto nell’emergenza infortuni, ma nella mancanza degli uomini chiave, quelli che, nella prima parte di stagione, avevano brillato per il loro rendimento.
Il primo nome a venire in mente è ovviamente quello di Rrahmani, che dopo 7 minuti ha indirizzato il match con un clamoroso autogol e che, dopo la Lazio, ha offerto un’altra prestazione insufficiente, non riuscendo mai a ostacolare uno straripante Nico Paz.

Stanislav Lobotka player of Napoli, during the Champions league match between Napoli vs Sporting Braga final result, Napoli 2, Sporting Braa 0, match played at the Diego Armando Maradona stadium.
Il centrocampo è in difficoltà
Anche a centrocampo il quadro è preoccupante: Stanislav Lobotka sta vivendo un preoccupante calo di rendimento condito da errori inusuali e da un rallentamento costante della manovra azzurra con soli passaggi in orizzontale e mai alla ricerca della verticalità.
Vien da chiedersi se non sia il caso di concedere un’occasione a Billy Gilmour, fortemente voluto in estate da Conte ma poco impiegato in campo negli ultimi mesi.
Il centrocampo ha deluso anche con le prestazioni altalenanti di McTominay e, soprattutto, di Anguissa, entrato in luogo di un ottimo Billing ma intimorito e frenato da una diffida che lo ha reso molle nei contrasti.
Anche Politano non ha reso al meglio, costretto a giocare in una posizione inusuale che non gli permette di esprimersi al massimo.

ROMELU LUKAKU RAMMARICATO A FINE GARA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Napoli, è Lukaku il peggiore
Il peggiore in campo, però, è stato sicuramente Romelu Lukaku. In un primo tempo in cui il Napoli ha mosso bene il pallone e pressato molto bene in avanti, il belga si è dimostrato statico e poco reattivo.
Nel secondo tempo Conte avrebbe voluto attaccasse di più la profondità per abbassare la difesa lariana, ma il belga è sembrato completamente avulso dal gioco, tanto da spingere il tecnico salentino a sostituirlo poco dopo l’ora di gioco.
Se è vero che i subentrati non hanno dato molto alla squadra, la sensazione, ora più che mai, è che Conte sia stato tradito proprio dai suoi uomini migliori.
Contro l’Inter servirà una scossa importante sul piano mentale, non tanto per recuperare il primo posto, ma perché un altro passo falso potrebbe far sprofondare i partenopei in una crisi che rievocherebbe in maniera preoccupante i fantasmi della scorsa stagione.
editoriale
Fiorentina, volere è potere

La Fiorentina batte il Panathinaikos e approda ai quarti di Conference League contro il Celje.
La notte europea del Franchi regala qualche certezza e sicurezza in più a Palladino, probabilmente la miglior viola vista in stagione in Coppa, convincente per gran parte della gara.
Finalmente un avvio di gara convinto, con una squadra votata al pressing alto e al recupero palla nei pressi dell’area avversaria: il risultato dell’andata obbligava un certo atteggiamento, alla ricerca dei gol necessari al passaggio del turno.
Un approccio fisico e mentale che negli ultimi mesi raramente si è visto. Un primo tempo che ha visto i viola segnare due reti e creare almeno il doppio di altre occasioni favorevolissime.
Un’indicazione tecnico-tattica e mentale che se la Fiorentina vuole, può fare meglio di quanto espresso ultimamente. L’atteggiamento sparagnino “difesa-palla a Kean” deve essere superato in questo finale di stagione.
Il ritorno con continuità di Gudmundsson, l’inserimento di Fagioli, i ritorni di Adlì e Folorunsho, con la speranza che anche Zaniolo possa diventare un fattore sono indicatori di una Fiorentina che può e deve essere migliore di quanto visto fino adesso.
Domenica pomeriggio arriva la Juventus, subito la controprova per i cuori forti viola.
editoriale
Fiorentina, “anatomia di una caduta”

10 punti in 10 partite suonano come un campanello di allarme nelle menti di tifosi, cosa è successo alla bella Fiorentina delle prime fasi di stagione?
A differenza del film Anatomia di una caduta -(Anatomy of a Fall) è un film del 2023 diretto da Justine Triet, vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes – , che inizia con un evento tragico quasi come a preannunciare la sofferenza che pervaderà il resto della narrazione, la stagione della Fiorentina inizia in modo promettente. Fino a dicembre, infatti, si parlava della nuova viola targata Palladino come una delle possibili outsider del campionato, pronta a lottare per un piazzamento in Champions League, anche grazie al quarto posto vacante lasciato da una tra Milan e Juventus, complicate dalle difficoltà interne di entrambe le squadre.
Ma poi arriva la “caduta”: 10 punti nelle ultime 10 partite di Serie A, 8 sconfitte nelle ultime 16 (che diventano 9 includendo anche il Panathinaikos). Quattro mesi di “caduta libera”, simili a quella del personaggio di Samuel nel film, coinvolto nella tragica caduta su cui si basa la trama. E questa discesa sembrerebbe aver avuto inizio proprio a Firenze, proprio qualche mese fa, a partire da quel lunedì di Monza, passando per Verona, per culminare nella “caduta” casalinga contro il Como.
L’ombra della Fiorentina di Italiano
Il periodo di risultati altalenanti della Fiorentina sembra effettivamente mettere in discussione l’operato di Raffaele Palladino, che, all’inizio della stagione, era considerato una figura capace di portare la squadra a nuovi traguardi, anche grazie al doppio impegno tra Champions League e campionato del Bologna che avevano in qualche modo alterato la percezione parallela del lavoro dei due allenatori ( con la posizione sostanzialmente invertiva che vedeva il Bologna indietro rispetto alla viola) . Palladino era visto da molti come un degno sostituto di Vincenzo Italiano, o forse addirittura come una figura in grado di migliorare ulteriormente il lavoro del precedente allenatore,.
Tuttavia, con i recenti risultati, la situazione sta cambiando rapidamente. Se inizialmente Palladino sembrava destinato a costruire qualcosa di solido e ambizioso per il futuro, l’andamento della squadra negli ultimi due mesi, in particolare, sta alimentando dubbi sulla sua capacità di mantenere le promesse. A rendere ancora più complicata la situazione c’è l’ombra di Vincenzo Italiano, ormai non più protagonista a Firenze, ma la sua presenza resta comunque ingombrante. Il segno profondo che ha lasciato sulla squadra è evidente: due finali consecutive, una finale di Coppa Italia e ottimi piazzamenti in campionato sono risultati che, almeno fino a ora, sembrano difficili da eguagliare o superare.

Vincenzo Italiano
La decisione spetta alla dirigenza
Se è vero che “Il passato non ha mai visto il futuro, e il futuro non ha mai visto il passato,” allora le due versioni della Fiorentina dovrebbero essere considerate irrimediabilmente distanti, due realtà differenti che sembrerebbero difficili da paragonare. Eppure, così non è. La Fiorentina, pur avendo affrontato grandi cambiamenti negli ultimi anni si trova saldamente ancorata nella parte destra della classifica. È ormai una habitue delle fasi finali della Conference League, una competizione che, fin dalla sua creazione, ha sempre visto una squadra italiana contendersi i primi posti.
La Fiorentina è senza ombra di dubbio una realtà destinata a diventare sempre più grande e a rafforzarsi ulteriormente, anche grazie alla dirigenza ricchissima che ha a già dimostrato la voglia di crescere e di credere fortemente nel progetto, la quale non si accontenterà di un ottavo posto e di due finali consecutive, per di più tutte culminate con delle sconfitte.
La voglia di migliorare è palpabile; saprà Palladino essere l’uomo giusto per guidare la squadra chiamata a fare il salto di qualità?
editoriale
Fiorentina, quale ottimismo?

La Fiorentina torna da Napoli con zero punti, ma i protagonisti viola professano ottimismo.
L’avversario era forte, fortissimo, uno dei candidati allo scudetto insieme a Inter e Atalanta, ma la Fiorentina vista ieri, soprattutto nel primo tempo è stata una squadra timorosa, impaurita, senza idee nè gioco. Salvo non si voglia chiamare gioco, per una società che si definisce ambiziosa, il difendere negli ultimi trenta metri la porta di De Gea sperando che un’intuizione possa far scatenare Kean, anima sola in attacco contro le difese avversarie.
Palladino e anche il direttore Pradè, che è tornato a parlare ai microfoni del canale del club, hanno professato ottimismo per il futuro prossimo avendo visto la reazione nella ripresa da parte di Ranieri e compagni.
Potremmo dire, però, una reazione quasi sterile: a parte il bel gol di Gudmundsson, Meret non ha dovuto fare neanche un intervento e nessun tiro particolarmente pericoloso è arrivato dalle sue parti.
Una reazione arrivata quando ormai il Napoli era scappato sul 2-0… perché cambiare filosofia, provando a costruire un minimo di trama di gioco e aggredendo gli avversari più alti, solo dopo che si sono prese due sberle?
La Fiorentina è in caduta libera: nelle ultime 14 partite solo 14 punti, una media salvezza. Le sconfitte sempre in questo spezzone di stagione sono state 8, un trend così negativo che non può essere compensato da un quarto d’ora di palleggio nella metà campo partenopea.
La classifica, dopo aver assaporato sogni di Champions autunnali, è diventata mediocre, ottavo posto, con il Milan ad un punto, in linea con gli ultimi anni, dove almeno Italiano aveva dato un’identità di gioco e aveva portato la squadra spesso alle ultime battute della Coppa Italia e della Conference.
Palladino è uscito malamente dalla Coppa nazionale con l’Empoli e giovedì, vista questa Fiorentina, servirà un’impresa contro il Panathinaikos per continuare la stagione europea.
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