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Crisi Napoli, rischi per l’immediato futuro?
La situazione di difficoltà in cui verte il club partenopeo è sotto gli occhi di tutti, qualcosa, noto fino infondo solo ai membri interni della società ha destabilizzato uno spogliatoio che mai prima d’ora, dal ritorno nella massima serie, aveva vissuto una simile difficoltà a produrre risultati soddisfacenti.
La realtà che si palesa all’esterno narra la difficoltà di riprendere la giusta rotta di fronte ad un’annata che va verso una deriva, lontana dagli obbiettivi sia annunciati a fine estate, che pacificamente apprezzabili come concreti alla luce della rosa messa a disposizione al tecnico Carlo Ancelotti.
Se l’aspetto tecnico porta la mente ad una stagione non da incorniciare, salvo clamorosi ribaltoni pur sempre verosimili, la vera nota dolente ed alquanto preoccupante si inserisce all’interno dei documenti contabili del Napoli, e rappresenta un vero e proprio grattacapo per la società che potrebbe condurre ad un sonoro ridimensionamento nel corso della futura “rifondazione” di cui tanto si sente parlare.
Indice
Il fatturato
Fornirò, qui di seguito, una sintetica disamina delle principali voci economico-patrimoniali che potrebbero essere interessate da un eventuale perdurare degli strascichi seguenti il famigerato “ammutinamento”.
Dal suo ritorno nella massima serie, che coincide con la stagione 2007/08, la società partenopea produceva un fatturato di circa 87,2 milioni di euro (player trading escluso), quota che nel 2018 si attesta a ridosso dei 183 milioni euro, con una crescita del 109,7% nel lasso di tempo considerato. La composizione dei ricavi risulta essere cresciuta principalmente nell’area dei diritti tv (da 43,1 a 118,7 milioni), con una crescita degli introiti commerciali (da 18,5 a 30,6 milioni), i ricavi da stadio, invece, sono cresciuti di poco più di 4 milioni (da 14,9 a 19,0 milioni) denotando il tasso di crescita meno rilevante.
A testimonianza degli sforzi effettuati dalla società sull’area tecnica si denota un aumento sostanziale dei costi, quasi triplicati, raggiungendo una spesa per stipendi ed ammortamenti di 156,6 milioni nel 2017/18 (+198% rispetto ai 52,5 milioni del 2007/08).
Dal punto di vista strategico, la voglia di puntare sul campionato, ha portato una concentrazione in una competizione a discapito delle manifestazioni europee, con conseguente riduzione del fatturato oltre ad una certa rigidità, nel breve periodo, di alcuni costi, manifestando l’importanza delle plusvalenze per un club come il Napoli, che non ha la proprietà delle infrastrutture sportive, dove svolge la propria attività.
Il calo nelle prestazioni economiche
Un dato importante e paradossale, in quanto racchiude in se elementi contrastanti dal punto di vista della solidità è ravvisabile nel bilancio chiuso al 30 giugno 2017 che vanta profitti per 66 milioni di euro, un incremento del fatturato a quota 308 milioni di euro, ed, al tempo stesso, la ripartizione alle sole voci di: saldo di calciomercato (con plusvalenze totali per 104,4 milioni di euro); partecipazione alla Champions 2016/17 (condivisa con la sola Juventus). Il resto degli introiti si attestano su un totale di 124 milioni (diritti tv nazionali 71 milioni, botteghino 19,7 milioni, area commerciale ivi incluse sponsorizzazioni, pubblicità, royalties, diritti radiofonici e diritti d’immagine 32,8 milioni).
A dimostrazione di ciò, si evidenzia che nel corso dell’esercizio 2017/18, la società S.S.C. Napoli S.p.A. registra una contrazione del 30% del valore della produzione, che cala da 308 milioni di euro a 215,6 milioni di euro, culminando in una perdita netta di € 6,37 milioni. Il calo nelle prestazioni economiche è da attribuire all’assenza di plusvalenze rilevanti, a differenza dell’esercizio precedente che aveva acquisito sostanza grazie alla plusvalenza di 86 milioni di euro a seguito della cessione di Gonzalo Higuain alla Juventus, ceduto per 90 milioni di euro. Altro dato rilevante risulta essere il calo dei proventi UEFA di € 25.848.215, in seguito ai piazzamenti inferiori raggiunti nelle competizioni europee, sempre rispetto alla precedente stagione.
La strategia economica
La strategia del Napoli negli ultimi anni ha concentrato gli investimenti in capitale umano, trascurando l’investimento in infrastrutture sportive, commerciali od altre inerenti alla vita economica di un club sportivo moderno. Un dato rilevante per spiegare lo scompenso creatosi tra le varie aree strategiche d’affari in termini di investimenti è dato dal confronto fra il CAPEX in giocatori ed il CAPEX diverso, in estrema sintesi, il CAPEX (CAPital EXpenditure) rappresenta l’ammontare dei flussi di cassa in uscita utilizzati per investimenti in immobilizzazioni materiali, e considera acquisizioni, implementazioni e manutenzioni. Nel periodo tra il 2008 ed il 2015, il CAPEX in calciatori del Napoli si attesta ad una quota aggregata di circa 340,7 milioni di euro (441,2 milioni di euro per la Juventus F.C.), a fronte di un CAPEX per tutte le altre immobilizzazioni di appena 17,6 milioni di euro (193 milioni di euro per la Juventus F.C.).
quanto poc’anzi relazionato dimostra la pressoché nulla componente di investimenti infrastrutturali.
Un elemento che risulta basilare per l’autofinanziamento di un club che si posiziona tra i più virtuosi, se non il più virtuoso, del nostro campionato e vanta un’esposizione debitoria nulla presso istituti di credito o terzi finanziatori è rappresentato dalla tendenza del Napoli a raggiungere elevate percentuali positive di marginalità operativa (Ebitda).
In termini percentuali il margine operativo lordo del Napoli viaggia intorno ad una media del 34% circa. Si ricorda che l’EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization), viene apprezzato come indicatore della capacità di generare reddito considerando solo la sua gestione operativa fornendo, lo stesso, una attendibile approssimazione del flusso di cassa operativo dell’azienda e consente di fare stime realistiche sulle risorse finanziarie disponibili. È un dato utile in fase di analisi perché permette di vedere se la gestione operativa dell’azienda sta generando ricchezza o meno. Un EBITDA positivo indica che ci sono buone prospettive per il futuro dell’azienda, mentre uno negativo o inferiore alle aspettative va considerato come un campanello d’allarme ed è segno che c’è qualcosa da rivedere nella strategia di investimento.
La qualificazione alla Champions
Tutto questo premesso, nonostante un elevatissimo grado di efficienza,la sensazione è che senza l’incidenza degli introiti derivanti dalla dalla Champions League, nonché quelli inerenti le attività di trasferimento giocatori, il Napoli sarebbe costantemente in perdita, da qui la nevralgicità del momento e la necessità di non depauperare un patrimonio costruito nel tempo, ma il rischio è quello di incorrere in dinamiche particolari che potrebbero portare molti club ad approfittare della “rottura” dei suoi giocatori più rappresentativi, rinunciando a parte del valore che la società avrebbe potuto ottenere in situazioni ideali, ferma restando la difficoltà di iscrivere minusvalenze in bilancio a causa dell’oculatezza delle strategie di bilancio attuate dallo stesso club.
Un mancato approdo alla prossima Champions League, oltre ad un ulteriore ammanco di risorse, creerebbe anche difficoltà dell’acquisizione di calciatori importanti chiamati a sostituire gli attuali “partenti” sia per motivi inerenti la sostenibilità del costo del personale in termini di ammortamenti e stipendi, sia per una questione legata alla visibilità di un certo tipo di calciatori.
In estrema conclusione siamo ben lontani da un default, la solidità del Napoli è conclamata e garantita dall’efficienza e da un socio di maggioranza importante come la Filmauro S.P.A., tuttavia, è una situazione da prendere con le pinze e gestire al meglio, cercando di minimizzare i danni per le prossime stagioni, poiché se si inanellassero una serie di stagioni di basso profilo, si correrebbe un forte rischio di ridimensionamento complessivo del progetto.
Con la collaboraizone del Dottor Roberto Di bello.
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Inter, parla Marotta dopo lo scudetto
Il CEO dell’ Inter ha elogiato il presidente Steven Zhang per la sua abilità nel delegare responsabilità efficacemente.
Le parole del CEO dell’Inter
Dapprima Marotta ha sottolineato l’importanza di concedere autonomia al management per consentire all’Inter di operare al meglio. Un’altra questione approfondita dal dirigente é come Zhang comprenda l’importanza della delega di compiti per il successo dell’organizzazione.
Marotta ha dichiarato che Zhang è costantemente informato sulle attività dell‘Inter. Quindi il team è per lui responsabile di ciò che accade all’interno del club.
Ha evidenziato come la responsabilità ricade sul management e non sulla proprietà.
Lavorare insieme in modo efficiente è essenziale per il successo e Marotta ha apprezzato il rapporto di collaborazione tra il management e la proprietà.
Marotta parla del club
Anche la fiducia di Marotta nella leadership di Zhang è evidente cosí come la solidità della gestione del club sembra promettente per il futuro.
Marotta ha garantito ai tifosi che il club è finanziariamente solido . Probabilmente la proprietà fornirà inoltre ulteriori dettagli sul rifinanziamento del debito.
Ha assicurato che qualsiasi errore è imputabile al management e non alla proprietá ed ha enfatizzato la trasparenza e la responsabilità del team di gestione nerazzurro. Ha sottolineato che lavoreranno duramente per garantire il successo della squadra.
La collaborazione efficace tra management e proprietà è orientata verso la stabilità e il successo del club.
La gestione di Zhang ha portato a significativi risultati sportivi per i neroazzurri. Marotta ha voluto rassicurare i tifosi sulla solidità della leadership del presidente.La prospettiva di continuità e di successo per il club sembra essere al centro della strategia di gestione del team.
È importante sottolineare che da quando é presente la gestione di Zhang ha portato a importanti risultati sportivi per il club. Tra questi la vittoria del titolo di campione d’Italia nella stagione 2020/2021.
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Assemblea ECA, Al-Khelaifi: “La Superlega non esiste”
All’Assemblea ECA (European Club Association) svoltasi ieri a Madrid ha presenziato il presidente Nasser Al-Khelaïfi, noto per essere anche il presidente del PSG.
Il presidente Nasser Al-Khelaïfi ha parlato della situazione dell’ECA. che sta attraversando una fase di grande espansione e conta oggi oltre 600 club affiliati grazie all’arrivo di 266 squadre aggiuntive in questa stagione.
Queste le parole di Al-Khelaïfi a tale proposito: “È un momento fantastico a causa della nostra rapida espansione e della nostra evoluzione positiva. Questo dimostra che l’ECA è un’organizzazione dinamica, democratica, rappresentativa e inclusiva.
Quando sono diventato presidente dell’ECA, c’erano 174 club… ora siamo 610. L’unità è la forza dell’ECA, che è completamente diversa dal precedente G-14”.
Il presidente ne ha approfittato anche per polemizzare sulla Superlega. Queste le sue parole: “La porta è sempre aperta per quei club che non sono nell’ECA. La Superlega non esiste. Quindi, quando se ne renderanno conto, saranno i benvenuti a tornare (l’allusione è soprattutto al Barcellona, ndr).
Abbiamo giocato contro di loro nei quarti di finale della Champions League, la migliore competizione per club al mondo. È la migliore competizione, il miglior sistema che abbiamo. Non sono davvero contenti, ma ancora una volta ci giocano perché sanno che è importante.
Sanno che è la competizione principale. Spero che quindi ne siate consapevoli. Sanno che la porta è sempre aperta. Siamo in contatto congiunto con la FIFA e l’UEFA”. I club che ancora sostengono convintamente il progetto della Superlega sono, in particolare, il Barcellona e Real Madrid.
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Milan, così non va: esci dalla mediocrità! | L’editoriale di Mauro Vigna
Milan, già dal titolo si può capire di che tenore (senz’altro duro) è il taglio di questo articolo. Non si può sprecare un’altra stagione.
Parlare con mesi di anticipo a volte può dare delle soddisfazioni, in quanto, spesso si viene smentiti. Ed è quello che spero vivamente accada. Perché altrimenti dovremo nuovamente assistere a un anno, il prossimo, sotto il segno della mediocrità.
Mediocrità, parola ricorrente durante questa stagione, basti vedere alcuni elementi in rosa. Che vanno cambiati, o meglio, vanno sostituiti con rinforzi qualitativamente superiori. Iniziamo da Calabria, bravo bello educato e con un cuore grande così, ma vederlo capitano di una squadra come il Milan appare, scusatemi, una bestemmia. Sapete vero di cosa stiamo parlando? Del Milan, squadra che ha alzato al cielo 7 Champions. Giusto per ricordarlo.
Una squadra che per due anni non è stata in grado di trovare un vice Theo Hernandez facendo giocare al suo posto terzini destri, difensori centrali e facendo il segno della croce in settimana augurandogli lunga vita calcistica.
Un centrocampo inesistente, caratterizzato da giocatori bravissimi ad accarezzare il pallone, un po’ meno a picchiare. Quanto servirebbe un Kessiè qualsiasi. E quanto servirebbe una punta centrale che non avesse 38 anni, con tutto il rispetto per Giroud, un ex campione, ma che da marzo in avanti deve giocare con l’ossigeno perché non ha un vero e proprio sostituto.
Quindi che si fa? Con Pioli a fine ciclo ci si trova praticamente a maggio senza avere deciso un allenatore e con gli altri club che stanno praticamente prendendosi i migliori attaccanti, lasciando a noi – forse – qualche briciola per quando decideremo di fare mercato.
Capitolo allenatore. Da qui capiremo se aspettarci un altro campionato mediocre, oppure no. Antonio Conte avrebbe permesso di alzare l’asticella, ma un Van Bommel, brava persona eh, ha pure pianto quando se ne è andato, pensate possa rappresentare la scelta giusta? Uno che ha la stessa esperienza di Palladino che almeno ha allenato in Serie A? Uno che ha subìto le stesse reti di Pioli, ma in Belgio? Giovane, parla 5 lingue, ma a noi serve uno con gli attributi che sappia strigliare Leao quando passeggia come fosse in Via Montenapoleone a Milano, durante un derby.
Ripeto, se sarò smentito sarò felice. In realtà è quello che voglio, essere smentito coi fatti. Con uno come Conte in panchina, con Gyokeres in attacco, magari uno come Amrabat in mediana, Buongiorno o Scalvini in difesa. Un forte terzino destro. E poi ne parliamo. Altrimenti…la solità mediocrità.
Questa deve essere la stagione della svolta, non serve molto. L’ossatura della squadra c’è, servono 4-5 rinforzi di qualità nei posti giusti. È un allenatore con le palle quadrate.
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