Le interviste
Esclusiva CS, Gianluca Drammis: “Giusto tenere Chiesa e Vlaovich, Juventus da Champions. Su Allegri…”
In esclusiva per Calciostyle abbiamo intervistato il giornalista Gianluca Drammis, da conduttore televisivo a tifoso della Juventus.
“La Juventus è da primi 4 posti ma non è la contendente principale dello scudetto”

Gianluca Drammis, apprezzato giornalista, scrittore e presentatore di Calcissimo, trasmissione di successo molto amata dagli spettatori in onda sul canale Top Calcio 24 e sul canale YouTube Fulvio Collovati official.

Vogliamo svelare la tua fede calcistica?
“Sì, la mia fede calcistica è bianconera, tipo la Juventus“.
Quando e come è nata la tua fede bianconera?
“La mia fede bianconera nasce come per tutti quanti i ragazzi, almeno per la stragrande maggioranza, grazie ai genitori. Il mio papà tifava Juve, tifa la Juve. Il ricordo, uno dei primi ricordi che ho da tifoso della Juve anzi alcuni ricordi non sono propriamente positivi.
Ricordo benissimo un Genoa-Juve dove la Juve perse a Genova ed io iniziai a piangere. C’era un mio zio che tifava Inter e mi chiamava per prendermi in giro ed io mi arrabbiai sempre di più. Un ricordo molto bello è stato nel 1995 quando andai allo stadio, la Juve perdeva 1-0 un derby di Torino, lo ribaltò 2-1!
Contemporaneamente io feci tredici al totocalcio e la gente attorno a me si stupiva perché diceva: “ma questo qui come fa a ricordarsi le cose che ha giocato” e l’avevo giocata io la schedina! Quindi è un ricordo di questo tipo, uno dei primi ricordi della Juve che ho”.
Sei un tifoso da stadio?
“Adesso assolutamente no. Mi spiego, sono una persona a cui piace andare allo stadio perché ho l’idea, per via del lavoro che faccio, che si abbia una visione non periferica come davanti alla televisione della partita ma una visione generale. Quindi soprattutto, da un punto di vista proprio visivo anche per vedere alcuni movimenti.
Non sono contrario al concetto di curva, in senso generale, anche perché per la squadra che tifo io in questo momento il supporto dello stadio manca! E’ molto più coinvolgente, cioè andare a vedere una partita allo stadio ha tutto un altro fascino che vederla da casa”.
Un ricordo piacevole ed uno meno gradevole della tua Juve?
“Un altro ricordo piacevole è quando andai a vedere uno Juventus-Bologna dove la Juve vinse 3-2 con tripletta di Inzaghi e la Juventus vinse lo scudetto in quella occasione. Quindi questo è un altro ricordo estremamente piacevole dove io ho visto la Juve vincere uno scudetto!
Uno meno gradevole allo stadio, ci fu un Juve-Palermo dove perse 0-2 una partita inguardabile dove Cannavaro ne combinò di tutti i colori e c’era gente che bruciava i sediolini, guarda una scena non proprio edificante”.
Un giocatore che porti nel cuore del passato o della rosa attuale?
“Sicuramente del passato ce ne sono un paio che sono indimenticabili. Uno un po’ più recente, ma anche perché lo conoscevo già prima seguendo un po’ i campionati esteri, era Arturo Vidal che per me rappresentava ed era l’emblema del calciatore che lottava per la maglia.
Della squadra attuale sono particolarmente legato a Chiesa però diciamo che con il tempo capisci che è meglio non legarsi particolarmente ai calciatori e questo vale un po’ per tutte le squadre”.
Chiesa e Vlahovic, ha fatto bene la Juventus a tenerli? Credi in loro?
“Ha fatto bene a tenerli? Sì, soprattutto per quanto riguarda Chiesa e se il giocatore avesse dovuto sostituirlo e fosse stato Berardi la Juventus ha fatto molto bene a tenerlo perché, a prescindere dal fatto che non è riuscita a dimostrare tutte le sue caratteristiche ha fatto bene a tenerlo la Juve.
Vlahovic, è un malcostume dei tifosi quello di tante volte di fare il mercato. Ricordo un anno dove ci fu uno scambio Guarin–Vučinić che non andò in porto perché i tifosi dell’Inter si impuntarono, poi in questo caso si sono impuntati i tifosi della Juve e il tutto per dare un’altra chance a Vlahovic.
Sembra da questo avvio di stagione che lui possa far capire perché l’anno scorso non era proprio al massimo, per dei problemi fisici, però io aspetto sempre delle conferme. Cioè io andrei cauto però attendo la riconferma, ecco “.
Indipendentemente dai risultati, credi che questa sia l’ultima stagione di Allegri?
“Se vuoi te la ribalto e non ti dico che credo che sia l’ultima stagione ma lo spero vivamente non per l’Allegri che alla Juve ha fatto tanto bene prima ma per l’Allegri che non ha costruito niente con la Juve adesso.
O meglio, non è che lui ha costruito perché lui giustamente dice “ho molti ragazzi” ed è vero ma questa è un’esigenza del club di avere tanti ragazzi e non per sua necessità.
Perché io ricordo che lui lo scorso anno ha chiesto Paredes e Di Maria che non sono due ragazzi, la Juve avrebbe bisogno di lavorare con un allenatore che li sappia far crescere i ragazzi. Se porta lo scudetto tanto di guadagnato però temo che non sarà così perché la Juve comunque di fondo ha un’altra verità ed è che in alcuni reparti è inferiore ad altre squadre”.
Juventus da primi quattro posti, può essere la pretendente al titolo?
“No perché l‘Inter è più forte. Non sono sicuro che il Milan sia più forte ma ha un’idea diversa. Il Napoli lo voglio vedere con continuità perché lo scorso anno, per me, ha over-performato. Ha fatto una stagione straordinaria ma non era quello il reale valore della squadra come non era quello il valore reale valore della Juve!
La Juventus l’anno scorso ha sempre giocato con un Vlahovic a meno di mezzo servizio e con un Chiesa che non ha quasi mai giocato. E’ da primi 4 posti ma non è la contendente principale dello scudetto, questo si”.
Mi rendo conto che è presto per dare un reale parere ma cosa ti aspetti da questa stagione?
“La Juve deve restare fino a marzo-aprile in lotta per lo scudetto che poi sia prima o che sia seconda o che sia terza a 4-5 punti la Juve non può permettersi come lo scorso anno a gennaio di essere estromessa dallo scudetto. Perché? Perché se l’anno scorso a torto o ragione c’è stata la questione extra-campo che ha inciso quest’anno nn c’è!
Quest’anno la questione extra-campo è che la Juve non ha le coppe, quindi la Juve deve lottare per vincere lo scudetto, ok? E deve arrivare in fondo in Coppa Italia perché ha fondamentalmente due obbiettivi “.
Hai detto di essere tifoso anche del Catanzaro, dovendo scegliere fra le due chi occupa di più il tuo cuore?
“Sì! Certe volte faccio un po’ lo stupidino in trasmissione. Di base la Juventus però mi piace anche sentire e confrontarmi anche con altre persone che hanno una doppia fede per una seconda squadra. Cioè non entrano in conflitto ed anche dovesse esserci mai un Juve-Catanzaro di base tiferei la Juve.
Però, ecco vedi, mi emoziona e mi entusiasma molto di più vedere una partita del Catanzaro piuttosto che vedere una partita della Juventus e questo fa capire perfettamente quanto possa essere logoro il tifo della Juve, logoro per quello che non ha visto in questi anni”.
Hai scritto un libro “Storie di Storia” vuoi dirci qualcosa sul suo contenuto e dirci dove possiamo acquistarlo?
“Si può acquistare su Amazon e l’ho distribuito tramite la piattaforma Amazon basta scrivere Storie di Storia e c’è il testo. Il libro nasce più che da una mia passione dal fatto che io ho un primo/secondo lavoro, perché io li reputo alla pari, come docente.
Mi sono accorto con il tempo che la storia, soprattutto tra i ragazzi che vanno in un’età dai 16 ai 18 anni, non è che non sia insegnata bene, non mi permetto e non sono nessuno per dirlo, ma non trova la giusta passione tra i ragazzi di questa fascia d’età.
Penso che bisognerebbe svoltare con delle metodologie diverse di insegnamento ma soprattutto attuare una riforma da un punto di vista della storia, dove si vanno ad insegnare ai ragazzi di 17-18 anni non solo la storia dell’Egitto ma in più bisognerebbe insegnare ai ragazzi la storia contemporanea dal 1945 ad oggi che non conosce nessuno”.
Ringrazio personalmente Gianluca Drammis anche a nome della redazione di Calciostyle per la gentile intervista.
Le interviste
ESCLUSIVA CS – Carlo Nervo: “Il Bologna può arrivare in Europa quest’anno ha una rosa molto competitiva. Nazionale? Ci sono troppi…”
L’ex centrocampista del Bologna Carlo Nervo (1994-2005, 2006-2007) ha parlato ai nostri microfoni della’attuale situazione dei rossoblù, sulla lotta Scudetto in Serie A e molto altro.
In un’intervista di 5 minuti, Carlo Nervo ha detto la sua su come può andare il Bologna questa stagione, parlando anche di giocatori come Bernardeschi e Orsolini, e anche dell’allenatore dei rossoblù Vincenzo Italiano.
Inoltre ha analizzato anche la situazione della Nazionale Italiana e del motivo per cui, secondo lui, gli Azzurri stanno vivendo un momento così complicato.
Di seguito, l’intervista di Carlo Nervo.
Le parole di Carlo Nervo
Dove può arrivare questo Bologna in campionato e in coppa?
“Vista espressione di gioco e i risultati, può arrivare in alto. Secondo me l’Europa dovrebbe essere la giusta posizione, però sognare non costa niente. Le altre squadre sono forti, però il Bologna li ha messi sotto”.
Secondo lei il Bologna ha bisogno di rinforzarsi nel mercato di gennaio, visti alcuni infortuni sulle fasce?
” A mio avviso, a parte gli infortuni, la rosa é completa. Immobile, al momento, é fuori ma é un giocatore forte che segna molti gol: inoltre la crescita di Bernardeschi é stata importante. Secondo me la rosa é molto competitiva, io non toccherei niente”.
Chi vince il campionato?
“Bella domanda, magari il Bologna. No, io vedo il Milan che può insidiarsi”.
Quindi Allegri con il suo Corto Muso?
“Secondo me hanno una bella rosa e un allenatore che sa vincere”.
Italiano é un pò sottovalutato come allenatore?
“No, non é sottovalutato, nel senso che lui é già in una grande squadra, perché il Bologna é una grande squadra”.

VINCENZO ITALIANO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Un aggettivo per l’allenatore e per quello che sta facendo?
“Consapevole: lui é consapevole di essere in una grande piazza”.
Orsolini? E’ un Nervo 2.0
“No, secondo me è più forte. Vede molto la porta, ma soprattutto é un ragazzo per bene che é legato alla città e alla maglia. Quindi deve continuare come sta facendo”.
Adesso nella Nazionale Italiana c’é meno abbondanza di grandi giocatori. Come si può risolvere questa cosa?
“Ai miei tempi per andare in Nazionale dovevi essere forte. Adesso fai dieci partite bene in Serie A e ti chiamano in Nazionale. Non ci sono i campioni come Del Piero e Totti: bisognerà analizzare perché non vengono fuori questi talenti qui in Italia, e valutare tutti i settori giovanili.
Poi, troppi stranieri: quando c’ero io arrivavano i top player stranieri, ora ci sono giocatori che trovi anche in Serie B, in Serie C. Hanno un cognome difficile, quindi impattano sul pubblico. E poi un’altra cosa, meno potere e procuratori”.
Le interviste
ESCLUSIVA CS – Giulio Scarpati: “La Roma non ha l’obbligo di vincere, per questo oggi vola. Gasperini ha cambiato tutto: ora la squadra corre fino al 90°”
Lo storico volto di Un Medico in Famiglia e romanista dichiarato, Giulio Scarpati ha raccontato ai nostri microfoni una vita intrecciata al giallorosso: dagli anni dell’alzabandiera sempre ammainato alle domeniche allo stadio con il fratello, fino allo sguardo lucido sulla Roma di oggi.
In una lunga intervista, Scarpati ha condiviso le sue opinioni sul lavoro di Gasperini, il momento della squadra, gli obiettivi stagionali e la crisi della Nazionale. Un dialogo sincero, appassionato, a tratti critico, che ci rivelato l’anima di un tifoso autentico, oltre che di un grande attore.
Di seguito, l’intervista di Giulio Scarpati.
Le parole di Giulio Scarpati
Ci vuole parlare del suo legame con la Roma?
“Essere tifoso della Roma significa, prima di tutto, accettare una certa dose di sofferenza. Negli anni ’60 la squadra non era certo tra le grandi. La Juventus ci passava spesso i suoi “bidoni”, giocatori ormai a fine carriera. Per fortuna, con il tempo, la società è cresciuta e si è strutturata molto meglio. La mia passione è nata grazie a mio fratello maggiore, romanista sfegatato. A casa avevamo l’alzabandiera da issare quando la Roma vinceva, ma non lo usavamo quasi mai… le vittorie erano rare, così la bandiera rimaneva per lo più ammainata. Ricordo anche che quando la Roma vinceva, ritagliavamo i titoli di giornale e li attaccavamo in camera. Da bambino andavo anche tanto spesso allo stadio con la tessera dello Junior Club, sempre assieme a mio fratello.
Da attore, poi, mi è capitato di giocare più volte con la Nazionale degli Attori, allenata da Giacomo Losi: una persona straordinaria. Mi dava ottimi consigli su come migliorare in difesa, il ruolo in cui giocavo. Io e mio fratello abbiamo sempre seguito la Roma, nel bene e nel male. Forse avremmo potuto vincere qualcosa di più, ma proprio perché si vince poco, quando succede la gioia è enorme. I festeggiamenti per uno Scudetto a Roma…a Torino se li sognano!”
Mettiamo da parte il passato e guardiamo al presente: avrebbe mai immaginato a inizio stagione questa Roma capolista?
“Assolutamente no, devo essere sincero. Però riponevo molta fiducia in Gasperini, che sa fare benissimo il suo lavoro. Si è integrato in modo sorprendente e credo che anche il lavoro miracoloso fatto da Ranieri l’anno scorso lo abbia agevolato. Peccato per quella Champions sfiorata di un punto. Chissà, magari con altre due partite ci saremmo qualificati noi al posto della Juventus… Da tifoso, comunque, sono felicissimo del percorso che stiamo facendo.”
È davvero soddisfatto in tutto?
“Beh, l’unica ombra, finora, è l’Europa League. Non stiamo brillando e migliorare la classifica sarà complicato, soprattutto con tutte le partite ravvicinate. L’obiettivo sarebbe entrare tra le prime otto, ma la vedo dura. Detto ciò, resto ottimista: per me è già molto ciò che la squadra ha fatto finora.”
Dove si nota maggiormente la mano di Gasperini?
“Ha ridato motivazione a tanti giocatori. Penso a Pellegrini, che sta vivendo una vera e propria rinascita. Anche il gioco è cambiato. Oggi le partite sono più dinamiche, divertenti, c’è una chiara volontà di dominare l’avversario – una sensazione che, con tutto il rispetto, si percepiva meno nell’era Mourinho. Gasperini è l’allenatore ideale per questo gruppo, e lo dimostra la condizione atletica: la Roma corre e pressa fino al 90°, è un miglioramento enorme. Serve però che gli attaccanti inizino a segnare con più continuità, quello resta un problema.”

GIAN PIERO GASPERINI DA INDICAZIONI AI SUOI RAGAZZI. IN EVIDENZA EL AYNAOUI E TSIMIKAS ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
La Roma ha subito solo cinque gol diventando così la miglior difesa del campionato. Come se lo spiega?
“Molto merito va a Svilar, che sta facendo miracoli. Negli ultimi anni abbiamo avuto portieri straordinari – da Alisson a Szczęsny – e lui sta seguendo quella scia. C’è poi la crescita di Mancini e, più in generale, l’organizzazione difensiva plasmata da Gasp. Non c’è un singolo leader: la forza è il gruppo. Ed è bello vedere che l’allenatore coinvolga tutti, soprattutto i giovani come Pisilli.”
Si può dire allora che Gasperini sia un allenatore che sposta gli equilibri? Guardando l’Atalanta con Juric verrebbe da pensarlo…
“Al di là del valore di Gasperini, credo che Juric abbia limiti nella gestione del gruppo. È suscettibile e comunica poco coi giocatori. Gasperini, anche quando si arrabbia, lo fa per stimolare. Juric non mi è sembrato ancora abbastanza maturo per allenare una grande squadra.”
Non teme un calo di rendimento della rosa?
“La vera incognita restano gli infortuni. Dybala è un valore assoluto, ma purtroppo non garantisce continuità. A questo si aggiunge il vincolo del fair play finanziario, che ha limitato la possibilità di intervenire sul mercato con innesti mirati. Detto ciò, apprezzo molto il lavoro della società e, in particolare, l’impronta lasciata da Ranieri: si sarà capito che ho un debole per lui! Lo stimo profondamente per come l’anno scorso è riuscito a risollevare la squadra.”
C’è qualcosa che la Roma ha più degli altri top club?
“Sì, ha un vantaggio psicologico enorme. Non ha l’obbligo di vincere sempre e comunque, come accade invece a Inter o Napoli. E questo, in campo, pesa eccome.”
Eppure, negli scontri diretti la squadra fatica…
“Diciamo che molti avversari contro cui abbiamo perso erano più attrezzati. Col Milan abbiamo sbagliato l’approccio perché siamo sì partiti fortissimo, ma non siamo mai riusciti a concretizzare. Con l’Inter il divario tecnico si è visto. Non credo ci sia un problema strutturale negli scontri diretti; piuttosto dobbiamo essere più cinici quando le occasioni capitano, perché in partite del genere non sono mai tante.”
Che idea si è fatto delle altre big del campionato?
“Sono certo che la Juventus con Spalletti adesso crescerà moltissimo. L’Inter è fortissima ma talvolta vince anche con un po’ di fortuna, ed è quella che temo di più. Il Milan mi sembra più solido dello scorso anno. Il Napoli con Conte non mollerà un centimetro: è tignoso e combatterà fino alla fine anche se ora è in difficoltà.”

L’ESULTANZA URLO DI ANTONIO CONTE DOPO IL GOL DI SPINAZZOLA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Qual è l’obiettivo minimo della Roma?
“La Coppa Italia.”
Perché proprio la Coppa Italia?
“Perché sarebbe fantastico vincere la decima.”
E l’obiettivo più grande, invece?
“Tornare a giocare in Champions. È un qualcosa di fondamentale anche a livello economico.”
Passiamo alla Nazionale. Cosa ne pensa della disfatta contro la Norvegia?
“È stata una partita strana. Nel primo tempo abbiamo fatto meglio noi, loro sembravano quasi in vacanza. Poi, quando la Norvegia ha iniziato a far valere la sua qualità, l’Italia ha perso ritmo ed è andata in blackout. Purtroppo, in Nazionale il problema è molto più profondo di quanto sembri…”
A cosa si riferisce?
“Al fatto che da anni la Nazionale non esprime un gioco convincente. I club hanno ormai un peso enorme e i raduni non sono più quelli di una volta. Spalletti, secondo me, ha fallito proprio per questo: non ha avuto il tempo necessario per costruire un’identità di gruppo.”
Che ne pensa invece di Gattuso?
“È un allenatore onesto, diretto, che dice ai giocatori ciò che pensa. Lo apprezzo molto.”
Ora che i playoff sono una realtà, ritiene che l’Italia riuscirà a supererli?
“Se incroceremo squadre meno attrezzate di noi, credo proprio di sì. E speriamo anche in un pizzico di fortuna, che non guasta mai.”

MATEO RETEGUI RAMMARICATO ( FOTO KEYPRESS )
Le bombe di Vlad
LBDV presenta: “Il portiere di Ceaușescu” e “Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio”
Domenica 16 novembre, alle ore 18.00, il Punk Roma (Via dei Durantini 18, Roma) ospiterà un evento speciale dedicato alla letteratura sportiva e alla cultura calcistica.
Protagonisti della serata saranno due firme d’eccezione: Guy Chiappaventi, giornalista di La7, autore del libro “Il portiere di Ceaușescu” (Bibliotheka Edizioni), e Ciro Romano, caporedattore di LBDV, che presenterà “Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio” (Garrincha Edizioni).
A dialogare con gli autori ci sarà Daniele Garbo, giornalista sportivo già volto di Mediaset e Direttore Editoriale di LBDV, mentre la presentazione sarà affidata al giornalista di Le Bombe di Vlad, Alberto Caccia.
L’incontro rappresenta un’occasione imperdibile per tutti gli appassionati di calcio, giornalismo e narrazione sportiva. Due libri diversi ma accomunati da una stessa passione: quella per il pallone e per le storie che lo rendono eterno.
Il portiere di Ceaușescu. Helmut Duckadam, storia di un antieroe
Una storia lunga quasi quarant’anni e undici metri, la storia di quando una squadra di sconosciuti strappò il titolo più importante del calcio europeo – la Coppa dei Campioni – a una superpotenza, il Barcellona.
Era la notte magica del 7 maggio 1986 quando, nello stadio di Siviglia, Helmut Duckadam, allora ventisettenne, riuscì nell’impresa di parare tutti e quattro i rigori dei giocatori catalani consentendo alla Steaua Bucarest di laurearsi campione d’Europa, prima volta per una squadra dell’Est. Una notte di felicità per un popolo che viveva con le luci spente, senza riscaldamento e con il frigorifero vuoto.
Quando la Steaua rientrò in Romania, all’aeroporto 15 mila persone accolsero i giocatori e almeno altrettante scesero in strada per seguire il tragitto del pullman fino a Bucarest. Fu un fatto insolito per la Romania comunista, dove le manifestazioni spontanee di piazza erano vietate, ma il regime volle capitalizzare la vittoria. Il presidente Ceaușescu invitò la squadra a palazzo e Duckadam diventò per sempre l’eroe di Siviglia.
L’autore
Giornalista, inviato del tg La7. Dopo aver raccontato la suburra di Roma, la mafia e la ‘ndrangheta, due guerre in Medio Oriente, terremoti, tsunami e alluvioni, negli ultimi anni ha seguito la cronaca a Milano.
Ha vinto il premio Ilaria Alpi, il Premiolino e il premio Goffredo Parise. Ha pubblicato sette libri, incrociando spesso il calcio con la cronaca: il primo, Pistole e palloni sulla Lazio anni Settanta, ha avuto otto edizioni in quindici anni e ha ispirato la serie Sky Grande e maledetta.
Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio
Ciro Romano ci racconta le gesta dello storico portiere olandese Jongbloed, eroe dell’arancia meccanica di sua maestà Cruijff . Un viaggio dentro la vita di uno dei calciatori più importanti della sua era. Non una monografia, dimenticate i tabellini, quello che troverete in queste pagine è l’atmosfera, è l’uomo prima del calciatore, è la storia prima dei gol, è il lato nascosto del pallone. Preparatevi, riavvolgete il nastro, premete play e godetevi questa partita di carta e inchiostri, inseguendo in campo un calciatore indimenticabile. Una nuova figurina letteraria da collezionare, una nuova figurina per completare lo scaffale dei campioni.
L’autore
Ciro Romano vive a Salerno è avvocato, abilitato alle Magistrature Superiori. Guarda il calcio dall’età di tre anni, e ne scrive per testate giornalistiche e pagine social. Prima per passione, poi per motivi professionali, diventa esperto di tifo radicale. Tiene conferenze e partecipa a dibattiti pubblici per l’abolizione alle limitazioni di legge al tifo e agli spostamenti delle tifoserie.
Ha pubblicato “Volevo solo giocare a ping pong” (Caffèorchidea).
(Foto: DepositPhotos)
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