editoriale
“Più libri più liberi” fra stand e polemiche
Dal 4 all’8 Dicembre del 2024 a Roma si è tenuta la fiera “Più Libri Più Liberi”, uno degli appuntamenti più importanti dell’editoria italiana.
Dal 4 all’8 Dicembre scorso si è tenuta a Roma la fiera nazionale della piccola e media editoria, ovvero “Più Libri Più Liberi”: uno degli appuntamenti annuali più importanti del panorama editoriale italiano.
“Più Libri Più Liberi” e il sessismo ad orologeria
Le polemiche sono iniziate già nella fase di preparazione dell’evento, con alcuni esercenti che hanno criticato le modalità di ammissione alla fiera. In particolare alcuni piccoli editori hanno contestato la definizione di “piccole e medie imprese”, considerate mal calibrate oltreché troppo esosi dal punto di vista della gestione degli stand. Alle critiche gestionali ed economiche ne hanno fatte seguito altro, di natura più “etica”.
La scelta della direttrice della kermesse, Chiara Valerio, di dedicare l’edizione annuale della fiera alle vittime di femminicidio (in particolare Giulia Cecchettin e Michela Murgia) era stata inizialmente apprezzata, ma poi considerata ipocrita. Alla luce soprattutto dell’invito a partecipare rivolto al filosofo Leonardo Caffo, che all’epoca dei fatti era indagato per maltrattamenti aggravati e lesioni gravi nei confronti della sua ex-compagna.
La scelta era stata inizialmente giustificata sventolando bandierine quali “garantismo” e “libertà di parola” (temi cari alla destra), ma questa versione dei fatti non ha convinto l’opinione pubblica. A prescindere dall’esito del processo (Caffo sarà poi condannato a 4 anni di carcere in primo grado dalla sezione penale del Tribunale di Milano), la sua presenza è stata considerata sin da subito inopportuna e contraddittoria.
In seguito alle polemiche, l’intervento dell’artista è stato annullato e la direzione dell’evento si è dovuta giustificare tramite un post di scuse per mezzo social. Una decisione che però non è bastata per evitare il “boicottaggio” della fiera da parte di alcuni illustri invitati.
Fra cui i noti fumettisti “Fumettibrutti“, “Zero Calcare” e “Sio“, oltre alla giornalista de “Il Fatto Quotidiano” Selvaggia Lucarelli. FQ che è stato comunque presente all’evento, nelle figure del suo Direttore Marco Travaglio e del suo reporter (nonché ex-leader del Movimento 5 Stelle) Alessandro Di Battista.

Marco Travaglio presenta il suo ultimo libro “Russia, Ucraina e NATO in poche parole” alla fiera “Più Libri Più Liberi”.
“Più Libri Più Liberi” e “l’appalto” in Medio Oriente
Le polemiche hanno riguardato anche la scelta di demandare la gestione dei tagliandi a Vivaticket. Una società operante nel ticketing online e che appartiene totalmente a Investcorp: diretta dal chairman ed imprenditore dell’Oman Mohammed Al Ardhi. Investcorp che, a sua volta, è stata fondata da Nemir Amin Kirdar (noto uomo d’affari iracheno) e, dal 2015, è guidata da Mohammed Mahfoodh Alardhi: ex-vice maresciallo (ora in pensione) dell’aeronautica militare dell’Oman.
Per accedere all’evento, infatti, era obbligatorio acquistare un biglietto o un abbonamento attraverso il portale di Vivaticket (il sottoscritto è entrato tramite accredito stampa) e questo non ha fatto altro che alimentare le polemiche. La holding è stata creata 40 anni fa per permettere alle famiglie più ricche del Golfo Persico di investire negli Stati Uniti e in Europa, anche se è difficile affermare con certezza chi siano questi magnati. Dal momento che (citando “Mowmag“): “Investcorp nasconde i propri azionisti in un reticolo di società controllato da una holding alle Isole Cayman, al riparo da occhi indiscreti”.
E ancora: “Nel consiglio di amministrazione ci sono rappresentanti delle famiglie reali dell’Arabia Saudita, degli Emirati, del Kuwait, dell’Oman e del Qatar“. Paesi che, è questa è la principale critica mossa dalle classe liberale nei confronti di “Più Libri Più Liberi“, non rispecchiano esattamente gli ideali di chi (come la signora Valerio) identifica sé stessa come una “femminista progressista”.

Dibattito politico ridotto all’osso, polarizzazione sterile
Nell’eterna commistione fra sinistra liberale e destra conservatrice, oramai indistinguibili l’una dall’altra, il dibattito ideologico fra progressisti e conservatori (al consueto grido di “allarme woke“) ha fagocitato le vere “vittime”. Ovvero tutti quegli editori e rappresentanti delle piccole e medie imprese editoriali, schiacciati dal peso dei grandi gruppi editoriali che sistematicamente cannibalizzano i loro spazi vitali.
L’obiettivo di una fiera è certo quello di fare divulgazione e informazione, ma soprattutto di vendere. Di sfruttare uno spazio inizialmente pensato per dare visibilità (tramite stand, incontri e presentazioni) a tutte quelle firme che, altrimenti, non finirebbero mai sotto la luce dei riflettori. La sua collocazione temporale (a ridosso delle festività natalizie) sembrava un’occasione ghiotta per arricchire il loro fatturato annuale.
Tuttavia, fra criteri di ammissione (ritenuti) eccessivamente stringenti e il clamore mediatico attorno alla fiera monopolizzato da diatribe ideologiche, la forma mentis della fiera è passata in secondo piano. La stagnazione politica nostrana (sempre più vicina alla polarizzazione americana) fra i due (presunti) estremi sta avendo l’effetto di elidere tutto il resto, inglobandolo e trasformandolo in un feticcio ideologico.
editoriale
Roma, Koné si conferma il mediano totale a cui manca l’ultimo passo
Roma – Dominatore del centrocampo con Gasperini, ma il francese fatica a incidere sotto porta. Numeri alla mano, il gol resta il grande assente…
Manu Koné è ad oggi uno dei centrocampisti più affidabili del campionato. Sotto la guida di Gasperini, il mediano francese sta confermando tutto il suo valore: precisione nei passaggi (91%), instancabile nel recupero palla (72) e autentico padrone dei contrasti, con ben 86 duelli vinti.
Numeri da top player, che però nascondono una lacuna evidente. A Koné manca l’altra metà del gioco: l’incisività negli ultimi metri, soprattutto in zona gol. Non per presenza, perché il suo movimento continuo lo porta spesso nei pressi dell’area avversaria, ma per scelta e freddezza.
Roma, Koné…provaci di più!
I dati del campionato 2025-26 parlano chiaro. In 16 presenze e 1440 minuti giocati, Koné ha tentato appena 9 conclusioni: 5 da fuori area e 4 dentro l’area, tra cui pesa il clamoroso errore ravvicinato contro il Bologna. Ancora più significativo è il dato sui tiri nello specchio: uno soltanto, in Roma-Udinese. Il suo xGOT si ferma a 0,05, un numero che fotografa perfettamente il problema.

MANU KONE GUARDA AVANTI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Il confronto interno non lo aiuta: Mancini ha tirato quanto lui ma con maggiore precisione, mentre Cristante ha tentato ben 21 conclusioni, trovando la porta cinque volte. Koné corre, lotta e recupera come pochi, ma quando si tratta di finalizzare, si tira indietro.
Per diventare davvero completo, e smettere di sentirsi dire che “gli manca solo il gol”, Manu Koné dovrà osare di più. La qualità c’è tutta: ora serve il coraggio di provarci.
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Milan, difesa e attacco da paura: ma cosa aspettiamo? L’editoriale di Mauro Vigna
Milan, emergono grossi (sempre gli stessi) problemi. La dirigenza dovrà per forza metterci mano a gennaio. Ma in quale maniera?
Tutti i nodi vengono al pettine. Checché se ne dica, le continue lamentele (credetemi ci sono) di Massimiliano Allegri alla dirigenza finora hanno sortito alcun effetto, ma sempre più evidente è il fatto che il tecnico livornese abbia dannatamente ragione.
In estate c’erano gli stessi identici problemi attuali, qualcuno si è preoccupato di ascoltarlo? Rispondo io: no, nessuno. E i risultati sono quelli di una squadra carente in difesa e inesistente in attacco.
Leao non è un attaccante, Nkunku nemmeno e Pulisic sta tenendo in piedi la baracca sebbene anche lui non sia una prima punta. In difesa il trio Gabbia-Tomori e Pavlovic si stanno dimostrando dei discreti mestieranti se il centrocampo non perde colpi. Quando invece accade, vanno in affanno perché, come detto, di fenomeni non ce ne sono.
Serve mettere mano, ma in modo deciso, a difesa e attacco. La soluzione può essere Thiago Silva? Assolutamente no, 41 anni e oltre 40 partite giocate. E in attacco la soluzione può essere Fullkrug? Uno che in due anni ha segnato meno di Gimenez? Ed è tutto detto?
Dispiace perché così facendo la dirigenza, esclusivamente lei, sta buttando alle ortiche il miracolo calcistico portato avanti da Allegri da agosto fino adesso. Basterebbe poco, due rinforzi di qualità ed esperienza e le cose migliorerebbero. Ma forti, non un 41enne e un attaccante che la porta non la vede nemmeno più col binocolo.
editoriale
Serie A, a quanto oscilla il prezzo degli infortuni?
Uno studio inglese rivela l’impatto economico degli stop fisici nei top campionati europei: in cinque anni il calcio ha perso 3,45 miliardi di euro. Ecco quali squadre di Serie A ci hanno rimesso di più.
Uno studio inglese ha acceso i riflettori su un aspetto sempre più centrale del calcio moderno: il costo degli infortuni. Il Men’s European Football Injury Index, presentato a Londra da Howden – gruppo intermediario di assicurazione – ha analizzato i dati sugli infortuni negli ultimi cinque anni nei principali campionati europei, misurandone frequenza, gravità e impatto economico in termini di stipendi pagati a giocatori indisponibili.
I numeri sono imponenti. Secondo quanto riportato dalla Gazzetta dello Sport, nelle top leghe europee gli infortuni sono costati complessivamente 3,45 miliardi di euro negli ultimi cinque anni. La Serie A, pur restando lontana dai livelli della Premier League (che spende in media 275,83 milioni di euro a stagione), sfiora comunque il mezzo miliardo di euro complessivo.
Serie A, troppi soldi bruciati per gli stop
Solo nell’ultima stagione di Serie A, gli stipendi versati a giocatori infortunati hanno raggiunto quota 103,14 milioni di euro. Nel periodo compreso tra il 2020-21 e il 2024-25, i club italiani hanno pagato complessivamente 495,23 milioni di euro, con una media di 99,05 milioni a stagione.
Dal punto di vista sportivo, nello stesso arco temporale si sono registrati 3.967 infortuni in Serie A, il quarto dato tra le cinque principali leghe europee. In media, ogni stagione ha fatto segnare circa 793 infortuni, con uno stop medio di 20,15 giorni per giocatore, uno dei valori più alti in Europa. Il trend, inoltre, è in crescita: nella stagione 2024-25 si è arrivati a una media di 43 infortuni per squadra, otto in più rispetto all’anno precedente.
A spiccare sono soprattutto Juventus e Milan, le uniche due squadre costantemente sopra la media del campionato nelle ultime cinque stagioni. I bianconeri hanno toccato il picco nel 2021-22 con 91 infortuni, per poi chiudere l’ultima stagione a quota 56. Complessivamente, la Juventus ha speso 97,71 milioni di euro in stipendi per giocatori infortunati, quasi 20 milioni a stagione.

Il Milan, invece, ha oscillato tra i 61 infortuni del 2020-21 e i 51 del 2023-24, chiudendo il 2024-25 con 58 stop, il secondo dato più alto della Serie A. Per i rossoneri il conto totale degli infortuni nelle cinque stagioni analizzate è stato di 48,99 milioni di euro.
Numeri che raccontano una realtà chiara: gli infortuni non sono solo un problema tecnico e sportivo, ma rappresentano un peso economico sempre più rilevante per i club.
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