editoriale
Inter: comunque vada, sarà stato un successo

La stagione dell’Inter, a prescindere da come andrà a finire, sarà da ricordare. Il capolavoro di Inzaghi prescinde dai risultati.
Se il secondo sia il primo degli sconfitti o il secondo dei vincitori, non spetta a me dirlo. Ogni tifoso ha la sua visione delle cose ed è normale che sia. L’estasi per un trofeo è una sensazione con pochi eguali, ma non vanno dimenticate neppure le emozioni che si provano durante il percorso: a prescindere dall’esito dello stesso.
Inter, 180 minuti che non cambiano il giudizio sulla stagione
In Italia, ma non solo, dovremmo apprezzare maggiormente i percorsi. Perché è vero che il risultato è l’unica cosa che conta, ma questo parte da un presupposto: ovvero che tu parta con la legittima ambizione di vincere. Questo non è certamente il caso dell’Inter. Magari in Italia sì, ma in Champions League sicuramente no e il percorso nella massima competizione europea per club dei nerazzurri non ha solo un valore economico.
Non si tratta di travestirsi da commercialisti prestati al tifo. Il Biscione, in tutta la sua storia, ha disputato “appena” cinque volte una finale di Champions. Quella di sabato prossimo contro il PSG non sarà solo la sesta complessiva, ma anche la seconda (in tre anni) con Inzaghi al timone. Ciò che significa che il tecnico piacentino da solo ha portato in dote alla benamata un terzo delle finali che quest’ultima ha disputato nella più prestigiosa competizione internazionale per club. Comunque vada, Inzaghi ha già scritto la storia.
E c’è una differenza sostanziale fra l’Inter di Inzaghi e quelle dei suoi illustri predecessori, ovvero che quelle squadre partivano per vincere o comunque per essere almeno protagoniste. Questa, checché ne dicano i patrioti da divano, assolutamente no. Barella non è Pedri e Dimarco non è Alphonso Davies.
L’Inter non ha una rosa degna di sedersi al tavolo delle grandi d’Europa, eppure, esattamente come fu per Mourinho, Inzaghi ha una capacità straordinaria di convincere i suoi giocatori che l’impossibile sia possibile. E quel tatticismo a tratti esasperato, tanto vituperato in patria dai cultori del bel gioco, ha permesso ad una outsider di arrivare a novanta minuti dalla storia: quando nessuno se l’aspettava.
Il percorso in Champions, certo, non può cancellare quanto l’Inter sia mancata dal punto di vista del prestigio nazionale. Dove, lì sì, era auspicabile che i nerazzurri vincessero almeno un titolo su tre. Però la Champions ti logora, mentalmente e fisicamente, ed essere arrivati, a centottanta minuti dal triplice fischio stagionale, a giocarti tutto, qualcosa vorrà dire. Perché il risultato di una partita, risultante di un insieme di variabili aleatorie, non può sostituire il giudizio su un percorso durato 9 mesi e quasi 60 partite.
Il volersi giocare tutto, fino alla fine e senza fare calcoli, è un atto di coraggio e va lodato come tale. Certo, la critica è spietata e se, alla fine dei conti, ti presenterai a mani vuote, non avrà pietà di te. Tuttavia, sono abbastanza convinto che Inzaghi, se potesse tornare indietro, rifarebbe tutto allo stesso modo. Perché stagioni così, percorsi così, sono quelli che ti fanno (davvero) crescere: checché se ne dica.

SIMONE INZAGHI CARICA MARKO ARNAUTOVIC ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
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Hellas Verona, Coppola al Brighton: un veronese che spicca il volo

Ormai è tutto fatto per il passaggio di Diego Coppola al Brighton, in Inghilterra. La crescita esponenziale dimostrata recentemente ha permesso questo salto.
Un veronese, classe 2003, ha coronato il sogno di ogni ragazzino: indossare la maglia gialloblu, scendere in campo al Bentegodi e lasciare un segno nel cuore di tifosi e città. Adesso si apre un nuovo capitolo.
Hellas Verona, addio a Coppola: l’augurio di un tifoso
Quando un bambino entra a far parte del settore giovanile di una squadra professionista prova una sensazione nuova, che si riassume in un mix di eccitazione e timore. Indossare e rappresentare gli stessi colori che si vedono la domenica in televisione non è una cosa da tutti, specialmente se la passione è viva fin dai primi anni di vita.
Il caso di Diego Coppola è tra i pochi in Italia e quando un giocatore come lui decide di cambiare casacca, non si può augurare altro che il meglio per la propria carriera calcistica.
Una carriera il cui inizio, ormai a distanza ultra decennale da oggi, ha segnato una svolta nella vita del ragazzo, che col tempo ha imparato a esprimere sempre di più il suo modo di fare calcio, sia dentro che fuori dal campo, impressionando tutti gli allenatori che si sono susseguiti negli anni di giovanili. Ne è conseguita un’ascesa naturale verso la squadra Primavera, che l’ha portato sotto le luci dei primi riflettori e nel 2022, grazie a Igor Tudor, anche in Prima Squadra. Il riconoscimento più importante per il lavoro portato avanti negli anni e la dedizione verso il club della propria città.
La Serie A è il palcoscenico più ambito da tutti i calciatori italiani ma anche quello più complicato da raggiungere. Un percorso come quello di Coppola però non poteva che culminare con l’esordio ufficiale il 16 gennaio 2022 contro il Sassuolo in trasferta. L’emozione che può aver provato in quel momento ci è possibile forse solo immaginarla.
La piazza di Verona è sempre stata molto passionale, poco esigente nei risultati sportivi e abituata a soffrire, tuttavia pretenziosa di grinta e sudore ogni qualvolta c’è da scendere in campo. Se un veronese riesce a distinguersi e spiccare il volo in qualsiasi ambito, tutta la città ne è orgogliosa e spera che quel nome venga conosciuto il più possibile per farne un motivo di vanto.
Essere veronese e giocare nell’Hellas significa non solo indossare una maglia da calcio, ma soprattutto farsi carico delle emozioni e dei sogni di decine di migliaia di persone, che ogni partita riempiono lo stadio e incitano senza sosta la propria squadra, perchè è il massimo che possono fare e il sentimento di appagamento quando si rivede in campo lo stesso spirito è indescrivibile.
Come Shakespeare usò la frase “Non esiste mondo al di fuori delle mura di Verona” per descrivere il sentimento d’amore che provava Romeo nei confronti di Giulietta, anche in questo contesto il legame tra la squadra e la città è rappresentato da essa e va oltre ogni immaginazione. Così è per i tifosi come per i giocatori che nascono su queste terre e imparano da subito cosa significa rappresentare Verona e il Verona nel mondo.
Perciò buona fortuna Diego, un butel che ce l’ha fatta.

Rome, Italy 19.4.2025 : Diego Coppola of Verona during Italian football championship Serie A Enilive 2024-2025 match AS Roma vs Hellas Verona at Stadio Olimpico in Rome.
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PSG, contro l’Inter uno striscione per Gaza: “Stop Genocide”

Il tifo organizzato del PSG prende posizione contro gli intenti genocidari del regime sionista con un eloquente striscione, esposto contro l’Inter.
Nella finale di Champions League di sabato scorso fra PSG e Inter, conclusasi con il risultato di 5-0 in favore dei parigini, il tifo organizzato della squadra francese ha fatto comparire uno striscione nel settore a loro dedicato all’Allianz Arena in Monaco di Baviera. Uno striscione eloquente, con una forte presa di posizione.
PSG, lo striscione pro-gaza contro l’Inter
Lo striscione recitante “Stop Gaza Genocide“, con chiaro riferimento alle politiche di pulizia etnica e deportazione di massa attuate dal regime sionista nella Striscia di Gaza, è stato esposto in bella vista per tutta la partita, in modo tale che nessun mass media potesse sentirsi esentato dal parlarne.
Una presa di posizione che fa seguito a quella del presidente de la République Emmanuel Macron, tra l’altro noto tifoso del PSG, che recentemente ha dichiarato di voler riconoscere lo stato di Palestina. Gli hanno risposto, a stretto giro di posta, prima il ministero di Tel Aviv (accusandolo di star perorando una “crociato contro lo stato ebraico”) e poi personalmente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
Ma la risposta più lapidaria è arrivata dal Ministro della Difesa Benjamin Katz: “Macron i suoi amici creeranno uno stato palestinese solo sulla carta, noi invece costruiremo lo stato ebraico vero qui in Cisgiordania“. Parole pronunciate da Sa-Nur, in Samaria, dove recentemente il regime sionista ha appoggiato la costruzione di altri insediamenti illegali (21) nella Cisgiordania occupata.
“La Palestina di carta finirà fra i rifiuti” ha poi concluso Katz, giusto per rassicurare chiunque avesse ancora dei dubbi su quali siano le reali intenzioni del governo israeliano. Sfacciato, così come sfacciata è l’ostentazione del proprio sadismo e la malcelata intolleranza nei confronti di qualsiasi forma di dissenso. L’impenitente sguardo rivolto verso la telecamera era metaforicamente rivolto a tutta la comunità internazionale.
La Francia è stato uno dei paesi occidentali maggiormente repressivi nei confronti delle manifestazioni pro-Gaza, fioccate come focolai in tutta Europa. Tuttavia, la netta presa di posizione di una parte consistente dell’opinione pubblica, ivi incluso lo striscione esposto dai tifosi del PSG, è un ulteriore tentativo di abbattere il soffitto di cristallo dell’ipocrisia. Non può più starsene buono Macron, così come sempre più a fatica possono rimanere in silenzio il resto dei leader occidentale. Troppi, troppo evidenti e troppo gravi sono i crimini del governo israeliano. Troppo plateali le loro dichiarazioni d’intenti e troppo sfacciato il guanto di sfida lanciato al diritto internazionale. L’elettorato occidentale è stanco delle dichiarazioni, vuole delle azioni.
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Inter, da “ingiocabili” a “inguardabili”

Mai nella storia della Champions una sconfitta è stata così netta in finale. L’Inter sognava il Triplete, ma chiude la stagione a mani vuote con un’umiliazione storica all’Allianz Arena.
Un disastro senza attenuanti. L’Inter chiude la sua Champions League nel peggiore dei modi, travolta 5-0 dal Paris Saint-Germain in una finale che resterà negli annali per le peggiori ragioni poiché mai prima d’ora nessuna squadra aveva incassato un passivo simile nell’atto conclusivo del torneo. Un’umiliazione storica, mai in discussione, mai in bilico.
Mentre il PSG di Luis Enrique brillava, con Douè e compagni padroni assoluti del campo, i nerazzurri non sono praticamente mai scesi in campo. Zero tiri in porta, zero reazione e quel che è peggio, zero orgoglio. Una resa inspiegabile in quella che doveva essere la partita più importante dell’anno.
Inter, l’ambizione c’era…ma la testa no
L’Inter aveva puntato in alto, senza nascondere l’ambizione del Triplete. Ma alla fine è rimasta con un pugno di mosche con lo Scudetto consegnato al Napoli , Coppa Italia sfumata e ora questa debacle in Champions.

MARCUS THURAM E LAUTARO MARTINEZ ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Certo, perdere può succedere, e i tifosi avrebbero anche potuto accettarlo, se solo la squadra avesse combattuto. Ma uscire così, con una sconfitta umiliante e mai vista nella storia recente del club, lascia un’amarezza non indifferente e che impiegherà anni per passare del tutto. Inutile appellarsi alla “stanchezza” o al fatto di essere comunque orgogliosi della Finale: Inzaghi ha toppato su tutto, senza Se e senza Ma.
Purtroppo le magiche notti contro il Barcellona e il Bayern Monaco sembrano ora lontanissime, offuscate da una finale che ha rovinato tutto. E se pure va riconosciuto il merito ai francesi, l’Inter ha enormi responsabilità.
Con il Mondiale per Club alle porte, non ci sarà molto tempo per riflettere. Ma una lezione va imparata: l’arroganza, l’eccesso di sicurezza e le frasi a effetto — come quelle pronunciate da Mkhitaryan sull’“Inter ingiocabile” — spesso si pagano a caro prezzo. E questa volta, il conto è stato salatissimo.
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