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Roma, Shomurodov ancora decisivo: cosa ne sarà di lui?

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Roma-Monza

Eldor Shomurodov ha dimostrato ancora una volta il suo amore per la Roma e la gratitudine per essere stato al centro del progetto in questa stagione.

Contro la Juventus è risultato decisivo ai fini del risultato grazie alla rete messa a segno a inizio ripresa con una zampata sugli sviluppi di calcio d’angolo. Quale sarà il suo futuro?

Roma, Shomurodov non smette di segnare: sarà trattenuto?

Sebbene il piano di Ghisolfi per l’estate, allenatore compreso, non sia ancora del tutto noto, è lecito iniziare a trarre delle conclusioni per quanto riguarda la permanenza o addio di alcuni membri della rosa.

Uno dei nomi più in vista è sicuramente quello di Eldor Shomurodov, attaccante uzbeko classe 1995, che durante le scorse sessioni di mercato era sul punto di lasciare la capitale.

Roma Shomurodov

L’ESULTANZA DI ELDOR SHOMURODOV DOPO IL GOL ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

L’arrivo di Ranieri l’ha rivitalizzato e talvolta relegando Artem Dovbyk, pagato circa 40 milioni di euro la scorsa estate, in panchina per alcuni match anche importanti. La rete contro l’Athletic Bilbao sembrava quasi aver consegnato la qualificazione ai quarti di Europa League ma la gara del San Mamès ha preso una direzione diversa.

Resta il fatto che l’ex Cagliari Spezia tra le altre ha messo a referto un totale di 6 gol 3 assist in 30 presenze fra tutte le competizioni; nelle quali però ha accumulato un totale di 988 minuti ovvero circa 33 minuti per partita. Da gennaio è sempre stato impiegato, segnale che la società e l’allenatore credono fermamente nelle sue capacità.

Il futuro tuttavia è ancora incerto visto che il contratto scade a giugno 2026 e di trattative per il rinnovo ancora non c’è traccia. Tutto dipenderà dal nuovo allenatore e dal responso sull’utilità o meno di un giocatore che sta trascinando la Roma in Champions League dopo l’avvio di stagione da incubo.

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Milan, a volte ritornano: il 3-4-3 non si vedeva da 28 anni

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Milan, Conceicao

Il Milan visto contro l’Udinese ha vinto e convinto, rispolverando un modulo – il 3-4-3 – che non veniva usato dai rossoneri da ben 28 anni.

Una casualità, che forse non lo è, quella di cambiare e usare questo modulo nella città, quella di Udine, in cui è stato sdoganato  dall’allenatore che poi lo ha portato proprio al Milan: Alberto Zaccheroni.

Milan

Facciamo chiarezza

Il 3-4-3 si è sviluppato soprattutto per contrastare quel 4-4-2 di matrice sacchiana che in quegli anni usavano la maggior parte delle squadre.
Tutto parte da una partita di campionato fra Juventus e Udinese, al Delle Alpi di Torino. I bianconeri sono lanciati verso il titolo e i friulani galleggiano nella seconda metà di classifica, appena sopra la zona retrocessione.

I friulani utilizzavano anch’essi il 4-4-2. Passano solo tre minuti e Regis Genaux viene espulso. Il lampo di genio a Zaccheroni arriva proprio in quell’istante. Il tecnico sceglie di non rinunciare ai quattro centrocampisti e nemmeno alle due punte. Decide così di giocare a 3 in difesa, cogliendo di sorpresa la squadra campione d’Europa in carica. Facendo così espugna Torino vincendo con un clamoroso 0-3. A segno due volte Amoroso e una Bierhoff.

Entrambi, negli anni, indosseranno la maglia del Diavolo. Questa vittoria non sarà che la prima di un’esaltante serie di vittorie che porterà i friulani addirittura al quinto posto in classifica, qualificandosi per la prima volta in Coppa UEFA. Un’impresa, questa, mai arrivata neanche ai tempi di Zico.

Un Milan Zaccheroniano

Quando Zaccheroni approda al Milan nel 1998, la squadra non ha alle spalle un buon momento. Negli ultimi due anni solo un undicesimo e un decimo posto. Ma non arriva da solo. Il tecnico di Meldola porta con sé da Udine Thomas Helveg e Oliver Bierhoff. Avrebbe voluto anche Marcio Amoroso, ma la dirigenza friulana si era opposta.

Con il Milan applica gli stessi principi visti a Udine. All’esordio col 3-4-3, si presenta con Ganz e Weah larghi con Bierhoff punta. Il risultato è trionfante: finisce 3-0. Leonardo poi prenderà il posto di Ganz sulla destra, anche se la vera svolta arriverà passando al 3-4-1-2 con Boban dietro le due punte. Quella stagione 98/99 segnerà il ritorno alla vittoria dello Scudetto per la squadra rossonera di Milano.

Il Milan di oggi col 3-4-3

Il dato più incoraggiante dell’uscita al Bluenergy Stadium col nuovo modulo è stata sicuramente la prestazione di Theo Hernandez. Svincolato da ruoli difensivi, il terzino ha dimostrato di poter tornare ai fasti di qualche tempo non molto lontano. Ma di benefici ce ne sono anche altri, forse molti.

Per esempio Tijjani Reijnders, che ha avuto più facilità negli inserimenti. Dietro anche giocatori come Pavlovic hanno potuto permettersi qualche proiezione in avanti rischiando meno delle altre volte. Sull’out destro Jimenez è perfetto per il ruolo a tutta fascia.

Chukwueze e Leao come esterni puri d’attacco sono perfetti, Pulisic e Joao Felix possono trasformare il modulo in 3-4-2-1 o 3-4-1-2.

Kyle Walker, col passaggio al Manchester City della difesa a 3, si è reinventato ottimo centrale di destra di difesa. I prossimi impegni contro Atalanta e Inter, squadre che applicano da una vita la difesa a tre, saranno un vero banco di prova.

Basterà ai rossoneri il nuovo modulo per rimanere attaccato al treno per l’Europa?

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Fiorentina, come nasce un leader: guida di Rolando Mandragora

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La Fiorentina vola in semifinale di Conference League grazie al pareggio contro il Celje. Decisivo ai fini del risultato Rolandro Mandragora.

La Fiorentina, pur soffrendo, ha conquistato le semifinali di Conference League grazie al pareggaio contro il Celje. Decisivo per la qualificazione Rolando Mandragora, autore di un gol all’andata e, nel 2-2 finale di ieri, protagonista con il primo gol del match e l’assist per il pareggio di Kean. 

Un’altra prestazione maiuscola per il centrocampista napoletano, che fino a dicembre faticava a trovare spazio e continuità, ma che da gennaio è diventato un insostituibile per la Viola e per Palladino. 

I numeri, d’altronde, parlano chiaro: 5 gol e 1 assist in Conference League, 2 reti e 2 assist in Serie A. Statistiche da mezzala moderna, che però raccontano solo una parte della crescita del classe ’97, oggi vero leader in campo e riferimento per i compagni. 

Fiorentina

LA FORMAZIONE DELLA FIORENTINA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Fiorentina, Mandragora trascinatore in Europa

Il doppio confronto con il Celje ha confermato un dato ormai evidente da settimane: Rolando Mandragora è un leader tecnico e caratteriale di questa Fiorentina. Dopo aver firmato il gol vittoria all’andata, nel ritorno di ieri si è confermato uomo chiave della qualificazione. 

Da gregario silenzioso a protagonista assoluto: la sua trasformazione è simbolo della crescita della squadra.

La maturità di un centrocampista completo

Il cambiamento di Mandragora non è solo statistico, ma soprattutto mentale e tecnico. Palladino gli ha dato fiducia, e lui ha risposto con prestazioni solide, giocate di qualità e una leadership silenziosa ma concreta. Che si tratti di gestire il ritmo o di colpire nei momenti giusti, Mandragora ha dimostrato di avere tutto per essere considerato uno dei migliori interpreti del ruolo in Serie A. 

Dopo una lunga gavetta e le polemiche seguite al suo addio alla Juventus nel 2018, ora Mandragora è pronto a prendersi il suo posto tra i grandi del nostro campionato. E la Fiorentina, intanto, se lo gode.

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18 aprile 1990: 35 anni fa l’apoteosi del calcio italiano

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Sacchi

Trentacinque anni fa, il 18 aprile, il calcio italiano dominava l’Europa, con ben 4 squadre nelle fasi finali delle Coppe Europee.

Il Milan di Arrigo Sacchi in Coppa dei Campioni, la Sampdoria di Roberto Mancin e Gianluca Vialli in Coppa delle Coppe e addirittura due in Uefa : la Juventus di Totò Schillaci (allenata da Dino Zoff) e la Fiorentina di Roberto Baggio, che proprio nella finale di ritorno (16 maggio ‘90) giocò la sua ultima partita in maglia viola prima di trasferirsi proprio a Torino, sponda bianconera.

La Coppa Campioni ai piedi del calcio italiano

Anno d’oro per il calcio italiano il 1990, a cominciare dalla competizione più importante: la Coppa dei Campioni del Milan degli olandesi.
Senza dubbio una delle squadre più forti di ogni epoca, quella rossonera. La squadra di Sacchi, campione in carica grazie al successo del 24 maggio 1989 a Barcellona 4-0 allo Steaua Bucarest, si giocò la finale a Vienna (23 maggio ‘90) contro il Benfica di Sven Goran Eriksson. Quello Sven Goran vincitore poi, alla guida della Lazio, dello Scudetto del 2000.

I rossoneri eliminarono i finlandesi dell’HJK Helsinki (4-0 e 1-0), il Real Madrid per il secondo anno di fila (2-0 e ko per 0-1 in Spagna), i belgi del Mechelen (0-0 e 2-0 ai supplementari) e il Bayern Monaco (1-0 e sconfitta per 2-1 in Germania, quella del gol ai supplementari del compianto Stefano Borgonovo). In finale ci pensò Frank Rijkaard a piegare i portoghesi del Benfica, e vincere così la quarta Coppa dei Campioni del Milan, l’ultima di Arrigo Sacchi e la seconda dell’era Berlusconi.

calcio italiano

Una coppa per Genova

Il 18 aprile segna una data spartiacque anche per la città di Genova, sponda blucerchiata: la Sampdoria. La squadra ligure vinse il suo primo, e finora unico, titolo europeo il 9 maggio 1990 a Göteborg. Finale combattuta e bellissima quella contro l’Anderlecht: 2-0 ai supplementari grazie alla doppietta di Vialli.

Questo successo storico fu l’antipasto del primo Scudetto blucerchiato, vinto nel 1991 (sempre nel segno della coppia Mancini-Vialli). Ciliegina sulla torta di quel periodo florido la finale di Coppa dei Campioni persa nel 1992 contro il Barcellona (1-0, punizione di Koeman ai supplementari). Il camino trionfale iniziò con la doppia vittoria contro i norvegesi del Brann (2-0 e 1-0), proseguita con le eliminazioni di Borussia Dortmund (1-1 e 2-0), Grasshoppers (2-0 e 2-1) e Monaco (2-2 e 2-0).

Una coppa (Uefa) per due

E per ultima venne la Coppa Uefa, con ben due squadre italiane a contendersela: la Juventus e la Fiorentina. L’unica finale ad essere giocata tramite andata e ritorno andò alla Juventus. La Vecchia Signora vinse la Coppa Uefa battendo 3-1 la Fiorentina il 2 maggio e pareggiando 0-0 il 16 maggio.

Un grandissimo risultato che, in qualche modo, mitigava l’inizio di stagione tragico dopo la scomparsa di Gaetano Scirea. Il difensore bianconero, ci lasciava 3 settembre ‘89, vittima di un incidente d’auto in Polonia, a Babsk.

La Juventus di Dino Zoff fu trascinata dai gol di Totò Schillaci. La Viola dalle giocate di Roberto Baggio, preludio di quanto sarebbe poi successo in Nazionale al Mondiale di casa. La Juventus eliminò i polacchi del Gornik Zabrze (1-0 e 4-2), i francesi del Psg (1-0 e 2-1), i tedeschi del Karl-Marx-Stadt (2-1 e 1-0), dell’Amburgo (2-0 e ko per 2-1) e del Colonia (3-2 e 0-0). Mentre, la Fiorentina vinse contro Atletico Madrid (ai rigori), Sochaux (0-0 e 1-1 in trasferta), Dinamo Kiev (1-0 e 0-0), Auxerre (doppio 1-0) e Werder Brema (1-1 in Germania e 0-0 a Firenze).

Apoteosi del calcio italiano

Un’annata, quella del 1990, meravigliosa con le Coppe Europee finite sotto l’egida dei club di Serie A. Momenti indimenticabili per il nostro calcio, che meritano e dovrebbero capitare più spesso.

 

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