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Gaza, The Last Day: il calcio non si giri dall’altra parte

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lutto morte, Giovanni Galeone

Per oggi, 9 Maggio 2025, è stata lanciata l’iniziativa “The Last Day for Gaza”. Un invito a non girarsi dall’altra parte, rivolto anche al pallone.

Il 9 Maggio è la “Festa dell’Europa“. Non a caso è stato scelto questo giorno per sensibilizzare sulle disumane condizioni di vita a cui, da circa 60 anni e ben prima del 7 Ottobre, sono costretti i residenti della Striscia di Gaza. E’ un monito rivolto all’Europa, in cui le si chiede di non girarsi dall’altra parte: e vale anche per il calcio.

Calcio & Politica: quando gli atleti prendono posizione

Il mondo del calcio è pieno di giocatori che hanno assunto posizioni politiche. Uno dei miei preferiti è sicuramente Socrates, il genio del Corinthians che amava Gramsci e che deve il suo nome alla passione del padre per il filosofo greco. La sua esultanza, un pugno chiuso (simbolo universale del marxismo) rivolto al cielo, è divenuta celebre. Dopo aver segnato un gol con la maglia del Timão, nel 1982, mostrò il pugno chiuso, in segno di sfida, agli esponenti del regime militare brasiliano, che erano accorsi allo stadio per assistere al match.

Il 21 Novembre del 1973, la selezione nazionale dell’allora Unione Sovietica si rifiutò di recarsi allo Stadio Nacional di Santiago per la gara di ritorno contro il Cile. Era il Cile di Pinochet, che faceva sparire gli oppositori politici del regime imprigionandoli proprio nelle secrete di quello stadio: torturandoli e uccidendoli. La diserzione costò all’URSS la qualificazione ai Mondiali del 1974, poi vinto dalla Germania Ovest (la parte “Occidentale” della Germania) in finale contro l’Olanda di Cruyff, ma un gesto così vale molto più di qualsiasi trofeo.

Ci sono però anche esempi recenti. Il calciatore dell’Inter, Medhi Taremi, si era apertamente schierato contro il regime degli Ayatollah in occasione dei Mondiali del 2022. Lo fece sui suoi profili social ma anche pubblicamente, quando, assieme al resto della squadra, si rifiutò di cantare l’inno nazionale iraniano in occasione della gara contro l’Inghilterra. Alla base della sua protesta la morte di Mahsa Amini, manifestante 23enne uccisa dalla polizia morale, e il suo collega calciatore Amir Azadani, scampato per un soffio alla pena di morte.

Un altro calciatore nerazzurro, Henrikh Mkhitaryan, prese pubblicamente posizione contro il genocidio del suo popolo (quello armeno) perpetrato dall’esercito azero nel Nagorno-Karabakh. Il calciatore del Genoa Ruslan Malinovskyi, il 23 Marzo del 2024, ha attaccato sui social l’Atalanta (sua ex squadra) rea di aver “festeggiato” il gol segnato da Aleksej Mirančuk (all’epoca tesserato per gli orobici) con la nazionale russa.

Il fantasista ucraino ha definito l’ex compagno di squadra “complice del terrorismo russo”, allegando immagini di alcune città ucraine vittime dei bombardamenti russi. C’è chi si schiera contro il proprio regime e chi invece si schiera a favore. Il 14 Ottobre del 2019, la nazionale turca ha celebrato una rete nella partita di qualificazione a Euro2020 contro la Francia. Fin qui nulla di strano, se non fosse altro il fatto che i calciatori turchi celebrarono quella rete con un saluto militare: un gesto che è stato considerato apologia del regime militare di Erdogan, con condanna unanime della comunità internazionale e con la federazione calcistica turca multata di 50 mila euro.

Gaza

9 Maggio 2025, l’ultimo giorno di Gaza

Fun fact: il regime turco sostiene la pulizia etnica degli armeni, per la quale la comunità internazionale non ha espresso lo stesso livello di indignazione manifestato per il “saluto militare” dei calciatori turchi. La Turchia è a sua volta un membro della NATO, che ha permesso le operazioni di regime change (nell’ottica della Dottrina Monroe) che hanno portato ai rovesciamenti dei governi democraticamente eletti in Cile e in Brasile (ma non solo) e alla presa del potere delle giunte militari di estrema destra che hanno perpetrato i crimini di cui sopra.

L’espansione della NATO è anche una delle cause dello scoppio della guerra in Ucraina. E a proposito di ipocrisia, il 28 Febbraio 2022 (c’era già stata l’invasione ucraina da parte della Russia), in occasione del goal di Mirančuk contro la Sampdoria, quest’ultimo e Malinovskyi si abbracciarono. Pochi giorni dopo, nei pressi di Zingonia, verrà esposto uno striscione raffigurante una stretta di mano fra i due e sullo sfondo le bandiere della Russia e dell’Ucraina: meno di due anni dopo Malinovskyi darà del “collaborazionista” all’ex compagno.

Siccome è stato dimostrato che le personalità pubbliche, anche quelle legate al mondo del pallone, sanno prendere posizioni scomode quando vogliono, questo articolo vuole essere semplicemente un invito a coloro che hanno il privilegio di avere una folta platea a cui parlare. In un mondo ormai irrimediabilmente corrotto da ipocrisia e partigianeria, si chiede a chi può una presa di posizione seria sulla tematica d’attualità più dirimente del nostro secolo. Un invito esplicito, rivolto (anche) al mondo del pallone, a non girarsi dall’altra parte.

Perché, come si legge nel comunicato ufficiale della manifestazione, voltare lo sguardo altrove ci rende poco a poco meno umani. Al calcio chiediamo una presa di posizione seria, non l’ipocrisia della scritta peace (che troneggia durante le partite) mentre quello stesso paese invia armi per continuare i conflitti. Lo sdegno deve ovviamente coinvolgere tutte le guerre, a prescindere dalle cause e dalle varie responsabilità, ma questa non è una guerra. E’ un genocidio perpetrato su una sponda del nostro stesso mare. Non giratevi dall’altra parte.

#ultimogiornodigaza #gazalastday

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Roma, Koné si conferma il mediano totale a cui manca l’ultimo passo

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Serie A

Roma – Dominatore del centrocampo con Gasperini, ma il francese fatica a incidere sotto porta. Numeri alla mano, il gol resta il grande assente…

Manu Koné è ad oggi uno dei centrocampisti più affidabili del campionato. Sotto la guida di Gasperini, il mediano francese sta confermando tutto il suo valore: precisione nei passaggi (91%), instancabile nel recupero palla (72) e autentico padrone dei contrasti, con ben 86 duelli vinti.

Numeri da top player, che però nascondono una lacuna evidente. A Koné manca l’altra metà del gioco: l’incisività negli ultimi metri, soprattutto in zona gol. Non per presenza, perché il suo movimento continuo lo porta spesso nei pressi dell’area avversaria, ma per scelta e freddezza.

Roma, Koné…provaci di più!

I dati del campionato 2025-26 parlano chiaro. In 16 presenze e 1440 minuti giocati, Koné ha tentato appena 9 conclusioni: 5 da fuori area e 4 dentro l’area, tra cui pesa il clamoroso errore ravvicinato contro il Bologna. Ancora più significativo è il dato sui tiri nello specchio: uno soltanto, in Roma-Udinese. Il suo xGOT si ferma a 0,05, un numero che fotografa perfettamente il problema.

Roma

MANU KONE GUARDA AVANTI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Il confronto interno non lo aiuta: Mancini ha tirato quanto lui ma con maggiore precisione, mentre Cristante ha tentato ben 21 conclusioni, trovando la porta cinque volte. Koné corre, lotta e recupera come pochi, ma quando si tratta di finalizzare, si tira indietro.

Per diventare davvero completo, e smettere di sentirsi dire che “gli manca solo il gol”, Manu Koné dovrà osare di più. La qualità c’è tutta: ora serve il coraggio di provarci.

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Milan, difesa e attacco da paura: ma cosa aspettiamo? L’editoriale di Mauro Vigna

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Milan

Milan, emergono grossi (sempre gli stessi) problemi. La dirigenza dovrà per forza metterci mano a gennaio. Ma in quale maniera?

Tutti i nodi vengono al pettine. Checché se ne dica, le continue lamentele (credetemi ci sono) di Massimiliano Allegri alla dirigenza finora hanno sortito alcun effetto, ma sempre più evidente è il fatto che il tecnico livornese abbia dannatamente ragione.

In estate c’erano gli stessi identici problemi attuali, qualcuno si è preoccupato di ascoltarlo? Rispondo io: no, nessuno. E i risultati sono quelli di una squadra carente in difesa inesistente in attacco.

Leao non è un attaccante, Nkunku nemmeno e Pulisic sta tenendo in piedi la baracca sebbene anche lui non sia una prima punta. In difesa il trio Gabbia-Tomori e Pavlovic si stanno dimostrando dei discreti mestieranti se il centrocampo non perde colpi. Quando invece accade, vanno in affanno perché, come detto, di fenomeni non ce ne sono.

Serve mettere mano, ma in modo deciso, a difesa e attacco. La soluzione può essere Thiago Silva? Assolutamente no, 41 anni e oltre 40 partite giocate. E in attacco la soluzione può essere Fullkrug? Uno che in due anni ha segnato meno di Gimenez? Ed è tutto detto?

Dispiace perché così facendo la dirigenza, esclusivamente lei, sta buttando alle ortiche il miracolo calcistico portato avanti da Allegri da agosto fino adesso. Basterebbe poco, due rinforzi di qualità ed esperienza e le cose migliorerebbero. Ma forti, non un 41enne e un attaccante che la porta non la vede nemmeno più col binocolo.

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Serie A, a quanto oscilla il prezzo degli infortuni?

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Immobile

Uno studio inglese rivela l’impatto economico degli stop fisici nei top campionati europei: in cinque anni il calcio ha perso 3,45 miliardi di euro. Ecco quali squadre di Serie A ci hanno rimesso di più.

Uno studio inglese ha acceso i riflettori su un aspetto sempre più centrale del calcio moderno: il costo degli infortuni. Il Men’s European Football Injury Index, presentato a Londra da Howden – gruppo intermediario di assicurazione – ha analizzato i dati sugli infortuni negli ultimi cinque anni nei principali campionati europei, misurandone frequenza, gravità e impatto economico in termini di stipendi pagati a giocatori indisponibili.

I numeri sono imponenti. Secondo quanto riportato dalla Gazzetta dello Sport, nelle top leghe europee gli infortuni sono costati complessivamente 3,45 miliardi di euro negli ultimi cinque anni. La Serie A, pur restando lontana dai livelli della Premier League (che spende in media 275,83 milioni di euro a stagione), sfiora comunque il mezzo miliardo di euro complessivo.

Serie A, troppi soldi bruciati per gli stop

Solo nell’ultima stagione di Serie A, gli stipendi versati a giocatori infortunati hanno raggiunto quota 103,14 milioni di euro. Nel periodo compreso tra il 2020-21 e il 2024-25, i club italiani hanno pagato complessivamente 495,23 milioni di euro, con una media di 99,05 milioni a stagione.

Dal punto di vista sportivo, nello stesso arco temporale si sono registrati 3.967 infortuni in Serie A, il quarto dato tra le cinque principali leghe europee. In media, ogni stagione ha fatto segnare circa 793 infortuni, con uno stop medio di 20,15 giorni per giocatore, uno dei valori più alti in Europa. Il trend, inoltre, è in crescita: nella stagione 2024-25 si è arrivati a una media di 43 infortuni per squadra, otto in più rispetto all’anno precedente.

A spiccare sono soprattutto Juventus e Milan, le uniche due squadre costantemente sopra la media del campionato nelle ultime cinque stagioni. I bianconeri hanno toccato il picco nel 2021-22 con 91 infortuni, per poi chiudere l’ultima stagione a quota 56. Complessivamente, la Juventus ha speso 97,71 milioni di euro in stipendi per giocatori infortunati, quasi 20 milioni a stagione.

Serie A

Il Milan, invece, ha oscillato tra i 61 infortuni del 2020-21 e i 51 del 2023-24, chiudendo il 2024-25 con 58 stop, il secondo dato più alto della Serie A. Per i rossoneri il conto totale degli infortuni nelle cinque stagioni analizzate è stato di 48,99 milioni di euro.

Numeri che raccontano una realtà chiara: gli infortuni non sono solo un problema tecnico e sportivo, ma rappresentano un peso economico sempre più rilevante per i club.

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