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Serie D, Massimo Ferrero annuncia: “Voglio la Reggina!”

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A sorpresa l’ex presidente della Sampdoria Massimo Ferrero è tornato a parlare e lo ha fatto attraverso Radio Cusano. Pare intenzionato ad acquistare un marchio.

Ferrero vuole la Reggina, le dichiarazioni

Durante un intervento radiofonico, l’imprenditore romano ha espresso la volontà di investire a Reggio Calabria. Di seguito le sue dichiarazioni:

Mi candido ad acquistare il marchio della Reggina 1914, potrei farlo domani mattina con un versamento”. Parole inequivocabili che presagiscono il rientro dell’ex numero uno della Sampdoria nel mondo del calcio.

ferrero

Inoltre, proprio in queste ore la Corte di Appello di Reggio Calabria ha avviato la procedura fallimentare per la Reggina 1914 dopo il disastro combinato da Felice Saladini nel 2023. In parole povere, sta per essere posta la pietra tombale sulla società amaranto dalla storia ultracentenaria.

La rinascita, avvenuta la scorsa estate sotto il nome di La fenice Amaranto, ha contribuito a conservare la passione dei tifosi nonostante la Serie D ma ormai la fine è segnata. Il marchio dunque andrà all’asta e c’è già un’offerta pronta sul piatto.

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Caos in Argentina, 4 arresti in casa Velez: le accuse

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velez

Notizia che ha del clamoroso giunge dall’Argentina. Nella notte la polizia sudamericana ha arrestato 4 giocatori del Vèlez con l’accusa di abusi sessuali.

Argentina, 4 giocatori del Velez arrestati

I calciatori sono stati sorpresi dalle forze dell’ordine nelle loro abitazioni dopo che una giornalista di 24 anni ha confessato gli abusi.

Nella denuncia presentata dalla ragazza, circa due settimane fa, sono riportate le seguenti dichiarazioni:

“Abbiamo bevuto alcune birre e poi loro mi hanno offerto un liquore che mi ha provocato uno stato di stordimento, malessere e sonnolenza, al punto di dovermi sdraiare su un letto in stato di torpore. È stato allora che senza alcun consenso i quattro hanno abusato sessualmente di me“.

velez argentina

Parole inequivocabili che hanno dato il via all’effetto domino in cui c’è stata anche la presa di posizione del club argentino:

Nel comunicato si legge, oltre che la condanna dei fatti, anche la sospensione dei contratti dei 4 giocatori coinvolti.

Si tratta nel dettaglio di Sosa, Florentín, Cufré e Osorio. I 4 avrebbero attirato la giovane in Hotel con l’inganno per poi commettere abusi come riportato dalla ragazza stessa.

Nelle prossime settimane i giocatori saranno sottoposti a processo.

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L’involuzione di Locatelli: non è un regista, ad Allegri serve Kroos

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Manuel Locatelli, che giocherà la finale di Coppa Italia con la Juventus

Da centrocampista “dezerbiano” e dell’Italia campione d’Europa a giocatore fischiato nella Juventus. Che succede a Locatelli?

Cominciamo con una verità scomoda. La Juventus ha un centrocampo mediocre (il peggiore delle prime dieci della classifica) e un attacco che non segna. Partendo da questo assunto fondamentale, Allegri ha fatto l’unica cosa che poteva fare: ovvero puntare a non prendere gol.

Se non si prende gol le partite non si perdono. Al massimo si pareggiano e, se tutto va bene, magari le vinci pure. Per una situazione episodica o anche solo per l’inerzia tipica delle grandi squadre. Questa blindatura difensiva, unita alla ritrovata verve di Vlahovic e all’esplosione di Yildiz, ha permesso di tenere il passo dell’Inter senza dover sempre ricorrere al “corto muso“.

Indice

Allegri più di così non può fare: alla Juve serve uno sforzo della società

Tuttavia, come abbiamo visto nelle ultime uscite, non può bastare. Il punto è che più di così con questa squadra non si può fare. Allegri ha ideato una strategia che calzasse perfettamente indosso alla rosa a sua disposizione e non può ripensarla, perché banalmente con questi giocatori questo puoi fare.

A tagliare la testa al sogno scudetto sono state le partite contro Empoli e Udinese, oltre alla sconfitta nello scontro diretto con l’Inter che però è già più facile da accettare. Due partite in cui la difficoltà cronica della Juventus nel costruire il gioco è stata più evidente che in altre occasioni.

Questo progetto di gioco è a breve (anzi, brevissimo) termine e Allegri lo sa bene. Per questo motivo glissa sempre sul suo futuro. Una volta raggiunto l’obiettivo della qualificazione in Champions League, conditio sine qua non per la sopravvivenza delle casse bianconere, Allegri avrà un incontro con la nuova dirigenza per capire le loro intenzioni in fase di mercato.

Locatelli

Locatelli, i numeri della “crisi”

La differenza più marcata fra Inter e Juventus è a centrocampo. I nerazzurri hanno il miglior centrocampo d’Italia, forse uno dei migliori d’Europa, mentre Allegri è stato “costretto” a riesumare McKennie.

Ad adattare Cambiaso a mezz’ala. A forzare la conversione di Locatelli nel ruolo di regista. E proprio quest’ultimo sembra essere lo specchio dei problemi della Juventus. Giocatore applicato. Focalizzato. Volenteroso, ma che non può fisicamente andare oltre i limiti tecnici imposti da madre natura.

Una situazione che lo accomuna a tanti componenti della rosa bianconera, ma la centralità del ruolo che ricopre (quello di play davanti alla difesa) nel gioco del calcio fa sì che i suoi limiti vengano evidenziati ancor di più di quelli degli altri. Vi consiglio di dare un’occhiata alla splendida analisi statistica dell’involuzione di Manuel Locatelli fatta da “Il Bianconero.

Locatelli

Allegri sogna Kroos, ma la Juve…

Alla Juventus si mangiano le mani per quel Nicolò Rovella che sarebbe stato la panacea a (quasi) tutti i limiti tecnici della Signora e che ora sta facendo le fortune di Sarri e della Lazio. Tuttavia, differentemente da quanto dicono i suoi detrattori, la sua cessione non è stata una scelta tecnica di Allegri.

Un sacrificio doloroso, sull’altare del bilancio, ma necessario. Quella cessione ha però lasciato un vuoto che l’abnegazione di Locatelli non può colmare. Allegri ha bisogno di un aiuto dal mercato ed è arcinoto come il nome di Toni Kroos sia in cima alla lista dei desideri del tecnico labronico.

Il dubbio amletico si pone nel momento in cui ti interroghi su quanto la Juventus sia effettivamente disposta a investire su un 34enne a cui andrebbe riconosciuto anche un più che lauto stipendio.

Allegri ha sposato in toto la nuova “linea verde” della dirigenza. Lo dimostra la cieca fiducia che Max ripone nella Next Gen bianconera e il drastico abbassamento dell’età media della squadra. La Juve sembra aver abbandonato la via dell’instant team, che aveva caratterizzato i primi vagiti dell’Allegri-bis.

Pogba e Di Maria, campioni a fine carriera che nel calcio moderno sono quasi un investimento a fondo perduto, appartengono a un modus operandi che non fa più parte della forma mentis bianconera oppure la linea verde è stata soltanto una scelta dettata dalle attuali contingenze di bilancio?

Di certo, con il ritorno in Champions ci sarebbero sia la forza economica che mediatica per convincere uno come Kroos a sposare la causa bianconera. E non è escluso che una scelta tanto forte sul mercato potrebbe convincere Rabiot a recedere dai suoi intenti e legarsi nuovamente alla Vecchia Signora, stavolta in maniera più longeva e duratura.

Locatelli, riportato nel ruolo che aveva con De Zerbi al Sassuolo e con Mancini in Nazionale, e Rabiot ai lati di Kroos (con Allegri in panchina) renderebbero nuovamente la Juventus una squadra da scudetto. Tutto sta nel vedere quanto la dirigenza bianconera sia disposta ad accontentare il suo condottiero, dal quale passano tutte le speranze di tornare grandi.

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Lazio e Roma, tre partite dopo è cambiato tutto. E il quarto posto…

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Serie A, Mourinho e Sarri al derby

Nel calcio, a volte, possono bastare una manciata di partite per cambiare umore e pronostici. Lo sanno bene sia Lazio che Roma.

14 Gennaio 2024. 19esima giornata di Serie A. La Roma, di lì a poco senza allenatore, perdeva tre a uno a San Siro contro il Milan e scivolava al nono posto in classifica. Poche ore prima la Lazio, allo Stadio Olimpico, batteva (seppur a fatica) il Lecce e conquistava il momentaneo quarto posto.

A giudicare dall’umore della piazza romana, notoriamente schizofrenica e volubilmente recentista, sembra passata una vita. E invece sono passate appena tre giornate di campionato.

Qui Roma: c’è vita dopo Mourinho

Non mi rimangio quanto detto tre settimane fa. L’esonero di Mourinho è stato un atto di lesa maestà. Poiché la Roma era sì nona in classifica, ma a cinque punti dal quarto posto. E alle porte giallorosse si presentava un trittico di partite che avrebbe tranquillamente vinto anche il portoghese.

Questo lo sanno anche i romanisti. Tuttavia, la sensazione a Trigoria è che qualcosa fra José e lo spogliatoio si fosse incrinato. Se i Friedkin, che sicuramente conosceranno le dinamiche interne alla Roma molto meglio del sottoscritto, hanno percepito uno scollamento fra parte dello spogliatoio e il suo condottiero, allora era giusto cambiare: ma non prima di fine stagione.

Rimango convinto del fatto che Mourinho avrebbe portato questa squadra al quarto posto. Seppur zavorrata dal confusionario e raffazzonato mercato di Tiago Pinto, la rosa giallorossa (nonostante sembra sia stata assemblata da un cieco o comunque da uno che di calcio ne capisce poco) ha delle peculiarità che le altre competitor non hanno anno e che, nella mediocrità generale di un campionato in via d’estinzione come la Serie A, sono decisive.

Su tutti, ovviamente, due come Lukaku e Dybala. Chiaro, il valore della Roma sin qui è stato teorico e non pratico. C’è bisogno che tutte le sue componenti remino dalla stessa parte, com’è stato nei primi due anni sotto l’illuminata egida del Vate di Setubal, e questa coesione sembrava mancare.

L’anima del rinascimento giallorosso, Lorenzo Pellegrini, sembra molto più centrato rispetto al recente passato e non può essere solo una questione di assetto offensivo. Smalling era totalmente sparito dai radar. Nessuno sapeva che fine avesse fatto o quando sarebbe rientrato, salvo poi ricomparire all’improvviso sui social (e ora anche a Trigoria) dopo il cambio di allenatore.

Che la Roma avesse bisogno di una ventata d’aria fresca lo pensavo già questa estate, ma se i Friedkin hanno deciso per l’esonero in corsa è perché non potevano permettersi di non rinnovare il contratto all’allenatore che aveva riportato la Roma in Champions dopo cinque anni. 

Lazio

(FOTO FORNELLI/KEYPRESS )

Qui Lazio: Sarri paga per tutti

Per la Lazio vale lo stesso discorso fatto poc’anzi per la Roma. I bianco celesti hanno affrontato l’Empoli. Il Frosinone. L’Udinese e il Lecce. Un bottino pieno (o quasi) era facile da prevedere, così come era facile prevedere i punti persi non appena il coefficiente di difficoltà della partita si sarebbe alzato.

Inter in Supercoppa, poi Napoli e Atalanta in campionato. Un pareggio e due sonore lezioni di calcio da due squadre nettamente più forti. Questo perché il valore della rosa laziale è comprovato e riconosciuto da tutti. Tranne che dai laziali. E allora ecco che ripartono i processi. Ai giocatori. Al tecnico.

Sarri, nel giro di tre partite, è passato dall’essere un maestro di calcio alla causa di tutti i mali della Lazio. Ovviamente non è né l’una né l’altra cosa, ma questo è il meccanismo di difesa psicologico che inconsciamente i laziali attivano a ogni sconfitta.

Inconsciamente per alcuni. Altri non solo lo fanno scientemente, ma con un occhio molto attento al proprio conto in banca. Sarri sa bene che questa squadra non è minimamente attrezzata anche solo per sognarlo il quarto posto, figuriamoci per averlo come obiettivo minimo.

E l’averlo sbandierato pubblicamente, pervaso da una sincerità kantiana che nel calcio moderno è anacronistica e controproducente, l’ha reso il pericolo pubblico numero uno in quel di Formello. Dove il diktat arrivato da Villa San Sebastiano, sul tessere una narrativa fedele al regime, è piuttosto chiaro.

Non che il tecnico sia totalmente esente da responsabilità, ma i suoi limiti erano talmente noti da renderlo incompatibile con il modus agendi di Lotito. Sarri è sempre stato Sarri, nel bene e nel male. Nella sua esperienza alla Lazio così come nel resto della sua documentata carriera. Se lo assumi devi essere conscio di oneri e onori, altrimenti l’errore sta a monte. Ingaggiare Sarri e poi non assecondarlo sul mercato è un grave errore di programmazione.

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