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Iniesta, il ritiro del Don
Con 674 presenze e 57 gol con la maglia del Barcellona, 9 campionati spagnoli, 4 Champions League, 3 Supercoppe Europee, 3 Mondiali per club, 6 Coppe del Re e 7 Supercoppe di Spagna, Andres Iniesta è stato senza dubbio un protagonista assoluto nel calcio mondiale. Il suo impatto non si è limitato al club catalano: il centrocampista ha lasciato un segno indelebile anche con la nazionale spagnola, contribuendo alla vittoria di due Europei (2008 e 2012) e del Mondiale 2010, dove segnò il gol decisivo nella finale contro l’Olanda.
Andres Iniesta: Figlio della Mancha
Iniesta è originario di Fuentealbilla, una piccola cittadina nella regione della Mancha, resa celebre dal romanzo “Don Chisciotte“. Da qui inizia il viaggio straordinario del futuro fuoriclasse. A soli 8 anni, Andres comincia la sua carriera calcistica tra le fila dell’Albacete, dove mostra subito un amore incondizionato per il pallone, un legame destinato a durare per tutta la vita.
I suoi genitori si accorgono presto che il loro figlio vive, mangia e dorme con il calcio. Durante un torneo giovanile prestigioso, il Torneo Brunete, Iniesta attira l’attenzione degli osservatori del Barcellona, tra cui Albert Benaiges, che non vuole perdere l’occasione di vedere in azione questo piccolo talento. Il giovane Iniesta impressiona subito, e pochi mesi dopo, vestirà la maglia blaugrana. Il resto, come si suol dire, è storia.
L’Illusionista del Calcio
Iniesta è stato, e rimarrà, un’esperienza unica nel mondo del calcio. Il suo gioco è un connubio perfetto tra estetica e utilitarismo, come se ogni tocco di palla fosse una forma d’arte, ma sempre con un fine concreto. Elegante e imprevedibile, Iniesta è capace di leggere il gioco prima di chiunque altro, con passaggi e movimenti che rompono le difese avversarie in modo chirurgico. La sua capacità di verticalizzare il gioco e finalizzare quando meno te lo aspetti lo rende un giocatore fuori dal comune, quasi metafisico nel suo approccio al calcio.
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Nonostante la sua fisicità gracile, Iniesta ha sempre avuto una presenza decisiva in campo, una mente superiore che gli ha permesso di eccellere in ogni partita, adattandosi a tutte le situazioni di gioco. Con Don Andres eleganza e concretezza andavano di pari passo, non poteva essere diversamente
Le stagioni dei trionfi
La stagione 2008 rappresenta uno dei momenti più alti della carriera di Iniesta. Il 29 giugno di quell’anno, a Vienna, le Furie Rosse conquistano l’Europeo, con Iniesta che gioca tutte le partite e risulta decisivo in molte di esse. Il 2008/09 segna un altro trionfo indimenticabile: la vittoria della Champions League, resa possibile da un gol straordinario di Iniesta nei minuti finali della semifinale contro il Chelsea, un momento che segna l’inizio dell’era dorata del Barcellona e del “tiki-taka” di Pep Guardiola.
Ai Mondiali del 2010 in Sudafrica, Iniesta guida la Spagna con una serie di prestazioni eccezionali, segnando in quasi tutte le partite e, soprattutto, realizzando il gol decisivo nella finale contro l’Olanda. Questo gol è diventato uno dei momenti più iconici della storia del calcio spagnolo, regalando alla Spagna il suo primo titolo mondiale.
Il doppio volto di Iniesta
“Spesso mi definiscono un eroe, ma non hanno capito niente. Un eroe è chi emigra con i figli in un altro paese per cercare fortuna o chi salva vite. Io sono solo un maledetto calciatore”. Queste parole di Iniesta rappresentano perfettamente la sua umiltà, una qualità che lo ha accompagnato per tutta la vita. Dopo la vittoria del Mondiale, Iniesta indossò una maglia dedicata al suo caro amico Dani Jarque, scomparso prematuramente nel 2009, dimostrando ancora una volta il lato umano di un campione tanto amato.
Iniesta non ha mai dimenticato le sue origini. “Quando avevo 12 anni, mio padre dovette risparmiare per due mesi per potermi comprare le Predator, le scarpe da calcio che sognavo. Oggi, indosso quel modello con orgoglio, perché mi ricorda da dove sono partito e quanto sia importante rimanere umili”.
Tuttavia, dopo i trionfi, Iniesta ha attraversato un periodo di crisi interiore. “Dopo i Mondiali, all’improvviso, cominciai a stare male. Il problema era che non sapevo cosa avessi. Gli esami medici non rilevarono nulla, ma il mio corpo e la mia mente non si incontravano. Era angosciante: ogni giorno, la palla diventava sempre più pesante, e nessuno intorno a me capiva. È stata un’esperienza durissima”.
Grazie di Tutto, Don Andres
Dopo aver giocato nelle ultime stagioni negli Emirati Arabi Uniti, con la maglia dell’Emirates Club, e prima ancora in Giappone, Andres Iniesta ha deciso che è giunto il momento di appendere gli scarpini al chiodo. A 40 anni, con un messaggio sui social, ha di fatto anticipato quello che sarà l’annuncio ufficiale del suo ritiro, previsto per l’8 ottobre.
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Grazie di tutto, Andres. A nome di tutti gli amanti e romantici del calcio, sei stato l’essenza e lo spirito di questo meraviglioso sport, elevandolo a qualcosa di ancora più nobile.
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Milan, Scaroni: “San Siro? Ma quale Scala del Calcio?”
Paolo Scaroni, presidente del Milan, ha partecipato oggi al Festival dello Sport e ha affrontato temi cruciali legati alla sostenibilità economica del calcio italiano e all’importanza di migliorare le infrastrutture, argomento particolarmente rilevante per il futuro del club rossonero.
Durante il suo intervento, Scaroni ha discusso il bilancio del Milan, ribadendo l’importanza di mantenere un equilibrio finanziario solido per competere ai massimi livelli, soprattutto in un contesto economico sempre più sfidante.
Un altro tema centrale è stato il progetto del nuovo stadio per Milan e Inter, con un focus particolare sulla situazione di San Siro.
Scaroni ha sottolineato la necessità di accelerare i piani infrastrutturali e di dotarsi di un impianto moderno, essenziale per sostenere la crescita economica dei due club e attrarre nuove fonti di ricavi.
La questione del nuovo stadio è da tempo in discussione e ha suscitato diverse opinioni, ma Scaroni ha ribadito che la costruzione di una struttura all’avanguardia è un passo imprescindibile per restare competitivi sia a livello sportivo che finanziario.
In conclusione, l’intervento del presidente del Milan ha evidenziato come l’innovazione infrastrutturale e la sostenibilità economica siano le chiavi per il futuro del calcio italiano, sottolineando che senza stadi moderni e un quadro economico più stabile, sarà difficile per i club italiani mantenere il passo con le principali squadre europee.
Le sue parole:
“Io sei anni fa ho detto che lo stadio di San Siro andava rifatto, perché è vecchio e obsoleto. Volevo abbatterlo e costruirlo uno di fianco. Mi dicevano: “Ma tu sei pazzo, vuoi buttare giù la Scala del Calcio?”.
E io rispondevo: “Ma quale Scala del Calcio, è un vecchio manufatto”
Ora l’ipotesi che stiamo esaminando con attenzione è quella originaria, costruire un nuovo stadio nella zona di San Siro: mantenere delle cose del vecchio stadio, ma dotare la città di un nuovo stadio. Ne ho parlato con il Sindaco anche questa mattina.
Poi c’è l’ipotesi di costruire un nuovo stadio a San Donato Milanese ed è una possibilità, abbiamo già investito 40 milioni di euro”
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Southgate spegne le voci sullo United: “Non allenerò quest’anno”
Gareth Southgate, alla conferenza ad Atene dell’ECA, ha voluto fare chiarezza sul suo futuro: molto discusso dopo l’addio ai Tre Leoni.
Dopo i recenti risultati negativi, la posizione di Erik ten Hag è tornata in bilico. Il sogno del Manchester United sarebbe Simone Inzaghi, che però non si libererà (se si libererà) prima della fine della stagione.
Manchester United, le parole di Southgate
In caso di esonero immediato, però, i Red Devils avrebbero bisogno di una soluzione immediata. Difficile l’ipotesi caretaker, dato che manca molto al termine di una stagione che vedrà gli inglesi dover essere competitivi su tutti i fronti. Per questo motivo uno dei nomi più gettonati (da tempo) è quello di Gareth Southgate.
L’ex-commissario tecnico della Nazionale Inglese è libero dopo la fine del suo rapporto con i Tre Leoni. Il suo contratto sarebbe dovuto scadere il prossimo 31 Dicembre, ma il tecnico inglese si è dimesso subito dopo la finale degli ultimi Europei: persa contro la Spagna. Da quel momento, il suo futuro è stato molto discusso.
Quello dell’inglese è un profilo da sempre molto gradito alla dirigenza dello United e non è la prima volta che il suo nome viene accostato all’Old Trafford. Tuttavia, a spegnere le voci attorno al suo nome ci ha pensato lo stesso Southgate: con delle dichiarazioni rilasciate alla conferenza dell’ECA, tenutasi ad Atene.
“Non allenerò il prossimo anno, sono certo di questo. Ho bisogno di tempo per prendere la decisione giusta. Quando viene fuori da un lavoro importante, in cui hai avuto un ruolo importante, hai bisogno di dare al tuo corpo e alla tua mente del riposo.”
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Leonardo: “Nel calcio sta diventando complicato pianificare oltre i due-tre anni, tanti speculano”
Oltre ad essere stato un giocatore dalle indubbie qualità tecniche, Leonardo in passato ha ricoperto diversi ruoli nel Milan: così come i temi toccati nell’intervista.
Al secolo Leonardo Nascimento de Araujo, ha vestito maglie prestigiose. PSG, Flamengo, San Paolo, Valencia e Milan, di cui ha ricoperto il ruolo di allenatore nel 2009-10. La sua carriera lo ha portato poi a ricoprire ruoli dirigenziali, prediligendoli alla panchina.
L’intervista a Leonardo
Intervenuto nel corso del Festival dello Sport di Trento, l’ex dirigente e allenatore ha voluto esprimersi su quello che rappresenta il calcio. Ad oggi, forse, in balia di “speculatori.”
Il calcio-investimento: “Ci sono diverse modalità di investimento. Io credo nei progetti a lungo termine, anche se nel calcio sta diventando complicato pianificare oltre i due-tre anni e in questo mondo è difficile fare un progetto a breve termine anche perché tanti investitori speculano“.
Il modello PSG e Milan: “In dieci anni il PSG ha saputo costruire un brand solido. Per esempio, invece, il Milan ha cambiato in dieci anni ben quattro proprietari: così è difficile costruire progetti funzionanti. Sono sempre più rari i casi di presidenti che riescono a gestire un club per molti anni. Se ripenso alla mia esperienza, è iniziata con Silvio Berlusconi, un uomo importante per il calcio e l’Italia“.
Proprio sul capitolo legato ai rossoneri Leonardo si sofferma, analizzando il momento di Fonseca e la proprietà americana e, come del resto sembra essere in voga nel pallone, l’investitore a stelle e strisce:
“Fonseca è l’uomo giusto per il Milan? Chi sono io per dirlo… Ha appena cominciato e tutti gli allenatori hanno bisogno di tempo, sembra una cosa banale ma è così.”
Milan-bis: ” Io sto bene a casa, non ho molta intenzione di tornare nel calcio come ha fatto prima. Come allenatore sicuramente è fuori discussione, ma neanche come direttore sportivo, dopo aver finito con il Psg ho deciso che avrei preso un’altra strada che sicuramente sarà nel calcio, perché è la mia vita, ma in una modalità diversa. Su Ibrahimovic e sul nuovo ruolo diciamo che non rispondo.
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