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Milan, la “bugia bianca” di Allegri: il banco di prova è il Napoli

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Milan

Massimiliano Allegri, alla vigilia di Udinese-Milan, fa il pompiere e spegne i facili entusiasmi, ma con il Napoli sarà un banco di prova fondamentale.

Eran tutti già pronti, dopo la Cremonese, a saltargli alla giugulare. “Gufi”, li avrebbe chiamati qualcuno. Per un anno alla pervicace ricerca della notorietà perduta, con la prima giornata di campionato che pareva aver fornito loro l’assist perfetto per gettarsi sulla carcassa come animali necrofagi. Ma il Leone era soltanto ferito.

Milan già al Max: la mano di Allegri sulla rinascita

L’Allegri-bis al Milan non era da buttare via dopo la debacle dell’esordio e non è da scudetto adesso, come ha ventilato qualche recentista di professione. Tuttavia, la mano del tecnico labronico è già evidente e questo impone un cauto ottimismo. Quel play davanti alla difesa, lungamente agognato alla Juventus ma mai ricevuto, è finalmente arrivato. Ah, come gioca Luka Modric. In Italia pure a 40 anni. E su una gamba sola, visto il miserrimo livello tecnico e di intensità agonistica. Ma qualcuno ne dubitava, e allora è servita la partita da tuttocampista contro il Bologna per far scoprire ai più che San Siro aveva un nuovo Re.

Bravo Max a costruire attorno al metronomo croato una batteria di faticatori che corre per lui, e che continuerà a farlo anche quando, fisiologicamente, l’ex Real Madrid andrà fuori giri. Rabiot è la mezz’ala perfetta per come intende il calcio Allegri, e infatti si è visto. Due allenamenti nelle gambe e subito dentro: il francese ha giocato come se si allenasse da sempre a Milanello con il suo padre calcistico. Fofana corre per due e proprio per questo a lui non si può rinunciare. Loftus-Cheek super-sub di lusso, e qui sta il punto.

Il Milan, per avere una sola competizione, ha una panchina extra-lusso. E Allegri, che a Torino era divenuto celebre per la sua straordinaria capacità di leggere e capire le partite, sceglie l’undici titolare pensando già alle cinque sostituzioni. Nei fatti è sbagliato affermare che il livornese scelga undici giocatori: ne sceglie sedici, gli undici che cominciano la partita e i cinque che la concludono. E la qualità che può far uscire dalla panchina il Diavolo, pochissime squadre in Serie A la possono vantare.

Milan

MASSIMILIANO ALLEGRI FA IL SEGNO OK ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Napoli crocevia scudetto? La differenza con Juve-Inter

Solidità ritrovata (i dati difensivi sono fra i migliori d’Europa) e tante risorse in avanti. Manca giusto un finalizzatore, che dal mercato non è arrivato. Se la dirigenza rossonera non avesse sperperato in fretta e furia 35 milioni per l’impresentabile Gimenez, a quest’ora forse Allegri avrebbe avuto la ciliegina sulla torta che gli avrebbe permesso di sibilare nelle orecchie dei suoi giocatori una parolina proibita. Ma a Max probabilmente sarebbe bastato il suo figlioccio Morata, regalato in fretta e furia al Galatasaray prima e al Como poi.

Alle domande sul tricolore il labronico glissa e si mostra evasivo, com’è normale che sia. Fa il pompiere, come nella seconda parte della sua ultima stagione in bianconero. Lui ammoniva sulla differenza vigente fra loro e l’Inter, ma l’opinione pubblica gli rispondeva che alla Juve si gioca solo per vincere. Ecco, al Milan, in questo momento, forse una piazza che fa pressione per vincere subito non c’è. La sua Juventus veniva da anni di qualificazioni in Champions relativamente tranquilli, per questo Milan sarebbe esiziale non tornarci.

E mente Allegri quando dice che “Udine è più importante di Napoli“. Poiché, se così fosse, Maignan e Leao non sarebbero stati risparmiati in vista del big match. Perché è vero che ogni partita è importante e che un professionista navigato ragiona step by step, ma è altrettanto vero che, avrebbe detto Orwell se si fosse interessato al pallone, tutte le partite sono uguali ma esistono partite più uguali di altre. Infliggere il primo dispiacere (a livello nazionale) a quell’Antonio Conte, tanto a lungo bramato dalla piazza rossonera, e alla sua armata, apparentemente “imbattibile”, toglierebbe ai sogni meneghini la forma del volo pindarico.

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Milan, poco importa della Coppetta Italia: più gravi i soliti problemi | L’editoriale di Mauro Vigna

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Milan

Milan, una sconfitta in trasferta per 1-0 contro la Lazio non deve assolutamente preoccupare. Sì, perché i problemi in casa rossonera sono decisamente altri.

Il Milan esce sconfitto, ma non ridimensionato, in seguito all’1-0 rimediato in trasferta contro la Lazio. Una gara giocata probabilmente meglio rispetto a quella di campionato pochi giorni fa, ma la sconfitta non deve gridare vendetta. Primo perché si giocava una competizione di cui poco gliene fregava a Massimiliano Allegri il quale è impegnato per conseguire l’obiettivo minimo stagionale ossia la qualificazione Champions.

Un organico troppo corto per disperdere energie inutili, i soliti problemi che la dirigenza dovrà obbligatoriamente (si spera) risolvere a gennaio. Una coperta eccessivamente inadeguatae una squadra che va in affanno quando mancano i suoi big.

Sebbene ce ne fosse ancora il bisogno, abbiamo capito che Estupinan non è da Milan, probabilmente nemmeno da Serie A, Ricci non è una mezzala, senza Modric Rabiot è un altro Milan, Leao ed Nkunku non sono punte centrali. Prima si capisce quest’ultimo concetto e meglio è. Il francese ieri sera a tratti imbarazzante, Leao decisamente in giornata no, e comunque fuori ruolo.

Serve un attaccante centrale e questa volta la dirigenza dovrà ascoltare Allegri. Serve un centrale difensivo così come serve a mio avviso anche un terzino destro. L’invito è quello di aprire il portafoglio e spendere soldi che in casa già ci sono. Siamo primi in classifica, fino a prova contraria, adesso è il momento di osare. Senza gli alibi e le scuse della Coppetta Italia.

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Atalanta: Palladino, la rivincita del tecnico “incompreso”

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Champions League

Palladino: dal fischio della Curva Fiesole al trionfo con la Dea, la settimana da sogno di un tecnico che il destino ha voluto premiare.

Palladino-Pradè: accoppiata perdente, sparite per il bene della nostra gente. Lo striscione della Curva Fiesole pendeva dalle gradinate, una freccia diretta ai dirigenti, colpevoli agli occhi dei tifosi di una stagione che non aveva soddisfatto.

Ma dietro le quinte, Raffaele Palladino continuava a tessere la sua tela, senza clamore ma con risultati concreti. Chiudere al sesto posto in campionato non era solo un numero: era il segno di un lavoro paziente, fatto di scelte giuste al momento giusto e di talenti valorizzati, come Moise Kean, esubero diventato ben presto asso nella manica oltre che un vanto per chi finalmente gli aveva cambiato radicalmente la carriera. Destinato a diventare il gioiello della Fiorentina. Di lui, durante l’ultima finestra di mercato, si temeva addirittura la partenza per poco più di 50 milioni, mentre solo dodici mesi prima era stato acquistato solamente per 13 milioni, una cifra che al tempo aveva fatto storcere il naso a molti, ma che ora sembrava quasi un affare d’altri tempi.

Palladino

RAFFAELE PALLADINO E MOISE KEAN ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

E Palladino? Nonostante tutto aveva deciso di pagare il prezzo più alto. Lasciare il progetto, rinunciare a un contratto pesante fino al 2027, accettare di diventare il capro espiatorio di una stagione forse mai compresa fino in fondo. Un gesto che parlava di responsabilità, ma anche di coraggio: di chi mette il bene della squadra davanti al proprio orgoglio, e accetta di camminare tra applausi e fischi, consapevole che la storia non giudica subito chi lavora nell’ombra.

Una decisione che, se da una parte aveva dato ragione a Palladino — con una Fiorentina ai minimi storici in qualsiasi competizione — dall’altra sembrava poter mettere a rischio la sua carriera. Prima dell’Atalanta, infatti, nessuno aveva pensato al suo nome, preferendo tecnici che, al netto dei risultati, avevano accumulato numeri ben più bassi nelle stagioni precedenti.

Palladino, tra karma e destino

Eppure il destino aveva altri piani. L’Atalanta, dopo aver interrotto il rapporto con Juric, ha affidato la panchina proprio a lui, regalando al tecnico un’occasione che pareva scritta già a aprtire dal suo terzo impegno con la Dea. Nel basket d’oltreoceano esiste un termine che descrive eventi che sembrano accadere per ragioni karmiche, una sorta di “you get what you deserve”, che in italiano si traduce con “Ecco quello che ti meriti”.

E ieri, intorno alle 18, Palladino ha incarnato perfettamente questa espressione. Dopo la vittoria contro il Francoforte in quello che è stato il suo esordio in Champions League, il tecnico ha replicato anche contro il suo passato, infliggendo un amaro destino alla sua ex squadra. Sfogliando l’almanacco delle retrocessioni dalla Serie A alla Serie B, emerge un dato impietoso: mai una squadra incapace di ottenere almeno una vittoria nelle prime tredici giornate è riuscita a salvarsi. E così, tra applausi e rimpianti, Palladino ha scritto un nuovo capitolo della sua storia, dimostrando che a volte il destino sembra davvero fare giustizia da sé.

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Milan, deadline gennaio 2026: una volta per tutte capiremo le intenzioni della dirigenza | L’editoriale di Mauro Vigna

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Milan

Milan, c’è la data entro la quale capiremo, probabilmente una volta per tutte, le reali intenzioni della dirigenza e del club in generale. Vediamo meglio qui di seguito in dettaglio.

Il mese di gennaio 2026 sarà cruciale. Ogni occasione di mercato è importante, ma ritengo che questa lo sia ancora di più. Mi spiego meglio, finora quello che è sempre emerso dalla proprietà Gerry Cardinale è l’esigenza di centrare la qualificazione in Champions

E chi se ne frega se si arriva primi, oppure secondi, oppure terzi, oppure quarti. Entro le prime quattro posizioni va tutto bene. Ma è così anche per i tifosi rossoneri? Sicuramente no.

I presupposti per fare bene in questa stagione ci sono tutti. A oggi il Milan è secondo in classifica a soli due punti dalla capolista Roma e sulla panchina siede un tecnico capace e che ha dimostrato ampiamente di sapere vincere che risponde al nome di Massimiliano Allegri.

Ora la domanda è: cosa farà la dirigenza a gennaio? Accontenterà il tecnico con almeno 3 innesti di qualità in difesa, centrocampo e attacco oppure giocherà al risparmio forte dell’attuale rosa? Questo è lo snodo principale in seguito al quale capiremo meglio le reali intenzioni della proprietà AC Milan.

Acquistare tre prospetti di esperienza significherebbe lottare per lo scudetto senza minimamente nascondersi. Attendiamo sviluppi.

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