editoriale
Fortuna Düsseldorf, salta l’arrivo di Weissman: incitava alla “distruzione di Gaza” sui social
Il Fortuna Düsseldorf ha deciso di abbandonare la trattativa per Shon Weissman, attaccante israeliano con un passato nella Salernitana: il motivo.
Il Fortuna Düsseldorf sembrava poter essere la nuova destinazione di Shon Weissman. Attaccante giramondo di buon livello, attualmente in forza al Granada ma con un passato anche in Italia. Ha infatti giocato per sei mesi con la maglia della Salernitana, nella stagione 2023-2024: collezionando 11 presenze.

Fortuna Düsseldorf, i tifosi fanno saltare l’arrivo di Weissman
Tuttavia, il nuovo capitolo della carriera del centravanti israeliano non sarà in Germania. Il motivo è legato ad una furibonda protesta dei tifosi tedeschi, che hanno di fatto “costretto” il club teutonico a far saltare l’affare quando questo era ormai ad un passo dal gong. Weissman, infatti, è un fervente sionista e le sue esternazioni di odio nei confronti del popolo palestinese sono la causa del naufragio dell’affare.
I supporters del Fortuna, infatti, hanno trovato sui social del 29enne di Haifa frasi razziste rivolte alla popolazione di Gaza, quali “sganciate 200 tonnellate di bombe sulla città” e “radete al suolo Gaza“. In particolare, Weissman sostiene la dottrina propagandistica del regime sionista: secondo la quale a Gaza “non ci sono innocenti” e “tutti i palestinesi vadano sterminati, bambini compresi”.
Ovvero la posizione politica più comune e diffusa nel regime di Tel Aviv, tanto da esser stata sostenuta pubblicamente dallo stesso presidente israeliano Isaac Herzog oltreché da numerosi rabbini. Fra questi figura anche Ronen Shaulov, predicatore con una grande influenza all’interno dell’opinione pubblica, che ha dichiarato: “Non dovremmo avere nessuna pietà con loro. Devono morire tutti di fame, bambini inclusi“.
La lista di personalità pubbliche apertamente schierate a favore del genocidio e della colonizzazione, oltre ai sondaggi che dimostrano un grande consenso popolare attorno alla politica estera del governo, dovrebbero servire a tutti da monito. Netanyahu è solo la punta dell’iceberg. Non è la causa, è l’ultimo dei sintomi. E non è neppure il peggiore, dato che, paradossalmente, viene considerato il più “moderato” all’interno del governo.
Attribuire a lui tutti gli orrori di cui il regime sionista si macchia da almeno ottant’anni, significa ignorare un radicale cambiamento culturale all’interno del paese. Il germe del sionismo si sta espandendo a macchia d’olio e attualmente è la dottrina più diffusa all’interno dei confini israeliani. Per fortuna l’opinione pubblica sta reagendo, trattando i proseliti di questa teocrazia per ciò che sono: ovvero dei reietti da emarginare.
Israeli cleric Rabbi Ronen Shaulov called for the complete starvation of Gaza’s population, including children.
“All of Gaza, and every child in Gaza should starve to death,” he said, adding that he had “no mercy” for them, even if they are young and hungry.
Shaulov also… pic.twitter.com/7FGKot0ng5
— Middle East Eye (@MiddleEastEye) August 3, 2025
editoriale
Milan, poco importa della Coppetta Italia: più gravi i soliti problemi | L’editoriale di Mauro Vigna
Milan, una sconfitta in trasferta per 1-0 contro la Lazio non deve assolutamente preoccupare. Sì, perché i problemi in casa rossonera sono decisamente altri.
Il Milan esce sconfitto, ma non ridimensionato, in seguito all’1-0 rimediato in trasferta contro la Lazio. Una gara giocata probabilmente meglio rispetto a quella di campionato pochi giorni fa, ma la sconfitta non deve gridare vendetta. Primo perché si giocava una competizione di cui poco gliene fregava a Massimiliano Allegri il quale è impegnato per conseguire l’obiettivo minimo stagionale ossia la qualificazione Champions.
Un organico troppo corto per disperdere energie inutili, i soliti problemi che la dirigenza dovrà obbligatoriamente (si spera) risolvere a gennaio. Una coperta eccessivamente inadeguatae una squadra che va in affanno quando mancano i suoi big.
Sebbene ce ne fosse ancora il bisogno, abbiamo capito che Estupinan non è da Milan, probabilmente nemmeno da Serie A, Ricci non è una mezzala, senza Modric e Rabiot è un altro Milan, Leao ed Nkunku non sono punte centrali. Prima si capisce quest’ultimo concetto e meglio è. Il francese ieri sera a tratti imbarazzante, Leao decisamente in giornata no, e comunque fuori ruolo.
Serve un attaccante centrale e questa volta la dirigenza dovrà ascoltare Allegri. Serve un centrale difensivo così come serve a mio avviso anche un terzino destro. L’invito è quello di aprire il portafoglio e spendere soldi che in casa già ci sono. Siamo primi in classifica, fino a prova contraria, adesso è il momento di osare. Senza gli alibi e le scuse della Coppetta Italia.
editoriale
Atalanta: Palladino, la rivincita del tecnico “incompreso”
Palladino: dal fischio della Curva Fiesole al trionfo con la Dea, la settimana da sogno di un tecnico che il destino ha voluto premiare.
Palladino-Pradè: accoppiata perdente, sparite per il bene della nostra gente. Lo striscione della Curva Fiesole pendeva dalle gradinate, una freccia diretta ai dirigenti, colpevoli agli occhi dei tifosi di una stagione che non aveva soddisfatto.
Ma dietro le quinte, Raffaele Palladino continuava a tessere la sua tela, senza clamore ma con risultati concreti. Chiudere al sesto posto in campionato non era solo un numero: era il segno di un lavoro paziente, fatto di scelte giuste al momento giusto e di talenti valorizzati, come Moise Kean, esubero diventato ben presto asso nella manica oltre che un vanto per chi finalmente gli aveva cambiato radicalmente la carriera. Destinato a diventare il gioiello della Fiorentina. Di lui, durante l’ultima finestra di mercato, si temeva addirittura la partenza per poco più di 50 milioni, mentre solo dodici mesi prima era stato acquistato solamente per 13 milioni, una cifra che al tempo aveva fatto storcere il naso a molti, ma che ora sembrava quasi un affare d’altri tempi.

RAFFAELE PALLADINO E MOISE KEAN ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
E Palladino? Nonostante tutto aveva deciso di pagare il prezzo più alto. Lasciare il progetto, rinunciare a un contratto pesante fino al 2027, accettare di diventare il capro espiatorio di una stagione forse mai compresa fino in fondo. Un gesto che parlava di responsabilità, ma anche di coraggio: di chi mette il bene della squadra davanti al proprio orgoglio, e accetta di camminare tra applausi e fischi, consapevole che la storia non giudica subito chi lavora nell’ombra.
Una decisione che, se da una parte aveva dato ragione a Palladino — con una Fiorentina ai minimi storici in qualsiasi competizione — dall’altra sembrava poter mettere a rischio la sua carriera. Prima dell’Atalanta, infatti, nessuno aveva pensato al suo nome, preferendo tecnici che, al netto dei risultati, avevano accumulato numeri ben più bassi nelle stagioni precedenti.
Palladino, tra karma e destino
Eppure il destino aveva altri piani. L’Atalanta, dopo aver interrotto il rapporto con Juric, ha affidato la panchina proprio a lui, regalando al tecnico un’occasione che pareva scritta già a aprtire dal suo terzo impegno con la Dea. Nel basket d’oltreoceano esiste un termine che descrive eventi che sembrano accadere per ragioni karmiche, una sorta di “you get what you deserve”, che in italiano si traduce con “Ecco quello che ti meriti”.
E ieri, intorno alle 18, Palladino ha incarnato perfettamente questa espressione. Dopo la vittoria contro il Francoforte in quello che è stato il suo esordio in Champions League, il tecnico ha replicato anche contro il suo passato, infliggendo un amaro destino alla sua ex squadra. Sfogliando l’almanacco delle retrocessioni dalla Serie A alla Serie B, emerge un dato impietoso: mai una squadra incapace di ottenere almeno una vittoria nelle prime tredici giornate è riuscita a salvarsi. E così, tra applausi e rimpianti, Palladino ha scritto un nuovo capitolo della sua storia, dimostrando che a volte il destino sembra davvero fare giustizia da sé.
editoriale
Milan, deadline gennaio 2026: una volta per tutte capiremo le intenzioni della dirigenza | L’editoriale di Mauro Vigna
Milan, c’è la data entro la quale capiremo, probabilmente una volta per tutte, le reali intenzioni della dirigenza e del club in generale. Vediamo meglio qui di seguito in dettaglio.
Il mese di gennaio 2026 sarà cruciale. Ogni occasione di mercato è importante, ma ritengo che questa lo sia ancora di più. Mi spiego meglio, finora quello che è sempre emerso dalla proprietà Gerry Cardinale è l’esigenza di centrare la qualificazione in Champions.
E chi se ne frega se si arriva primi, oppure secondi, oppure terzi, oppure quarti. Entro le prime quattro posizioni va tutto bene. Ma è così anche per i tifosi rossoneri? Sicuramente no.
I presupposti per fare bene in questa stagione ci sono tutti. A oggi il Milan è secondo in classifica a soli due punti dalla capolista Roma e sulla panchina siede un tecnico capace e che ha dimostrato ampiamente di sapere vincere che risponde al nome di Massimiliano Allegri.
Ora la domanda è: cosa farà la dirigenza a gennaio? Accontenterà il tecnico con almeno 3 innesti di qualità in difesa, centrocampo e attacco oppure giocherà al risparmio forte dell’attuale rosa? Questo è lo snodo principale in seguito al quale capiremo meglio le reali intenzioni della proprietà AC Milan.
Acquistare tre prospetti di esperienza significherebbe lottare per lo scudetto senza minimamente nascondersi. Attendiamo sviluppi.
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