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Caro Hendo, ormai è tardi: asciuga pure le tue lacrime con le banconote

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Imposterò l’editoriale di oggi come una lettera aperta indirizzata a Jordan Henderson, al quale la prigione dorata saudita va già stretta.

Se il denaro viene al mondo con una macchia di sangue sulla guancia, allora il capitale nasce grondante di sangue e fango dalla testa ai piedi.

Caro Hendo, ti scrivo. Una lettera che non leggerai mai. Come si fa con un vecchio amico che non vedi da tanto tempo. O, in questo caso, come si fa con un mito caduto in disgrazia. Ammesso che il lauto ingaggio che i paperoni arabi sono sovente riconoscere possa essere considerata una “disgrazia“.

Dal punto di vista economico sicuramente no. Da quello professionale forse, ma non entro nel merito delle scelte personali. Dal punto di vista meramente umano, invece, ho l’ardire di affermare di sì. Lo dimostrano le lacrime di coccodrillo che stai versando per provare a evadere dalla tua prigione dorata.

Il peso della coscienza

Un uomo vale quanto la sua parola. E per quanto Henderson possa sforzarsi di affermare che il suo esodo dorato in terra saudita non intaccherà il suo attivismo sociale, ovviamente non è così. Non so se voglia convincere davvero qualcuno o semplicemente sé stesso, fatto sta che non ci è riuscito.

Né in un senso né nell’altro. Soprattutto per i personaggi in vista, l’immagine conta più di tutto. Quando non è proprio tutto. E l’immagine di un attivista per i diritti LGBTQ+ che sfoggia l’effige di un regime tirannico, dove vengono sistematicamente calpestati quegli stessi diritti di cui ti fai portavoce, rischia di ledere la credibilità dell’intero movimento oltre che del soggetto. 

Proprio per questa ragione, Henderson rientrava nel ristretto novero di personaggi in vista che utilizzavano la propria influenza per interferire positivamente nel sociale. Fuori dalla comfort zone del capitalista medio: ebbro del suo successo e circoscritto al proprio egoismo.

In un mondo dove i ricchi sono quasi sempre dei pessimi esempi, nonostante ci si sforzi di dipingerli come modelli virtuosi, Henderson rappresentava una insperata eccezione. Un ricco vicino alle questioni di noi comuni mortali, che da soli non avremmo sufficiente potere per cambiare le cose.

Henderson

Photo Source: Ettifaq.com

Henderson, dura la vita in Arabia

Leggi anche: “L’ipocrisia di Gravina su Egitto e Arabia Saudita“.

A corroborare la bontà della mia tesi, il fatto che Henderson si sia già pentito della propria scelta. Sui principali quotidiani inglesi gli aggettivi si sprecano. Quando si compie una scelta del genere, bisogna essere pronti a tagliare i ponti dietro di sé. Da certe decisioni non è possibile recedere.

Lo dimostrano i fischi, copiosi, che subissano Henderson ogni volta che veste la maglia dell’Inghilterra. Lo dimostra l’avversità dei tifosi, che non vogliono un ritorno del figliol prodigo in patria. A Henderson andava ritirata la fascia di capitano dei Tre Leoni e andava escluso dalla Nazionale. E’ ancora il capitano in pectore. Lo era di fatto prima di perdere il posto da titolare, ora de facto è il “vice” di Kane. Però quella maglia rappresenta un paese intero.

Un paese che non ha nessuna voglia di essere identificato, anche solo in minima parte, da chi abiura i propri valori. Per quanto Southgate si sforzi di fare l’avvocato del diavolo, il suo esercizio diplomatico non serve a nulla. E’ una “questione morale“, come avrebbe detto qualcuno se fosse ancora vivo oggi.

Henderson probabilmente perderà gli Europei. Non tanto per le questioni mediatiche, anche se sarebbe stato più giusto così, ma perché il campionato saudita non è allenante. E se la sua carriera (ha vinto tutto con il Liverpool e ha perso un Europeo ai rigori) può a fare meno di quest’ultima rassegna senza vederne intaccata la grandezza, l’uomo ne esce inevitabilmente sfigurato.

Henderson dovrebbe chiedersi se per sei mesi di “gloria” ne sia valsa la pena di perdere per sempre la stima e l’affetto della sua gente. Di soldi ne aveva già guadagnati e anche tanti, per quanto non mi piaccia fare i conti in tasca alla gente. Avrà comunque tempo e modo di riflettere nel suo resort sul Persico.

editoriale

Milan, ma chi lo fa il mercato? L’editoriale di Mauro Vigna

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Milan

Milan, chi lo fa il mrcato? E’ un dubbio che spesso noi tifosi rossoneri abbiamo, visto anche diversi precedenti.

Le richieste di Massimiliano Allegri in estate erano volte ad avere in squadra un difensore centrale esperto, un profilo come Xhaka e un attaccante dalle caratteristiche differenti rispetto a Santiago Gimenez. E’ invece arrivato Odogu, giovanissimo e non pronto, Nkunku del quale se ne fa nulla e l’attaccante messicano è rimasto. Il contentino Rabiot è potuto accadere solo ed esclusivamente perché il francese era stato messo fuori rosa col Marsiglia.

Un quadretto poco edificante per un nuovo allenatore il quale aveva preteso delle garanzie dalla dirigenza nella persona di Giorgio Furlani.

E ancora, Allegri aveva chiesto Vlahovic, ma si è infortunato, discorso rimandato in estate. Per sopperire la situazione avrebbe accolto di buon grado Mauro Icardi, ma all’argentino non è piaciuta l’offerta del Milan di un biennale da 5 milioni di euro.

Ecco quindi che Giorgio Furlani ha deciso di spingere per Niclas Fullkrug, attaccante che nella stagione 2025 è riuscito addirittura a far peggio di Gimenez, il che è tutto dire.

Ma la domanda che sorge spontanea e che mi viene fatta da centinaia di tifosi….Igli Tare? Mistero. Sappiamo infatti che tutti gli acquisti e le cessioni devono passare dalla scrivania dell’AD rossonero pertanto la figura di Tare pare fin da subito ridimensionata. Insomma, non ci siamo praticamente accorti del cambio in estate, quando il Milan, orfano di un direttore sportivo, ha assoldato l’ex Lazio salvo poi coinvolgerlo poco nelle varie scelte di mercato.

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Milan, stai buttando un’occasione d’oro: l’editoriale di Mauro Vigna

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Milan

Milan, probabilmente mai come quest’anno i rossoneri hanno la possibilità di dire la loro durante la campagna acquisti invernale, oppure no. La seconda opzione di certo spaventa.

Diciamocela tutta, è un campionato al rallentatore. Non esiste una vera e propria squadra che sta andando in volta, per usare un termine ciclistico che tuttavia bene fa capire l’attuale situazione. Tante squadre a pochi punti di distanza l’una dall’altra, molti di questi persi per casa, chi durante gli scontri diretti, vedasi il Napoli e chi, come il Milan, contro le piccole.

Un’occasione d’oro quindi per gli uomini di Massimiliano Allegri, secondi a un solo punto dai cugini capolisti e pieni di rammarichi per i soli due punti contro Cremonese, Pisa Sassuolo. Ho coniato il termine neopromossite, ovvero una patologia insorta nel Milan quando c’è da giocare contro le neopromosse. I motivi sono ancora tutti da capire, ma i numeri non mentono mai.

E sarebbe così facile imporsi in questo campionato, se solo la dirigenza lo volesse. Mai come quest’anno basterebbero tre acquisti mirati, forti ed esperti per potere arrivare in fondo al campionato e probabilmente vincerlo. Serve un attaccante diverso da Niclas Fullkrug il quale in Premier League sta eguagliando Santiago Gimenez con la pochezza di zero gol zero assist.

Il Milan non è un centro di recupero per giocatori persi, lo stiamo facendo con Nkunku con risultati al momento disastrosi, lo faremo con Fullkrug, sperando finisca diversamente. La botta di c…., ops fortuna, l’abbiamo avuta con Pulisic del quale ci riferivano che era sempre infortunato, un giocatore finito…beh, ce ne fossero di giocatori così. Ma non possiamo vivere di scommesse, ci servono solide realtà e Fullkrug ad oggi non lo è.

Ci serve un forte difensore centrale e per quanto bene possa volere a Thiago Silva, è un azzardo grande come una casa perché il giocatore ha 41 anni e arriva da una stagione in cui ha fatto oltre 40 presenze. Vecchio e bollito, mi viene da dire, con il giusto e dovuto timore reverenziale che porta un campione del genere, ovviamente. Così difficile prendere un Joe Gomez qualsiasi?

E per finire ci serve un terzino destro, Saelemaekers, fresco di rinnovo fino al 30 giugno 2031, non le può giocare tutte, se me ne accorgo io, penso che anche lo staff tecnico possa lontanamente immaginarlo. E Athekame quando esntra in campo provoca le preoccupazioni che avevo quando c’era lui, Emerson Royal.

Siamo sempre alle solite, basterebbe così poco per allestire una squadra competitiva, e ripeto, in questo campionato il Milan, con una rosa adeguata, potrebbe tranquillamente dire la sua. Peccato che a gennaio, come ci è stato riferito, si andrà a pescare alla voce opportunità di mercato che equivale partire da Milano, andare al casinò e puntare sul rosso e sul nero chiudendo gli occhi e sperando vada bene.

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Juventus, finalmente Spalletti ha lasciato il segno!

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Italia, Luciano Spalletti

Vittoria importante al Dall’Ara e secondo clean sheet di fila. La Juventus di Luciano Spalletti ha finalmente giocato un buon calcio.

La Juventus torna da Bologna con molto più dei tre punti. L1-0 del Dall’Ara rappresenta una tappa chiave della stagione e, soprattutto, la prima autentica versione “spallettiana” dei bianconeri: squadra compatta, aggressiva, coraggiosa e finalmente riconoscibile. Una vittoria pesante, che rilancia la corsa Champions e prepara il terreno allo scontro diretto con la Roma per il quarto posto.

La chiave della vittoria della Juventus

Contro un Bologna confuso e poco convincente, la Juve ha imposto il proprio ritmo fin dall’inizio. Pressing alto, baricentro avanzato e gestione lucida del pallone hanno segnato una netta discontinuità rispetto alle precedenti uscite, comprese quelle in campo europeo. Il primo tempo è stato solido, la ripresa ancora più autoritaria, con i rossoblù pericolosi solo a sprazzi, come sulla traversa colpita da Zortea.

Il gol decisivo arriva a metà secondo tempo e porta la firma inattesa di Cabal, al secondo centro stagionale dopo quello contro l’Atalanta, bravo a sfruttare un cross preciso di Yildiz. Determinante anche l’impatto dei cambi, che hanno dato la spallata decisiva a una gara controllata per lunghi tratti. Da segnalare il rientro di Bremer nel finale, mentre Koopmeiners sarà assente contro la Roma per squalifica.

Juventus

Il risultato sta persino stretto alla Juventus, che crea molto ma conferma qualche limite sotto porta. Openda spreca due occasioni nitide, Ravaglia evita un passivo più pesante e un gol di David viene annullato per fuorigioco. Segnali incoraggianti anche da Yildiz, sempre più centrale nel gioco pur senza trovare la rete.

Il successo vale il quinto posto e, almeno per una notte, il -1 dalla Roma, in attesa degli altri risultati. È il secondo clean sheet esterno del campionato, un dato che certifica la solidità ritrovata dopo un rendimento lontano da casa troppo discontinuo.

Spalletti ha parlato della “vittoria più bella” da quando siede sulla panchina bianconera, ma ha invitato alla prudenza. Bologna non è un punto d’arrivo, bensì una ripartenza. La prossima sfida con la Roma sarà il vero spartiacque dove si misureranno ambizioni, maturità e la reale crescita di una Juventus che sembra aver finalmente trovato la sua strada.

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