editoriale
Gravina e l’ipocrisia “sistemica” del calcio italiano
Il Presidente della FIGC, Gabriele Gravina, ha spiegato ai microfoni di TV 2000 le motivazioni che lo hanno portato a rifiutare la candidatura per EURO2030.
Non tornerò sull’argomento. Se volete leggere l’intervista completa, il nostro Damiano Gasperini ne ha riportato la versione integrale in questo articolo.
Io mi soffermerò soltanto su alcuni estratti del suo intervento, propedeutici alla comprensione dell’ipocrisia di questo personaggio. Sintomatiche di un problema sistemico che oramai da anni vessa l’intero movimento.
Memoria Corta e Lingua Lunga
❝Abbiamo rifiutato una proposta di organizzazione del campionato del mondo 2030 insieme all’Arabia Saudita. Lo abbiamo fatto, pur consapevoli della grande possibilità di successo di quell’abbinamento insieme a Egitto e Arabia Saudita, per ragioni di problemi internazionali, legate al caso Regeni, e per la non condivisione di alcuni valori.❞
Gravina tira in ballo in caso Giulio Regeni. Dimenticandosi però che l’omicidio del ragazzo è avvenuto il 25 Gennaio del 2016. Poco meno di tre anni dopo la stessa FIGC ha organizzato 31esima edizione della Supercoppa Italiana (il 16 Gennaio 2019) proprio in quel di Gedda.
La situazione si è poi ripetuta nel Dicembre successivo, quando la 32esima edizione del trofeo si è tenuta a Riyad. Gravina ha poi aggiunto che “non si può sempre far finta di niente“. Evidentemente in quella circostanza ebbe buoni ragioni per farlo, dato che alla presidenza c’era proprio lui.

“Partner Fondamentale”
Anche per la prossima edizione, quella che si svolgerà nel Gennaio 2024, è stata scelta l’Arabia Saudita come destinazione. Le motivazioni le ha spiegate l’amministratore delegato della Lega Serie A, Antonio De Siervo, in una intervista rilasciata durante il Social Football Summit tenutosi a Roma.
❝È giusto fare la Supercoppa fuori i confini italiani. Le critiche sono sbagliate. L’Arabia Saudita ha mostrato grande interesse per il calcio. E’ un interlocutore con cui dobbiamo continuare a parlare perché ospiterà il Mondiale per Club e il Mondiale del 2034.❞
Faccio presente come queste dichiarazioni siano arrivate appena due giorni prima rispetto a quelle di Gravina. E differentemente da quanto si possa pensare, questa decisione non ha spezzato nessuna linea di continuità decisionale. Dal momento che anche l’ultima edizione della Supercoppa, quella dello scorso Gennaio, era stata disputata a Riyad.

IL PALLONE DELLA SERIE 2024-2025 ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Gravina ma quali “valori”?
Nel suo intervento, Gravina ha parlato apertamente anche di “problemi internazionali” e di “non condivisione di alcuni valori“. Mi chiedo quali valori il Presidente condivida con la Turchia. Paese assieme al quale l’Italia ospiterà gli Europei del 2032 e impegnato da anni nella repressione delle minoranze curde.
Senza contare che, a Settembre di quest’anno, il Governo Italiano ha siglato un Memorandum of Understanding con il Ministero degli Investimenti dell’Arabia Saudita. Insomma, i comprovati rapporti bilaterali fra Italia e Arabia Saudita sono cosa nota e Gravina non può pensare di lavarsene le mani.
Dopotutto non è il primo esempio dell’ipocrisia galoppante che serpeggia negli uffici della FIGC. Basti pensare alla scritta “Peace” che abbellisce la grafica di tutte le partite della Serie A da un anno e mezzo.
A chi sia rivolto questo messaggio di pace, considerando che l’Italia è uno di quei paesi che foraggia attivamente il conflitto inviando armi a una delle due parti in causa facendo in modo che questo vada avanti a oltranza, non ci è dato saperlo. Però ci rimane il simbolismo. Magari anche per Regeni (pace all’anima sua) verrà fatto qualcosa di simile. Sempre che bin Salman sia d’accordo.
editoriale
Roma, Koné si conferma il mediano totale a cui manca l’ultimo passo
Roma – Dominatore del centrocampo con Gasperini, ma il francese fatica a incidere sotto porta. Numeri alla mano, il gol resta il grande assente…
Manu Koné è ad oggi uno dei centrocampisti più affidabili del campionato. Sotto la guida di Gasperini, il mediano francese sta confermando tutto il suo valore: precisione nei passaggi (91%), instancabile nel recupero palla (72) e autentico padrone dei contrasti, con ben 86 duelli vinti.
Numeri da top player, che però nascondono una lacuna evidente. A Koné manca l’altra metà del gioco: l’incisività negli ultimi metri, soprattutto in zona gol. Non per presenza, perché il suo movimento continuo lo porta spesso nei pressi dell’area avversaria, ma per scelta e freddezza.
Roma, Koné…provaci di più!
I dati del campionato 2025-26 parlano chiaro. In 16 presenze e 1440 minuti giocati, Koné ha tentato appena 9 conclusioni: 5 da fuori area e 4 dentro l’area, tra cui pesa il clamoroso errore ravvicinato contro il Bologna. Ancora più significativo è il dato sui tiri nello specchio: uno soltanto, in Roma-Udinese. Il suo xGOT si ferma a 0,05, un numero che fotografa perfettamente il problema.

MANU KONE GUARDA AVANTI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Il confronto interno non lo aiuta: Mancini ha tirato quanto lui ma con maggiore precisione, mentre Cristante ha tentato ben 21 conclusioni, trovando la porta cinque volte. Koné corre, lotta e recupera come pochi, ma quando si tratta di finalizzare, si tira indietro.
Per diventare davvero completo, e smettere di sentirsi dire che “gli manca solo il gol”, Manu Koné dovrà osare di più. La qualità c’è tutta: ora serve il coraggio di provarci.
editoriale
Milan, difesa e attacco da paura: ma cosa aspettiamo? L’editoriale di Mauro Vigna
Milan, emergono grossi (sempre gli stessi) problemi. La dirigenza dovrà per forza metterci mano a gennaio. Ma in quale maniera?
Tutti i nodi vengono al pettine. Checché se ne dica, le continue lamentele (credetemi ci sono) di Massimiliano Allegri alla dirigenza finora hanno sortito alcun effetto, ma sempre più evidente è il fatto che il tecnico livornese abbia dannatamente ragione.
In estate c’erano gli stessi identici problemi attuali, qualcuno si è preoccupato di ascoltarlo? Rispondo io: no, nessuno. E i risultati sono quelli di una squadra carente in difesa e inesistente in attacco.
Leao non è un attaccante, Nkunku nemmeno e Pulisic sta tenendo in piedi la baracca sebbene anche lui non sia una prima punta. In difesa il trio Gabbia-Tomori e Pavlovic si stanno dimostrando dei discreti mestieranti se il centrocampo non perde colpi. Quando invece accade, vanno in affanno perché, come detto, di fenomeni non ce ne sono.
Serve mettere mano, ma in modo deciso, a difesa e attacco. La soluzione può essere Thiago Silva? Assolutamente no, 41 anni e oltre 40 partite giocate. E in attacco la soluzione può essere Fullkrug? Uno che in due anni ha segnato meno di Gimenez? Ed è tutto detto?
Dispiace perché così facendo la dirigenza, esclusivamente lei, sta buttando alle ortiche il miracolo calcistico portato avanti da Allegri da agosto fino adesso. Basterebbe poco, due rinforzi di qualità ed esperienza e le cose migliorerebbero. Ma forti, non un 41enne e un attaccante che la porta non la vede nemmeno più col binocolo.
editoriale
Serie A, a quanto oscilla il prezzo degli infortuni?
Uno studio inglese rivela l’impatto economico degli stop fisici nei top campionati europei: in cinque anni il calcio ha perso 3,45 miliardi di euro. Ecco quali squadre di Serie A ci hanno rimesso di più.
Uno studio inglese ha acceso i riflettori su un aspetto sempre più centrale del calcio moderno: il costo degli infortuni. Il Men’s European Football Injury Index, presentato a Londra da Howden – gruppo intermediario di assicurazione – ha analizzato i dati sugli infortuni negli ultimi cinque anni nei principali campionati europei, misurandone frequenza, gravità e impatto economico in termini di stipendi pagati a giocatori indisponibili.
I numeri sono imponenti. Secondo quanto riportato dalla Gazzetta dello Sport, nelle top leghe europee gli infortuni sono costati complessivamente 3,45 miliardi di euro negli ultimi cinque anni. La Serie A, pur restando lontana dai livelli della Premier League (che spende in media 275,83 milioni di euro a stagione), sfiora comunque il mezzo miliardo di euro complessivo.
Serie A, troppi soldi bruciati per gli stop
Solo nell’ultima stagione di Serie A, gli stipendi versati a giocatori infortunati hanno raggiunto quota 103,14 milioni di euro. Nel periodo compreso tra il 2020-21 e il 2024-25, i club italiani hanno pagato complessivamente 495,23 milioni di euro, con una media di 99,05 milioni a stagione.
Dal punto di vista sportivo, nello stesso arco temporale si sono registrati 3.967 infortuni in Serie A, il quarto dato tra le cinque principali leghe europee. In media, ogni stagione ha fatto segnare circa 793 infortuni, con uno stop medio di 20,15 giorni per giocatore, uno dei valori più alti in Europa. Il trend, inoltre, è in crescita: nella stagione 2024-25 si è arrivati a una media di 43 infortuni per squadra, otto in più rispetto all’anno precedente.
A spiccare sono soprattutto Juventus e Milan, le uniche due squadre costantemente sopra la media del campionato nelle ultime cinque stagioni. I bianconeri hanno toccato il picco nel 2021-22 con 91 infortuni, per poi chiudere l’ultima stagione a quota 56. Complessivamente, la Juventus ha speso 97,71 milioni di euro in stipendi per giocatori infortunati, quasi 20 milioni a stagione.

Il Milan, invece, ha oscillato tra i 61 infortuni del 2020-21 e i 51 del 2023-24, chiudendo il 2024-25 con 58 stop, il secondo dato più alto della Serie A. Per i rossoneri il conto totale degli infortuni nelle cinque stagioni analizzate è stato di 48,99 milioni di euro.
Numeri che raccontano una realtà chiara: gli infortuni non sono solo un problema tecnico e sportivo, ma rappresentano un peso economico sempre più rilevante per i club.
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