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Serie A, Hakan Calhanoglu e la polemica con il Milan

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Calhanoglu

Serie A, Hakan Calhanoglu e la polemica con il Milan. Un anno dopo la vena polemica fra il turco e i rossoneri non si è sopita. In un’intervista alla Gazzetta dello Sport, il giocatore riapre la polemica

Il passaggio dell’ex 10 rossonero all’Inter è qualcosa che a suo modo ha fatto storia, per tutto quello che ne è conseguito a livello umano e mediatico. Non si placano le frecciate e le polemiche fra il giocatore e la sua ex squadra. Dietro tante parole, il livore reciproco. Anatomia di una storia finita male.

Hakan Calhanoglu sceglie Tivibu Spor, media turco, per rilasciare un’intervista che va ben oltre le dichiarazioni da vacanza. Parole riprese e rilanciate anche dalla Gazzetta dello Sport, che hanno riaperto vecchie ferite, in realtà mai chiuse.

Del resto le modalità con le quali il centrocampista turco ha lasciato Milanello, hanno fatto discutere per mesi i tifosi rossoneri. Tanto per incominciare, il cambio di sponda è stato visto come un tradimento vero e proprio. Ad inasprire i contrasti fra la tifoseria rossonera e il giocatore, un trasferimento favorito da 500.000 euro in più nella busta paga.

Non una somma esorbitante,  fa comunque capire che il giocatore moderno è spinto verso il professionismo più esasperato e anche una minima variazione dello stipendio verso l’altro è decisiva per un cambio di maglia. Le cosiddette bandiere, ormai sono un lontano ricordo. A parte qualche rarissima eccezione: Bonucci (Juventus), Criscito (Genoa), L. Pellegrini (Roma), De Roon e Freuler (Atalanta), Milinkovic Savic (Lazio), Ekdal (Sampdoria) per fare qualche esempio.

Calhanoglu e Ibrahimovic ai tempi del Milan

I rapporti di Calhanoglu con lo spogliatoio milanista e quel retroscena mai raccontato

L’ultima annata in rossonero di Hakan Calhanoglu fu contraddistinta da una serie di polemiche all’interno dello spogliatoio, nelle quali si mise contro a Zlatan Ibrahimovic, finendo per venire emarginato. Soldi a parte, la scelta di passare all’Inter, si legge anche come una voglia di rivalsa.

Dopo un iniziale feeling fra il leader svedese e il centrocampista che era di stanza a Milanello da ormai quattro anni, i rapporti si sono via via incrinati per via dei rimproveri continui dell’attaccante verso il regista, in allenamento e in partita. Che il turco mal sopportava.

Stefano Pioli e la dirigenza riuscirono a tenere sotto controllo la situazione, con immane fatica. Paolo Maldini e Frederic Massara avevano proposto il rinnovo al nazionale turco, solo dopo aver parlato con Zlatan Ibrahimovic. Era intercorsa anche una telefonata chiarificatrice fra i due litiganti. Ma con un autentico colpo di teatro, qualche giorno dopo Hakan Calhanoglu si vestì da interista.

Il contenuto dell’intervista dell’ex milanista e l’attacco frontale a Ibrahimovic e al suo attuale allenatore. La marcia indietro, misura dell’uomo, in negativo

Si parla dello scudetto perso dalla sua Inter: “Innanzitutto devo dire che il passaggio dal Milan all’Inter è stato molto difficile. Sapevo che sarei andato nella squadra campione d’Italia, era un’occasione da cogliere. Poi la squadra in cui sono andato non ha vinto lo scudetto a vantaggio della mia ex squadra: la gente ha insinuato che fosse colpa mia. Il nostro obiettivo per la prossima annata è di nuovo il campionato, io sono molto felice all’Inter. Anche il supporto dei tifosi mi aiuta molto. Ho giocato al Milan per quattro anni, ma nessuno gridava il mio nome dagli spalti, cosa che succede ogni volta che faccio riscaldamento pre-partita con l’Inter, che è molto più forte del Milan, anche se abbiamo perso il campionato. È stato decisivo quel derby, che è cambiato improvvisamente al 75′ dopo che io e Perisic siamo stati sostituiti. Eravamo in vantaggio 1-0, poi abbiamo perso 2-1. Anche l’allenatore ha contribuito alla sconfitta, gliel’ho pure detto”.

Calhanoglu parla anche degli sfottò che Ibra gli ha dedicato in occasione della festa scudetto del Milan: “È un uomo di 40 anni, io non farei mai una cosa così se avessi quell’età. Gli piace essere al centro dell’attenzione, del resto quest’anno non ha praticamente giocato ma vuole comunque attirare l’attenzione dei tifosi. Quando ero al Milan mi chiamava sempre, voleva uscire a cena e andare in moto con me. Lo rispettavo e per me era così. Ha anche scritto di me nel suo libro: doveva farlo o il suo libro sarebbe stato vuoto. Ma non gli rispondo, meglio non rispondere”.

Nella tarda serata di mercoledì il centrocampista turco ha provato a chiarire: “Evidentemente alcune mie parole sono state mal interpretate da alcuni organi di stampa: non ho mai criticato nessun allenatore, figuriamoci mister Inzaghi che ritengo un grande tecnico e che mi ha voluto fortemente all’Inter e dato tanta fiducia. Se io e i miei compagni abbiamo fatto una grande stagione, e vinto due trofei, è tanto merito suo”.

 

 

 

 

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Roma-Milan 2-1, De Rossi inchioda il Diavolo: le pagelle

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Milan

Roma-Milan 2-1, i capitolini battono i rossoneri e si guadagnano il passaggio del turno in Europa League. All’Olimpico i giallorossi si impongono grazie ai gol di Mancini e Dybala. A nulla è servito il gol di Gabbia nel finale.

Maignan 6: ultimamente gli tocca spesso raccogliere palloni alle sue spalle, ma di colpe ne ha ben poche.

Calabria 4: concorso di colpa con il tecnico che lo utilizza (sbagliando) a centrocampo (dal 46 Reijnders 5: inspiegabile questo cambio)

Gabbia 5,5: errore su Dybala, ma tiene botta e segna la rete dei rossoneri

Tomori 5: cerca di reggere una situazione non facile. Balla in maniera eccessiva, ma ha l’attenuante del rientro

Theo Hernandez 4: si vede poco e si fa espellere nel finale

Musah 5: si innamora troppo del pallone, ma ha grinta da vendere. Uno dei meno peggio

Bennacer 5: prova complicata, viene sostituito per lasciare spazio ad un altro attaccante (dal 40’ Jovic 4: non incide)

Pulisic 4,5: sbaglia troppi palloni, la peggiore partita da quando è al Milan

Loftus-Cheek 4: in un pessimo stato di forma, si vede praticamente mai (dal 46’ Chukwueze 6: il più in forma)

Leao 3: grandi premesse, ma imbarazzante e al limite dell’irritante

Giroud 3: non gli si può chiedere di più, non ne ha

Pioli 2: sbaglia tutto, cambi inspiegabili e sotto l’aspetto della mentalità in campo non si commenta nemmeno. Subìsce in due occasioni una lezione di calcio da De Rossi

 

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Cannavaro: “La mia Juve era fortissima. Al Real non è permesso sbagliare nulla”

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Fabio Cannavaro

Fabio Cannavaro ha parlato ai microfoni di Radio Serie A soffermandosi in particolare sulle avventure con le maglie di Juventus e Real Madrid.

Fabio Cannavaro, leggenda del calcio italiano, è intervenuto ai microfoni di Radio Serie A ricordando i tempi dell’esperienze con le maglie di Juventus e Real Madrid.

Cannavaro

Le parole di Cannavaro

“Dopo l’Inter trascorsi due anni a Torino dove i tifosi mi ritennero da subito ai livelli di Buffon e Del Piero, anche perché sul campo ho sempre garantito prestazioni importanti. Lì sono stato bene, ci hanno annullato due campionati ma la realtà è che quella era una Juve fortissima. Poi nel 2006 la società mi fece capire che c’era la necessità di cedere qualcuno e mi avvertirono della trattativa con il Real Madrid. Quando arrivi lì e visiti la sala trofei del club ti rendi conto che con quella maglia addosso non è permesso sbagliare nulla”

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Pippo Inzaghi: “Mio fratello dopo la finale di Champions ha fatto il salto definitivo”

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Pippo Inzaghi

Filippo Inzaghi, intervenuto ai microfoni di Dazn, ha parlato del cammino degli ultimi anni di suo fratello Simone sulla panchina dell’Inter.

Intervenuto a Dazn come protagonista del format “Un’altra storia”, Pippo Inzaghi si è soffermato sul percorso fatto negli ultimi anni di suo fratello Simone sulla panchina dell’Inter e della possibilità di conquistare la seconda stella nel derby della Madonnina.

Inzaghi

Le parole di Pippo Inzaghi su suo fratello

Le qualità di Simone:

“Simone è un ottimo gestore di risorse umane, è molto bravo. Quello che ha subito l’anno scorso non lo avrebbe sopportato nessuno e lui invece si è fatto scivolare tutto. È stato bravissimo, è andato avanti per la sua squadra. Dopo la finale di Champions, in cui ha incartato Guardiola, ha fatto il salto definitivo e a me non sorprende. Ha pochi amici e quindi si è dovuto fare il mazzo per dimostrare che adesso è uno dei migliori d’Europa. Sono contento per lui perché oltre a essere un grande allenatore, è una persona perbene”.

Scudetto Inter nel derby?

“Uno lo sventai io con un mio gol. Però sono felice per mio fratello perché coronerebbe un sogno. Spero che il Milan vinca la coppa, così per me sarebbe il top. Sarà una bella partita con lo stadio pieno. Io feci gol al mio primo derby con Terim. Non feci tanti gol nel derby, ma quello che ho fatto sono stati importanti. Nei due di Champions per esempio io non feci un tiro in porta in due gare dalla tensione”.

San Siro:

“Non si tocca. Venni al Milan per San Siro. Quando facevo il Trofeo Berlusconi per me giocare a San Siro ero il mio stadio. Ho ottenuto in quello stadio tutto quello che dovevo ottenere. Nelle notti di Champions mi stimolava molto vedere i tifosi che stavano ore e ore in coda in pullman”.

Le differenze tra di voi come giocatore:

“Io e mio fratello ci facevamo portare alla Galleana al Piacenza per farci fare le foto coi giocatori. Simone ha il record che non ho nemmeno io: mai fatto quattro gol, lui li ha fatti al Marsiglia. Abbiamo giocato insieme in nazionale, anche per i miei genitori vederci esordire in nazionale a Torino…

Lui tecnicamente era più forte, ha convissuto con un problema importante alla schiena. Non andò al Milan prima di andare alla Lazio perché fu bocciato per la schiena e questo lo ha ostacolato. Avrebbe fatto di più. Quel che non ha avuto da giocatore lo ha avuto da allenatore”.

Lo studio degli avversari:

“Io e Simone studiavamo tanto gli avversari. Io li conoscevo alla perfezione. Non erano i difensori che marcavano me e io che marcavo loro perché se dovevo scegliere andavo da quello che magari sull’attenzione o sullo scatto potevo fregarlo. Queste cose si cercano di insegnare anche se non sono semplici da capire”.

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