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Not a game | Robert Lewandowski, tutt’altro che un predestinato

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Sebbene oggi, a 32 anni, Robert Lewandowski sia considerato una delle prime punte migliori degli ultimi anni, la sua strada verso il successo è stata tutt’altro che spianata. Non siamo infatti davanti a un giocatore nato e cresciuto nelle giovanili di un club di caratura europea con l’etichetta da fenomeno, né tanto meno a un ragazzo prodigio arrivato nei massimi campionati in giovanissima età. Il polacco, piuttosto, si è dovuto fare largo tra tragedie personali e sfortune professionali, che però hanno finito per renderlo l’uomo e il professionista esemplare che il mondo ha imparato a conoscere.

Indice

Robert Lewandowski, il ragazzo che ha rifiutato di arrendersi

Cresciuto in una famiglia molto legata allo sport, con madre pallavolista e padre campione di judo e poi calciatore, Lewandowski si affaccia fin da giovanissimo sul mondo del calcio, entrando a nove anni nelle giovanili di una compagine della sua città, il Varsovia Warsaw. Qui impressiona tutti fin da subito, e nella stagione 2004/05 compare anche nella prima squadra del Delta Varsavia, collezionando 17 presenze e 4 gol. Il talento dell’allora attaccante sedicenne non può sfuggire gli osservatori locali, e così il ben più blasonato Legia Varsavia decide di accaparrarselo, inserendolo nella rosa della seconda squadra.

La stagione 2005/06 rappresenta però un punto di svolta della sua vita. Nel 2005 infatti Robert Lewandowski perde il padre Krzysztof per infarto e soli pochi mesi dopo rimedia anche un infortunio che porta il Legia a liberarsi frettolosamente di lui, nonostante le 12 presenze e i 2 gol fatti registrare nella terza divisione polacca. Un passaggio insomma che nel giro di pochi mesi avrebbe potuto colpire ed affondare la vita e i sogni di qualsiasi ragazzo quasi diciottenne, che aveva perso praticamente tutte quelle poche certezze che la sua giovane vita gli aveva concesso.

Come raccontato ormai cinque anni fa in un’intervista per il Daily Mail, però, Lewandowski ricorda: “Fu un anno difficile, quando persi mio padre. (…) Ero molto giovane e avevo messo il calcio al primo posto. Non sapevo cosa fare della mia vita, ma poi mi sono detto, non posso mollare ed accettarlo. Decisi di combattere, mi ripromisi: ‘Mostrerò che giocatore sono davvero, e cosa si sono persi’. Pensai che avrei combattuto fino a dimostrare loro quanto sbagliata fosse stata quella decisione.”

La rinascita polacca, l’esplosione tedesca

Forte anche del sostegno incondizionato di sua madre Iwona, il giovane attaccante lotta davvero con tutte le forze, che lo portano a bruciare le tappe del suo recupero fisico e della sua crescita personale. Così non passano molti mesi che Lewandowski è di nuovo sotto contratto con una squadra della terza divisione polacca, il Znicz Pruszków. Basta poi una stagione per dimostrare al mondo del calcio locale che di quel ragazzo appena maggiorenne se ne sarebbe sentito parlare a lungo, perché con 15 gol in 27 presenze trascina la sua nuova squadra alla promozione. Nel 2007/2008, poi, alla sua prima annata nella II Liga trova la rete in 21 occasioni, aiutando il Znicz Pruszków a confermarsi nella divisione, dove milita ancora oggi.

Nell’estate del 2008 è ormai impossibile ignorarlo: arrivato dal nulla, il ventenne Lewandowski è un potenziale crack del calcio polacco. E così è il Lech Poznan a portarlo per la prima volta nel massimo campionato, pagandolo ben 380 mila euro. Se già questo sarebbe bastato per prendersi una bella rivincita sul Legia, lui segna ben 32 gol in due stagioni, arrivando a vincere nel 2010 il premio di capocannoniere trascinando i suoi ad un titolo nazionale che mancava dal 1993.

A ventidue anni, nonostante gli incidenti di percorso, Lewandowski ha conquistato la Polonia ed è ormai sul taccuino delle società di mezza Europa. Così, forse con qualche anno di ritardo rispetto a tanti altri talenti internazionali, si trasferisce nella limitrofa Germania, dove trova casa al Borussia Dortmund. Nella Ruhr arriva circondato da fin troppo scetticismo, ma incontra un allenatore visionario come Jurgen Klopp, che porta i suoi a vincere la Bundesliga nel 2011 e nel 2012, proseguendo così la striscia positiva iniziata l’anno precedente in patria dall’attaccante polacco. Se la stagione 2010/2011 è stata più che altro un’annata d’ambientamento, con sole 15 partenze da titolare e 8 gol segnati, già nel 2011/2012 Lewandowski si afferma come la punta di diamante del sistema di Klopp, con 22 gol in 34 presenze.

L’attaccante rimane a Dortmund fino al 2014, segnando altri 44 gol in campionato in due stagioni chiuse al secondo posto. Uno dei momenti più alti della sua esperienza con il Borussia, poi, è la semifinale di andata della Champions League 2013, quando rifila un poker al Real Madrid di Cristiano Ronaldo e si consacra come una delle prime punte più forti in circolazione. In quella stagione, anche grazie ai 10 gol segnati dal polacco, i suoi arrivano fino alla finalissima della massima competizione europea, dove però si arrendono ai rivali eterni del Bayern Monaco. Bavaresi ai quali solo un’estate dopo il destino di Lewandowski sarebbe divenuto indissolubilmente legato.

I successi con il Bayern, il Pallone d’Oro 2020

Sulla linea di quanto fatto da molti giocatori della Bundesliga, anche il polacco cede alle tentazioni del Bayern Monaco e nel 2014 vi si aggrega a parametro zero. All’Allianz Arena non perde affatto il fiuto del gol, e anzi a 26 anni è pronto a sublimarlo. Sotto la guida di Pep Guardiola segna 17 gol alla prima stagione con la nuova maglia, per poi scatenarsi a partire dall’annata 2015/2016 segnandone ben 30 e vincendo la Bundesliga per la seconda volta in due tentativi sotto la guida del tecnico spagnolo. Indimenticabile la gara del 22 settembre 2015 quando subentrando dalla panchina rifilò ben 5 gol in 9 minuti agli avversari del Wolfsburg, ribaltando il risultato che fino al minuto 51 era stato fermo sullo 0-1 per gli ospiti. In entrambe le annate, però, il Bayern si ferma alle semifinali della Champions League.

Nel 2016, poi, sulla panchina dei bavaresi arriva Carlo Ancelotti. Il feeling tra tecnico italiano e spogliatoio non decolla, ma anche trascinati dagli ormai spaventosamente soliti 30 gol stagionali di Lewandowski riescono ad assicurarsi la Bundesliga. Mentre il Bayern continua a cambiare guida tecnica, affidandosi nel 2017/2018 all’usato sicuro di Jupp Heynckes, il polacco segna 29 gol in campionato, vinto, e 5 in Champions League, dove i suoi si arrendono ancora arrivati alle semifinali.

Mentre la Champions League inizia quasi a diventare un fantasma, il Bayern si rivolge a Niko Kovac per provare a stabilizzare la propria panchina. La Bundesliga 2019 viene messa in cassaforte, ma anche in questo caso lo spogliatoio non sembra dalla parte del tecnico. All’inizio dell’annata 2019/2020, così, le strade tra società e allenatore croato si separano. E proprio questo è forse il punto di svolta più importante della carriera al Bayern di Lewandowski. L’incarico viene affidato infatti temporaneamente all’allora assistente Hans Flick, che però inizia ad inanellare risultati e prestazioni convincenti. I bavaresi sono tornati a volare, e dopo i 22 gol della stagione passata il polacco è tornato a segnare su ritmi spaventosi. Dopo 18 vittorie su 21 partite disputate l’uomo venuto apparentemente dal nulla viene così confermato come l’allenatore dei bavaresi, firmando in piena pandemia un contratto fino al 2023.

Quella di Flick era una scossa che probabilmente serviva ormai al Bayern da diversi anni, per uscire da un circolo che li avevi visti fino ad allora per ben sette stagioni di fila campioni di Germania ma ormai da sei non più vincenti in Europa. Sotto la sua guida infatti non solo il polacco segna 34 gol in campionato, privato della scarpa d’oro solo da Ciro Immobile, ma trascina i suoi attraverso una delle edizioni più atipiche di sempre della Champions League, quella degli scontri diretti a partita secca. Nonostante il numero ridotto di gare disputate, Lewandowski segna la cifra impressionante di 15 gol, tracciando un percorso spaventosamente netto, che include un intimidatorio 8-2 al Barcellona. Un’annata insomma che in condizioni normali sarebbe valsa un Pallone d’Oro quasi all’unanimità per il suo protagonista. Pallone d’Oro 2020 che però non viene assegnato, e vede il polacco rimanere a bocca asciutta, anche se si fa per dire. Si fa per dire perché nei mesi successivi il Bayern centra il tanto ambito “sextuple“, facendo incetta di medaglie e vincendo tutti i trofei a disposizione.

Dopo anni ad alti livelli molti, a 32 anni, potrebbero cadere nel trabocchetto di rallentare, soprattutto dopo un traguardo del genere. Ma nell’impeccabile etica del lavoro di Lewandowski la parola rallentare non può esistere, soprattutto dopo la promessa che ha raccontato di essersi fatto a diciotto anni, e ad oggi ha già segnato 26 gol in 22 partite di Bundesliga, 4 in 5 uscite di Champions League e 2 al Mondiale per club. I suoi sono primi in Bundesliga e indirizzati verso i quarti di finale della coppa dalle grandi orecchie.

Insomma, parlavamo della promessa del Lewandowski diciottenne. Quello che traspare è piuttosto un uomo in grado di rinnovarsi ogni giorno, di ripartire quotidianamente da nuove promesse e di trovare le giuste motivazioni dopo una vita passata a non dare niente per scontato. E probabilmente a lanciare periodici sguardi di dedica verso il cielo.

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Focus

Derby della Mole: Juventus e Torino

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Torino Juventus Derby della Mole

La storia della rivalità tra Juventus e Torino è un derby che va oltre il calcio, la rivalità tra Juventus e Torino è molto più di una semplice sfida calcistica.

Quand’è nata la rivalità tra Juventus e Torino

derby della mole

Il Derby della Mole è uno degli incontri più intensi e appassionanti del calcio italiano. La rivalità tra Juventus e Torino è radicata profondamente nella storia di Torino e nel tessuto sociale della città. Questa rivalità è stata plasmata nel corso degli anni da una serie di eventi che hanno contribuito a definire l’importanza e il significato di questo derby.

Tutto ha inizio nel lontano 1906! La Juventus, fondata nel 1897, rappresenta il cuore della borghesia torinese, con una storia ricca di successi nazionali e internazionali che l’hanno resa una delle squadre più titolate al mondo. Dall’altra parte c’è il Torino, nato nel 1906 da una scissione della Juventus e divenuto il simbolo della classe operaia torinese. Questa dualità sociale ha alimentato la rivalità tra le due squadre, trasformando il derby in uno degli eventi più attesi e sentiti della stagione calcistica italiana.

La rivalità tra Juventus e Torino è molto più di una semplice sfida calcistica; è una narrazione intrecciata con la storia stessa di Torino, una città divisa tra due colori, due passioni e due tradizioni. Questo derby, conosciuto come il “Derby della Mole” in riferimento alla Mole Antonelliana che sovrasta la città, ha radici profonde che risalgono ai primi giorni del calcio italiano.

Il primo incontro ufficiale tra Juventus e Torino si è svolto il 13 gennaio 1907, con la vittoria della Juventus per 2-1. Da allora, le partite tra le due squadre sono diventate un momento di grande passione e rivalità per i tifosi.

La storia del derby è segnata da momenti di grande dramma e passione. Uno degli episodi più toccanti è quello del 4 maggio 1949, quando il Grande Torino, una squadra leggendaria che dominava il calcio italiano, scomparve in un tragico incidente aereo. Questa tragedia ha lasciato un segno indelebile nella città di Torino e ha reso il derby ancora più carico di emozioni e significati.

Negli anni successivi, la Juventus ha dominato il calcio italiano, accumulando successi nazionali e internazionali, mentre il Torino ha attraversato alti e bassi. Tuttavia, ciò non ha mai attenuato la passione e l’intensità del Derby della Mole.

Negli anni, il derby è diventato un simbolo di identità per i tifosi delle due squadre. Le strade di Torino si tingono di bianconero e granata nei giorni che precedono l’incontro, con i tifosi che si preparano per una battaglia che va ben oltre il terreno di gioco. Le partite sono caratterizzate da una tensione palpabile e da momenti di grande intensità, con gli spalti degli stadi gremiti di tifosi che sostengono con fervore le proprie squadre.

Ma la rivalità tra Juventus e Torino non si limita al calcio; si estende anche alla vita quotidiana della città. I tifosi si confrontano su ogni aspetto della vita, dal lavoro alla politica, dando vita a una rivalità che permea ogni strato della società torinese.

Nonostante le divergenze, però, c’è un elemento che accomuna i tifosi delle due squadre: l’amore per la propria città e per il calcio. Il derby rappresenta un momento di celebrazione della storia e dell’identità di Torino, un’occasione per riunirsi e condividere le proprie passioni, anche se divise da colori diversi.

In un mondo in continua evoluzione, il derby tra Juventus e Torino resta un faro di tradizione e appartenenza per la città di Torino. Una rivalità che va oltre il calcio, che racconta la storia e l’anima di una città divisa, ma unita dalla stessa passione per il gioco del pallone.

Negli ultimi decenni, il derby è diventato un momento di grande interesse non solo per i tifosi locali, ma anche per gli appassionati di calcio di tutto il mondo. Le partite sono caratterizzate da un’atmosfera carica di tensione e emozioni, con i tifosi che riempiono gli stadi di Torino per sostenere le proprie squadre.

Ogni Derby della Mole è un capitolo nella storia del calcio italiano, un momento in cui le due squadre si sfidano non solo per la vittoria, ma anche per il prestigio e l’onore della propria città. E mentre il calcio evolve e cambia nel corso del tempo, la rivalità tra Juventus e Torino rimane una costante, una parte essenziale del panorama calcistico italiano.

 

 

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Calciomercato

Juventus: ecco i possibili partenti

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Juventus Cristiano Giuntoli

La Juventus è già al lavoro per il proprio futuro e sembra che il direttore sportivo Cristiano Giuntoli abbia già individuato i nomi dei giocatori che potrebbero lasciare Torino nel prossimo mercato estivo.

Nomi importanti possono lasciare la Juventus

Juventus

La lista dei possibili partenti include nomi importanti come Arek Milik, Moise Kean, Filip Kostic, Samuel Iling Jr, Hans Nicolussi Caviglia, Joseph Nonge e Mattia De Sciglio.

La decisione di cedere questi giocatori potrebbe essere motivata da diverse ragioni, tra cui la ricerca di un rinnovamento dell’organico, la necessità di liberare spazio salariale o semplicemente la volontà di dare nuove opportunità ad altri calciatori.

Arek Milik, attaccante polacco arrivato in estate dal Napoli, potrebbe essere uno dei primi a lasciare la Juventus se non dovesse trovare spazio nel progetto tecnico della squadra.

Moise Kean, giovane talento tornato alla Juventus dopo un periodo di prestito al PSG, potrebbe essere oggetto di interesse da parte di altri club desiderosi di garantirgli più minutaggio in campo.

Filip Kostic, esterno serbo, è stato oggetto di voci di mercato già in passato e potrebbe essere uno dei sacrificabili per finanziare nuovi arrivi o per bilanciare il budget del club.

Samuel Iling Jr., Hans Nicolussi Caviglia e Joseph Nonge sono giovani promesse che potrebbero essere ceduti in prestito per guadagnare esperienza e minutaggio in squadre di minore importanza.

Infine, Mattia De Sciglio, esterno destro, potrebbe essere destinato a un trasferimento definitivo dopo un periodo altalenante in bianconero.

Tuttavia, non resta che attendere per vedere se effettivamente questi giocatori lasceranno la Juventus a giugno o se i piani di mercato subiranno delle variazioni. L’ambiente calcistico è sempre imprevedibile e le decisioni possono cambiare in base a molteplici fattori, come le prestazioni in campo, le richieste del mercato o i cambiamenti nella dirigenza. Resta quindi da vedere come si evolveranno le trattative e quali saranno le scelte definitive della Juventus in vista della prossima stagione.

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Competizioni

Juventus vs Lazio, la prima delle semifinali

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Juventus Lazio coppa italia

La Juventus stasera alle ore 21.00 scenderà in campo all’Allianz Stadium contro la Lazio per la prima semifinale di Coppa Italia.

Ore decisive per la Juventus

La Juventus si prepara a un confronto cruciale stasera contro la Lazio, nella prima sfida delle semifinali di Coppa Italia. I bianconeri, reduce da un periodo difficile in campionato, cercheranno di riscattarsi dopo la recente sconfitta contro la squadra di Tudor. Entrambe le squadre, in una stagione contrassegnata da alti e bassi, si giocano una fetta significativa della loro stagione in questa competizione.

La Juventus, attualmente in una fase di crisi in campionato, vede nella Coppa Italia un’opportunità per ritrovare serenità e qualificarsi per una finale che potrebbe rivestire una duplice importanza. Oltre alla possibilità di sollevare un trofeo, la finale garantirebbe anche la qualificazione alla prossima Supercoppa italiana, una prospettiva che assume maggiore rilevanza dato il distanziamento dalla seconda posizione in campionato. Tuttavia, il recente confronto con la Lazio non è stato favorevole alla Juventus, alimentando apprensioni per l’incontro di stasera all’Allianz Stadium.

Il tecnico Massimiliano Allegri, consapevole della delicatezza della situazione, si è confrontato con la squadra, sottolineando l’importanza dell’unità e della coesione. Nonostante le difficoltà incontrate, il club ha ribadito la fiducia nel suo allenatore. Il match di stasera offre un’opportunità concreta di invertire il trend negativo e concentrarsi esclusivamente sulla conquista della coppa nazionale, mettendo temporaneamente da parte la corsa per un posto in Champions League.

Juventus Vlahovic

Dusan Vlahovic, 24 anni

Un raggio di speranza per la Juventus è il ritorno di Dusan Vlahovic, il cui contributo offensivo potrebbe essere determinante. La formazione vedrà probabilmente Chiesa o Yildiz al suo fianco, mentre dal recupero di giocatori come Alex Sandro e Alcaraz daranno la possibilità ad Allegri di trarre ulteriori alternative. Tuttavia, l’indisponibilità di giocatori chiave come Milik aggiunge un’ulteriore sfida alla squadra.

Dall’altra parte, la Lazio affronta la partita con un obiettivo diverso. Nonostante una campagna in Champions League, la stagione finora è stata al di sotto delle aspettative. L’obiettivo implicito è quello di ottenere un risultato positivo all’andata contro la Juventus e prepararsi per la sfida successiva contro la Roma. Le scelte di formazione potrebbero risentire di questa doppia sfida imminente.

Igor Tudor

Igor Tudor, allenatore S.S.Lazio

La Lazio, guidata da Tudor, potrebbe presentarsi con diverse modifiche rispetto alla formazione abituale, con Immobile in pole position in attacco e variazioni a centrocampo. La difesa dovrebbe rimanere invariata, con il modulo a tre confermato.

In definitiva, Juventus e Lazio si preparano a un confronto determinante, con entrambe le squadre desiderose di ottenere un risultato positivo per continuare il proprio percorso nella Coppa Italia e riscattare una stagione altalenante. La partita, che verrà trasmessa in chiaro su Canale 5 ed in streaming su Sportmediaset.it, si preannuncia come un banco di prova cruciale per entrambe le squadre e i rispettivi allenatori.

 

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