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Milan-Spal 3-0: le pagelle dei rossoneri
Il Milan abbandona San Siro con la qualificazione in tasca e qualche consapevolezza in più. Superati brillantemente gli ottavi di Coppa Italia grazie ad una vittoria convincente per 3-0 contro una Spal tutt’altro che agguerrita, i rossoneri troveranno il Torino ai quarti. La gara, nonostante un andamento a senso unico, regala ulteriori conferme al tecnico Pioli, il 4-4-2 è probabilmente il modulo che assicura maggiore equilibrio, Suso non è più determinante e merita di essere ceduto, probabilmente più per il bene suo che della squadra e Castillejo merita la riconferma quantomeno fino a giugno. Sono queste le consapevolezze che questa partita ci ha lasciato, oltre al fatto che il Milan ha finalmente trovato un terzino sinistro all’altezza della situazione, senza scomodare a Paolo Maldini ancora su un altro pianeta.
Si sblocca Piatek
Probabilmente la rete di Piatek che sblocca la partita poco servirà per la sua riconferma, il Milan avrebbe fatti deciso di andare avanti senza di lui, troppo incompatibile per giocare a fianco di Ibrahimovic e troppo deludente in questa prima parte di stagione. A poco importerà anche l’assist per il raddoppio di Castillejo, altro giocatore con le valigie quasi in mano, che potrebbero però essere temporaneamente rimesse in cantina fino a giugno, considerate le buone ultime due gare quando Pioli si è accorto dello spagnolo. Il terzo gol arriva ad opera di Theo Hernandez, il miglior acquisto della stagione e ritengo uno dei migliori affari degli ultimi anni. Il suo è un gran gol, l’ennesimo.
Le pagelle dei rossoneri
A. Donnarumma 6,5: chiamato a sostituire il fratello infortunato, per gran parte della gara risulta inoperoso, salvo superarsi sul colpo di testa di Paloschi. Per un portiere lontano dai campi di gioco per così tanto tempo non era di certo facile. Trasmette sicurezza e non fa rimpiangere Gigio.
Conti 5,5: gli avversari fanno nulla per impensierirlo, lui fa nulla per impensierire loro. Gara anonima e senza particolare mordente, poteva di certo sgroppare di più.
Kjaer 6: buon debutto, padroneggia su Floccari e Paloschi che sembrano fargli il solletico. Non è ancora in condizione, ma si fa apprezzare. (Dall’82’ Gabbia: s.v.).
Romagnoli 6: spettatore non pagante, la Spal non crea occasioni, il capitano rossonero amministra senza infamia nè lode.
Theo Hernandez 7: numeri da attaccante, il terzino rossonero trova un gol dalla distanza di potenza inaudita che Berisha può solo guardare insaccarsi in rete. Le sue percussioni sono devastanti, non molla mai.
Castillejo 7: onnipresente, lo spagnolo è ovunque. Trova anche un gol di pregevole fattura, un’arma in più per Pioli che farà fatica a tenerlo in panchina d’ora in avanti. (Dal 63’ Suso 6: i fischi lo accompagnano durante il suo ingresso in campo, lui fa poco/nulla per dimostrare di essere ancora utile alla causa, salvo mandare in porta Rebic con un filtrante degno di un campione.
Krunic 5,5: qualche sbavatura di troppo in una gara dove sbagliare era difficile, non risparmia sportellate vecchia maniera agli avversari. Da rivedere.
Bennacer 6,5: iniezione di fosforo importante per il centrocampo rossonero, manda in porta Piatek, detta i passaggi ed i tempi alla squadra. Imprescindibile oramai.
Bonaventura 5,5: ordinato, ma troppo legato nel compiere il suo compitino senza provare a fare nulla di più, questa era la gara giusta per osare. Non osa e non inventa. (Dal 75’ Paqueta s.v.).
Rebic 5: eppur si muove, ed è già qualcosa. Per il resto sbaglia due occasioni. Solita storia, non è da Milan, inutile sprecare ulteriori parole e ripetersi.
Piatek 6,5: realizza il gol che sblocca la gara e regala l’assist a Castillejo. Nel computo della stagione è troppo poco, per quanto riguarda la gara in questione si muove bene nonostante un gol letteralmente divorato su imbeccata di Theo Hernandez. Probabilmente l’ultima gara da titolare in rossonero.
Pioli 6,5: continua giustamente con il 4-4-2, modulo che regala un maggiore equilibrio e su cui puntare anche per il proseguio della stagione con l’impiego di Ibrahimovic. Non sbaglia nulla, il suo Milan ha la meglio contro una Spal eccessivamente arrendevole.
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La risposta di Lotito a Gravina: “La FIGC non è il suo granducato personale”
Continuano le schermaglie verbali a distanza fra il presidente della Lazio Claudio Lotito e quello della FIGC Gabriele Gravina.
Le parole di Lotito su Gravina
Non si è fatta attendere troppo la replica del presidente della Lazio Claudio Lotito alle accuse del numero uno della FIGC Gabriele Gravina. Repetita iuvant: stamane vi avevamo riportato le dichiarazioni del presidente federale, rilasciate a “Il Foglio“, in cui quest’ultimo attaccava frontalmente il patron bianco celeste.
In sostanza, Gravina accusava il vulcanico patron della società capitolina di voler dettare legge all’interno del consiglio federale. Oltre ad alludere a un presunto conflitto d’interesse, dato che Lotito è al tempo stesso membro del consiglio federale e membro del consiglio della Lega Calcio.
Oltre che, ovviamente, senatore della Repubblica Italiana e Presidente della Lazio. Tempo qualche ora ed è arrivata anche la replica del diretto interessato, affidata a un’intervista concessa all’Ansa.
❝Leggo con stupore le dichiarazioni del sig. Gravina sulla mia persona, che si commentano da sole. Chiare manifestazioni di pura ostilità e scomposto rancore nei miei confronti, al fine di difendersi dalle responsabilità circa lo stato attuale del calcio in Italia che tutti gli attribuiscono. I suoi rapporti personali con alcuni presidenti non escludono il disagio e la confusione che oggi regna nel sistema calcio, condivise da tutti gli operatori che cercano, nonostante gli ostacoli posti dal sig. Gravina, di rinnovarne le regole. La mia posizione di proprietario di club, consigliere federale, consigliere di Lega e componente del Senato, ruoli peraltro acquisiti con regolari e democratiche elezioni, mi consente di avere una visione più ampia e completa dei problemi e delle soluzioni possibili per eliminare i guasti prodotti. Il mondo del calcio non chiede isolamento, ma necessita di una visione ampia delle sue varie componenti. Alle quali i miei ruoli istituzionali, attesa l’importante ed alta valenza del calcio, mi danno la possibilità di offrire un contributo fattivo, facendolo uscire da un’autonomia erroneamente intesa come ‘granducato personale’.❞
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Mourinho: “Roma? Mi dissero di andare via dopo Budapest”
L’ex tecnico della Roma, José Mourinho, è tornato a parlare del suo passato sulla panchina giallorossa, terminato a gennaio 2024 per esonero.
José Mourinho torna a parlare della sua avventura a Roma sulla panchina giallorossa. Nell’intervista rilasciata qualche giorno fa al The Telegraph, Il tecnico portoghese si è soffermato sul post finale di Europa League di Budapest dove gli fu consigliato da amici e parenti di lasciare la società giallorossa.
Mourinho ha passato due anni e mezzo nella Capitale collezionando su 138 match 68 vittorie, 30 pareggi e 40 sconfitte con una media punti pari a 1,70. Nella sua avventura giallorossa il portoghese ha portato la Roma a giocare due finali consecutive in Conference League (trionfo contro il Feyenoord) ed in Europa League (sconfitta ai rigori contro il Siviglia).
Mourinho, l’addio dopo Budapest
“I miei amici, la mia famiglia, perfino il mio agente mi dissero di andare via dopo la finale di Europa League dello scorso anno. Ma ho sentito la spinta del club, dal punto di vista emotivo, e sono andato avanti. Ho rifiutato la panchina della nazionale portoghese e anche un’offerta molto conveniente dall’Arabia Saudita per restare alla Roma”.
Scelta, quella di rimanere ai giallorossi, risultata sbagliata visto l’esonero arrivato a fine gennaio dopo aver collezionato 29 punti in 20 partite.
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