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I campioni in…Diego Armando Maradona

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La pelota non se mancha

Concludeva cosi il suo discorso di addio al calcio Diego Armando Maradona alla Bombonera di Buenos Aires, uno stadio gremito all’ inverosimile per salutare il suo campione, il nostro campione. Era un chiaro riferimento alla vita, al calcio. L’ uomo può sbagliare, può pagarne anche le conseguenze, ma il pallone non si sporca mai. Diego è un bambino dai piedi d’oro, e lo si denota dai tanti video che circolano in rete, palleggiando con qualsiasi cosa, da un’arancia ad una pallina da golf e addirittura con una bottiglia piccola d’ acqua, per finire a quel pallone gigantesco in cui vi era disegnato il mondo. Si il mondo, ai suoi piedi. Con il pallone faceva ciò che voleva, un piede sinistro mai visto prima e che lo ha reso celebre. Ripercorriamo così le fasi salienti della sua vita calcistica, concentrandoci sul Maradona giocatore e non sul Maradona come uomo, visto che non possiamo innalzarci a Dio per poter giudicare la sua vita e i suoi errori. A me, e spero anche a voi, piace ricordarlo cosi, in pantaloncini e maglietta, con la 10 sulle spalle, e con il suo sinistro che faceva impazzire avversari e tifosi.

Diego muove i suoi primi calci nell’ Argentinos Junior e già a soli 10 anni si vedeva di che pasta era fatto. Nel corso di una sua breve intervista, s’ intravedeva un bambino prodigio, ma con le idee abbastanza chiare, con la fervida volontà di giocare il in primera, nella prima squadra, e di portare la Coppa del Mondo in Argentina. Con le Cebollitas (cipolline) esordisce a soli 15 anni in prima squadra diventando il più giovane giocatore ad esordire nel massimo campionato argentino, record comunque poi battuto da Sergio Aguero negli anni 2000. Piano piano Diego conquista la fiducia del proprio allenatore, diventa titolare e nel 1979 e 1980 vince consecutivamente il Pallone d’ oro sudamericano. Disputa ben 166 partite con all’ attivo 116 goal.

Ma la crisi economica dell’ Argentinos lo spinge verso il Boca Juniors. Sarà infatti quella la sua nuova casa. Forse non tutti sanno che prima di questo trasferimento, durante una partita giocata tra le due squadre, vinta dal Boca per 5 a 3, Maradona fece 4 goal, rispondendo così alle dichiarazioni del portiere ospite che lo definì grasso. I due poi diventeranno compagni di squadra. Dunque Diego arriva alla Bombonera, e lì si consacra come uomo e come giocatore. Ha il mondo puntato addosso, il miglior sudamericano di sempre, e dopo un infortunio, entra alla quinta giornata. Prende parte a 40 partite segnando 28 goal. Era il 1981.

Nel 1982 però il Boca in piena crisi economica è costretta a cedere il suo gioiellino al Barcellona per una cifra intorno ai 12 Miliardi. Diego arriva in Europa e inizia ad incantare il pubblico europeo. Con i catalani resta per due anni disputando 58 partite e segnando 38 reti. Ma sono due anni magici vincendo una Coppa di Spagna, una Supercoppa di Spagna e una Coppa di Lega.

Napoli – 30 Giugno 1984

Diego Armando Maradona diviene ufficialmente un giocatore del Napoli. La città partenopea è un teatro all’ aperto. Per l’ acquisto del campione, l’ allora presidente Ferlaino mobilitò tutte le banche della città per le fidejussioni ed avere i soldi necessari per l’ acquisto di Maradona. Tutto avvenne all’ ultimo minuto. Un contratto firmato in un Hotel di Barcellona, una cifra intorno ai 12 Miliardi di lire, e l’ asso sudamericano arriva in Italia. Il 5 Luglio viene presentato allo stadio San Paolo di Napoli. Oltre 80 mila persone a godersi quello spettacolo meraviglioso fatto di colori, fumogeni, palloncini che volavano, fiori. Era un tripudio. Napoli aveva il suo campione. Nel 1987 con Ottavio Bianchi in panchina Maradona porta il titolo a Napoli. Era la prima volta che accadeva in 61 anni di storia. Batte la Juventus dopo 32 anni a Torino. Sono gli anni d’oro per la città partenopea guidata da un energico folletto, non supera il metro e 70 ma aveva grinta, agilità e coraggio da vendere. Un goal contro ogni legge della fisica quello fatto su punizione contro i bianconeri che lo rese Santo. Era un Picasso.

Napoli si gode tra gli allori il suo pupillo. Una città che lo ha reso celebre,  murales con il suo volto. Viene ancora oggi adorato. Un San Gennaro del calcio. In quella stagione vinse anche la Coppa Italia, una doppietta riuscita fino a quel momento solo al Grande Torino e alla Juventus. Due stagioni successive altalenanti che comunque lo portarono a vincere la Coppa Uefa, per arrivare poi al campionato del 1990, anno in cui la città partenopea si tinge ancora del tricolore. Ed era la giusta occasione per far bene ai Mondiali successivi.

1991. Il Napoli inizia la stagione con il botto. Batte i rivali di sempre bianconeri nel match valido per la Supercoppa Italiana. Risultato finale: Napoli- Juventus 5-1. Ma da qui in poi le cose non andarono per il verso giusto. Eliminati dallo Spartak Mosca in Europa, in campionato non riuscì a ripetersi e dulcis in fundo si avvicinava la nuvola nera. Dopo in controllo antidoping Diego risultò positivo, fu squalificato per un anno e mezzo e al suo ritorno non vi era più la città  del Vesuvio ma Siviglia, squadra con la quale si fece notare per i suoi 12 assist e 5 goal. Nel 2000 il Napoli decise di togliere la maglia numero 10 appartenuta al Pibe e nessun’ altro l’ avrebbe più indossata.

Maradona non era più lo stesso. Fa rientro in Sudamerica al Newell’s Old Boys prima di fare però rientro nella sua casa, Boca Juniors. Il ritorno del figlio prodigo. E proprio alla fine del super-classico contro il River, il 25 Ottobre 1997 Diego Armando Maradona appende le scarpette al chiodo. Saluta il pubblico presente sugli spalti alla Bombonera. La “pelota non se mancha”.

La vita del Pibe de oro però è stata anche contrassegnata da eventi Europei e Mondiali. Vince il mondiale Under 20, batte la solo l’ Inghilterra. Suo il goal che è stato definito il più bello del mondo, con partenza da centrocampo e il boato del pubblico presente a suggellare un’ emozione unica. E sempre suo il goal di mano sempre contro l’ Inghilterra che gli valse il nome de La mano de Dios.

Un palmares di tutto rispetto. Eletto miglior giocatore di tutti i tempi dall’ Afa nel 1993, nel 1995 gli viene consegnato il Pallone d’ oro alla carriera visto che fino a quel momento era un riconoscimento valevole solo per i giocatori europei. Ma lui arriva dal Sudamerica. Un’ altra dimensione, un altro modo di vivere il calcio. E così ce lo ha insegnato. Nel 2003 viene insignito nelle Leggende del calcio al premio Golden Foot,  gli viene riconosciuto il premio Olimpia de Platino come miglior sportivo argentino del secolo, viene inserito nella Hall of Fame del calcio italiano. Era un extra-terrestre.

Dopo il ritiro dal calcio giocato intraprende per un periodo la carriera di allenatore in vari paesi, prima.come Ct della nazionale Argentina poi come tecnico negli Emirati Arabi e Dorados. Decide di ritirarsi definitivamente. Come tecnico non ha avuto le stesse fortune che da giocatore, ma a noi piace ricordarlo così, eccentrico, in una vita che gli ha dato tanto ma che spesso è stata anche crudele. Vogliamo ricordarlo anche nelle varie partite di beneficenza e in tv.

Maradona torna a Napoli in occasione dell’ addio al calcio di Ciro Ferrara, condottiero insieme a lui delle vittorie dei partenopei. Sua maestà non giocò quella partita ma da ospite d’ onore si prese gli applausi e i cori di una città intera,  che lo ha sempre amato e continuerà a farlo in eterno.

Non voglio parlare di Diego nella sua vita privata, le sue problematiche le conosciamo un po tutti, dai problemi di droga al suo ingresso a Cuba dove ha ritrovato la serenità che gli mancava. Il Pibe de Oro rimane il Dio del calcio e a me, e spero anche a voi piace ricordarlo così. È di ieri 25 Novembre 2020 purtroppo la notizia della sua morte che ha lasciato sgomento e vuoto nel mondo dello sport. E ancora Napoli ha deciso di omaggiarlo nei quartieri spagnoli, sotto il grande murales a lui dedicato.

Una città perde un figlio noi sportivi perdiamo un campione. Ciao Diego, ora insegna agli Angeli a palleggiare,  così come hai fatto all’Allianz Arena di Monaco.

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I campioni in rossoblu: Gigi Piras (video gol)

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Gigi Piras è stato uno dei più prolifici bomber della storia del Cagliari. Una storia gloriosa, visto che il Cagliari è l’unica squadra del sud (insieme al Napoli) ad aver vinto lo scudetto

Piras giunse a Cagliari nel 1971, vestendo la maglia rossoblu per 15 stagioni.

Tra Serie A, Serie B e Coppa Italia, ha collezionato 376 partite, nelle quali ha messo a segno 104 reti.

Fu in un certo senso l’erede dell’altro Gigi, il mito rossoblu Riva.

Vediamo insieme una carrellata dei suoi gol:

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15 giugno 1974. Il “vaffa” di Chinaglia a Valcareggi

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15 giugno 74'

Erano i Mondiali del 74′. Il 15 giugno, nella partita d’esordio, l’Italia incontra Haiti. Match rimasto nella memoria per il “vaffa” di Chinaglia, ma non solo.

15 giugno 1974: Italia-Haiti a Monaco di Baviera

L’Italia del commissario tecnico Ferruccio Valcareggi si presenta ai mondiali del 74‘ come una delle nazionali favorite, anche perché gli azzurri sono vicecampioni in carica dopo Messico 70′.

Il match d’esordio per gli Azzurri sembra a senso unico, solo una formalità, eppure resta nei ricordi per due eventi non banali. Ma iniziamo raccontando i fatti…

La partita ha luogo a Monaco di Baviera nell’Olympiastadion, queste le formazioni iniziali:

Italia: Zoff, Spinosi, Morini, Burgnich, Facchetti, Mazzola, Capello, Rivera, Benetti, Chinaglia, Riva.

Haiti: Françillon, Bayonne, Jean-Joseph, Nazaire, Auguste, Antoine, Desir, Vorbe, François, Saint-Vil, Sanon.

La partita inizia come ci si aspetta, l’Italia conferma di essere di un altro livello, e di poter avere la meglio con facilità sui centro-americani.

Tuttavia dopo i primi minuti promettenti, gli azzurri si adagiano, credendo di poter vincere la partita senza sforzi. Dunque il gioco si svolge per lo più con l’Italia che crea occasioni, ma senza riuscire a finalizzare, tant’è che si va al riposo con le porte di Zoff e Françillon che restano inviolate.

L’inizio della ripresa è il momento in cui si concretizza il primo dei fatti storici di questo incontro.

Infatti al primo minuto del secondo tempo Haiti attacca, Vorbe serve un passaggio in profondità per Emmanuel Sanon, il centravanti haitiano si trova solo al cospetto di Dino Zoff, lo supera, e mette la palla in rete. Fermato a 1142 minuti il record di imbattibilità del portierone azzurro.

Quindi al minuto 46′ l’Italia si trova in svantaggio ai mondiali contro Haiti. La nazionale di Valcareggi però è troppo più forte degli avversari, e ci pensa Rivera a rimettere in equilibrio il match. Al 52′ Mazzola crossa da destra, Chinaglia stoppa a centro area e poi lascia la palla al pallone d’oro del 69′ che insacca. Al minuto 66 arriva il vantaggio, grazie ad una autorete di Auguste, che devia un tiro di Benetti da fuori area.

Al minuto 70′ arriva il famoso “vaffa” di Chinaglia a Valcareggi in mondo-visione. Long Jhon apostrofa il ct quando decide di sostituirlo con Anastasi. Lo stesso Anastasi infine sigla il gol al 79′ che fissa il risultato sul definitivo 3-1.

Zoff, il “vaffa” di Chinaglia e il mondiale del 74′.

15 Giugno 74'

La vittoria su Haiti apre il mondiale di Germania Ovest 74′ per l’Italia. Tuttavia dopo il pareggio per 1-1 contro l’Argentina, nel secondo incontro della prima fase, gli azzurri si fermano perdendo 2-1 contro la Polonia. Il terzo match, in cui agli azzurri sarebbe bastato il pareggio per accedere alla seconda fase, sancisce invece l’eliminazione degli azzurri.

Quindi del mondiale del 1974, per l’Italia, rimango nella memoria soprattutto due cose:
– il gol di Sanon, che fissa a 1142 i minuti di imbattibilità di Dino Zoff, record ancora valido per un solo portiere. Ma battuto come record di squadra nel 2021 da Donnarumma, Sirigu, Cragno e Meret che hanno tenuto la porta azzurra illibata per 1168 minuti consecutivi in totale.
– il “vaffa” di Chinaglia a Valcareggi in mondo-visione, unico sprazzo del tanto atteso centravanti fresco campione d’Italia con la Lazio.

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Pelé, aperto al pubblico il mausoleo di O Rey

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Pelé

Aperto al pubblico il mausoleo contenente il corpo di Pelé. Si può ora far visita alla spoglia, nel cimitero verticale di Santos, nello stato di San Paolo.

Pelé, ora si può visitare il mausoleo

Pelé

Aperto al pubblico a partire da lunedì, il mausoleo dedicato a Edson Arantes do Nascimento, o meglio Pelé.

Il grande campione, leggenda del calcio mondiale, ha lasciato questo mondo lo scorso 29 dicembre 2022, all’età di 82 anni. Il ricordo di O Rei sarà per sempre nel cuore di tutti, soprattutto di chi ama il gioco del calcio.

Lunedì si è svolta una speciale cerimonia di inaugurazione, ora è possibile visitare il mausoleo. All’interno, oltre alle spoglie di Pelé, sono presenti erba artificiale con tutto intorno immagini di tifosi del Santos e suoni di applausi, come se stessimo ancora assistendo alle gesta, del tre volte campione del Mondo brasiliano, sul rettangolo verde. Inoltre sono presenti 2 statue dorate, diversi trofei, maglie e foto di Pelé in campo.

Il mausoleo occupa una area di circa 200 metri quadrati, era visitabile fino ad ora solo dai familiari, si trova nel cimitero verticale più grande al mondo. Il Memorial Necrópole Ecumenica si trova nella città di Santos, nello stato di San Paolo. La visita è gratuita, ma per recarsi a rendere omaggio a O Rei è necessario fissare un appuntamento.

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