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Serie A, non solo Champions: le vittorie nelle “altre” coppe

Non solo la Coppa dei Campioni è stata corteggiata, e vinta, da club di Serie A. Ci sono stati trionfi “italiani” anche nelle competizioni meno prestigiose.
Con l’impresa dell’Inter di Inzaghi, vincente contro il Barcellona ed in finale di Champions, ripercorriamo le vittorie italiane nelle altre coppe europee, minori sì ma pur sempre degne di nota.

Parma supporters during Italian soccer Serie B match Parma Calcio vs FC Sudtirol at the Ennio Tardini stadium in Parma, Italy, March 11, 2023 – Credit: Nicolas Morassutti
Parma: la regina delle “altre” coppe
Negli anni Novanta, nessuno rappresentava meglio l’Italia nelle coppe “minori” del Parma. Il club emiliano fu autore di due vittorie in Coppa UEFA (1995 e 1999). A questi risultati andavano però aggiunte: una Coppa delle Coppe (1993) e una Supercoppa Europea (1993), dimostrando una continuità europea incredibile. Tutti successi arrivati grazie a campioni come Hernan Crespo, Juan Sebastian Verón, Gianluigi Buffon e Lilian Thuram. La società emiliana riuscì a coniugare solidità difensiva, estro sudamericano e una dirigenza lungimirante in un periodo in cui il calcio italiano dominava la scena continentale.
Inter e Juventus: oltre la Champions
Ci sono state però anche delle “eccezioni”. Infatti, due grandi club di Serie A negli anni 90′ hanno disputato, e vinto, trofei internazionali che non fossero la Champions League. Si sta parlando di Inter e Juventus. L’Inter, in particolare, è stata una vera e propria protagonista della Coppa UEFA negli anni ’90, vincendola ben tre volte (1991, 1994 e 1998). A rendere indimenticabili questi trofei i protagonisti della squadra nerazzurra. Campioni meravigliosi come Lothar Matthäus, Javier Zanetti, Beppe Bergomi e l’immenso Ronaldo “Il Fenomeno“. Il brasiliano praticamente portò a Milano il successo del 1998 praticamente da solo. In quegli anni, il Biscione rappresentava il matrimonio tra forza fisica e classe in un torneo che in quegli anni era durissimo.
La Juventus, per non fare brutta figura rispetto ai rivali dell’Inter, ha conquistato anch’essa tre Coppe UEFA (1977, 1990 e 1993), ma anche una Coppa delle Coppe (1984). Al successo del 1977 bisogna fare una menzione particolare perchè fu il primo trofeo internazionale nella storia del club. Le squadre bianconere degli anni 90′ invece,, guidate da allenatori come Trapattoni e Lippi, coniugavano l’esperienza dei veterani all’esplosività dei giovani talenti. I bianconeri sono anche uno dei pochi club europei ad aver vinto tutte le principali competizioni UEFA.
La Lazio di Eriksson: il sogno che si avvera, oltre alla Serie A
Tra le favole più belle del calcio italiano in Europa non si può non citare la Lazio di Sven-Göran Eriksson. La squadra biancoceleste nel 1999 conquistò la Coppa delle Coppe battendo il Maiorca in finale a Birmingham. Quella squadra era qualità allo stato puro: Vieri e Mancini in attacco, Nedvěd a centrocampo, Nesta e Mihajlović in difesa. Una squadra devastante. Il trionfo fu il coronamento di un progetto ambizioso e crocevia per lo Scudetto dell’anno successivo.
Il cammino europeo della Lazio in quegli anni rappresentò una sintesi tra gestione tecnica e visione di mercato. In semifinale, i biancocelesti eliminarono la Lokomotiv Mosca, andando a imporre gioco sia in casa che in trasferta. La finale contro il Maiorca, vinta 2-1, fu l’ultimo atto ufficiale di quella competizione, prima della sua abolizione. Successo che diede a Sven e co. un posto speciale nella storia del calcio europeo. Il ciclo venuto fuori in quel biennio rappresentò una forte egemonia del calcio italiano al di fuori della Champions League.
Anni 60′ a tinte rossoblù
Da citare anche la cavalcata del Bologna nel 1961. I rossoblù raggiunsero la semifinale dell’antenata di quella che poi diventò la Coppa Uefa, ovvero la Coppa delle Fiere. Risultato prestigioso in un’epoca in cui le competizioni si stavano formando. Quella squadra era solida e rappresentava il meglio che si potesse trovare nella nostra massima Serie, ed in grado di sfidare i giganti Europei.
Roma e Atalanta: dalla Serie A all’Europa
Negli ultimi anni, due club italiani hanno dato lustro andando a vincere alcune delle nuove competizioni Uefa. Si tratta della Roma e dell’Atalanta. La squadra giallorossa ha timbrato la prima edizione della Conference League nel 2022, battendo in finale il Feyenoord per 1-0. A questa vittoria va dato atto alla squadra allora di Josè Mourinho la finale dell’anno dopo di Europa League, persa (con molte polemiche) contro il Siviglia. D’altronde va dato atto a quella squadra l’avere in rosa giocatori importanti come Dybala, Pellegrini e Smalling.
La squadra bergamasca, invece, l’Europa League l’ha vinta. La Dea, sotto la guida di Gasperini, ha conquistato il trofeo nel 2024 con un sonoro 3-0 contro il Bayer Leverkusen, imbattuto fino a quel momento. Prestazione sontuosa e devastante di Ademola Lookman, che stende i tedeschi con una tripletta.
La Serie A alla conquista dell’Intertoto
Le squadre italiane hanno avuto un ruolo marginale, ma comunque significativo nella storia della Coppa Intertoto, una competizione UEFA pensata per offrire un accesso alternativo alla Coppa UEFA. Quattro le vittorie per le compagini della Serie A. La prima risale al 1998, quando il Bologna guidato da Carlo Mazzone superò in finale il Ruch Chorzów. Trionfo Juventus nell’edizione successiva (contro il Rennes) e tris consecutivo chiuso dall’Udinese, che piegò il Werder Brema nella gara conclusiva del 2000. Nel 2003, cinque anni prima dell’abolizione del torneo, fu il Perugia a calare il poker, sempre contro una tedesca (il Wolfsburg).
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17 maggio 1989: il Napoli vince la Coppa Uefa

Allo Neckarstadion di Stoccarda, il Napoli di Maradona, Careca e Renica batte la squadra tedesca e conquista la Coppa UEFA del 1989.
La squadra partenopea vince così la sua prima e unica Coppa UEFA della sua storia grazie al numero dieci argentino, e anche ad altri personaggi meno “rumorosi”.

Argentine football legend Diego Maradona speaks at a promotional event for Swiss watchmaker Hublot at Peninsula Hotel in Shanghai, China, 17 January 2012.
Argentinian football legend Diego Maradona will return to coaching Al-Wasl after he was successfully treated for kidney stones at a Dubai hospital, the club said on Monday (16 January 2012).
Napoli: la Coppa è tua
Gli azzurri avevano imposto la propria legge all’andata, vincendo per 2-1 con gol di Maradona e Careca a ribaltare l’iniziale vantaggio di Gaudino (padre d’arte visto che suo figlio giocherà poi anche con il Chievo Verona senza lasciare grandi tracce).
Il ritorno appare più complicato, anche se parte subito in discesa. Alemao sigla il vantaggio al diciottesimo, così da costringere lo Stoccarda a segnare due gol per andare ai supplementari e tre per vincere la Coppa. Tutto questo per effetto dei gol in trasferta che vengono pareggiati.
Jurgen Klinsmann, che poi andrà all’Inter, firma il pareggio, ma Ferrara si oppone. Con l’1-2 partenopeo i tedeschi avrebbero dovuto segnarne tre. Così quando segna Careca, Napoli può finalmente esplodere: l’1-3 a mezz’ora dalla fine è la pietra tombale.
I tedeschi dovrebbero farne quattro in un sesto della doppia sfida. Una mission impossible. C’è da dire che De Napoli fa autogol, e poi Schmaler firma il 3-3 finale.
Da citare tra i protagonisti neanche troppo silenziosi di quella edizione c’è anche Renica, oltre a Maradona e Careca. Perché il difensore nei quarti di finale contro la Juventus siglerà il gol decisivo per passare il turno, appena prima dei rigori. Così nel 1989 il Napoli conquista la sua prima – e finora unica – coppa europea.
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Buon compleanno Stadio Olimpico: 72 primavere oggi

Il 17 maggio del 1953 la Nazionale italiana di calcio inaugurava lo Stadio Olimpico, con un avversario di lusso: l’Ungheria di Ferenc Puskas.
L’impianto romano, dunque, per la sua prima partita ospitava quella Nazionale dell’Est che annoverava tra le sue fila l’attaccante più forte -all’epoca- del Mondo.

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Lo Stadio Olimpico vs Ferenc Puskas
L’Ungheria, però, non era solo Puskas. Era anche la squadra migliore di tutte. Questo per via della grande vittoria nell’Olimpiade del 1952 -2-0 contro la Jugoslavia– e il soprannome di Aranycsapat, Squadra d’Oro.
Era la squadra oltre che di Puskás di Gyula Grosics, Nándor Hidegkuti, Zoltán Czibor e Sándor Kocsis tra gli altri. Una formazione che ha fatto storia, tanto da arrivare da strafavorita al Mondiale 1954. In quel caso poi avvenne il cosiddetto “miracolo di Berna“, con la Germania che recuperò un 2-0 che sembrava dare il Mondiale ai magiari. Potrebbe c’entrare il doping, ma questa è un’altra storia.
Ma torniamo all’Italia e all’impianto romano. Per la partita contro l’Ungheria gli spettatori erano 90 mila. Presenti all’incontro tra gli altri il Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi. Prima dell’inizio della contesa furono liberati circa 3000 colombi. Non una scelta casuale, visto che lo stesso stadio aveva una predominanza di bianco.
Ma si nascondeva anche un valore simbolico, visto che i colombi erano il simbolo della pace. Dopo la recente guerra Mondiale era un tentativo per sperare in un lungo periodo di prosperità.
La sfida contro gli ungheresi, per onor di cronaca, terminò 0-3, con il gol del primo centravanti arretrato della storia, Hidegkuti, a sbloccarla. Il resto è solo Puskas. Prima con una finta su Venuti e una conclusione sotto la traversa, poi con una serpentina al limite dell’area e palla, a giro, sul palo più lontano.
Non male come esordio, almeno per lo stadio. Per l’Italia il Mondiale svizzero non fu un granché (eliminata dai padroni di casa nello spareggio di Basilea).
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Sampdoria, Retrocedere e ristrutturare: la difficile estate della doria tra vincoli economici e rinegoziazioni

dalla pagina più triste della sua storia al nodo economico. Ora il problema sono gli ingaggi troppo alti per la C. Come si muoverà sul mercato la Sampdoria?
La pagina più triste della storia della Doria è, ahimè, appena stata scritta. Ora, prima ancora di chiedersi come risalire, bisogna capire come sistemare le cose in vista della prossima stagione, che – come già detto – vedrà la Sampdoria affrontare il campionato di Serie C.
Ormai, quel che è fatto è fatto. La dirigenza della Doria dovrà ora affiancare alla profonda delusione vissuta sul campo anche le difficoltà operative sul mercato, condizionate dai paletti finanziari imposti dalla retrocessione in Serie C.
A partire dalle condizioni legata ai prestiti, bisogna considerare che, in almeno tre casi, sono già scattati gli obblighi di riscatto. Di conseguenza, giocatori come Gennaro Tutino, Simone Ghidotti e l’ex Juventus Nikola Sekulov faranno parte – almeno sulla carta – della rosa della prossima stagione, salvo eventuali cessioni.
Situazione diversa, invece, per gli altri giocatori in prestito: Pietro Beruatto farà ritorno al Pisa, così come Ioannou tornerà alla base. Stessa sorte per Veroli, Romagnoli, Chiorra, Perisan, Akinsanmiro, Bellemo e Rémi Oudin, tutti destinati a lasciare Genova il prossimo 30 giugno, data di scadenza dei rispettivi prestiti.
Per quanto riguarda invece i giocatori attualmente sotto contratto, sarà necessario aprire un confronto per un eventuale adeguamento degli ingaggi, così da rientrare nei limiti del salary cap previsto per la Serie C ed evitare ulteriori sanzioni o penalizzazioni economiche. I nomi dei giocatori che, ad oggi, risultano ancora sotto contratto con il club blucerchiato sono: Benedetti, Pio Riccio, Venuti, Vieira, De Paoli, Ferrari, Ricci, Borini, Meeleuntsen e Massimo Coda.
Storia a parte per altri elementi come Niang, Yepes, Bereszynski, Romagnoli e Cragno: si tratta infatti di giocatori in scadenza al termine di questa stagione e, molto probabilmente, si andrà verso una separazione o, in alternativa, una rinegoziazione dei termini economici contrattuali, qualora ci fosse la volontà comune di proseguire insieme.
Particolare la situazione invece di Giorgio Altare, attualmente sotto contratto con il Venezia, che però sarà in prestito alla Samp fino al 2026.

FABIO BORINI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Sampdoria, il regolamento dei contratti in Serie C
Dunque, per la Samp si prospetta un’estate tutt’altro che semplice. La dirigenza blucerchiata sarà infatti costretta a intervenire su ogni singolo contratto attualmente in essere, avviando un confronto con i giocatori per una rinegoziazione degli accordi economici. Qualora non si trovasse un’intesa, le alternative resterebbero due: la rescissione consensuale oppure la cessione sul mercato, al fine di alleggerire un monte ingaggi diventato insostenibile alla luce della retrocessione in Serie C.
Ma come funziona il regolamento riguardante i contratti in materia economica della Serie C:
In sostanza, ogni club non potrà spendere più del 55% del rapporto tra emolumenti e valore della produzione. Dove per valore della produzione si intende il fatturato totale del club in un anno, che comprende entrate da sponsor, biglietti, diritti TV e altre fonti. E per emolumenti invece si intendono le spese per gli stipendi di giocatori, allenatori, staff tecnico e dirigenti. Questo significa che, se la Sampdoria in Serie C avesse un valore della produzione di 10 milioni di euro (cifra del tutto ipotetica), potrà spendere al massimo 5,5 milioni in stipendi totali.
Questa misura verrà introdotta dalla prossima stagione in via sperimentale, prima di entrare definitivamente a regime nell’annata 2026-2027. Per il momento, tutte le squadre che supereranno il tetto massimo imposto dal salary cap saranno multate, seguendo un modello simile a quello della NBA, dove ogni franchigia che eccede il limite è tenuta a versare una penalità economica.
L’importo delle multe sarà destinato a un fondo interamente dedicato a finanziare lo sviluppo dei settori giovanili (Riforma Zola) di tutti i club associati alla Lega Pro
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