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Esodo Girona: rinnovamento o mesto ridimensionamento?

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Il sorprendente Girona rischia di essere solo l’illustre satellite del Manchester City, altroché “nuova forza del calcio spagnolo”.

Del Girona che l’anno scorso ha sorpreso la Spagna (e non solo) resta solo il ricordo. La stagione della conferma non è neppure cominciata, ma buona parte dei protagonisti della scorsa annata hanno già fatto le valigie e salutato la Catalogna. A pochi giorni dall’inizio de La Liga, la squadra di Míchel è un cantiere aperto.

Esodo Girona, via in cinque: quanti big!

Che sarebbe stata un’estate di grandi cambiamenti sulle sponde dell’Onyar lo si sapeva già. Eric Garcia, Yan Couto ma soprattutto Savinho erano al Girona solo in prestito e tutti sapevano che avrebbero presto fatto ritorno all’ovile. Anche se per il brasiliano la speranza di poterlo trattenere un’altra stagione (seppur sempre in prestito) c’era, in quanto il piano dei citizens era quello di vederlo all’opera nella nuova Champions League.

Tuttavia, alla fine il brasiliano è stato prelevato dal Troyes e portato a Etihad alla corte di Guardiola. Stessa sorte per il suo connazionale Yan Couto, ma il laterale verdeoro non ha avuto la stessa fortuna del proprio collega. Il tecnico catalano, da qualche anno a questa parte, vuole avere due centrali puri sui laterali e quindi Couto è stato ceduto a una squadra che interpreta quel ruolo in maniera “tradizionale”: il Borussia Dortmund.

Perso Maatsen, i gialloneri si sono consolati. Pazienza, tanto male non è andata. A nessuno dei due. Il centrale spagnolo ha fatto ritorno a Barcellona, nell’altra faccia della Catalogna, ma i tre sopracitati non sono state le uniche perdite del Girona. Hanno infatti salutato anche Artem Dovbyk (e questo lo sappiamo, dato che è andato alla Roma) ma potreste esservi persi Aleix Garcia al Bayer Leverkusen per poco meno di 20 milioni.

Girona

Mercato al risparmio, fatto di scommesse e preghiere

Nonostante la partenza di cinque giocatori importanti, quasi tutti titolari della scorsa stagione, il Girona ha incassato poco più di 50 milioni di euro. Non tantissimi, se consideriamo il valore assoluto (circa 160 milioni di euro, secondo Transfermarkt) dei calciatori in questione. E il mercato in entrata non è certamente stato altrettanto scoppiettante, dato che è stata registrata una spesa complessiva di poco superiore ai 20 milioni.

Come rimpiazzo del centravanti ucraino è stato preso Abel Ruiz, arrivato dal Braga per poco meno di 10 milioni di euro. Giocatore di cui si parla benissimo sin dai tempi della Masia, ma che a livello professionistico ha mantenuto solo in parte le (altissime) aspettative che pendevano sulla sua testa. In Portogallo ha fatto bene, ma non segna moltissimo. Sicuramente meno di Dovbyk: appena 8 gol fra tutte le competizioni nella scorsa stagione.

Il posto di Savio è stato preso dall’eterna promessa Bryan Gil, arrivato in prestito dal Tottenham. Gli Spurs lo acquistarono dal Siviglia nell’estate del 2021, per un’operazione complessivamente superiore ai 30 milioni di euro: 25 milioni cash più il cartellino di Erik Lamela. In Spagna (prima il Valencia e lo stesso Siviglia, ora il Girona) continuano ad avere in fiducia in lui, mentre lui continua a dimostrare poco o nulla in campo.

A proposito di promesse non mantenute: Donny van de Beek ha giocato appena 357 minuti in sei mesi durante il suo prestito all’Eintracht Francoforte. Da quando ha lasciato Amsterdam ha giocato 2997 minuti: 33 partite in quattro anni praticamente. Neanche ritrovare il proprio mentore calcistico (Erik ten Hag) ha salvato la sua carriera, i Red Devils se ne sono sbarazzati per mezzo milione di euro: quasi una preghiera.

Chiudono il cerchio Ladislav Krejci (lui sì, molto bravo, mi aspettavo di vederlo in una squadra importante già quest’anno) e Alejandro Francés. Il primo si è messo in luce lo scorso anno con lo Sparta Praga, arrivando sino agli ottavi di Europa League ma venendo eliminato dal Liverpool, e agli Europei con la maglia della Repubblica Ceca. Il secondo arriva dal Saragozza (seconda serie spagnola) e non ha mai giocato in Liga.

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Calcio inglese, i giocatori da tenere d’occhio per il 2026

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Calcio inglese e Inghilterra, Thomas Tuchel

Il futuro del calcio inglese è già qui: giovani talenti pronti a brillare tra Premier League e Mondiale 2026.

Calcio inglese, i talenti da seguire nel 2026 e oltre

Mentre il calcio mondiale continua a evolvere, l’Inghilterra rimane una delle nazioni più prolifiche nello sfornare giovani calciatori di qualità.

Tra under-21 già affermati e enfant prodige che stanno emergendo, la nuova generazione del calcio inglese promette di plasmare il futuro della Nazionale e dei grandi club europei.

Myles Lewis-Skelly (Arsenal / Nazionale Inglese)

Uno dei nomi più caldi del panorama giovanile inglese. Cresciuto nelle giovanili dell’Arsenal, Lewis-Skelly ha fatto il suo esordio in Nazionale maggiore nel 2025, segnando al debutto e diventando il più giovane marcatore nella storia dell’Inghilterra. Capace di giocare come terzino sinistro moderno, solido difensivamente e incisivo in attacco, rappresenta una certezza per il futuro.

Archie Gray (Tottenham Hotspur / Inghilterra U21)

Centrocampista completo e dinamico, Gray è spesso citato come uno dei talenti che potrebbe fare il salto definitivo verso la Nazionale A. Dotato di buona visione, tecnica e capacità di impatto sia in fase difensiva che offensiva, è considerato un potenziale elemento chiave per il centrocampo inglese in futuro.

Rio Ngumoha (Liverpool)

Già protagonista con la prima squadra del Liverpool nonostante la giovane età, Ngumoha ha mostrato fiducia, dribbling e spinta offensiva nelle rare occasioni concesse. È stato inserito in alcune formazioni e le sue performance precoci in coppe e amichevoli fanno ben sperare per un futuro da protagonista.

Seth Ridgeon (Fulham / Inghilterra U18)

Un centrocampista di grande equilibrio e visione di gioco, Ridgeon è già stato promosso in prima squadra al Fulham e seguito da analisti come promessa del futuro in mediana. È noto per la sua tecnica pulita, lettura delle situazioni e abilità di passaggio.

Leo Shahar (Newcastle United)

Difensore inglese incaricato di rafforzare il reparto arretrato dei Magpies, Shahar si è distinto nelle giovanili e ora è pronto per guadagnarsi minuti con la prima squadra. La sua affidabilità difensiva unita a buone qualità fisiche lo rende un prospetto interessante per il futuro.

Ryan McAidoo (Manchester City / Inghilterra U17)

Ala sinistra veloce e tecnica, McAidoo è cresciuto nelle giovanili del Chelsea prima di approdare al Manchester City, dove continua la sua formazione. È noto per la rapidità, la capacità di saltare l’uomo e i cross pericolosi.

Altri emergenti da tenere d’occhio

Tra gli altri nomi da tenere sotto osservazione ci sono, ad esempio, Emmanuel Fejokwu (West Ham U18): giovanissimo talento seguito anche dall’Olanda.

Un altro nome caldo è quello di  MTrey Nyoni (Liverpool): centrocampista già sceso in campo in FA Cup e con qualità tecniche di livello.

Chiude questa ulteriore carrellata Shim Mheuka (Chelsea): attaccante giovane e dinamico con un buon feeling per la porta, già utilizzato in competizioni europee giovanili.

Calcio inglese, tanti giovani di talento

La nuova generazione inglese combina tecnica, versatilità e maturità tattica, frutto anche dei programmi di sviluppo delle accademie e della possibilità di esordire presto in Premier League o nelle coppe europee, spesso negata ai giocatori italiani.

Nel contesto del Mondiale 2026, questi giovani potrebbero non solo entrare nel giro della Nazionale maggiore, ma anche essere protagonisti assoluti nei rispettivi club, dando continuità alla tradizione di talento inglese nel calcio mondiale.

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Palermo-Nocerina 1997/98, i rosanero tornano per le feste alla Favorita

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Palermo, Inzaghi

Il periodo natalizio 1997, fu molto particolare in Sicilia: lo Stadio della Favorita riaprì i battenti dopo le Universiadi con il match Palermo-Nocerina.

Per la nostra rubrica anni ’90 facciamo un regalo a tutti i tifosi palermitani, ricordando un fatto curioso proprio durante il periodo natalizio 1997: lo Stadio della Favorita riaprì i battenti dopo le Universiadi estive in  Sicilia, andiamo rivivere il match Palermo-Nocerina, che si giocò il 28 dicembre di quell’anno.

Palermo-Nocerina, un regalo natalizio ai tifosi rosanero per la nostra rubrica: riviviamo questo match del 1997 che si giocò alla Favorita che riaprì i battenti dopo le Universiadi

Palermo-Nocerina 1997/98, i rosanero durante il periodo natalizio tornano alla Favorita, Barone e Triuzzi firmarono la vittoria per la squadra di Arcoleo

La nostra rubrica anni ’90 vuole fare un piccolo regalo di Natale ai tifosi rosanero, che sperano che il nuovo anno che verrà sia quello del sospirato ritorno in Serie A. Ovviamente quello che può essere determinante, come lo ha detto più volte l’attuale tecnico Filippo Inzaghi, è il pubblico dello Stadio Barbera, ed è proprio sull’impianto di Viale del Fante che ci concentriamo oggi, di un match che non fu di particolare importanza se non proprio che riguardava l’allora Stadio della Favorita: riviviamo il match Palermo-Nocerina di Serie C1 che si giocò il 28 dicembre 1997.

Un Palermo che visse la peggiore stagione di tutta la sua gloriosa storia, che aveva visto andare via il tecnico Giorgio Rumignani, scomparso proprio in questi giorni e ritornare in panchina Ignazio Arcoleo, quello che fece vivere momenti di gloria contro il Parma mondiale di Stoichkov e proprio di Filippo Inzaghi. Si veniva dalla sconfitta di Gualdo Tadino, serviva un successo per allontanare le zone pericolose della classifica. Non ci fu alla riapertura dell’impianto grosso pubblico, anche perché molti avevano deciso di andare per vedere l’Inter di Ronaldo contro l’Auxerre. Ci furono solo 1500 spettatori, il Palermo vinse 2 a 1 con reti di Onofrio Barone e Triuzzi e gol ospite dell’ex Pallanch, i rosanero chiusero il 1997 con una vittoria che doveva dare morale, che invece servì poco a nulla, perché alla fine la C2 purtroppo si materializzò dopo i playout contro la Battipagliese.

Comunque si tornò a giocare dopo il breve esilio al Velodromo Borsellino, ma non sarà l’ultimo: anche la stagione successiva non si poté usufruire subito del campo principale, per i diverbi che ci furono tra la società del presidente Giovanni Ferrara e l’amministrazione comunale.

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Maximo Perrone, la bussola del Como di Fabregas

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perrone

Alla scoperta di Maximo Perrone, mediano argentino e una delle gemme del campionato italiano. Dalla sua crescita dentro e fuori dal campo al rapporto con il suo tecnico Fabregas.

C’è una presenza silenziosa e costante che guida il Como come un orologio svizzero, e il suo nome è Maximo Perrone. Arrivato in prestito dal Manchester City, il centrocampista argentino si è imposto rapidamente come un punto di riferimento per compagni e allenatore. Non solo per la qualità tecnica, ma anche per il modo in cui interpreta il gioco, unendo istinto, intelligenza tattica e capacità di gestione del pallone. “Molto di quello che faccio nasce dall’istinto. Mi piace seguire come si sviluppa la partita, ma ci sono momenti in cui serve ragionare e avere maggiore attenzione. L’istinto è fondamentale, ma va sempre combinato con il controllo”, racconta Perrone.

Il suo ruolo nel centrocampo del Como va oltre il semplice dettare il ritmo. È il giocatore che crea connessioni, apre linee di passaggio e permette alla squadra di esprimere un calcio propositivo senza perdere equilibrio. In un sistema complesso, in cui l’occupazione degli spazi e la lucidità nelle decisioni sono imprescindibili, Perrone sembra modellato su misura per l’idea di gioco di Cesc Fabregas, il suo allenatore. “Mi piace aiutare la squadra a muoversi e creare opportunità. Cerco di essere al posto giusto nel momento giusto, offrendo sempre una linea di passaggio comoda per i compagni”, spiega.

Ciò che distingue Perrone è la combinazione di intensità e qualità: dinamismo, capacità di trasmissione della sfera e lucidità mentale. La sua visione del gioco gli permette di gestire situazioni complesse, leggere gli avversari e prendere decisioni rapide.

Non è un centrocampista che si limita a seguire schemi: anticipa gli sviluppi, si propone come riferimento e si rende disponibile in entrambe le metà campo. La sua leadership è silenziosa ma concreta, fatta di presenza, scelte intelligenti e capacità di guidare la manovra senza imporsi con autorità, ma con naturalezza.

Perrone, dai primi passi al Velez al rapporto con Fabregas

Arrivato giovanissimo in Europa, Perrone ha saputo adattarsi rapidamente a un contesto completamente diverso da quello argentino, mantenendo la stessa curiosità e determinazione che lo hanno caratterizzato sin da bambino.

A Buenos Aires, tra le giovanili del Velez Sarsfield, imparava a guidare i compagni fin da piccolo, un ruolo che oggi replica in maniera più consapevole e strutturata. Il suo approccio è fatto di disciplina, rispetto dei compiti e voglia di migliorare costantemente: qualità che lo hanno reso un giocatore chiave per Fabregas e per l’intero progetto del Como.

Milan-Como, Perrone

CESC FABREGAS ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Il rapporto con l’allenatore Fabregas è stretto, basato sulla fiducia e sullo scambio continuo. “Fabregas ci dà spazio, ci incoraggia a crescere e ci permette di sbagliare, perché è così che si impara. Ogni settimana inserisce qualcosa di nuovo, non ci fermiamo mai”. Perrone risponde con la stessa mentalità, e in campo interpreta alla perfezione i dettami richiesti dall’allenatore, rappresentando un punto di riferimento naturale per la squadra.

Oltre all’aspetto tecnico, Perrone dimostra maturità e equilibrio anche nella gestione della vita quotidiana. Mantiene un forte legame con le radici argentine e con la famiglia, un supporto che gli permette di affrontare con serenità le sfide europee. Ama osservare e apprendere dai grandi centrocampisti, riconoscendo i modelli di riferimento e ispirandosi a chi coniuga qualità tecnica e intelligenza tattica.

Allo stesso tempo, rimane umile e consapevole dei propri limiti, senza lasciarsi intimidire dai paragoni con grandi giocatori come Busquets. “Ho grande rispetto per chi è davanti a me, ma so che devo costruire la mia strada e migliorare ogni giorno”, racconta.

La sua leadership è anche sociale e relazionale. Con i compagni sviluppa rapporti solidi, basati sulla fiducia e sul supporto reciproco. Ritrova volti conosciuti dai tempi delle nazionali giovanili e costruisce nuovi legami, creando un ambiente positivo che favorisce crescita e coesione. “Il mister ci permette di sbagliare e di imparare dagli errori, e io cerco di fare lo stesso con chi mi sta accanto”, spiega, evidenziando come la sua influenza vada oltre le competenze tecniche.

Maximo Perrone rappresenta quindi un esempio di come talento e personalità possano fondersi per diventare una risorsa fondamentale. Non è solo un centrocampista di qualità, ma un punto di riferimento per il gruppo, capace di guidare, ascoltare e motivare. La sua storia è quella di un giovane che ha saputo unire capacità tecniche, intelligenza emotiva e una leadership silenziosa ma efficace.

Il futuro di Perrone non è solo legato ai risultati sul campo: è il percorso di un ragazzo che costruisce il suo successo giorno dopo giorno, in campo e fuori, con la stessa passione e determinazione con cui ha mosso i primi passi a Buenos Aires.

In un mondo in cui il calcio è sempre più frammentato e veloce, Perrone emerge come figura di equilibrio e maturità. La sua presenza nel Como non è solo tattica, ma anche morale: un giocatore che ispira fiducia, stimola crescita e trasmette valori positivi.

La capacità di leggere la partita, di muoversi nello spazio giusto e di prendere decisioni lucide è ciò che rende il centrocampo del Como una delle zone più solide e produttive della squadra. E mentre molti giovani si perdono nel percorso europeo, Perrone resta centrato, concentrato e motivato, pronto a guidare i compagni e a migliorarsi continuamente.

Maximo Perrone è quindi molto più di un giovane centrocampista: è un modello di crescita personale, un esempio di leadership consapevole e una figura che fonde talento, istinto e intelligenza tattica. Con il suo approccio equilibrato e la sua capacità di influenzare l’ambiente, ha già lasciato il segno al Como, mostrando che il futuro appartiene a chi sa unire qualità tecnica, visione di gioco e solidità caratteriale.

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