Focus
Bologna 1964: l’unico Scudetto deciso dallo spareggio, e non solo
Solo una volta, nella storia del calcio italiano, lo Scudetto è stato assegnato attraverso lo spareggio: accadde nel 1964 fra Bologna e Inter.
Il 7 giugno 1964 è una data storica del calcio italiano: quella domenica, infatti, per la prima e unica volta dall’istituzione del girone unico, lo Scudetto è stato assegnato con lo spareggio fra le due squadre che hanno concluso a pari merito il campionato di Serie A. A contendersi il titolo quell’anno il Bologna di Fulvio Bernardini, detto ‘Fuffo‘, e l’Inter del ‘Mago‘ Helenio Herrera.

Bologna FC supporters during italian soccer Serie A match Bologna FC at the Renato Dall’Ara stadium in Bologna, Italy, November 06, 2022 – Credit: Gianluca Ricci
Bologna: un campionato serratissimo
Il campionato di Serie A 1963/64 sarà ricordato come uno dei più incerti del secondo dopoguerra. Al via i favori dei pronostici ricadono sulle solite big: l’Inter di Helenio Herrera, campione in carica, il Milan Campione d’Europa di Gipo Viani e la Juventus, guidata dal brasiliano Amaral.
Ci sono però anche due outsiders che godono di buon credito. La prima è il Bologna di Fulvio Bernardini, reduce da due quarti posti consecutivi. La seconda è la Roma, a forte tinte sudamericane costruita dal conte Marini Dettina e affidata a Luis Mirò.
Il campionato inizia il 15 settembre. La prima giornata vede le 5 pretendenti vincere tutte, tranne il Bologna. I felsinei si rifanno poi nelle giornate successive.
Alla 5ª giornata i rossoblù sono al comando con 8 punti assieme a Inter e Milan. Sarà una rincorsa continua al vertice.
Lo scatto che spacca il trio di testa è dei rossoblù. Il 1° marzo, i felsinei, ribaltano i rossoneri, passati in vantaggio nei minuti iniziali a San Siro. Ora gli emiliani hanno 36 punti. Due in più dell’Inter, e 3 di vantaggio sul Milan, scivolato terzo. La squadra di Bernardini sembra poter fare l’allungo decisivo verso il titolo. Tuttavia arriva l’inaspettato. A mescolare le carte c’è spunta il caso doping.
La variabile impazzita: il doping
La ‘bomba’ esplode il 4 marzo 1964. In un comunicato la FIGC annuncia che la Federazione Medico Sportiva ha trasmesso i risultati dei controlli antidoping effettuati il 2 febbraio. Da questi si evince che: “le analisi sono risultate, all’esame per le sostanze amfetamino-simili, positive per i cinque giocatori del Bologna sottoposto al controllo”. Inoltre viene precisato che “la presidenza federale ha disposto l’immediato inoltro della documentazione alla Commissione giudicante della Lega nazionale per quanto riguarda la competenza”.
Ad essere sotto accusa, oltre al club e al tecnico, ci sarebbero Pavinato, Tumburus, Fogli, Perani e Pascutti. La partita incriminata è quella del record di vittorie: il 4-1 interno sul Torino di Rocco al Comunale.
Il 20 marzo arriva la prima sentenza, quella della Giustizia sportiva, che pur senza controanalisi, attraverso la Commissione, condanna il Bologna per l’uso di “sostanze chimiche che possono avere determinato prestazioni artificiosamente elevate”.
Inoltre viene decretato lo 0-2 a tavolino nella partita contro il Torino e un punto di penalizzazione in classifica. Al tecnico Fulvio Bernardini, per i suoi “meriti azzurri”, viene risparmiata la radiazione. tuttavia gli viene inflitta una squalifica di 18 mesi, fino al 21 settembre 1965. Invece per il medico sociale, Igino Poggiali, si procede all’inibizione per incarichi sportivi. Vengono invece assolti i giocatori. Secondo la ricostruzione della Giustizia sportiva “drogati a loro insaputa da allenatore e medico”.
Una vera mazzata per i rossoblù. Infatti, per effetto di queste decisioni, scivolano indietro in classifica e iniziano a steccare. Perdono anche lo scontro diretto del Comunale con l’Inter.
L’elemento sorpresa
Accade però un colpo di scena. Vittorio Carpinacci, il commissario dei carabinieri che aveva eseguito i sequestri delle provette di urina a Firenze, presenti denuncia per le precarie condizioni di conservazione dei reperti custoditi nel Centro delle Cascine.
Il 4 maggio arrivano poi i sorprendenti risultati delle nuove analisi effettuate dai periti del Tribunale. Le provette del Centro analisi delle Cascine (prime analisi), non ben conservate, contengono effettivamente sostanze dopanti. Tuttavia in misura tanto elevata da poter causare un’intossicazione. Quelle del Centro di Coverciano (seconde analisi) invece, rimaste sigillate e integre, non recano tracce di amfetamine.
La CAF, la Corte di Appello Federale, in assenza di controanalisi, non può non tenerne conto. Così il 16 maggio 1964 ribalta tutto, e assolve il Bologna, l’allenatore Fulvio Bernardini e il medico sociale Poggiali “non ritenendo riferibile alla parte il mancato esercizio della revisione delle analisi”.
La nuova sentenza sportiva accerta “la mancanza di prove circa l’assunzione, da parte dei giocatori, di sostanze proibite”. Il caso doping è così chiuso. In quel di Milano gridano all’ingiustizia, mentre a Bologna si parla di complotto sventato.
Sta di fatto che i rossoblù si ritrovano i 3 punti in più in classifica tolti in precedenza. A tre giornate dalla fine Inter e Bologna si ritrovano così appaiate al comando della classifica.
E sarà così fino alla fine. Chiuderanno entrambe a quota 54 punti, con un pareggio e 2 vittorie per parte. In base al regolamento, lo Scudetto deve dunque essere assegnato attraverso uno spareggio.
Il ‘caso doping’ porterà però anche delle conseguenze positive. Dal 5 aprile 1964, infatti, per decisione della Lega professionisti verrà esteso a tutte le partite in programma.
A scegliere i 5 giocatori sottoposti ai controlli sarà l’arbitro tramite sorteggio da effettuarsi nel proprio spogliatoio subito dopo ogni gara. Ovviamente con la presenza di un rappresentante per squadra, l’ispettore federale e i medici della Federazione medico-sportiva.
Bologna-Inter: il preludio
Come campo neutro per disputare la partita che assegna lo Scudetto la Federcalcio sceglie l’Olimpico di Roma, mentre il fischio d’inizio è fissato il pomeriggio alle 17.
La partita viene definita dai media dell’epoca ‘lo spareggio del miliardo’: tra tifosi dell’Inter e del Bologna si muoveranno infatti verso Roma 40 mila tifosi, che spenderanno in media 25 mila lire a testa (un miliardo, appunto, complessivamente).
Solo la Rai non è sensibile all’evento. La partita non viene trasmessa in diretta tv. Tuttavia era stato così anche l’anno precedente per la finale di Coppa dei Campioni Milan-Benfica. Viene prevista soltanto la “cronaca registrata di un avvenimento agonistico” alle 22.25.
Finalmente lo spareggio
Il fischio d’inizio è preceduto da un minuto di silenzio in memoria del presidente Dall’Ara, scomparso pochi giorni prima.
Il primo tempo scorre via così all’insegna di un grande equilibrio. Ripresa tutt’altro spartito. Facchetti scuote i suoi, e vinto un rimpallo, arma il suo proverbiale sinistro dai trenta metri. È il primo vero tiro in porta dell’Inter, che non sorprende tuttavia Negri, bravo ad alzare la parabola mettendo in corner.
Milani è l’unico ad essere in partita dei giocatori offensivi dell’Inter, ma pecca di precisione. Dall’altra parte invece, solo un doppio miracolo di Sarti nega il goal ai rossoblù al 59′. L’ultima occasione per i milanesi si registra al 62′: Corso serve Suarez, che in mischia riesce ad aprire per Milani. Il centravanti è solo, si ingobbisce e calcia a lato.
L’Inter non ne ha più sul piano fisico e progressivamente scompare dal campo. Al 72′ i rossoblù recriminano con Lo Bello per un contatto dubbio in area di rigore fra Perani e Facchetti, ma il fischietto siciliano lascia proseguire.
Poco male, perché i felsinei al 75′ sbloccano il match. Picchi fa fallo su Haller e Lo Bello assegna una punizione dai 20 metri. Bulgarelli tocca per Fogli, che calcia basso e angolato. La palla è deviata da Facchetti e si insacca alle spalle di Sarti: 1-0 Bologna.
L’Inter è ferita nell’orgoglio ma non riesce a reagire. La squadra di Herrera si sbilancia, con l’unico risultato di prestare ulteriormente il fianco alle offensive rossoblù: lo scatenato Fogli, l’uomo della partita, all’83’ lancia in verticale per Nielsen, che a tu per tu con Sarti lo supera con un sinistro forte e preciso. È il goal del 2-0 che chiude di fatto i giochi.
La reazione nerazzurra è tutta in un tiro sbagliato da parte di Suarez. Al fischio finale di Lo Bello esplode la festa rossoblù, campione d’Italia 23 anni dopo l’ultima volta e al termine di un’incredibile stagione. L’artefice dell’impresa, Fulvio Bernardini, è portato in trionfo dai suoi giocatori.
Il giorno seguente Brera, il noto giornalista, nelle sue pagelle darà 9 a Janich e Fogli del Bologna. Mentre sponda Inter salverà solamente Picchi. tuttavia, da segnalare, l’empio voto riservato a Jair e Mazzola: 4.
Termina così l’unico spareggio, fino ad ora, mai disputato per lo Scudetto.
Focus
Inter, il futuro di Akinsanmiro: basta un milione per riportarlo a Milano
Akinsanmiro stupisce al Pisa e torna nei piani dell’Inter: grazie alla clausola di recompra da 1 milione i nerazzurri possono riportarlo subito a Milano.
Stankovic, Pio Esposito e suo fratello Sebastiano sono solo alcuni dei maggiori talenti usciti dalle giovanili dell’Inter, settore di cui oggi la società di via della Liberazione va particolarmente fiera. Ovviamente, l’unico che gioca stabilmente nella squadra in cui è cresciuto è il più piccolo della famiglia Esposito, Pio, che — a differenza di suo fratello Sebastiano, oggi al Cagliari — ha concluso la classica trafila di prestiti nella scorsa stagione allo Spezia.
Tuttavia, non si può dire lo stesso dell’altro giocatore citato. Pur essendo attualmente in Belgio, Stankovic continua a vestire una maglia nerazzurra, quella del Club Brugge, anche se è dei tre quello più lontano: per riportarlo a Milano, infatti, l’Inter dovrebbe versare i 15 milioni previsti dalla clausola di recompra, inserita nella trattativa con il club vicecampione del Belgio.
Non è però l’unico giocatore con un passato interista ad avere una clausola simile, e che — guarda caso — ha cambiato città, ma non colori. Il nome in questione è quello di Ebenezer Akinsanmiro, centrocampista nigeriano arrivato nel 2023 alla corte nerazzurra e oggi in forza al Pisa. Come per Stankovic, anche sul suo contratto è presente una clausola che permetterebbe all’Inter di riportarlo a Milano senza ulteriori trattative; ma, a differenza del figlio d’arte, la cifra è notevolmente più bassa, rendendo il tutto più realistico.
La questione Stankovic
Tuttavia, anche nel caso di Stankovic si tratta di un’operazione tutt’altro che sconveniente: il giocatore, che non avrebbe trovato spazio — o almeno non quanto nella scorsa stagione al Lucerna, dove aveva collezionato 38 presenze, segnato tre gol e fornito due assist — è stato ceduto a una squadra dove certamente avrebbe avuto modo di giocare. Ma il Club Brugge non avrebbe agito “pro bono” per l’Inter senza nulla in cambio. Ecco perché, ai 10 milioni incassati dai nerazzurri, la dirigenza guidata da Giuseppe Marotta ha deciso di aggiungere una clausola di recompra da 25 milioni: da un lato testimonianza del grande valore del giocatore cresciuto sotto la guida di Christian Chivu, dall’altro segnale che l’Inter, pagando 25 milioni, riacquisterebbe un profilo molto più maturo e con esperienza accumulata anche su palcoscenici importanti, al prezzo di 15 milioni di euro, cifra più bassa di quella che potrebbe diventare la sua valutazione da qui a qualche mese.
Inter, cosa fare con Akinsanmiro
La società nerazzurra sarebbe rimasta molto soddisfatta dell’apporto dato alla causa del Pisa dal suo giovane talento, un fattore che di fatto lo avrebbe riportato al centro dei piani dell’Inter per il futuro. Il giocatore, infatti — per il quale, ricordiamo, basterebbe versare solo un milione per riaverlo — ha già praticamente sextuplicato il valore dell’investimento che l’Inter dovrebbe sostenere per riportarlo a Milano.
L’Inter comunque non si è fatta cogliere alla sprovvista. Durante l’ultima finestra di mercato, quando si è seduta al tavolo con la dirigenza del Pisa, avrebbe deciso di impostare la trattativa nel seguente modo, come raccontato anche da Calciomercato.com: il giocatore sarebbe passato al Pisa in prestito oneroso, con una opzione di riscatto a 7 milioni.
E allora perché l’Inter può riprendere totalmente possesso del suo giocatore — dato che, di fatto, lo è ancora — per soltanto un milione?
La risposta risiede nella clausola di recompra, in pieno stile Real Madrid, una tutela fondamentale per i grandi club che, spesso impegnati in progetti ambiziosi, rischiano di lasciarsi sfuggire i migliori talenti cresciuti nel loro settore giovanile. Una clausola che, in questo caso, permetterebbe — come già detto — di riacquistare il giocatore tramite un controriscatto da un milione di euro.

LAUTARO MARTINEZ PENSA ALLA CHAMPIONS LEAGUE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Focus
Arbitri, VAR e polemiche: Un problema creato dal sistema
Arbitri e VAR sono al centro di molte discussioni nel calcio italiano. Ogni giornata porta nuovi dubbi e polemiche sulle decisioni in campo, che spesso finiscono sotto la lente dei media e dei tifosi.

Il problema non riguarda solo gli arbitri: anche il sistema in cui operano influisce sulle scelte. Il VAR è arrivato con la promessa di maggiore chiarezza, ma non sempre riesce a evitare gli errori o a spiegare le decisioni in modo trasparente.
Quando le situazioni restano controverse, spesso le responsabilità sembrano sfumare tra arbitri e tecnologia.
In altri Paesi, gli arbitri forniscono spiegazioni ufficiali dopo le partita; in Italia, invece, la comunicazione resta limitata. Questo contribuisce a creare incertezza e sospetti tra tifosi e addetti ai lavori. Gli arbitri italiani affrontano una pressione costante e, talvolta, questo si riflette nelle decisioni prese in campo.
Var, cambiamento a fuoco lento
Un esempio recente arriva dalla partita Lazio–Milan a San Siro. Nei minuti di recupero, il VAR ha richiamato l’arbitro Collu al monitor per valutare un possibile rigore per la Lazio, dopo un tocco di braccio di Pavlovic che inizialmente era stato ignorato. Dopo l’on‑field review, l’arbitro ha deciso di non concedere il penalty, assegnando invece un calcio di punizione per fallo in attacco.
La scelta ha provocato proteste della Lazio, critiche diffuse sui media e la squadra biancoceleste ha anche saltato la conferenza stampa post‑gara, pubblicando immagini del replay sui social per contestare il verdetto. L’allenatore Maurizio Sarri ha poi suggerito di riposizionare le postazioni VAR lontano dalle panchine per ridurre tensioni e confusioni durante le partite.
Nonostante le critiche, ogni stagione vengono annunciate nuove iniziative per aumentare trasparenza e dialogi, ma i cambiamenti concreti sono spesso lenti o limitati. In sintesi, il dibattito sugli arbitri e sul VAR no riguarda solo singoli episodi: riflette questioni più ampie legate al sistema del calcio italiano, alla gestione della tecnologia e alla comunicazione con tifosi e media.
Focus
Il Milan di Modric: continuità e divertimento in campo
Benessere e divertimento, gli ingredienti del campione croato Modric: a 40 anni guida il Milan e trascina i compagni sotto la guida di Max Allegri.
In meno di sei mesi, Luka Modric ha già lasciato un’impronta indelebile sul Milan: regista completo, leader esperto e modello per i compagni e tifosi. Arrivato a parametro zero dal Real Madrid nell’estate 2025, con un bagaglio di esperienza e un palmares straordinario, l’ex Pallone d’Oro è entrato in punta di piedi e si è imposto subito con personalità dando ordine alla manovra rossonera.
A 40 anni compiuti a settembre, Modric è stato sempre titolare e costantemente decisivo. Nei primi 14 turni di Serie A, il rendimento del centrocampista croato non si limita solo alla gestione del pallone, ma coinvolge anche l’aspetto offensivo, con ben 300 passaggi riusciti, di cui 169 nella metà avversaria, 46 passaggi filtranti che hanno penetrato la retroguardia avversaria e 31 possessi guadagnati. Sul piano offensivo, ha realizzato un gol (contro il Bologna) e due assist (contro Lecce e Pisa), confermando il suo impatto a 360 gradi sul gioco della squadra.
Questi numeri dimostrano che Modric è il fulcro del gioco rossonero: è lui che detta i tempi, rompe le linee avversarie, recupera i palloni, andando oltre il ruolo tradizionale del regista. L’ex Galactico è un punto di riferimento per i compagni e il tecnico Massimiliano Allegri, che hanno subito percepito la sua influenza dentro e fuori dal campo.

MASSIMILIANO ALLEGRI FA IL SEGNO OK ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Le dichiarazioni di Modric durante i Gazzetta Awards
In un’intervista concessa alla Gazzetta dello Sport in occasione dei Gazzetta Sports Awards, Luka Modric ha raccontato il suo momento al Milan, sottolineando energia, concentrazione e piacere nel giocare. Il numero 14 rossonero ha spiegato di sentirsi in forma sia fisicamente sia mentalmente, di divertirsi in campo e di voler proseguire su questa strada.
Modric ha poi parlato del rapporto con Massimiliano Allegri, definendolo un grande allenatore e un vincente, e si è detto colpito dalla sua capacità di gestire lo spogliatoio e di trasmettere energie positive alla squadra, elementi che possono rendere il Milan credibile nella corsa allo scudetto.
Di seguito ecco un estratto della sua intervista:
Modric, come fa a quarant’anni a essere sempre così decisivo, ma soprattutto a giocare con questa continuità?
“Mi sento bene, fisicamente e psicologicamente, e mi piace quello che faccio. Voglio continuare così perché mi diverto. Tutto sta andando come volevo”.
Adesso con il Milan siete primi in classifica, in lotta per lo scudetto. Meglio di così…
“Secondo me stiamo facendo un buon lavoro e l’obiettivo è quello di non fermarsi anche se ci sono tante squadre che lottano per il primo posto. È dura, ma andiamo avanti. Con fiducia”.
A Milanello ha trovato Massimiliano Allegri. Qual è il suo rapporto con lui?
“È un grande allenatore, un vincente. Mi diverto a lavorare con lui e mi ha sorpreso per la sua personalità. Ha una grande capacità di creare un feeling con lo spogliatoio perché è abituato a gestire i grandi campioni: ti aiuta a dare il massimo e ti fa stare tranquillo così è più semplice fare quello che devi”.
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