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Al Campidoglio a parlare di sport: il libro di Marco Perisse

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Campidoglio, presentazione del libro di Marco Perisse "Sport dell'altro mondo"

Al Campidoglio si è discusso di sport e di Olimpiadi alla presentazione del libro di Marco Perisse, “Sport dell’altro mondo. Dietro le quinte del campioni”. C’eravamo anche noi.

Ieri noi di CalcioStyle abbiamo partecipato alla presentazione in Campidoglio dell’ultimo libro del giornalista sportivo Marco Perisse: Sport dell’altro mondo. Dietro le quinte del campioni (Robin Edizioni, 15,20 euro).

Un libro che include 36 racconti brevi che parlano di sport a tutto campo e raccontano storie poco conosciute di campioni sportivi.

Alla presentazione hanno presenziato Ruggero Alcanterini (Presidente Comitato Italiano Fair Play), Stefania Lella (Direttrice Centro Tecnico Federale FIB), Riccardo Viola (Presidente Coni Lazio), Ferdinando Bonessio (Presidente Commissione Sport, Salute e Qualità della vita del Comune di Roma), l’autore e il giornalista Ivano Maiorella.

La presentazione in Campidoglio del libro di Marco Perisse, Sport dell'altro mondo

Indice

Sport dell’altro mondo. Dietro le quinte del campioni, la presentazione in Campidoglio

In apertura dell’incontro il presidente Bonessio ha ricordato che la recente modifica della costituzione che riconosce il ruolo centrale dello sport non è un punto di arrivo bensì di partenza. Ci ha tenuto a sottolineare che nessuno sport è minore e che “per fortuna la città non vive di solo calcio”.

Ha parlato di uno dei racconti inclusi nel libro, “L’olimpiade del nuovo mondo”, riguardante le Olimpiadi di Roma 1960.
Un evento che ha portato a grandissime modifiche urbanistiche nella città di Roma, come la costruzione e il rinnovamento di alcuni impianti, la via Olimpica, il Villaggio Olimpico. Un evento che ha avuto grandi protagonisti: tra gli altri Livio Berruti, Lydia Rudolph, Cassius Clay e Lino Benvenuti.

Secondo Marco Perisse i drammi di una società vanno sempre a riflettersi sullo sport: per questo, l’intento del suo libro era quello di analizzare la società.

Perché questo titolo? “L’altro mondo” ha una doppia valenza: di carattere geografico e di raccontare storie che solitamente non di trovano nell’informazione sportiva. Come quella sui giovani nativi americani che praticano la boxe per riscattarsi socialmente.

Sì, perché lo sport è uno strumento di emancipazione molto importante, perché offre a categorie escluse la possibilità di potersi affermare.

Le Olimpiadi di Roma 1960

La prima parte dell’incontro si è incentrato soprattutto sulla rievocazione nostalgica delle Olimpiadi di Roma 1960, soprattutto da parte dell’allora protagonista Ruggero Alcanterini: “Io sono il risultato di Roma 1960”.

Alcanterini ha ricordato che la Capitale era candidata alle Olimpiadi fin dal 1908 ed era stata ipotizzata come sede anche per le Olimpiadi del 1942.

Anche in virtù delle sue caratteristiche, visto che Roma è l’ unica città al mondo ad avere tre stadi “more greco” (Stadio Nazionale, Stadio dei Marmi e Stadio di Domiziano). Perché “quello che può offrire Roma non lo può offrire nessuno”.

Oggi bisogna, però, implementare la pratica dello sport, dal momento che “siamo l’ultimo paese dell’OCSE in termini di attività sportiva”.

Campidoglio, Viola: “Un piano regolatore dello sport nessuno lo ha mai fatto”

Il Presidente del Coni Lazio Riccardo Viola, che è anche editore sportivo (“Di sport non si scrive e pubblica abbastanza”) ha riflettuto sul problema più urgente dello sport in Italia: quello legato all’impiantistica. Perché “tutte le grandi opere risalgono al 1960”. Il discorso è che manca un piano regolatore dello sport.

In riferimento all’ipotetica costruzione dello Stadio della Roma, Viola ha ricordato: “Nel ’90 Dino Viola andò dal sindaco a chiedere ‘Dove posso costruire lo stadio?’. Io vorrei fare lo stesso. Oggi non sappiamo qual è il piano di sviluppo della nostra città”.

E’ la mancanza di impianti adeguati che ha portato il presidente Coni a dire no alle Olimpiadi 2020-2024: “Creiamo prima una città a vocazione olimpica e mettiamoci nella condizione di farle. Altrimenti il grande evento sportivo ci lascia buchi nel bilancio e immondizia”.

Stefania Lella, prima donna presidente del Panathlon, ha portato l’attenzione su due donne raccontate nel libro di Parisse: Cathy Freeman, centometrista aborigena, e Oksana Chusovitina, la ginnasta ubzeka che, all’età di 46 anni, ha preso parte a Tokyo 2020.

Lella si è detta concorde su quali sono i punti cardine nello sport in Italia: l’impiantistica e gli/le atleti/e. Sottolineando l’importanza di proporre modelli e l’urgenza di fare educazione fisica nella scuola primaria.

Ha inoltre rilanciato l’importanza del Ministero dello Sport, possibilmente con portafoglio, visto l’attestazione del valore dello sport a livello costituzionale.

Punzecchiato sulla questione impianti, il presidente Bonessio ha precisato: “Si sta facendo il possibile per quanto riguarda il recupero degli impianti”. E ha annunciato che entro i prossimi 2 anni, nella città di Roma, “verranno inaugurati tre nuovi impianti: uno a Corviale, uno a Labaro e un altro a Cesano”.

La capoeira come esempio di resistenza alla dittatura. E il nuoto come emergenza

Su impulso di Maiorella, Perisse ha spiegato il caso della capoeira, sport presente nel suo libro che è un esempio di “sopravvivenza culturale”, “espressione della ribellione”. Non inventata dagli schiavi africani ma dagli stessi indios brasiliani.

Uno sport che è stato “un’isola di resistenza” contro la dittatura e oggi, per questa sua componente di ribellione, viene praticato soprattutto nelle palestre popolari.

Si è poi parlato dell’estrema importanza sociale del nuoto. Perisse ha ricordato che “negli anni Sessanta in Italia tremila persone morivano per annegamento perché non sapevano nuotare“. Quest’emergenza portò, negli anni Settanta, alla costruzione di piscine in tutti i quartieri periferici di Roma. Il risultato? Una netta diminuzione degli annegamenti. Oggi l’Italia è nota in tutto il mondo per le sue competitive squadre di nuoto.

Viola ha poi sottolineato l’assenza di un Palazzo del Ghiaccio in tutto il Lazio, che rende impossibile praticare il curling nel perimetro della Capitale. Un intervento dal pubblico ha sottolineato anche la necessità di un impianto di atletica leggera indoor.

Le proposte

Al termine dell’incontro sono uscite alcune idee: quella di introdurre crediti formativi sportivi da dover acquisire necessariamente per essere promossi a scuola, di utilizzare i libri sullo sport come strumento didattico, di destinare i tre padiglioni abbandonati della Nuova Fiera di Roma di Fiumicino allo sport.

E, ovviamente, di sfruttare meglio la grande varietà territoriale del Comune di Roma perché, come ricorda Viola: “Roma è l’ unica capitale europea che ha mare, fiume e lago. Mettiamo a sistema tutto“.

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Il liberale a targhe alterne Malagò teme il Controllo Statale sui bilanci dei club di Serie A

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calcio

Giovanni Malagò ha ribadito la propria contrarietà al progetto anti-Covisoc varata dal Governo Meloni un’intervista alla Gazzetta.

Quando sei mesi fa (19 Novembre) scrissi il mio editoriale sul Controllo Statale del Governo Britannico sulla Premier League auspicai che fosse solo il primo passo per la fine della folle liberalizzazione del sistema calcio. Da anni il pallone si riempie la bocca con parole come “sostenibilità” senza però fare nulla di concreto per fermare la deriva capitalistica del calcio, che rischia di far implodere tutto il movimento.

Paesi diversi, stesso liberalismo spicciolo

Il Partito Conservatore britannico, a livello europeo, fa parte del “Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei“. Partito che fa capo proprio all’attuale Presidente del Consiglio italiano, ovvero Giorgia Meloni, e quindi l’Italia non poteva che essere il primo paese a seguire la linea guida dell’esecutivo inglese.

Ovviamente ogni paese ha le proprie specifiche culturali e l’esempio del PSR, che rischia di esacerbare le disparità economiche fra i club, dovrà fungere da vademecum per la norma anti-Covisoc. Dell’argomento ve ne abbiamo già parlato nella giornata di ieri, e oggi è arrivata anche l’attesa replica del Presidente CONI Giovanni Malagò.

Malagò ha concesso un’intervista alla “Gazzetta dello Sport, in cui si lascia andare alla tipica arringa pregna di ipocrisia dei liberali a targhe alterne. Reclama a gran voce l’autonomia delle istituzioni (“Lo stato non deve intervenire, ci regoliamo da soli“) ma poi invoca sussidi statali (“Il Decreto Crescita andava corretto e non abolito” ipse dixit 8 Gennaio 2024) dallo stesso governo a cui ha appena intimato di farsi da parte.

Il controllo statale sul sistema calcio è cosa buona e giusta. Soprattutto per ottundere la deriva liberale che vorrebbe il calcio come un corpo estraneo sui generis e che non deve rispondere alle regole che tutte le altre aziende sono chiamate a seguire. Legittimo, invece, chiedersi come possa un esecutivo dalla comprovata dabbenaggine occuparsi di questioni così delicate, ma quella di Malagò sembra la classica aprioristica difesa di chi vede minati i propri privilegi e che è disposto a tutto pur di proteggerli.

Malagò

Le parole di Malagò alla Gazzetta

Tempi e modi sbagliati, siamo al fianco della Figc. Provo dispiacere perché il Coni è venuto a saperlo dalla Figc, che ci ha inviato la bozza, e poi dalle agenzie di stampa. E non è la prima volta che succede. Il problema prima di tutto è di forma e di rispetto. Ritenevo normale che il Comitato Olimpico Italiano dovesse essere informato direttamente dal Governo di un argomento di una simile portata. Del resto siamo l’ente che vigila su tutte le federazioni sportive italiane, e invece niente. Se questo è il buongiorno…

Nella vita tutto è migliorabile: la Covisoc, il vostro giornale, il Coni, il Governo… Se l’esecutivo, a livello normativo, sta lavorando sulla creazione di questa agenzia da giugno scorso, perché non ha mai detto nulla? Perché non ha convocato una riunione per sentire il parere del Mef, del Coni e delle Federazioni? Magari se ci avessero interpellato avremmo fatto notare che non esistono solo le società professionistiche. Ora chi fa sport è inquadrato come lavoratore sportivo. E se fallisce una squadra di uno sport non sottoposto al controllo di questa autorità, cosa succede? Niente?

Mi sembra che la questione sia stata affrontata frettolosamente e violando l’autonomia dello sport. Le federazioni, sotto certi aspetti, potrebbero anche essere contente di togliersi la responsabilità di escludere le società dai campionati, ma bisogna fare le cose con i tempi e i modi giusti. Siamo a inizio maggio, in poco più di venti giorni è possibile approvare una riforma del genere nominando anche trenta componenti della nuova agenzia? Dal 31 maggio la Covisoc deve fare la verifica degli adempimenti delle società. Mi sembra una cosa illogica e poco rispettosa anche nei confronti della presidente della Covisoc (Germana Panzironi, ndr) che non conosco, ma che per storia, curriculum e prestigio è una persona di notevole spessore.

Il Governo già in passato ha fatto norme che si è dovuto rimangiare, penso per esempio al governo Conte-2. Il ministro Abodi ha la legittima volontà di migliorare qualcosa: benissimo, ma prima poteva interpellare noi, le federazioni, la Uefa e la Fifa. Se una società fosse esclusa da questa agenzia per motivi economici dal campionato e fosse invece iscritta dalla Uefa alla Champions o dalla Fifa al Mondiale per club, cosa succederebbe? Bella domanda, eh? Il Coni sarà al fianco delle federazioni e verificherà con la Uefa e la Fifa che il calcio e il nostro sport non possano avere dei problemi da questa legge.❞

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Inter: c’era una volta lo ‘Scansuolo’, ora la ‘Marotta League’

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Inter, Marotta

L’Inter ha subito un’altra sconfitta contro il Sassuolo, confermando che è l’unica squadra di Serie A capace di battere i neo-campioni d’Italia.

inter

Milano, Italy. 25th November 2020. Giuseppe Marotta Ceo of Fc Internazionale during Uefa Champions League Group B match between FC Internazionale and Real Madrid Fc .

Al Mapei Stadium, Laurienté ha deciso il match, replicando il risultato dell’andata a San Siro dove Bajrami e Berardi avevano ribaltato il vantaggio iniziale segnato da Dumfries.

La striscia di 42 partite consecutive in cui i nerazzurri hanno segnato almeno un gol in campionato si è fermata, sfumando la possibilità di battere il record della Juventus di Allegri, che è fermo a quota 44.

L’ultima volta che l’Inter non ha segnato è stata il 15 aprile 2023, quando il Monza ha vinto per 1-0 a San Siro.

Curiosamente, è stato il Monza, allenato da Palladino, a sconfiggere il Napoli alla 35esima giornata, dopo che quest’ultimo aveva festeggiato lo scudetto.

Questo scenario ricorda il percorso dell’Inter di quest’anno, dimostrando che i rilassamenti sono comuni e che le motivazioni giocano un ruolo cruciale.

Inter, Scansuolo e Marotta League

Sui social media, è tornato in tendenza l’hashtag #MarottaLeague, con l’opinione pubblica indignata per la sconfitta dell’Inter contro il Sassuolo.

Questo termine è stato usato in varie occasioni durante la stagione, inizialmente per il presunto favoreggiamento nel calendario, poi per i presunti “aiutini” del Var e ora per l’accusa di aver “regalato” i tre punti al Sassuolo per aiutarlo nella lotta contro la retrocessione.

Questa situazione ricorda la favola dello “Scansuolo”, un termine usato in passato per sostenere che il Sassuolo avrebbe favorito le vittorie delle grandi squadre italiane.

Tuttavia, la realtà è diversa, come dimostrato dalle vittorie del Sassuolo contro le grandi che riuscì nell’impresa di vincere in trasferta contro Juventus, Milan e Inter nella stagione 2021/2022.

Quella dello Scudetto vinto dai rossoneri di Pioli battendo proprio il Sassuolo nell’ultima giornata di campionato.

Allora furono i tifosi nerazzurri ad accusare i neroverdi di essersi “scansati”.

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Thanks Kingy, hai reso Leicester un posto migliore

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Commemorazione di Andy King, leggenda e bandiera ormai ammainata del Leicester, che ha dato il suo addio al calcio giocato nella giornata di ieri. Lettera aperta da parte di un tifoso delle foxes

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Chi è Andy King: il leader silenzioso del Leicester di Ranieri

Andy King è l’unico calciatore nella storia del calcio inglese ad aver vinto il titolo in tutte e tre le principali leghe professionistiche d’oltremanica. Ha infatti vinto la Football League One e il Championship, rispettivamente l’equivalente della Serie C e della Serie B italiana, e la ben più importante Premier League del 2016.

Non è il primo giocatore che salta all’occhio di tutti quegli appassionati di calcio che ripensano all’impresa eroica del Leicester di Claudio Ranieri. Per i tifosi delle foxes, però, il gallese Barnstaple è uno dei giocatori più amati dell’ultima decade. Non solo perché i tre trofei sopracitati li ha vinti tutti con la maglia della Blue Army. Non solo perché in 15 anni con il blu indosso ha totalizzato 379 presenze condite da 62 gol e 24 assist.

Andy King, prima che il centro di formazione del Leicester diventasse uno dei più all’avanguardia d’Europa, è stato a lungo il miglior prodotto dell’Academy delle foxes. Talento purissimo. Numero dieci d’altri tempi, di quelli capaci di vendere magliette e biglietti anche in un periodo storico decisamente cupo per le volpi.

Il “local boy” del Leicester venuto dal Galles

Nella decade precedente all’acquisizione del club da parte della Asian Football Investments, il Leicester stava vivendo un periodo storico particolarmente mesto. Quello a cavallo fra la fine del XX secolo e l’inizio del XXI fu tutto sommato un periodo pieno di soddisfazioni per un piccolo club dell’East Midlands.

Presenza fissa in Premier League. Esordio nelle coppe europee e addirittura due trofei (due League Cup) vinte nel giro di tre anni: una rarità da quelle parti. Poi, nella stagione 2003-2004, la retrocessione in Championship e da lì il buio. Una decade passata come jojo team fra la seconda e la terza serie del calcio inglese, e quando andava bene al massimo potevi goderti una mesta stagione a metà classifica.

In uno scenario di stagnante mediocrità, il talento cristallino di un gallese cresciuto in casa (e integratosi subito nel tessuto sociale della città, tanto da essere considerato un local boy pur non essendolo anagraficamente) è stato una luce nel buio di una squadra dalla mediocrità tecnica a tratti sconcertante.

Leicester

Photo Source: LCFC.com

Dal Championship alla Champions

Quando il Leicester si stabilizzò come una realtà consolidata del calcio inglese, vincendo la Premier League e facendo il proprio esordio in Champions League, King rappresentò (assieme a Kasper Schmeichel e Danny Drinkwater, quest’ultimo rapidamente dimenticato dopo il suo burrascoso passaggio al Chelsea) l’anello di continuità fra la nuova e ambiziosa proprietà thailandese e le umili radici di una squadra di provincia.

Purtroppo per lui, Kingy (così ribattezzato dai suoi tifosi) non poté concludere la propria carriera nel Leicester come sognava di fare. Se Claude Puel è uno dei tecnici più odiati della storia del Leicester, il motivo è (in parte) legato al suo rapporto con King e ad alcune dichiarazioni scioccanti dell’ex-numero dieci.

Durante il suo periodo di prestito semestrale allo Swansea, King concesse un’intervista al The Times (subito dopo l’esonero del francese, dato che comunque era ancora un tesserato del club) in cui rivelò a tutta l’Inghilterra un qualcosa che nell’ambiente Leicester era già noto: ovvero le pessime doti umane del transalpino.

Le frizioni con Puel, l’addio e il lieto fine

King parlò a cuore aperto, regalando alla stampa d’oltremanica dichiarazioni che sono rimaste nella storia del Leicester. Frasi come “Se Puel avesse potuto mandare via tutti i reduci del titolo vinto in un colpo solo, lo avrebbe fatto sicuramente“. Oppure “Non sarei mai voluto andare via, ma Puel non mi parlava. Se fossi rimasto la mia carriera da calciatore sarebbe finita perché non mi avrebbe fatto giocare neppure un minuto“.

Scoperchiato il vaso di pandora, molti suoi compagni (su tutti Ben Chilwell, un altro “ragazzo di casa” dato che era arrivato al Leicester a otto anni) gli fecero eco. Nonostante l’esonero di Puel, King non riuscì più a tornare al Leicester da giocatore ma lo fece da avversario: più precisamente lo scorso 23 Settembre.

In quell’occasione il gallese vestiva la maglia del Bristol City assieme a un altro reduce del 2016 come Matty James. In panchina c’era Nigel Pearson, l’allenatore che ha riportato le foxes in Premier League permettendo il “miracolo” del 2016. Di lì a poco dovrà rassegnare le proprie dimissioni a causa di una grave malattia neuronale e a lui vanno i miei più sinceri auguri di una pronta guarigione.

Il Leicester vince quella partita 1-0, ironia della sorte grazie al gol dell’unico reduce del 2016 in campo (l’altro è Albrighton, ma sedeva in panchina) ovvero Jamie Vardy, e il pubblico del King Power tributa una standing ovation sentita e accorata al proprio beniamino. In qualche modo il fato ha fatto il suo corso e ha permesso a Kingy di ricevere il meritato saluto della sua gente: esattamente come desideravano tutti.

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