editoriale
UEFA verso il “sì” all’esclusione di Israele: cosa cambia per l’Italia
Secondo il “Times”, già settimana prossima dovrebbe arrivare l’ufficialità dell’esclusione di Israele da tutte le competizioni FIFA e UEFA.
Eppur si muove. Dopo le prime, timidissime e a tratti inutili, sanzioni varate da Bruxelles contro lo stato terrorista di Israele, dopo quasi due anni di colpevole immobilismo, anche il mondo del pallone pare ribellarsi alla violenza sionista. Infatti, secondo quanto riportato dalla testata britannica “The Times“, il comitato esecutivo del UEFA avrebbe ottenuto la maggioranza necessaria per sanzionare l’entità sionista.
UEFA, Israele (finalmente) come la Russia?
Due sono stati i “documenti” che è stato necessario produrre per generare questo cambio di paradigma. Il primo risale allo scorso Luglio, quando la Knesset (il parlamento israeliano) promosse una mozione (con 71 voti favorevoli e 13 contrari, alla faccia delle “poche mele marce”) ufficiale per l’annessione della Cisgiordania occupata. Il 50% del territorio sul quale dovrebbe nascere lo Stato di Palestina, almeno stando ai vuoti proclami dei leader europei che ancora pontificano sulla “soluzione a due stati”.
L’annessione di un territorio sul quale l’ala militare di Hamas non è presente è stato il primo colpo di piccone alla narrazione israeliana, secondo la quale l’aggressione sionista alla popolazione sarebbe una “reazione al 7 Ottobre” e non un piano di matrice imperialista nel cassetto da decenni. Il secondo, invece, è una relazione stilata da una commissione indipendente dell’ONU, che ha accertato il reato di genocidio nella Striscia di Gaza. La denuncia delle Nazioni Unite è soltanto l’ultimo tassello del puzzle, che si aggiunge a un domino che negli ultimi due anni aveva visto organizzazioni umanitarie e giuristi internazionali dire altrettanto.
Caduto ogni possibile appiglio linguistico per derubricare la mattanza palestinese, anche gli organi regolatori del calcio internazionale si sono dovuti arrendere alla realtà. Stando a quanto riferito dallo stesso Presidente del UEFA Ceferin, la differenza sostanziale fra la Russia e Israele sta nel fatto che “sulla Russia la pressione internazionale è stata fortissima”. Pressione che su Israele, invece, non c’è mai stata, come dimostra la tardiva presa di posizione delle istituzioni europee. Ora, però, la polvere sotto il tappeto è troppa per essere ignorata.

Israele esclusa, cosa cambia per l’Italia?
Ora la pressione internazionale è arrivata e il UEFA, che di sua iniziativa non possiede la facoltà di intervenire per sanzionare questa o quella federazione, potrebbe arrivare alla decisione di escludere le squadre israeliane da tutte le sue competizioni. Una scelta figlia anche delle pressioni che alcune squadre avrebbero fatte pervenire singolarmente ai vertici della federazione, con alcune di queste che avrebbero addirittura minacciato di non scendere in campo contro formazioni israeliane. Un clima di crescente scoramento, che è arrivato quasi a mettere in discussione la partita fra PAOK e Maccabi di ieri.
E per la nazionale? E’ doveroso precisare come un’eventuale esclusione delle squadre israeliane dalle competizioni UEFA non si estenderebbe automaticamente anche alla nazionale. Questo poiché FIFA e UEFA sono due organismi separati e, in quanto tale, aventi giurisdizione autonoma. Visti gli ottimi rapporti che intercorrono fra Donald Trump e Gianni Infantino, una presa di posizione da parte del numero uno della FIFA è tutt’altro che scontata. Tuttavia, qualora questo scenario dovesse verificarsi, la nazionale israeliana verrebbe esclusa dal girone di qualificazione ai Mondiali.
Le partite sin qui disputate contro la selezione israeliana verrebbero annullate, con conseguente “detrazione” dei punti accumulati da tutte le altre squadre nelle suddette gare. Va da sé che le partite ancora in programma (vale a dire Norvegia-Israele e Italia-Israele) non verrebbero disputate, ma resta da capire come ci si comporterebbe con la differenza reti: possibile discriminante per il primo posto fra gli azzurri e gli scandinavi. Qualora anche le reti segnate e subite dovessero venire detratte, l’Italia si ritroverebbe con un -1 nella differenza reti mentre la Norvegia con un -2: portando la goal difference fra le due squadre da -16 a -15.
editoriale
Milan, poco importa della Coppetta Italia: più gravi i soliti problemi | L’editoriale di Mauro Vigna
Milan, una sconfitta in trasferta per 1-0 contro la Lazio non deve assolutamente preoccupare. Sì, perché i problemi in casa rossonera sono decisamente altri.
Il Milan esce sconfitto, ma non ridimensionato, in seguito all’1-0 rimediato in trasferta contro la Lazio. Una gara giocata probabilmente meglio rispetto a quella di campionato pochi giorni fa, ma la sconfitta non deve gridare vendetta. Primo perché si giocava una competizione di cui poco gliene fregava a Massimiliano Allegri il quale è impegnato per conseguire l’obiettivo minimo stagionale ossia la qualificazione Champions.
Un organico troppo corto per disperdere energie inutili, i soliti problemi che la dirigenza dovrà obbligatoriamente (si spera) risolvere a gennaio. Una coperta eccessivamente inadeguatae una squadra che va in affanno quando mancano i suoi big.
Sebbene ce ne fosse ancora il bisogno, abbiamo capito che Estupinan non è da Milan, probabilmente nemmeno da Serie A, Ricci non è una mezzala, senza Modric e Rabiot è un altro Milan, Leao ed Nkunku non sono punte centrali. Prima si capisce quest’ultimo concetto e meglio è. Il francese ieri sera a tratti imbarazzante, Leao decisamente in giornata no, e comunque fuori ruolo.
Serve un attaccante centrale e questa volta la dirigenza dovrà ascoltare Allegri. Serve un centrale difensivo così come serve a mio avviso anche un terzino destro. L’invito è quello di aprire il portafoglio e spendere soldi che in casa già ci sono. Siamo primi in classifica, fino a prova contraria, adesso è il momento di osare. Senza gli alibi e le scuse della Coppetta Italia.
editoriale
Atalanta: Palladino, la rivincita del tecnico “incompreso”
Palladino: dal fischio della Curva Fiesole al trionfo con la Dea, la settimana da sogno di un tecnico che il destino ha voluto premiare.
Palladino-Pradè: accoppiata perdente, sparite per il bene della nostra gente. Lo striscione della Curva Fiesole pendeva dalle gradinate, una freccia diretta ai dirigenti, colpevoli agli occhi dei tifosi di una stagione che non aveva soddisfatto.
Ma dietro le quinte, Raffaele Palladino continuava a tessere la sua tela, senza clamore ma con risultati concreti. Chiudere al sesto posto in campionato non era solo un numero: era il segno di un lavoro paziente, fatto di scelte giuste al momento giusto e di talenti valorizzati, come Moise Kean, esubero diventato ben presto asso nella manica oltre che un vanto per chi finalmente gli aveva cambiato radicalmente la carriera. Destinato a diventare il gioiello della Fiorentina. Di lui, durante l’ultima finestra di mercato, si temeva addirittura la partenza per poco più di 50 milioni, mentre solo dodici mesi prima era stato acquistato solamente per 13 milioni, una cifra che al tempo aveva fatto storcere il naso a molti, ma che ora sembrava quasi un affare d’altri tempi.

RAFFAELE PALLADINO E MOISE KEAN ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
E Palladino? Nonostante tutto aveva deciso di pagare il prezzo più alto. Lasciare il progetto, rinunciare a un contratto pesante fino al 2027, accettare di diventare il capro espiatorio di una stagione forse mai compresa fino in fondo. Un gesto che parlava di responsabilità, ma anche di coraggio: di chi mette il bene della squadra davanti al proprio orgoglio, e accetta di camminare tra applausi e fischi, consapevole che la storia non giudica subito chi lavora nell’ombra.
Una decisione che, se da una parte aveva dato ragione a Palladino — con una Fiorentina ai minimi storici in qualsiasi competizione — dall’altra sembrava poter mettere a rischio la sua carriera. Prima dell’Atalanta, infatti, nessuno aveva pensato al suo nome, preferendo tecnici che, al netto dei risultati, avevano accumulato numeri ben più bassi nelle stagioni precedenti.
Palladino, tra karma e destino
Eppure il destino aveva altri piani. L’Atalanta, dopo aver interrotto il rapporto con Juric, ha affidato la panchina proprio a lui, regalando al tecnico un’occasione che pareva scritta già a aprtire dal suo terzo impegno con la Dea. Nel basket d’oltreoceano esiste un termine che descrive eventi che sembrano accadere per ragioni karmiche, una sorta di “you get what you deserve”, che in italiano si traduce con “Ecco quello che ti meriti”.
E ieri, intorno alle 18, Palladino ha incarnato perfettamente questa espressione. Dopo la vittoria contro il Francoforte in quello che è stato il suo esordio in Champions League, il tecnico ha replicato anche contro il suo passato, infliggendo un amaro destino alla sua ex squadra. Sfogliando l’almanacco delle retrocessioni dalla Serie A alla Serie B, emerge un dato impietoso: mai una squadra incapace di ottenere almeno una vittoria nelle prime tredici giornate è riuscita a salvarsi. E così, tra applausi e rimpianti, Palladino ha scritto un nuovo capitolo della sua storia, dimostrando che a volte il destino sembra davvero fare giustizia da sé.
editoriale
Milan, deadline gennaio 2026: una volta per tutte capiremo le intenzioni della dirigenza | L’editoriale di Mauro Vigna
Milan, c’è la data entro la quale capiremo, probabilmente una volta per tutte, le reali intenzioni della dirigenza e del club in generale. Vediamo meglio qui di seguito in dettaglio.
Il mese di gennaio 2026 sarà cruciale. Ogni occasione di mercato è importante, ma ritengo che questa lo sia ancora di più. Mi spiego meglio, finora quello che è sempre emerso dalla proprietà Gerry Cardinale è l’esigenza di centrare la qualificazione in Champions.
E chi se ne frega se si arriva primi, oppure secondi, oppure terzi, oppure quarti. Entro le prime quattro posizioni va tutto bene. Ma è così anche per i tifosi rossoneri? Sicuramente no.
I presupposti per fare bene in questa stagione ci sono tutti. A oggi il Milan è secondo in classifica a soli due punti dalla capolista Roma e sulla panchina siede un tecnico capace e che ha dimostrato ampiamente di sapere vincere che risponde al nome di Massimiliano Allegri.
Ora la domanda è: cosa farà la dirigenza a gennaio? Accontenterà il tecnico con almeno 3 innesti di qualità in difesa, centrocampo e attacco oppure giocherà al risparmio forte dell’attuale rosa? Questo è lo snodo principale in seguito al quale capiremo meglio le reali intenzioni della proprietà AC Milan.
Acquistare tre prospetti di esperienza significherebbe lottare per lo scudetto senza minimamente nascondersi. Attendiamo sviluppi.
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