editoriale
Porto, addio a Pinto Da Costa: “l’ultimo Presidente”
Ieri, 15 Febbraio 2025, si è spento l’ex-plenipotenziario del Porto Pinto da Costa: il Presidente più vincente nella storia del calcio.
Pinto da Costa, al secolo Jorge Nuno de Lima Pinto da Costa, si è spento ieri (15 Febbraio 2025) alla veneranda età di 87 anni. Lutto nel mondo calcistico, portoghese ma non solo. Ci lascia l’ultimo vero “Presidente” contemporaneo, in un calcio ormai fagocitato da fondi d’investimento e cordate finanziarie.

I TIFOSI DEL PORTO ( FOTO SALVATORE FORNELLI )
Pinto da Costa, il Presidente più “decorato” di sempre
Nella bacheca del Porto ci sono 83 trofei. I Dragoni sono la decima squadra al mondo per numero di trofei conquistati, la sesta nel continente europeo. Prima di loro soltanto Rangers (117); Celtic (115); Real Madrid (110); Barcellona (99) e Benfica (84). 67 di questi sono arrivati con Pinto da Costa alla guida del club, il ché lo rende il Presidente più vincente nella storia del calcio: avendo portato oltre l’80% dei loro titoli.
E’ diventato proprietario del Porto nel 1982 e la sua gestione è durata 42 anni, prima di lasciare il timone della barca ad André Villas-Boas: suo ex-allenatore che lo ha battuto alle elezioni presidenziali dello scorso Maggio. Fra gli allenatori portati al Porto da Pinto da Costa ci sono anche Sergio Conceicao (attuale allenatore del Milan, che ieri sera non si è presentato in conferenza stampa a commentare la vittoria contro l’Hellas Verona in segno di lutto) e soprattutto José Mourinho: l’allenatore più iconico dei Dragoni.
Proprio il Profeta di Setubal ha voluto commemorare il suo padre putativo, con uno struggente messaggio d’addio affidato ai propri canali social: “Mourinho sei stato l’allenatore che mi ha dato più gioia“, sono le parole che mi hai detto tu, Presidente. Le mie invece sono state: “E’ stato un grande onore aver fatto parte della tua storia, e ti ringrazierò sempre per la tua fiducia e l’influenza che hai avuto sulla mia carriera”. Così ci siamo salutati quando in passato ci siamo incontrati nella sua amata città. Il sorriso del primo giorno, la gioia dell’ultima volta che siamo stati insieme. IL PRESIDENTE, il mio PRESIDENTE“.
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Porto, modello virtuoso fagocitato da un calcio “malato”
In occasione della gara di Europa League fra il suo Fenerbahce e il Lione, l’allenatore portoghese si era espresso in questi termini: “Il calcio oggi conta un numero incredibile di club, proprietari e presidenti che non capiscono nulla di calcio. Non ci sono più presidenti che restano per 20 anni come il signor Aulas (ex-Presidente del Lione, n.d.r.) o come il signor Pinto Da Costa , persone che capiscono. Questa squadra è una buona squadra. E una buona squadra è tale solo quando l’allenatore è bravo“.
Il riferimento era all’allora allenatore de Les Gones Pierre Sage, per cui già all’epoca si ventilava un esonero che poi è effettivamente arrivato. Nelle parole del lusitano si percepisce un malcelato fastidio per la fine di un calcio basato sul presidenzialismo. La figura del presidente “vecchio stampo” sta lentamente scivolando via dal dizionario calcistico, lasciando spazio a conglomerati finanziari con leadership dai contorni sfumati.
Sono in pochi ormai quelle che resistono e spesso, quando arriva il turno di abdicare, non è mai realmente per loro volontà. La fine del gradimento dei confronti di Pinto da Costa è figlia anche della precaria situazione economica del club, che è stato costretto a smantellare la squadra in estate e a proseguire questo lavoro di restyling anche in inverno: salutando Galeno e Nico Gonzalez a poche settimane dalla sfida alla Roma.
Presidenti che non riescono più a mantenere competitivo il loro club e che per questo si affidano ai milioni degli investitori stranieri (spesso americani), che però sovente finiscono per esautorarli: in quanto il loro modello di business è incompatibile con la tradizionale concezione dell’azienda calcistica a “conduzione familiare”. Assieme a da Costa muore uno degli ultimi pezzi di un calcio che non esiste più.
editoriale
Milan, un 2025 da 5 in pagella: l’editoriale di Mauro Vigna
Milan, andremo qui di seguito a ripercorrere un anno certamente difficile, ma che in proiezione futura potrebbe finalmente regalare qualche soddisfazione.
Probabilmente in molti non saranno d’accordo, obnubilati dal secondo posto in classifica, ma l’anno 2025 lo ritengo da dimenticare. Soprattutto se parliamo dell’AC Milan.
Una stagione, quella scorsa, culminata con l’estromissione dalle coppe europee e dalla finale persa in Coppa Italia contro il Bologna. A poco è valsa la vittoria della Supercoppa Italiana, definita più volte coppetta dal sottoscritto.
Come dimenticare le scellerate gestioni Fonseca-Conceicao, l’ignobile cooling break, le litigate in campo e negli spogliatoi. Un ambiente spezzato e una dirigenza assente che non hanno fatto altro che peggiorare un clima già di per sé compromesso.
L’occhio verso il 2026 è quello della speranza, supportata da fatti concreti come l’arrivo di Igli Tare e soprattutto Massimiliano Allegri e la prospettiva che qualcosa a livello societario possa cambiare. Sì, perché adesso è il momento di alzare l’asticella e la convinzione è che con Gerry Cardinale e il cappio di Elliott intorno al collo si possa fare ben poco di più rispetto a quanto fatto finora.
editoriale
Roma, Koné si conferma il mediano totale a cui manca l’ultimo passo
Roma – Dominatore del centrocampo con Gasperini, ma il francese fatica a incidere sotto porta. Numeri alla mano, il gol resta il grande assente…
Manu Koné è ad oggi uno dei centrocampisti più affidabili del campionato. Sotto la guida di Gasperini, il mediano francese sta confermando tutto il suo valore: precisione nei passaggi (91%), instancabile nel recupero palla (72) e autentico padrone dei contrasti, con ben 86 duelli vinti.
Numeri da top player, che però nascondono una lacuna evidente. A Koné manca l’altra metà del gioco: l’incisività negli ultimi metri, soprattutto in zona gol. Non per presenza, perché il suo movimento continuo lo porta spesso nei pressi dell’area avversaria, ma per scelta e freddezza.
Roma, Koné…provaci di più!
I dati del campionato 2025-26 parlano chiaro. In 16 presenze e 1440 minuti giocati, Koné ha tentato appena 9 conclusioni: 5 da fuori area e 4 dentro l’area, tra cui pesa il clamoroso errore ravvicinato contro il Bologna. Ancora più significativo è il dato sui tiri nello specchio: uno soltanto, in Roma-Udinese. Il suo xGOT si ferma a 0,05, un numero che fotografa perfettamente il problema.

MANU KONE GUARDA AVANTI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Il confronto interno non lo aiuta: Mancini ha tirato quanto lui ma con maggiore precisione, mentre Cristante ha tentato ben 21 conclusioni, trovando la porta cinque volte. Koné corre, lotta e recupera come pochi, ma quando si tratta di finalizzare, si tira indietro.
Per diventare davvero completo, e smettere di sentirsi dire che “gli manca solo il gol”, Manu Koné dovrà osare di più. La qualità c’è tutta: ora serve il coraggio di provarci.
editoriale
Milan, difesa e attacco da paura: ma cosa aspettiamo? L’editoriale di Mauro Vigna
Milan, emergono grossi (sempre gli stessi) problemi. La dirigenza dovrà per forza metterci mano a gennaio. Ma in quale maniera?
Tutti i nodi vengono al pettine. Checché se ne dica, le continue lamentele (credetemi ci sono) di Massimiliano Allegri alla dirigenza finora hanno sortito alcun effetto, ma sempre più evidente è il fatto che il tecnico livornese abbia dannatamente ragione.
In estate c’erano gli stessi identici problemi attuali, qualcuno si è preoccupato di ascoltarlo? Rispondo io: no, nessuno. E i risultati sono quelli di una squadra carente in difesa e inesistente in attacco.
Leao non è un attaccante, Nkunku nemmeno e Pulisic sta tenendo in piedi la baracca sebbene anche lui non sia una prima punta. In difesa il trio Gabbia-Tomori e Pavlovic si stanno dimostrando dei discreti mestieranti se il centrocampo non perde colpi. Quando invece accade, vanno in affanno perché, come detto, di fenomeni non ce ne sono.
Serve mettere mano, ma in modo deciso, a difesa e attacco. La soluzione può essere Thiago Silva? Assolutamente no, 41 anni e oltre 40 partite giocate. E in attacco la soluzione può essere Fullkrug? Uno che in due anni ha segnato meno di Gimenez? Ed è tutto detto?
Dispiace perché così facendo la dirigenza, esclusivamente lei, sta buttando alle ortiche il miracolo calcistico portato avanti da Allegri da agosto fino adesso. Basterebbe poco, due rinforzi di qualità ed esperienza e le cose migliorerebbero. Ma forti, non un 41enne e un attaccante che la porta non la vede nemmeno più col binocolo.
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