editoriale
Gaza, striscioni e proteste di solidarietà da Napoli e Genoa
In occasione delle gare contro Lazio e Sporting Lisbona, il tifo organizzato di Napoli e Genoa si è unito alle proteste contro il genocidio a Gaza.
Per mero opportunismo politico o per semplice viltà, l’Occidente sta abiurando al diktat “never again” strillato con fierezza al termine del Processo di Norimberga. Non a caso Genova e Napoli sono state fra le città in cui le proteste pro-Gaza sono state le più partecipate: 40mila nella capitale ligure, addirittura più di 50mila in quella campana. Perché a quel “mai più” ci credevano davvero soltanto i popoli. No, non in nostro nome.
Gaza, a Genova un “silenzio che fa rumore”
Il tifo organizzato del Genoa ha scelto “la strada del silenzio” per protestare contro l’immobilismo complice delle istituzioni italiane (ed europee) contro il genocidio in atto nella Striscia di Gaza. Una scelta simbolica ma estremamente efficace, esemplificata dallo striscione che ha troneggiato nella Gradinata: “E se la paura di guardare Gaza vi fa chinare il mento, sarà sempre complicità il vostro infame silenzio“. Una citazione al testo di “Canzone del Maggio” di Fabrizio De André, uno degli artisti più parafrasati in questo periodo di proteste.
La curva rossoblù, infatti, è rimasta in silenzio durante i primi cinque minuti della partita di settimana scorsa contro la Lazio. “In segno di solidarietà verso il popolo palestinese” come spiega la Gradinata Nord in un comunicato ufficiale. “La nostra intenzione non è certo quella di ‘politicizzare’ la Gradinata, dove le uniche bandiere che entrano sono quelle legate al Grifone e ai colori rossoblu. Tuttavia, ci sono situazioni che vanno oltre il calcio e che toccano nel profondo la coscienza di ciascuno di noi”.
Il tifo organizzato del club ligure ricorda, ancora una volta, a tutti come la questione palestinese non sia una lotta “politica”, ma una questione umanitaria. Trasversale allo spettro politico e ideologico, che può e deve trascendere ogni sfaccettatura della società civile senza eccezioni. E non c’è scelta migliore che restare in silenzio, mimando il comportamento assunto delle cancellerie europee negli ultimi due anni.

I TIFOSI DEL GENOA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Il monito del Napoli: “Portate l’umanità nel baratro”
Anche il tifo organizzato del Napoli si è esposto sulla questione palestinese, con un eloquente striscione, lungo diverse decine di metri, che ha troneggiato nella Curva B durante tutto il match fra la squadra di Antonio Conte e lo Sporting Lisbona. “Fermate il baratro in cui state conducendo l’umanità. Basta guerre, basta atrocità“. Un messaggio più “generico” rispetto all’omologo genoano, ma parimenti intriso di significato.
Oltre al sempre condivisibile messaggio pacifista, in cui si tiene conto dei quasi sessanta conflitti in corso nel mondo in questo momento, viene evidenziata la necessità di tracciare una linea. Quella in corso a Gaza non è una guerra, ma una barbarie che segna una svolta senza precedenti. (Massimo Cacciari ipse dixit) Per la prima volta, infatti, assistiamo ad un esercito che fronteggia direttamente un gruppo di civili, senza che dall’altra parte ci sia un altro convoglio militare a fare da contraltare. Il tutto mentre le istituzioni europee balbettano imbarazzate, dopo aver pontificato per due anni sulla “pace” dopo l’invasione russa dell’Ucraina.
Uno striscione che s’intreccia a doppio filo con la sopracitata protesta dei tifosi genoani, che nel loro comunicato lanciavano un messaggio chiaro: “restiamo umani“. Da qui il rimando al “baratro in cui si sta conducendo l’umanità“, menzionato nello striscione del tifo azzurro. Ovvero l’assistere, impotente e a tratti disinteressato, ad un genocidio che si sta consumando su una sponda del nostro stesso mare.
editoriale
Juventus, continua il caso David–Openda: pochi minuti e Mondiali a rischio
Juventus – gli acquisti di punta dell’estate faticano a trovare spazio. Spalletti continua a preferire altre soluzioni, mentre gennaio si avvicina e si valutano scenari inattesi.
La Juventus arriva alla metà del campionato con problemi ancora irrisolti. Il cambio Tudor–Spalletti non ha cancellato gli squilibri di una rosa costruita con fragilità strutturali, e i due investimenti più importanti dell’estate, Jonathan David e Lois Openda, restano ai margini. Anche nel ko di Napoli, nonostante l’assenza di Vlahovic, entrambi sono partiti dalla panchina, mentre Spalletti ha scelto Yildiz come falso nove.
Il rendimento dei due attaccanti è deludente. David, arrivato a parametro zero ma costato oltre 12 milioni di commissioni e con un ingaggio pesantissimo, ha segnato appena due gol in quasi venti partite e ha perso continuità in campionato e Champions. Openda, preso in prestito con obbligo di riscatto dal Lipsia per circa 45 milioni complessivi, ha raccolto finora pochissimi minuti in Serie A e un unico guizzo europeo. Il belga ha anche ammesso pubblicamente le difficoltà di adattamento.
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Juventus, il tempo stringe per andare al Mondiale…
Il club chiede un cambio di passo immediato. L’infortunio di Vlahovic, che potrebbe restare fuori a lungo, sembrava poter aprire spazi ai due attaccanti, ma le scelte dell’allenatore raccontano altro. Chiellini ha provato a smorzare i toni, parlando di “opportunità” per entrambi, ma le decisioni tecniche continuano a penalizzarli.
Il tempo stringe anche in ottica Mondiali. David punta a essere protagonista con il Canada nella rassegna “di casa”, mentre Openda teme la concorrenza feroce nella nazionale belga. Per entrambi diventa indispensabile giocare con continuità nella seconda parte della stagione.

KENAN YILDIZ, DUSAN VLAHOVIC E LOIS OPENDA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Il mercato di gennaio potrebbe offrire soluzioni, ma non senza ostacoli. David, con un ingaggio elevato, sarebbe accessibile quasi solo ai club di Premier League. La posizione di Openda è ancora più intricata per via degli accordi con il Lipsia e dell’obbligo di riscatto già fissato. In un mercato invernale di opportunità più che di investimenti, servirà creatività.
La Juventus, intanto, non può più permettersi rallentamenti: fuori dalla lotta scudetto e obbligata a lottare per il piazzamento Champions, ha urgente bisogno di certezze. E il tempo delle attese sta per scadere per tutti, David e Openda compresi.
editoriale
Fiorentina, c’è solo un modo (forse) per salvarla: venderla!
Lo spettro della Serie B per questa Fiorentina è sempre più concreto: bisogna azzerare tutto!
Sei miseri punti in 14 partite sono il risultato di una Fiorentina indecorosa, avvilente, composta da elementi che stanno infangando 99 anni di storia viola.
Pensare che il prossimo agosto è prevista la festa per il centenario del club, è da rabbrividire.
Anche a Sassuolo, dove la Fiorentina era arrivata piena di intenti, di dichiarazioni di unione rivelatesi vuote, visto quello che hanno messo in campo quei personaggi vestiti di viola.
Non giocatori, perché magari sarebbero stati in grado di mettere in piedi due passaggi, non uomini, come ha specificato Vanoli, perché avrebbero saputo giocare l’uno per l’altro.
La barca affonda con tutte le sue componenti: dai giocatori appunti, da Pioli e Vanoli, che non hanno saputo e non riescono a prendere in mano tecnicamente la situazione, e soprattutto la dirigenza.

Dopo le dimissioni di Pradè, che alla resa dei conti ha confezionato un bel disastro in chiave di mercato, soprattutto dal vista umano, componendo una rosa che ha saputo amalgamarsi. Il nuovo ds Goretti, che ha visto delle gravi lacune dopo l’addio del suo predecessore e di Pioli, ma non saputo metterle in evidenza prima e adesso è forse privo di esperienza per la situazione in cui si trova.
Infine il direttore generale Ferrari, che anziché vantarsi in sala stampa dei punti dello scorso anno e di vedere un orizzonte positivo, dovrebbe calarsi nella funerea realtà.
Soprattutto un esame dovrebbe farlo Commisso. Da mesi la sua voce non si sente. Al patron auguriamo tanta salute, visto che settimane fa la Fiorentina ha fatto sapere che era stato sottoposto ad un intervento chirurgico.
Dall’America dare ordini ad un gruppo di giocatori del genere è complicato.
Gli consigliamo di vendere. E di farlo in fretta. A Firenze c’è bisogno di azzerare tutto, di ripartire da zero. Con una società forte.
editoriale
Milan, poco importa della Coppetta Italia: più gravi i soliti problemi | L’editoriale di Mauro Vigna
Milan, una sconfitta in trasferta per 1-0 contro la Lazio non deve assolutamente preoccupare. Sì, perché i problemi in casa rossonera sono decisamente altri.
Il Milan esce sconfitto, ma non ridimensionato, in seguito all’1-0 rimediato in trasferta contro la Lazio. Una gara giocata probabilmente meglio rispetto a quella di campionato pochi giorni fa, ma la sconfitta non deve gridare vendetta. Primo perché si giocava una competizione di cui poco gliene fregava a Massimiliano Allegri il quale è impegnato per conseguire l’obiettivo minimo stagionale ossia la qualificazione Champions.
Un organico troppo corto per disperdere energie inutili, i soliti problemi che la dirigenza dovrà obbligatoriamente (si spera) risolvere a gennaio. Una coperta eccessivamente inadeguatae una squadra che va in affanno quando mancano i suoi big.
Sebbene ce ne fosse ancora il bisogno, abbiamo capito che Estupinan non è da Milan, probabilmente nemmeno da Serie A, Ricci non è una mezzala, senza Modric e Rabiot è un altro Milan, Leao ed Nkunku non sono punte centrali. Prima si capisce quest’ultimo concetto e meglio è. Il francese ieri sera a tratti imbarazzante, Leao decisamente in giornata no, e comunque fuori ruolo.
Serve un attaccante centrale e questa volta la dirigenza dovrà ascoltare Allegri. Serve un centrale difensivo così come serve a mio avviso anche un terzino destro. L’invito è quello di aprire il portafoglio e spendere soldi che in casa già ci sono. Siamo primi in classifica, fino a prova contraria, adesso è il momento di osare. Senza gli alibi e le scuse della Coppetta Italia.
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