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Cristiano Ronaldo: e se nel 2003 fosse andato alla Juventus e non allo United?

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Messi

Il 12 agosto del 2003 il Manchester United annunciava l’acquisto di Cristiano Ronaldo dallo Sporting Lisbona, beffando così la Juventus.

Si, perchè riavvolgendo il nastro della storia e analizzando il tutto la Vecchia Signora era stata molto vicina a prendere CR7 molto prima rispetto al suo approdo da fuoriclasse fatto e cresciuto. Ma facciamo chiarezza.

cristiano ronaldo

cristiano ronaldo (juventus) during Juventus FC vs ACF Fiorentina, italian Serie A soccer match in Torino, February 02 2020 – LPS/Alessio Morgese

 

Cristiano Ronaldo: il retroscena bianconero

Il tutto parte da un titolo sul sito della Gazzetta dello Sport che recitava così: “E i bianconeri piombano sul Ronaldo portoghese”. Era il 30 novembre del 2002. Il Ronaldo di cui si parla, e che nel tempo diventerà CR7, viene definito in quelle righe come una seconda punta di gran fisico (184 centimetri d’ altezza per 75 chilogrammi di peso) dotata però anche di ottima tecnica.

Nonostante ai più ancora non sia molto conosciuto, su di lui si  sono accesi i fari di mezza Europa, pronti a fare follie per accaparrarsi il talento portoghese. La leggenda narra che a segnalare Cristiano alla Vecchia Signora fosse stato Gianni di Marzio, al tempo responsabile della sezione estero del club bianconero.

Di Marzio racconta di essere andato lì per visionare Quaresma nell’amichevole tra lo Sporting ed il Belelenses, dove però non trovò molto spazio. Così i suoi occhi si puntarono su Ronaldo, allora ragazzino, alla sua terza partita. Era potenza e tecnica allo stato puro. Dopo aver parlato con la mamma ed uno Jorge Mendes alle prime armi, Di Marzio riuscì a far venire Cristiano a Torino per le visite mediche. Il ragazzo li passò senza problemi.

Ora bisognava parlare con lo Sporting Lisbona. Nell’estate del 2003 Luciano Moggi, direttore generale bianconero, riesce a chiudere un accordo con il club portoghese sulla base di 2,5 milioni di euro ed il cartellino di Marcelo Salas. Il cileno infatti aveva chiesto la cessione essendo in rotta con il club, ma non vedeva di buon occhio il Portogallo come destinazione gradita, in quanto ambiva a tornare al River Plate.

Lo Sporting però ne voleva ben 10 di milioni. Una richiesta ritenuta decisamente elevata dalla Juventus per un ragazzo che aveva messo a referto solo 3 gol in 25 presenze.

L’amichevole da cui nacque tutto

Nel frattempo, per inaugurare il nuovo stadio Josè Alvalade, i portoghesi organizzano un amichevole contro il Manchester United.

Il tecnico dei Red Devils, Sir Alex Ferguson, mette in guardia i suoi sul ragazzo, che parte esterno sulla sinistra per rientrare e calciare con il destro. Di lui dirà “È forte e agile. È bravino”.

Il tecnico scozzese lo ha studiato molto bene, anche perchè il suo vice –Carlos Queiroz– lo ha già visionato decine di volte. Da qui l’idea di provare a portarlo a Manchester. Anzi, l’idea sarebbe stata quella di acquistarlo e lasciarlo un anno in prestito ai Leoni per continuare il processo di crescita.

C’è solo un problema però, quella sera Ronaldo fa impazzire la retroguardia inglese, facendo uscire letteralmente fuori di testa John O’Shea.

E qui ci viene in aiuto la biografia dell’allenatore scozzese. Alla fine del primo tempo infatti incarica uno dei suoi assistenti in tribuna per far scendere il proprietario dei Red Devils, Peter Kenyon, negli spogliatoi. “Non ce ne andiamo da qui sino a quando non abbiamo preso il ragazzo” le testuali parole di Ferguson. E così fu.

E così, il 12 agosto 2003 il Manchester United annuncia al mondo di aver acquistato Cristiano Ronaldo per 12 milioni di sterline.

Resta un po’ il ricordo amaro per la Juventus per non essere riuscita a prendere Cristiano. Almeno non subito. Il resto è storia.

Focus

Inter, il futuro di Akinsanmiro: basta un milione per riportarlo a Milano

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Calciomercato Inter

Akinsanmiro stupisce al Pisa e torna nei piani dell’Inter: grazie alla clausola di recompra da 1 milione i nerazzurri possono riportarlo subito a Milano.

Stankovic, Pio Esposito e suo fratello Sebastiano sono solo alcuni dei maggiori talenti usciti dalle giovanili dell’Inter, settore di cui oggi la società di via della Liberazione va particolarmente fiera. Ovviamente, l’unico che gioca stabilmente nella squadra in cui è cresciuto è il più piccolo della famiglia Esposito, Pio, che — a differenza di suo fratello Sebastiano, oggi al Cagliari — ha concluso la classica trafila di prestiti nella scorsa stagione allo Spezia.

Tuttavia, non si può dire lo stesso dell’altro giocatore citato. Pur essendo attualmente in Belgio, Stankovic continua a vestire una maglia nerazzurra, quella del Club Brugge, anche se è dei tre quello più lontano: per riportarlo a Milano, infatti, l’Inter dovrebbe versare i 15 milioni previsti dalla clausola di recompra, inserita nella trattativa con il club vicecampione del Belgio.

Non è però l’unico giocatore con un passato interista ad avere una clausola simile, e che — guarda caso — ha cambiato città, ma non colori. Il nome in questione è quello di Ebenezer Akinsanmiro, centrocampista nigeriano arrivato nel 2023 alla corte nerazzurra e oggi in forza al Pisa. Come per Stankovic, anche sul suo contratto è presente una clausola che permetterebbe all’Inter di riportarlo a Milano senza ulteriori trattative; ma, a differenza del figlio d’arte, la cifra è notevolmente più bassa, rendendo il tutto più realistico.

La questione Stankovic

Tuttavia, anche nel caso di Stankovic si tratta di un’operazione tutt’altro che sconveniente: il giocatore, che non avrebbe trovato spazio — o almeno non quanto nella scorsa stagione al Lucerna, dove aveva collezionato 38 presenze, segnato tre gol e fornito due assist — è stato ceduto a una squadra dove certamente avrebbe avuto modo di giocare. Ma il Club Brugge non avrebbe agito “pro bono” per l’Inter senza nulla in cambio. Ecco perché, ai 10 milioni incassati dai nerazzurri, la dirigenza guidata da Giuseppe Marotta ha deciso di aggiungere una clausola di recompra da 25 milioni: da un lato testimonianza del grande valore del giocatore cresciuto sotto la guida di Christian Chivu, dall’altro segnale che l’Inter, pagando 25 milioni, riacquisterebbe un profilo molto più maturo e con esperienza accumulata anche su palcoscenici importanti, al prezzo di 15 milioni di euro, cifra più bassa di quella che potrebbe diventare la sua valutazione da qui a qualche mese.

Inter, cosa fare con Akinsanmiro

La società nerazzurra sarebbe rimasta molto soddisfatta dell’apporto dato alla causa del Pisa dal suo giovane talento, un fattore che di fatto lo avrebbe riportato al centro dei piani dell’Inter per il futuro. Il giocatore, infatti — per il quale, ricordiamo, basterebbe versare solo un milione per riaverlo — ha già praticamente sextuplicato il valore dell’investimento che l’Inter dovrebbe sostenere per riportarlo a Milano.

L’Inter comunque non si è fatta cogliere alla sprovvista. Durante l’ultima finestra di mercato, quando si è seduta al tavolo con la dirigenza del Pisa, avrebbe deciso di impostare la trattativa nel seguente modo, come raccontato anche da Calciomercato.com: il giocatore sarebbe passato al Pisa in prestito oneroso, con una opzione di riscatto a 7 milioni.
E allora perché l’Inter può riprendere totalmente possesso del suo giocatore — dato che, di fatto, lo è ancora — per soltanto un milione?

La risposta risiede nella clausola di recompra, in pieno stile Real Madrid, una tutela fondamentale per i grandi club che, spesso impegnati in progetti ambiziosi, rischiano di lasciarsi sfuggire i migliori talenti cresciuti nel loro settore giovanile. Una clausola che, in questo caso, permetterebbe — come già detto — di riacquistare il giocatore tramite un controriscatto da un milione di euro.

Inter

LAUTARO MARTINEZ PENSA ALLA CHAMPIONS LEAGUE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

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Arbitri, VAR e polemiche: Un problema creato dal sistema

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FIGC

Arbitri e VAR sono al centro di molte discussioni nel calcio italiano. Ogni giornata porta nuovi dubbi e polemiche sulle decisioni in campo, che spesso finiscono sotto la lente dei media e dei tifosi.

Ranieri

Il problema non riguarda solo gli arbitri: anche il sistema in cui operano influisce sulle scelte. Il VAR è arrivato con la promessa di maggiore chiarezza, ma non sempre riesce a evitare gli errori o a spiegare le decisioni in modo trasparente.

Quando le situazioni restano controverse, spesso le responsabilità sembrano sfumare tra arbitri e tecnologia.

In altri Paesi, gli arbitri forniscono spiegazioni ufficiali dopo le partita; in Italia, invece, la comunicazione resta limitata. Questo contribuisce a creare incertezza e sospetti tra tifosi e addetti ai lavori. Gli arbitri italiani affrontano una pressione costante e, talvolta, questo si riflette nelle decisioni prese in campo.

Var, cambiamento a fuoco lento

Un esempio recente arriva dalla partita Lazio–Milan a San Siro. Nei minuti di recupero, il VAR ha richiamato l’arbitro Collu al monitor per valutare un possibile rigore per la Lazio, dopo un tocco di braccio di Pavlovic che inizialmente era stato ignorato. Dopo l’on‑field review, l’arbitro ha deciso di non concedere il penalty, assegnando invece un calcio di punizione per fallo in attacco.

La scelta ha provocato proteste della Lazio, critiche diffuse sui media e la squadra biancoceleste ha anche saltato la conferenza stampa post‑gara, pubblicando immagini del replay sui social per contestare il verdetto. L’allenatore Maurizio Sarri ha poi suggerito di riposizionare le postazioni VAR lontano dalle panchine per ridurre tensioni e confusioni durante le partite.

Nonostante le critiche, ogni stagione vengono annunciate nuove iniziative per aumentare trasparenza e dialogi, ma i cambiamenti concreti sono spesso lenti o limitati. In sintesi, il dibattito sugli arbitri e sul VAR no riguarda solo singoli episodi: riflette questioni più ampie legate al sistema del calcio italiano, alla gestione della tecnologia e alla comunicazione con tifosi e media.

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Il Milan di Modric: continuità e divertimento in campo

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Benessere e divertimento, gli ingredienti del campione croato Modric: a 40 anni guida il Milan e trascina i compagni sotto la guida di Max Allegri.

In meno di sei mesi, Luka Modric ha già lasciato un’impronta indelebile sul Milan: regista completo, leader esperto e modello per i compagni e tifosi.  Arrivato a parametro zero dal Real Madrid nell’estate 2025, con un bagaglio di esperienza e un palmares straordinario, l’ex Pallone d’Oro è entrato in punta di piedi e si è imposto subito con personalità dando ordine alla manovra rossonera.

A 40 anni compiuti a settembre, Modric è stato sempre titolare e costantemente decisivo. Nei primi 14 turni di Serie A, il rendimento del centrocampista croato non si limita solo alla gestione del pallone, ma coinvolge anche l’aspetto offensivo, con ben 300 passaggi riusciti, di cui 169 nella metà avversaria, 46 passaggi filtranti che hanno penetrato la retroguardia avversaria e 31 possessi guadagnati. Sul piano offensivo, ha realizzato un gol (contro il Bologna) e due assist (contro Lecce e Pisa), confermando il suo impatto a 360 gradi sul gioco della squadra.

Questi numeri dimostrano che Modric è il fulcro del gioco rossonero: è lui che detta i tempi, rompe le linee avversarie, recupera i palloni, andando oltre il ruolo tradizionale del regista. L’ex Galactico è un punto di riferimento per i compagni e il tecnico Massimiliano Allegri, che hanno subito percepito la sua influenza dentro e fuori dal campo.

modric

MASSIMILIANO ALLEGRI FA IL SEGNO OK ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Le dichiarazioni di Modric durante i Gazzetta Awards

In un’intervista concessa alla Gazzetta dello Sport in occasione dei Gazzetta Sports Awards, Luka Modric ha raccontato il suo momento al Milan, sottolineando energia, concentrazione e piacere nel giocare. Il numero 14 rossonero ha spiegato di sentirsi in forma sia fisicamente sia mentalmente, di divertirsi in campo e di voler proseguire su questa strada.

Modric ha poi parlato del rapporto con Massimiliano Allegri, definendolo un grande allenatore e un vincente, e si è detto colpito dalla sua capacità di gestire lo spogliatoio e di trasmettere energie positive alla squadra, elementi che possono rendere il Milan credibile nella corsa allo scudetto.

Di seguito ecco un estratto della sua intervista:

Modric, come fa a quarant’anni a essere sempre così decisivo, ma soprattutto a giocare con questa continuità?

“Mi sento bene, fisicamente e psicologicamente, e mi piace quello che faccio. Voglio continuare così perché mi diverto. Tutto sta andando come volevo”.

Adesso con il Milan siete primi in classifica, in lotta per lo scudetto. Meglio di così…

“Secondo me stiamo facendo un buon lavoro e l’obiettivo è quello di non fermarsi anche se ci sono tante squadre che lottano per il primo posto. È dura, ma andiamo avanti. Con fiducia”.

A Milanello ha trovato Massimiliano Allegri. Qual è il suo rapporto con lui? 

“È un grande allenatore, un vincente. Mi diverto a lavorare con lui e mi ha sorpreso per la sua personalità. Ha una grande capacità di creare un feeling con lo spogliatoio perché è abituato a gestire i grandi campioni: ti aiuta a dare il massimo e ti fa stare tranquillo così è più semplice fare quello che devi”.

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