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Qatar: cala il tris e vince la Coppa d’Asia

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Coppa d'Asia

Qatar: tripletta di Akram Afif, tre rigori. È capocannoniere del torneo con 8 gol. Secondo titolo per la squadra guidata da Tintín Márquez. Delusione per la Giordania.

Il Qatar vince la Coppa d’Asia per la seconda volta. Al Lusail Iconic Stadium batte la Giordania per 3-1. Prima sconfitta del torneo per la squadra di Hussein Ammouta alla sua prima finale.

Giordania, ottimo percorso fino a ieri

Ha vinto la lucidità e l’esperienza. Decisivi i tre episodi che hanno portato ai rigori. La Giordania è stata in partita solo nella ripresa: con un moto di orgoglio ha trovato un momentaneo pareggio grazie al gol di Al Naimat al 66′.

Illusione durata poco, perché poi è arrivato il secondo rigore messo a segno da Afif.

Il campionato della Giordania se vogliamo è stato anche migliore del Qatar, che ha perso tutte le partite del girone.

Si sono succeduti vari tecnici sulla panchina qatariota: Bruno Pinheiro, Carlos Queiroz, con pessimi risultati. A un mese dalla Coppa d’Asia è arrivato Tintín Márquez: in poco tempo ha messo su una buona squadra, che ha centrato l’obiettivo.

Qatar vince Coppa d'Asia

La finale del Qatar: due grandi protagonisti

Il risultato viene sbloccato al 22′, il primo dei tre rigori messi a segno da Akram Afif, uno degli uomini chiave del match. Pari provvisorio di Al-Naimat al 67′. Secondo rigore al 73′, nuovo vantaggio del Qatar.

Viene concesso un lunghissimo recupero finale: ben 17 minuti. Durante i quali viene segnato il terzo rigore.

Altro protagonista il portiere qatariota Barsham: parate determinanti nel secondo tempo.

Secondo successo di fila in Coppa d’Asia per il Qatar, dopo la finale del 2019 dove ebbe la meglio sul Giappone.

 

 

Premier League

Arsenal: 20 anni fa la leggenda dei “The Invincibles”

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Nel 2004 Arsene Wenger portava l’Arsenal a conquistare il suo tredicesimo titolo in Premier League non perdendo neanche una partita in tutta la stagione. 

A chi pensiamo quando parliamo di squadre imbattibili? Sicuramente gli appassionati più “datati” diranno il Grande Torino di Valentino Mazzola o il Real Madrid di Di Stefano. Le generazioni degli anni dopo ricorderanno il Milan di Arrigo Sacchi. Quelle più recenti parleranno del Barcellona dei marziani di Pep Guardiola.

C’è stata una squadra, però, che era veramente invincibile. E che vent’anni fa entrava nella leggenda del calcio con un record che, ancora oggi, nessuno ha più eguagliato nel campionato inglese. E quella squadra era l’Arsenal.

Indice

La rivoluzione francese.

E’ il 1996. Da quattro anni il campionato inglese ha cambiato nome, passando da First Division a Premier League. Non è solamente un cambio di nominativo, ma dell’idea che c’é alla base: rendere il torneo d’Oltremanica il migliore al mondo. Rinnovo delle infrastrutture e “cacciata” degli hooligans dagli stadi sono i capisaldi di un progetto che all’inizio genera scetticismo ma che, un paio di decenni dopo, porterà introiti economici mai visti prima.

Arriva la Premier League, e c’é un solo uomo al comando: Sir Alex Ferguson. Il Manchester United è la squadra che aprirà un dominio quasi incontrastato. Già, quasi. Perché nella patria della letteratura romantica solo l’immaginazione ed un forte sentimento interiore avrebbe potuto contrastare un egemonia che sembrava inscalfibile. E il protagonista di questo romanzo durato più di vent’anni si chiama Arsène Wenger.

Arsenal

Diventato allenatore dopo un passato tutt’altro che indimenticabile come calciatore, esordisce come tecnico con il Nancy. Nel 1987 arriva nel Principato, dove porterà il Monaco alla conquista del titolo nel 1988. Arrivano offerte importanti, dal Bayern Monaco alla nazionale francese, ma la risposta è no. Wenger si trova bene al Monaco, e giura fedeltà alla propria squadra. L’inizio di una lunga storia d’amore? Tutt’altro. Dopo un difficile avvio di campionato il tecnico viene esonerato. E dove va? Lontano, fino in Giappone. Al Nagoya Grampus, dove vincerà la Coppa dell’Imperatore e portando la squadra al secondo posto, dopo averla prelevata dai bassi fondi della classifica.

Una grande impresa, certo. Ma le imprese lontane da casa rischiano di non avere appeal. Eppure c’é qualcuno che già qualche anno prima aveva visto in Wenger qualcosa di speciale. Quel qualcuno si chiama David Dein, ed è il vicepresidente dell’Arsenal.

Si erano conosciuti qualche anno prima, quando Wenger era ancora l’allenatore del Monaco. Tra realtà e finzione, proprio come in un romanzo romantico, si narra di una frase pronunciata dal tecnico nativo di Strasburgo al numero 2 dei Gunners in quell’incontro: “Ieri sera alla tv ho visto una partita del Tottenham. Mi sono addormentato.” Dein si ricordò di questa frase, e nel 1996 Wenger prenderà il posto del dimissionario Bruce Rioch.

Il Double.

L’arrivo di Wenger a Londra viene accolto dai tifosi dei Gunners con una certa preoccupazione. L’abitudine ad una guida tecnica inglese o comunque del Regno Unito è ormai consolidata, e un allenatore straniero avrebbe portato, a loro avviso, solo incertezze. La rivoluzione francese parte dall’alimentazione e dai metodi di allenamento. Con Wenger arriva anche un giovane Patrick Vieira, che di lì a poco diventerà la colonna portante del centrocampo dell’Arsenal del presente e di quello futuro. La prima stagione si conclude con il terzo posto in classifica e con la vittoria, ancora una volta, del Manchester United. Ma i miglioramenti sono evidenti, ed è solo l’inizio.

La seconda stagione è quella che porterà l’Arsenal alla conquista del double Premier League-FA Cup, dopo quasi trent’anni di distanza dall’ultima volta. La squadra aveva messo delle fondamenta solide all’interno della sua rosa. Un mix di giocatori giovani (Vieira, Overmars, Petit) affiancati da veterani già affermati (Bergkamp in primis).

Arsenal

Sembrerebbe solamente il preludio ad un dominio destinato a durare anni, ma non sarà subito. Nelle stagioni successive i Gunners arriveranno sempre alle spalle degli acerrimi rivali del Manchester United, che vinceranno la Premier League per ben tre stagioni consecutive. L’Arsenal conoscerà l’amarezza della sconfitta anche in campo europeo nel 2000, quando verrà battuto ai rigori dal Galatasaray nella finale di Coppa UEFA.

Sono molti i tifosi londinesi a credere che il Double sia stata una parentesi felice ma breve, e che per vedere rivincere ancora la propria squadra bisognerà aspettare ancora tanto tempo. E invece si sbagliano, perché nel 1999 è arrivato l’uomo della provvidenza, e anche lui, come Wenger, viene dal Monaco. Il suo nome è Thierry Henry.

Gli invincibili.

Dopo un periodo di adattamento ad un campionato totalmente diverso, Henry diventa il fuoriclasse pronto a prendere per mano l’Arsenal e a farlo diventare una delle squadre più belle di sempre. Assieme a lui ci furono gli arrivi fondamentali di Robert Pires, Fredrik Ljungberg e Sol Campbell, che in poco tempo diventarono la colonna portante dei Gunners.

Il ritorno al successo arriva nella stagione 2001-2002. L’Arsenal vince ancora una volta il Double, il terzo della sua storia. Il Manchester United però è sempre lì, in agguato, ed infatti la stagione successiva si riprende la corona. Ciò che però preoccupa di più i tifosi dell’Arsenal e la dirigenza stessa è che sempre più club stanno vendendo a proprietà miliardarie. L’arrivo di Roman Abramovic al Chelsea coinciderà con l’inizio di sessioni di calciomercato faraoniche, con un solo chiaro obiettivo: vincere subito.

Ma a volte i milioni non bastano. A volte la programmazione, la pazienza e la perseveranza pagano. Anche quando il mondo esterno sembra dirti il contrario. E così fu.

All’inizio della stagione 2002/2003 le dichiarazioni di Wenger fanno sorridere in molti. “Questa squadra può pensare di non perdere neanche una partita in campionato”, afferma il tecnico francese. Alcuni tifosi dell’Arsenal sono arrabbiati da queste dichiarazioni, mentre i rivali deridono lo stesso Wenger. In molti cambieranno idea solamente un anno dopo.

Eppure la stagione 2003/2004 non inizia benissimo. I Gunners perdono in Community Shield ai calci di rigore contro il Manchester United, e le prime cinque gare di campionato portano quattro successi ed un pareggio, ma senza convincere del tutto.

Arsenal

Il 21 settembre 2003 l’Arsenal arriva all’Old Trafford, in una gara che rimarrà nella storia della Premier League come “The Battle of Old Trafford”. La squadra di Wenger è avanti 2-1 nonostante si trovi in dieci uomini per l’espulsione di Vieira, arrivata dopo un fallo di reazione su Ruud van Nistelrooij. Ne nasce una rissa clamorosa. A dieci minuti dal termine proprio il centravanti olandese ha la possibilità di pareggiare dagli 11 metri, ma la sua conclusione sbatte sulla traversa. Keown gli esulta ripetutamente in faccia, colpendolo anche. Ne nasce un parapiglia ma, clamorosamente, l’arbitro non estrae nemmeno un cartellino.

L’Arsenal vince anche contro il Liverpool ed il Chelsea, ma al termine del girone d’andata si trova a tre punti di distanza dai Blues. La parte di stagione che sarà decisiva per il successo dei Gunners è quella compresa tra il 10 gennaio ed il 20 marzo 2004. In quel periodo l’Arsenal vincerà 9 gare consecutive, tra cui quella fondamentale in rimonta in casa del Chelsea. Il pareggio contro lo United per 1-1 porta i cannonieri primi in campionato a 12 punti di distanza dai Red Devils e a 7 punti dal Chelsea. Un distacco abissale e che metterà la parola “fine” alle ambizioni di Ranieri e Ferguson.

La tripletta di Thierry Henry contro il Liverpool nel successo per 4-2 è una masterclass di tecnica e potenza. La vittoria contro i Reds è il manifesto del pensiero tattico di Wenger, che dimostra lo strapotere di una squadra dominante.

Il 13esimo titolo della storia dell’Arsenal arriva matematicamente a quattro giornate dal termine con il pareggio per 2-2 contro il Tottenham. Già, proprio quel Tottenham che faceva addormentare Wenger alla tv.

Ma non finisce qui. L’Arsenal vuole trasformare la propria stagione da unica ad irripetibile. E così sarà. I Gunners chiuderanno il campionato da imbattuti con 90 punti. In 38 partite collezioneranno 26 vittorie e 12 pareggi. Un’ impresa che, a vent’anni di distanza, nessuno è stato più in grado di ripetere in Premier League. Thierry Henry è all’apice della sua carriera, e vince la classifica cannonieri con 30 reti.

Arsenal

Sono passati vent’anni da quel 2004 in cui l’Arsenal di Wenger scioccò il mondo calcistico. Da quel momento i tifosi stanno ancora aspettando il ritorno alla vittoria del campionato. L’anno scorso Arteta ci è quasi riuscito, come quest’anno. E se non dovesse essere nemmeno quest’anno i tifosi dell’Arsenal continueranno ad essere pazienti ancora un po’.

Perché nella trasposizione cinematografica del capolavoro di Nick Hornby “Febbre a 90” c’é una frase che, probabilmente, rappresenta in maniera impeccabile l’essenza dei tifosi dei Gunners: “C’è sempre un altra stagione”.

 

 

 

 

 

 

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Ligue 1

Mbappé lascia il PSG: dalle parole di Luis Enrique alla festa d’addio al Parco dei Principi

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Kylian Mbappé lascerà il PSG a fine stagione. La conferma ufficiale è arrivata dopo l’eliminazione dalla Champions League per mano del Borussia Dortmund.

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Au revoir Parigi, bienvenido Madrid

Dall’ufficiosità si è passati all’ufficialità. Il cambio di paradigma lessicale, che ha permesso di passare dall’elefante nella stanza della cui esistenza tutti sono a conoscenza ma di cui nessuno parla a una realtà fattuale, è stato reso possibile dalle dichiarazioni dello stesso Mbappé. Infatti, il fuoriclasse francese (nella giornata di ieri) ha reso nota la propria volontà di non rinnovare il proprio contratto in scadenza con il PSG.

❝È il mio ultimo anno al Paris Saint Germain. Non rinnoverò il mio contratto e la mia avventura qui finirà tra un paio di settimane. Domenica giocherò la mia ultima partita al Parco dei Principi. Provo molte emozioni per i tanti anni in cui ho avuto l’occasione e l’onore di giocare per il più grande club francese, che mi ha permesso di arrivare a questo livello.

Prima di tutto voglio ringrazie tutti i compagni che ho avuto, tutti i tecnici: Emery, Tuchel, Pochettino, Galtier e Luis Enrique. I direttore sportivi Leonardo e Luis Campos, per avermi sempre accompagnato. Grazie a tutti i membri del club che nessuno vede e che meritano il giusto riconoscimento. So di lasciare il club in ottime mani.

È dura e non pensavo sarebbe stato così difficile annunciare di lasciare il mio paese e la Ligue 1. Però ne ho bisogno. Ho bisogno di una nuova sfida dopo sette anni. So di non essere il giocatore più dimostrativo, ma dico grazie ai tifosi per tutto l’amore che mi hanno dato per sette anni. Il PSG è un club che non lascia indifferenti, o lo ami o lo odi. Io non ho rimpianti: è un club che ricorderò per tutta la mia vita. Non giocherò più qui ma continuerò a guardare ogni partita, lo seguirò ancora. Ho provato a dare il meglio di me stesso, sono grato per la vita per tutte le emozioni vissute. Ora dobbiamo alzare l’ultimo trofeo. Ici c’est Paris.❞

Mbappé

Luis Enrique: “Senza Mbappé saremo più forti

Mbappé ha annunciato il proprio addio al club tramite un lungo e sentito video che il francese ha affidato ai propri canali social. Poco dopo è arrivata anche la conferma di Luis Enrique, che però non ha voluto mostrarsi troppo affranto dall’addio del suo miglior giocatore. Di seguito, le sue parole prima della gara con il Tolosa:

❝Sapevamo tutti da tempo che Kylian Mbappé avrebbe lasciato il PSG. Non cambia nulla per noi e gli auguro tutto il meglio. Non ha ancora detto dove andrà, ma pensiamo sia chiaro. Io rimango convinto che il prossimo anno senza di lui saremo addirittura più forti: segnatevi le mie parole.❞

Sono chiaramente parole di circostanza, in quanto il tecnico catalano sa benissimo che gran parte del giudizio che verte sul suo operato lo si deve al talento del numero sette. Senza la capacità del francese di vincere le partite da solo, l’anti-calcio proposto dallo spagnolo avrebbe portato in dote molti meno elogi.

Mbappé

Mbappé-Real Madrid, i dettagli del contratto

Emergono già i primi dettagli del ricchissimo contratto che legherà Mbappé al Real Madrid. Innanzitutto la durata dell’accordo, che legherà il francese ai blancos sino al 30 Giugno del 2029. Ovviamente questo lo renderà anche il giocatore più pagato della rosa del Real, anche se a Madrid guadagnerà una cifra leggermente inferiore a quella che percepiva a Parigi e quindi su questo è stato di parola.

Kylian passerà dai trenta milioni netti l’anno che percepiva a Parigi (più ricchissimi bonus) ai venti netti che percepirà a Madrid. Una cifra di poco superiore a quella dei big della rosa, ovvero i vari Kross, Vinicius, Bellingham e Modric che però lascerà il club in estate per fare ritorno in patria.

L’affare è talmente vicino alla chiusura che in Spagna si parla già del suo nuovo numero di maglia. Si parla della numero dieci, che come detto in estate verrà lasciata libera dal centrocampista croato, poiché la sua preferita (la sette del suo idolo Cristiano Ronaldo) è occupata da Vinicius. Ci sarebbe sfitta la numero nove, rimasta vacante dopo l’addio di Benzema la scorsa estate, ma che è stata promessa al brasiliano Endrick.

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Ligue 1

Juventus su O’Brien per il dopo-Bremer, ma il Lione non intende cederlo

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Jake O’Brien, centrale irlandese classe 2001, è finito nel mirino della Juventus come potenziale erede del brasiliano Gleison Bremer.

Juventus, ecco chi è O’Brien

Prelevato in estate dall’Academy del Crystal Palace per poco meno di un milione di euro, Jake O’Brien è stato (durante tutta la prima parte di stagione) l’unica nota lieta di un Lione disastroso. Poi il ricco mercato invernale e l’arrivo salvifico di Pierre Sage hanno portato la squadra francese dall’ultimo posto in classifica all’attuale settimo con vista sull’Europa, oltre a una finale di Coupe de France da giocare contro il PSG.

Nonostante l’evidente innalzamento del tasso tecnico della squadra, di cui hanno fatto le spese altri giovani emersi nel girone d’andata come per esempio Skelly Alvero, O’Brien è rimasto il perno della retroguardia lionese. Difensore solido e strutturato fisicamente, come dimostrano i quasi 2 metri d’altezza.

1,97 per la precisione. Una stazza che l’irlandese abbina a una grande capacità nel gioco aereo, come dimostrano i quattro gol (più due assist) messi a referto in 29 partite stagionali. Nonostante la giovane età (parliamo infatti di un classe 2001 che compirà 23 anni il prossimo 15 Maggio) è già nel giro della nazionale irlandese.

L’intreccio con Bremer e il Manchester United

La Juventus, e non è un segreto, in estate cederà uno fra Chiesa (qualora non dovesse rinnovare il contratto in scadenza nel 2025) e Bremer per finanziare la rivoluzione tecnica. Nei piani della dirigenza il roccioso centrale brasiliano sarebbe più facile da sostituire rispetto al funambolico esterno italiano, ma sin qui nessuno si è anche solo avvicinato alla valutazione di circa 50-60 milioni che ne fa la dirigenza juventina.

Nemmeno il Manchester United, che la scorsa estate lo aveva lungamente corteggiato, sembra disposto a tanto. Tuttavia, qualora la Juventus avesse in estate avesse davvero la necessità di sostituire Bremer, dovrà verosimilmente volgere il proprio sguardo altrove. Infatti, il Lione non ha nessuna intenzione di cedere O’Brien e la politica aziendale del nuovo corso targato John Textor è molto chiara.

Nessuno è incedibile, in quanto il player trading è alla base del modello di business americano, ma il Lione vende i suoi pezzi pregiati soltanto in due casi. Il primo: quando si ritiene che l’asset abbia raggiunto l’apice del proprio valore. Il secondo: quando c’è una richiesta esplicita di cessione.

E in alcuni casi questo neppure avviene, basti pensare alle rimostranze di Tagliafico quando gli fu impedito di tornare all’Ajax. Ad appena un anno dal suo arrivo sulle rive del Rodano, un’eventuale cessione di O’Brien non porterebbe nelle casse lionesi una plusvalenza sufficiente da giustificare il suo sacrificio.

Ne consegue che il centrale irlandese rimarrà alla corte di Pierre Sage almeno un altro anno, nella speranza che possa ripetere quanto di buono fatto in questa stagione e accrescere ulteriormente la propria valutazione di mercato. Con buona pace della Juventus e di tutte le altre pretendenti sparse in giro per l’Europa.

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