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Roma, Gasperini sul capitano: “La fascia va al più presente”

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Roma

Lo spogliatoio della Roma entra in una nuova era: meno simboli, più merito. Gasperini punta su una leadership diffusa e conquistata sul campo.

Gasperini rompe gli equilibri

Non lascia spazio a interpretazioni Gian Piero Gasperini quando si tratta di scegliere il capitano della sua Roma. All’indomani dell’allenamento nel centro sportivo inglese, il tecnico giallorosso ha chiarito pubblicamente quale sarà il criterio guida per assegnare la fascia: “Chi ha più presenze in squadra sarà il capitano. Un principio semplice, ma che ha un peso rilevante all’interno dello spogliatoio.

Una presa di posizione che ribadisce il modello già adottato con successo ai tempi dell’Atalanta. E che apre, inevitabilmente, a un nuovo scenario a Trigoria. La Roma di Gasperini potrebbe presto avere un capitano diverso da Lorenzo Pellegrini. Almeno nelle scelte ufficiali. L’attuale numero 7, fermo ai box per infortunio e assente con ogni probabilità nella prima giornata contro il Bologna, è infatti solo terzo nella classifica delle presenze tra i giocatori attualmente in rosa.

A guidarla, con 320 apparizioni, è Stephan El Shaarawy, seguito a ruota da Bryan Cristante (318) e, appunto, da Pellegrini (316). Più distaccato Gianluca Mancini, con 274 gettoni, ma probabile titolare al Dall’Ara.

Un nuovo capitolo nella leadership giallorossa

L’uscita pubblica di Gasperini lancia un messaggio forte e preciso. La leadership non è data per diritto acquisito, ma si costruisce con la continuità e il senso di appartenenza. Il tecnico ha rincarato la dose parlando ai microfoni presenti a St. George’s Park. “Per me i capitani sono quelli che giocano per la squadra e dimostrano attaccamento. Oggi ne abbiamo 7-8, spero diventino 15-20”.

È una visione che amplia il concetto stesso di ‘capitano’. Non è più una figura unica e insostituibile, ma una leadership diffusa, che parte dall’esempio quotidiano e si traduce nel merito. Un modello che può rafforzare la coesione del gruppo, ma che richiede anche equilibrio e intelligenza da parte dei giocatori più rappresentativi.

Gasperini, Pellegrini

LA GRINTA DI LORENZO PELLEGRINI CHE PUNTA IL DITO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Lo spogliatoio, non è un fattore secondario

Infatti, un tasto dolente e importante da considerare è lo spogliatoio. Nel particolare, quello giallorosso è composto da personalità forti e modificare le gerarchie consolidate può creare frizioni sotterranee. Soprattutto se i protagonisti storici si sentono ridimensionati. Sarà fondamentale la gestione umana da parte del tecnico, che dovrà far convivere il suo modello meritocratico con il rispetto per chi ha incarnato lo spirito romanista negli ultimi anni.

Al tempo stesso, questa distribuzione della leadership può diventare un’arma in più. Può stimolare la competizione interna, responsabilizzare i ‘vecchi’ e rendere ogni giocatore potenzialmente un punto di riferimento. La Roma ha vissuto troppe volte il peso del “capitano totem” (da Totti a De Rossi, fino a Pellegrini). Senza nulla togliere, Gasperini invece, propoen una collettività forte, dove contano i fatti e non più i gradi.

Gasperini: il futuro di Pellegrini nelle sue mani 

Il vero nodo riguarda il ruolo di Pellegrini. Capitano dal 2021, ha raccolto la fascia dopo l’addio di Edin Džeko e l’ha conservata attraverso le gestioni Mourinho, De Rossi, Juric e Ranieri. Uomo simbolo e romano di nascita, è stato il volto della Roma. Ma con Gasperini il suo status è messo in pericolo.

Una volta rientrato, Pellegrini potrebbe anche tornare a indossare la fascia, non è detto che non lo faccia. Ma lo farò solo se tornerà ad essere tra i giocatori con più presenze in campo. In caso contrario, dovrà fare un passo indietro, quantomeno formale, pur restando una delle colonne tecniche e morali della squadra. Una sfida in più, personale e professionale, per un giocatore che ha vissuto alti e bassi, ma che resta una risorsa.

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Napoli, dal Bologna al Bologna: il cerchio che si chiude

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Il Napoli ritrova il Bologna in finale di Supercoppa: un mese e mezzo dopo la notte più buia, una sfida che vale molto più di un trofeo.

Il Napoli ha scoperto ieri sera che sarà il Bologna l’avversario nella finale di Supercoppa Italiana. Una sfida che va ben oltre il valore del trofeo. Proprio contro i rossoblù, prima dell’ultima sosta per le Nazionali, la squadra partenopea aveva probabilmente toccato il punto più basso della sua stagione. La sconfitta in Emilia aveva aperto una fase delicatissima: voci insistenti sulle possibili dimissioni di Antonio Conte, presunte fratture nello spogliatoio, un clima pesante che sembrava destinato a trascinarsi a lungo, come un domino pronto a cadere.

E invece, da quel momento, qualcosa è cambiato. Al rientro in campo il Napoli ha iniziato a cambiare passo, trovando continuità e convinzione. Le vittorie contro Atalanta, Roma e Juventus hanno restituito fiducia a un ambiente che sembrava smarrito. Non sono mancati i passi falsi, come quelli della scorsa settimana contro Benfica e Udinese, ma la vittoria contro il Milan nella semifinale di Supercoppa ha lasciato sensazioni diverse: un Napoli che continua a cambiare pelle e che, forse, è davvero rinato.

Napoli

L’ESULTANZA GRINTOSA DI ANTONIO CONTE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Napoli, una finale per guardare avanti

Ora, però, serve la conferma definitiva. Di nuovo il Bologna, di nuovo la squadra di Vincenzo Italiano, questa volta con in palio un trofeo. Vincere la Supercoppa permetterebbe di riscattare un inizio di stagione complicatissimo, ma sarebbe soprattutto un segnale forte. Battere i felsinei, un mese e mezzo dopo quella sconfitta che aveva annichilito l’ambiente azzurro, significherebbe chiudere un cerchio, trasformando una ferita aperta in un punto di ripartenza.

Il successo avrebbe un peso enorme anche in prospettiva. Il nuovo anno vedrà il Napoli impegnato nella difesa del titolo e desideroso di andare avanti in una Champions League finora più sofferta che brillante. 

Vincere l’ennesimo big match di questo periodo manderebbe un messaggio chiaro anche alle rivali: il Napoli c’è, ed è pronto a giocarsela fino in fondo. Dal Bologna al Bologna, dunque. Il passato recente è lì, davanti agli occhi. Il futuro, invece, passa da questa finale. Sta al Napoli decidere come affrontarlo.

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Aleksey Batrakov, il talento che ha stregato Barcellona e Psg!

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Barcellona

Il Lokomotiv Mosca vanta in rosa il giocatore più prezioso della Russian Premier League, ovvero Aleksey Batrakov. Barcellona, Psg e Porto hanno mostrato interesse.

Aleksey Batrakov è un trequartista classe 2005 del Lokomotiv Mosca. Vale 25 milioni di euro e, in 2 stagioni (sino ad ora) ha realizzato 60 presenze, 30 gol e 15 assist.

Un contributo offensivo che farebbe scalpore anche se si trattatasse di una punta, ma stiamo parlando di un trequartista di soli 20 anni.

La sua permanenza in Russia dalla prossima stagione appare improbabile, dato l’interesse di club come Barcellona, Psg e Porto.

Il giocatore ha un contratto che lo lega al club sino al 2029. A meno che non siano il giovane stesso e i propri agenti a spingere per una cessione, potrebbero essere necessari 30 milioni di euro o anche più per acquistarne le prestazioni.

Barcellona

Dal Barcellona al Psg, ma chi è Batrakov?

Il giocatore attualmente vanta 15 gol e 6 assist in 23 presenze. È il miglior marcatore del e il secondo miglior assistman in questa stagione del campionato russo.

È il calciatore con più tiri nello specchio della porta nel Lokomotiv Mosca (1.4), è quello che tenta più tiri a partita (2.8), quello che ha creato più occasioni importanti (9) e il primo per passaggi chiave nei 90 minuti (3.1 a partita).

Offensivamente è un gioiello assoluto, in ogni singolo aspetto possibile.

La sua qualità più distintiva è la capacità di arrivare in area di rigore al momento giusto. Ha l’istinto di un attaccante con l’intelligenza tecnica di un regista.

Supporta tanto l’attacco e torna anche indietro, si sacrifica per tentare di recuperare palla e far ripartire l’azione in attacco, spesso con lui a guidarla.

La sua intelligenza calcistica è eccezionale: interpreta gli spazi, anticipa le reazioni difensive e trova costantemente angolazioni che aprono percorsi di progressione per la sua squadra.

Davanti alla porta, mostra una calma e una precisione fuori dal comune per un giocatore della sua età.

Invece di forzare tiri dalla distanza (sebbene possa tirare anche da lontano con ottima precisione), cronometra le sue incursioni in area di rigore, concludendo con precisione e compostezza. I suoi movimenti gli permettono di aggirare i duelli fisici; segna evitando il contatto piuttosto che subendolo.

primo tocco preciso e un controllo eccellente negli spazi stretti. Pur non essendo un dribblatore naturale, il suo gioco di collegamento rapido e la capacità di combinare palla in spazi ristretti lo rendono molto efficace nelle zone d’attacco affollate.

La sua agilità, il suo equilibrio e la sua tecnica pulita gli garantiscono di perdere raramente il possesso palla sotto pressione.

Avrebbe le caratteristiche tecniche per giocare anche come seconda punta, ma al momento fisicamente sarebbe troppo faticoso per lui.

Alto 171cm e con un fisico ancora da dover irrobustire. In Russia potrebbe anche interpretarlo, ma nei top 5 campionati russi non sarebbero sufficienti le alte qualità tecniche per eludere i duelli avversari.

Una tappa intermedia sarebbe la più consigliata nel suo caso. Al Porto, con Farioli, potrebbe maturare molto e senza particolari pressioni.

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Torino, Vlasic finalmente decisivo: quanti gol quest’anno?

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Torino

La stagione del Torino sta vivendo di alti e bassi ma nell’ultimo match è tornato a incidere Vlasic. Di questo passo può superare il proprio record personale.

Nella vittoria contro la Cremonese per 1-0 è risultata decisiva la rete di Nikola Vlasic, sempre centrale nel progetto granata ma spesso sfortunato nonostante i bonus.

Torino, segna ancora Vlasic ma finalmente è decisivo

Quello che ha rappresentato e continua a rappresentare il fantasista serbo per la società granata è degno dei migliori veterani del calcio. Nonostante le poche stagioni effettive con la maglia del Toro (4 con quella corrente), ha collezionato quasi tutte le presenze disponibili, diventando sempre più idolo dei tifosi.

In totale sono 17 gol e 16 assist in 119 presenze totali, a dimostrazione delle fedeltà ma anche dell’integrità fisica di cui la società ha potuto godere in questi anni, inoltre ha conquistato anche la fascia da capitano.

Dal punto di vista del gioco poi Vlasic è sempre stato un fantasista fuori dagli schemi, capace di inventarsi una giocata dal nulla e mandare in porta un compagno o incidere in prima persona.

In questa stagione, prima della 15° giornata, aveva già messo il timbro contro Como Milan ma in entrambi i casi il risultato poi non è stato in favore del Torino. Stesso discorso per gli assist (2 fin qui), serviti contro Lecce e nuovamente rossoneri. Finalmente dunque, e per la prima volta in questa stagione, un suo contributo è risultato decisivo per portare a casa punti (3).

Grazie anche all’aiuto di Zapata, Vlasic è riuscito a sbloccare il risultato contro la Cremonese in una partita complicata dal punto di vista fisico ma poi diventata in discesa dopo il gol del vantaggio.

A oggi dunque sono 3 i gol stagionali in 15 partite, lo scorso anno ne segnò in 30 partite, quello precedente sempre 3 mentre al primo in granata raggiunse quota 5. Per questo motivo i presupposti per infrangere il record personale di reti in Serie A ci sono tutti, tanto dipenderà dalla bravura del giocatore ma anche dall’umore della squadra, spesso influenzato da Vlasic che è anche il capitano.

vlasic

NIKOLA VLASIC ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

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