Serie A
Sarri torna e svela i retroscena sulla Juventus
Maurizio Sarri torna a parlare ai microfoni di Sportitalia dopo un anno lontano dal campo e naturalmente non delude le attese: è un fiume in piena, che tocca numerosi argomenti, mantenendo come denominatore comune il proprio orgoglio, la sicurezza di sé e quella sincerità che a tratti appare quasi superbia.
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Stoccata a Pirlo
“Lo scudetto della Juventus era dato per scontato all’esterno e anche all’interno. Non l’abbiamo festeggiato nemmeno, ognuno è andato a cena per conto suo. Probabilmente l’anno per migliore per andare alla Juventus era questo, hanno festeggiato il quarto posto. Nel calcio la vittoria non è scontata, a volte ti impegni tanto e non riesci a vincere. Il calcio di quest’anno, con gli stadi vuoi, non mi entusiasmava. Non è stato un anno pesante, non mi è pesato stare fuori, ora che sono tornati i tifosi la voglia ha ripreso il sopravvento”.
Sarri comincia pungendo la Juve e Pirlo per il quarto posto, e aggiunge: “L’effetto Guardiola ha fatto tanti danni. L’eccezione è diventata una regola, c’è il rischio di bruciare o frenare la carriera di ragazzi che possono diventare molto grandi con un po’ di esperienza”.
Tutti lo volevano
L’orgoglio personale non è mai mancato all’allenatore, che nel corso dell’intervista ha parlato delle numerose squadre interessate a lui: Napoli “Non ho preso in considerazione il ritorno al Napoli perché non avevo la certezza di essere utile in corsa”, Roma “Non ho mai parlato direttamente, secondo i miei agenti sono stato vicino”, Fiorentina “Mi ha cercato prima di Prandelli, io ho detto a tutti la stessa cosa: non a stagione in corso” e infine torna sulla fine dell’avventura con il Chelsea “Ho fatto un errore clamoroso, volevo tornare in Italia. Potevo restare, Marina ha provato a mettermi i bastoni tra le ruote per tornare in Italia.
In realtà parla anche dell’apprezzamento dei giocatori, come quello di Dybala “se mi ha detto che un giorno gli piacerebbe lavorare ancora con me? Sì, me l’ha detto”.
Insomma, se non ha allenato per un anno è stato esclusivamente per una sua scelta, forte anche del salario percepito dalla Juventus a cui avrebbe dovuto rinunciare, visto che era ancora sotto contratto.
Il mistero del “bel gioco”
Sarri torna sul gioco ai tempi della Juventus: “Quando ero alla Juve, a metà di ottobre ho fatto una riunione con il mio staff, gli ho detto di fare una scelta: andiamo avanti per la nostra strada e tra 20-30 giorni andiamo a casa o scendiamo a compromessi e proviamo a vincere il campionato sapendo che andremo comunque a casa? Abbiamo deciso di provare a vincere lo scudetto”.
Ecco svelato il mistero del gioco di Sarri: è stato l’allenatore stesso che, in accordo sul suo staff, ha deciso di rinunciare al bel gioco per vincere lo scudetto, pensando che la rivoluzione tattica avrebbe potuto costargli la panchina anzitempo. E’ proprio questa la dichiarazione che ha fatto infuriare i tifosi bianconeri sui social: perché un allenatore così schietto e sicuro di sé, che non scende a patti nemmeno per l’abbigliamento in panchina, in autunno ha accantonato le idee per cui era stato scelto per portare a casa l’ennesimo scudetto bianconero? Un mistero, soprattutto perché la Juventus lo aveva scelto per essere l’uomo della svolta, salvo poi ammettere l’errore richiamando l’allenatore dei 5 scudetti consecutivi.
Serie A
De Rossi: “La Roma è una cosa che ti porti dietro. I tifosi sono il motore che ci muove”
Daniele De Rossi, allenatore della Roma, ha parlato ieri pomeriggio durante il Business Club, evento organizzato dalla società per incontrare gli sponsor.
La Roma di Daniele De Rossi è tornata a lavorare in vista della sfida di Pasquetta contro il Lecce nella giornata di ieri. Proprio ieri, il mister giallorosso ha preso parte al Business Club, evento organizzato dalla società per incontrare gli sponsor presso il centro sportivo Fulvio Bernardini.
Roma, le parole di De Rossi
“Non mi piace fare promesse, ma posso dire che un tasto su cui batto spesso con i miei giocatori è che alla Roma non deve mancare mai il coraggio. Potrei anche dire che avremo sempre grinta, ma sarebbe una frase fatta”.
Sul significato che ha nel mondo il nome di Roma e della Roma.
“L’impatto visivo del marchio Roma in giro per il mondo è importantissimo. La Roma è una cosa che ti porti dietro. Spalletti racconta sempre un aneddoto: allenava lo Zenit San Pietroburgo e incontrò un bambino in ascensore. Nonostante il mister portasse il cappotto dello Zenit, con lo stemma del club russo, il bambino gli ripeteva: “Tu Roma, tu Roma”. Roma e la Roma sono questa cosa qui. I tifosi sono il motore che ci muove, ogni giorno”.
Quando ancora giocava, in molti vedevano Daniele De Rossi come futuro allenatore.
“Ho sempre saputo che avrei fatto questo mestiere, ma ho cominciato a dirlo alle persone a me vicine negli ultimi 5-6 anni della mia carriera. Un allenatore lavora tante ore al giorno e deve essere ossessionato dalla perfezione. Nella Roma il trasporto emotivo è diverso, ho quarant’anni di storia alle spalle, ma il mio approccio alla professione era lo stesso anche alla Spal”.
Serie A
Abodi sul caso Acerbi: “Spero che sia in pace con la sua coscienza”
Il ministro per lo sport e per i giovani, Andrea Abodi, ha voluto commentare la vicenda Acerbi – Juan Jesus, che è impazzata negli ultimi giorni.
Andrea Abodi, ministro per lo sport e per i giovani, a margine della firma del protocollo tra Sport e Salute e la Conferenza della Regioni e Province autonome, si è soffermato sulla calda vicenda che riguarda Francesco Acerbi e Juan Jesus e sul comunicato del Napoli dopo l’esito della sentenza, che ha portato a nessuna sanzione nei confronti del difensore dell’Inter.
Le parole di Abodi
“Per come siamo usciti da questa vicenda mi auguro che chi abbia giudicato abbia avuto tutta le informazioni per giudicare e che Acerbi sia in pace con la sua coscienza.
La sentenza è il frutto delle valutazioni di ciò che è stato riportato, per quanto in altre sentenze il dispositivo tecnico non ha avuto bisogno della prova certa per condannare, non è un caso che in questo io abbia detto che mi auguro come le informazioni messe a disposizione siano state sufficienti per un giudizio”.
Il commento sul comunicato del Napoli
“Comprendo l’amarezza, partendo dal rispetto nei confronti di Juan Jesus, ma ritengo che occorra fare uno sforzo e rimanere tutti insieme per contrastare un fenomeno che non si può combattere se si è disarticolati”.
Serie A
Milan, Calabria: “Firmerei a vita”
Il capitano del Milan, intervistato da Radio Tv Serie A, ha parlato a 360° della sua esperienza in rossonero. Ha rivissuto tutti i momenti fino ad oggi, dalla primavera, allo scudetto 2021/2022 sino all’attuale stagione.
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Le parole del capitano del Milan
Che cos’è il Milan?
“Per me il Milan è tutto, è stata la mia vita fino ad ora. Sono cresciuto in una famiglia milanista, andavo allo stadio con loro prima ancora di indossare questa maglietta. La mia prima volta a San Siro è stata una partita di Champions League, avevo sei anni. Era un Milan incredibile, una delle squadre migliori della storia del calcio. In camera avevo il poster di Kakà con la sua classica esultanza con le dita alzate verso il cielo. Avevo anche qualche maglia non originale, perché all’epoca potevo permettermi solo quelle, ma direi che con il tempo ho potuto recuperare. Kakà è stato un giocatore straordinario, uno dei miei preferiti insieme a Shevchenko: gli idoli aiutano a sognare, speri di arrivare al loro livello.”
La sua passione.
“Io ho sempre sognato di diventare un calciatore di Serie A, avevo grande fiducia nei miei mezzi: questo penso che mi abbia permesso di emergere rispetto ad altri ragazzi che magari avevano più talento di me. Il nostro è un lavoro bellissimo, ma ho dovuto fare anche dei sacrifici. Ho rinunciato alla mia vita da teenager, ero limitato rispetto ad altri ragazzi: sono cresciuto in fretta. Nella vita da calciatore ci sono molti privilegi, ma non è scontato arrivare a certi livelli e si affrontano situazioni che per un ragazzino non sono semplici da gestire.”
Sulla famiglia.
“La mia era una famiglia normale, papà muratore e mamma impiegata. Poter dare loro una mano a livello economico è una grande soddisfazione. Loro mi hanno insegnato la fatica, anche le spese erano elevate perché dovevo andare di continuo da Brescia a Milano. La figura fondamentale è stata mia mamma, perché mi ha seguito spesso e penso che abbia sacrificato tante ore per me: tutto quello che ho oggi lo devo a lei. Il primo anno di Milan è stata dura, sentivo spesso la mancanza della mia famiglia, ma poi mi sono abituato.”
Il suo ruolo.
“Sono cresciuto nella squadra di paese come tanti ragazzi, ho tirato i primi calci al pallone a cinque anni. La passione per il calcio era dilagante, giocavamo ovunque. Sono partito come centrocampista, il primo anno a undici l’ho fatto al Milan. Mi piaceva giocare in mezzo al campo, è un ruolo che ancora oggi mi appassiona”.
Il primo allenatore a farmi giocare da terzino fu Filippo Inzaghi, che per necessità mi mise a sinistra. Feci molto bene quell’anno e da quel momento in poi sono sempre rimasto terzino. È stato un percorso utile, anche perché giocando inizialmente a sinistra ho imparato anche a usare meglio il piede mancino. Inzaghi è stato l’allenatore che mi ha permesso di fare uno switch in carriera, sia nel settore giovanile sia in prima squadra facendomi esordire“.
Lo scudetto 2021/2022
“È stato il punto più alto della mia carriera, arrivare da un periodo di difficoltà e tornare a vincere è stato bello, soprattutto per me che arrivavo dal settore giovanile. L’ho potuto fare da tifoso del Milan, è stato emozionante. Avevamo vibes positive, ci siamo trovati tutti bene, da chi era titolare a chi giocava meno. È solo così che si diventa una grande squadra.
Pioli si è inserito in un momento complicato per la squadra, ma è stato bravo perché con il tempo ci ha unito nonostante fossimo partiti con qualche difficoltà. Durante quella stagione ci sono state diverse partite decisive, come il derby vinto 2-1 contro l’Inter con gol di Giroud. Ci sono stati tanti momenti importanti, compreso qualche litigio a Milanello in cui ci siamo confrontati. Fa parte della vita, come si litiga in famiglia si litiga con i compagni, è normale che capiti”.
Il capitano del Milan
“La fascia del Milan pesa, è una tra le più importanti della storia. Hai grandi responsabilità dal punto di vista umano, è fondamentale riuscire ad essere d’esempio per tutti. È stata la fascia di Baresi, Maldini e tanti altri capitani. Paolo mi ha insegnato l’arte della pazienza, i modi e la giusta pacatezza nell’affrontare vita e sport. Firmare a vita con il Milan? Perché no, questa maglia sarà sempre parte di me, la gente sa chi sono, i bambini mi conoscono e rappresenterò sempre il Milan: continuare in questa famiglia sarebbe per me un grande onore.
La fascia a Bonucci? Fu una scelta della società, Leo si è comportato sempre bene con noi ed è stato un super professionista: posso solo parlarne bene, è una persona eccezionale. Se sono una bandiera? Se sono rimasto qui qualcosa c’è, quindi sì, posso rivedermi in questo termine. Nazionale? Ho avuto qualche infortunio a ridosso delle convocazioni, poi mister Mancini ha fatto le sue scelte, non è mio compito giudicare. Tra me e lui non è mai scattato un amore reciproco per far sì che potessi essere convocato con continuità, purtroppo anche per degli infortuni. Se arriverà la Nazionale sarà una cosa in più, è chiaro che resta un mio obiettivo.”
Su Leao.
“Leao rappresenta la gioia del gioco, ha un talento innato che gli permette di avere una marcia in più. Deve riuscire a rimanere sereno, poi il campo parla per lui: i numeri dimostrano che è un giocatore fondamentale per noi. Se diventerà più consapevole del suo talento potrà diventare il numero uno al mondo, penso sia un giocatore da pallone d’oro. A livello tecnico, con quelle caratteristiche fisiche, non ne vedo tanti. Se avesse l’istinto killer di Mbappe sotto porta penso che potrebbe vincere il pallone d’oro.”
Sulla stagione del Milan.
“Noi volevamo vincere lo scudetto, ma bisogna essere onesti: l’Inter ha fatto un campionato pazzesco, fuori dal comune. Noi stiamo facendo un gran campionato, viaggiamo allo stesso ritmo dell’anno dello scudetto. L’obiettivo era fare il meglio possibile. Seconda stella dell’Inter nel giorno del derby? È ancora presto, ci sono delle partite prima, le vogliamo vincere tutte e questo non accadrà.”
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