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Le bombe di Vlad

Ottavio Bianchi, storia di un antidivo

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Napoli
Ottavio Bianchi nasce a Brescia il 6 ottobre del 1943.

Fu un ottimo centrocampista e giocò gran parte della carriera tra Brescia e Napoli, arrivando anche alla convocazione in nazionale nel 1966.
Ma più che il calciatore, è l’allenatore Ottavio Bianchi ad essere rimasto negli annali del calcio italiano.
Tecnico del Napoli dal 1985 al 1989, e successivamente nella stagione 1992/1993, guidò i partenopei, e in particolare il genio del calcio, Diego Armando Maradona, a conquistare il primo, storico scudetto, nella stagione 1986/1987, vincendo lo stesso anno anche la Coppa Italia, risultato rimasto ineguagliato nella storia del club.
Nella stagione 1988/89 vinse, sempre col Napoli di Maradona, l’unica Coppa Uefa ad oggi nella bacheca azzurra, legando così indissolubilmente la sua figura alla grande epopea del Pibe de Oro e del fortissimo Napoli di quegli anni.

L’esordio in A da allenatore

Nella stagione 1983/1984, dopo anni di “gavetta” nelle serie minori, approdò in serie A sulla panchina dell’Avellino subentrando alla decima giornata, per recuperare un avvio non lusinghiero del club irpino.
La sua squadra disputò un buon campionato, tenuto conto degli obiettivi, conquistando la salvezza nelle ultime giornate.
Dopo un rapido passaggio al Como, come successore del mitico Tarcisio Burghich, e la salvezza ottenuta anche con i lariani, fu chiamato al Napoli dal Presidente Ferlaino nella stagione 1985/1986, per sostituire l’uscente Rino Marchesi ma, soprattutto, per dare il via agli anni d’oro del club partenopeo.

Il Napoli del “double”

Nel 1985 Ottavio Bianchi sbarcò all’ombra del Vesuvio, in una piazza con una enorme fame di vittoria, rinfocolata dall’ingaggio, del tutto inaspettato alla vigilia della stagione 1984/1985, di Diego Armando Maradona.
Sotto la sua guida il Napoli, ottavo nella stagione 1984/1985, conquistò subito un terzo posto che lo candidava a lottare per lo scudetto contro i giganti di quel periodo: la Juventus del Trap, che poteva vantare in rosa giocatori del calibro di Michel Platini, Gaetano Scirea, Michael Laudrup ed Aldo Serena, e la Roma di Sormani, forte dei vari Roberto Pruzzo, Zibì Boniek, Toninho Cerezo e Carlo Ancelotti.
Le vittorie arrivarono nella indimenticata, per i tifosi partenopei, stagione 1986/1987, con la conquista di scudetto e Coppa Italia.
Per molti il merito di quelle vittorie ricade tutto sul genio di Maradona (vedi le numerose polemiche suscitate dalle dichiarazioni di Antonio Cassano di pochi giorni addietro).
La squadra di Bianchi giocava in realtà un ottimo calcio, con interpreti di livello, ed i risultati, come sempre avviene, premiarono lo sforzo di tutto il gruppo, allenatore compreso, a supporto del funambolico dieci azzurro.

I ribelli di maggio

Dopo l’ubriacatura di successi della stagione 1986/1987 arrivarono, però, i problemi.
Alla vigilia della stagione successiva, il Napoli era considerato una delle squadre favorite per lo scudetto, e sembrò dominare la classifica, almeno fino al fatidico mese di aprile.
Quattro punti di vantaggio sul Milan, con poche giornate alla fine ed un calendario tutt’altro che proibitivo: in un campionato che premiava ancora la vittoria con due punti in classifica, l’ennesimo scudetto sembrava ormai in tasca.
Ma dal 17 aprile al 15 maggio del 1988, nelle ultime cinque giornate di campionato, il Napoli riuscì a conquistare un solo punto, consentendo al Milan una storica remuntada e concludendo il campionato tra i veleni.
Bianchi aveva assistito impotente a quella deriva, rilasciando dichiarazioni al cianuro nei confronti di tutta la squadra, eccezion fatta per Maradona.
I ribelli di maggio (così furono soprannominati, tra gli altri, Bagni, Giordano, Garella e Ferrario) avevano sfiduciato l’allenatore, con Maradona che tra l’incudine e il martello preferì eclissarsi nelle ultime due giornate di campionato.
Al termine della stagione Bianchi fu riconfermato ed i ribelli “epurati”, ma il giocattolo sembrava ormai rotto.

Gli ultimi anni al Napoli

La stagione 1988/1989 fu foriera di una storica Coppa Uefa, ma gli strascichi e le scorie della stagione precedente rendevano inquieto Ottavio Bianchi che, subito dopo la vittoria in Europa, chiese a Ferlaino di potere rescindere il contratto per andare ad allenare la Roma.
Il Presidente si impuntò e non glielo concesse.
Bianchi restò così inattivo nell’anno in cui il suo Napoli, guidato da Albertino Bigon, raggiunse il secondo, storico scudetto.
Scaduto il contratto, approdò finalmente alla Roma con la quale vinse la Coppa Italia, arrivando anche in finale di Coppa Uefa, persa poi nel doppio confronto contro l’Inter.
Chiuse la carriera prima tornando al Napoli dove, dopo un altro anno in panchina senza grandi risultati, diventò l’anno successivo direttore tecnico al fianco di un giovane allenatore di nome Marcello Lippi.
Infine allenò l’Inter, esonerato poi a campionato in corso dal Presidente Moratti.
Fu, nel 2002, uno degli ultimi Presidenti ad interim della Fiorentina che, purtroppo, stava andando incontro al fallimento.

Ottavio Bianchi oggi

Dopo il suo ritiro dall’attività, Ottavio Bianchi si è del tutto allontanato dal mondo del calcio.
In una intervista del 2018 rilasciata a Xavier Jacobelli del Corriere dello Sport ha dichiarato, tra l’altro, :”Non ho mai perso un secondo di sonno per il calcio: ci sono cose più importanti.“.
Probabilmente ha ragione, ma il calcio, diciamocelo, per noi è una malattia.

 

(Foto: Depositphotos)

Calciomercato

Sassuolo, esplode Tarik Muharemovic: da promessa a titolare inamovibile

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Atalanta-Sassuolo, Grosso

Una delle grandi rivelazioni di questo inizio di Serie A si chiama Tarik Muharemovic. Il centrale mancino del Sassuolo ha già lasciato il segno nel massimo campionato.

Uno dei segreti del grande avvio di stagione del Sassuolo è Tarik Muharemovic. Il bosniaco, cresciuto nella Juventus, sta avendo una costanza da veterano. Un talento puro che Fabio Grosso sta valorizzando partita dopo partita e che, inevitabilmente, è già diventato un nome caldo sul mercato.

Il club neroverde, però, non ha alcuna intenzione di lasciarselo scappare: l’obiettivo è blindarlo a gennaio per poi valutarne il futuro nella prossima sessione estiva.

Dai vivai sloveni alla Serie A: l’ascesa di Muharemovic

Sassuolo

LA GRINTA DI FABIO GROSSO CHE FA IL SEGNO OK ( FOTO SALVATORE FORNELLI )

Cresciuto calcisticamente nei vivai locali sloveni, Muharemovic ha costruito le basi della sua carriera in Austria, all’interno dell’academy del Wolfsberger, con cui ha anche debuttato tra i professionisti contro il Red Bull Salisburgo.

Da lì il salto in Italia, con la firma alla Juventus, dove si impone nella Next Gen collezionando 47 presenze e 2 gol in campionato. Nell’estate del 2024 approda al Sassuolo, inizialmente in prestito. Il suo impatto è immediato: debutto contro il Cosenza in Serie B e subito un gol in Coppa Italia contro il Lecce.

Nonostante la giovane età, il messaggio è chiaro: Muharemovic è pronto. Il suo contributo è stato determinante nella cavalcata che ha riportato il Sassuolo in Serie A, convincendo il club a riscattarlo per circa 5 milioni di euro, un vero affare.

Il nuovo pilastro di Grosso

Oggi, il numero 80 sloveno è un titolare fisso nella formazione di Fabio Grosso. Le sue prestazioni sono da top di reparto e la società ha già deciso di premiarlo con un rinnovo di contratto fino al 2031.

Già nazionale bosniaco, Muharemovic rappresenta il presente e il futuro del Sassuolo. Ma se continuerà su questa strada, il suo nome tornerà sicuramente protagonista nel calciomercato estivo.
Un potenziale rimpianto per la Juventus, che non ha creduto fino in fondo in un difensore che oggi brilla nel massimo campionato.

(Foto: DepositPhotos)

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Le bombe di Vlad

LBDV presenta: “Il portiere di Ceaușescu” e “Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio”

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Women's Champions League

Domenica 16 novembre, alle ore 18.00, il Punk Roma (Via dei Durantini 18, Roma) ospiterà un evento speciale dedicato alla letteratura sportiva e alla cultura calcistica.
Protagonisti della serata saranno due firme d’eccezione: Guy Chiappaventi, giornalista di La7, autore del libro “Il portiere di Ceaușescu” (Bibliotheka Edizioni), e Ciro Romano, caporedattore di LBDV, che presenterà “Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio” (Garrincha Edizioni).

A dialogare con gli autori ci sarà Daniele Garbo, giornalista sportivo già volto di Mediaset e Direttore Editoriale di LBDV, mentre la presentazione sarà affidata al giornalista di Le Bombe di Vlad, Alberto Caccia.

L’incontro rappresenta un’occasione imperdibile per tutti gli appassionati di calcio, giornalismo e narrazione sportiva. Due libri diversi ma accomunati da una stessa passione: quella per il pallone e per le storie che lo rendono eterno.

Il portiere di Ceaușescu. Helmut Duckadam, storia di un antieroe

Una storia lunga quasi quarant’anni e undici metri, la storia di quando una squadra di sconosciuti strappò il titolo più importante del calcio europeo – la Coppa dei Campioni – a una superpotenza, il Barcellona.
Era la notte magica del 7 maggio 1986 quando, nello stadio di Siviglia, Helmut Duckadam, allora ventisettenne, riuscì nell’impresa di parare tutti e quattro i rigori dei giocatori catalani consentendo alla Steaua Bucarest di laurearsi campione d’Europa, prima volta per una squadra dell’Est. Una notte di felicità per un popolo che viveva con le luci spente, senza riscaldamento e con il frigorifero vuoto.
Quando la Steaua rientrò in Romania, all’aeroporto 15 mila persone accolsero i giocatori e almeno altrettante scesero in strada per seguire il tragitto del pullman fino a Bucarest. Fu un fatto insolito per la Romania comunista, dove le manifestazioni spontanee di piazza erano vietate, ma il regime volle capitalizzare la vittoria. Il presidente Ceaușescu invitò la squadra a palazzo e Duckadam diventò per sempre l’eroe di Siviglia.

L’autore

Giornalista, inviato del tg La7. Dopo aver raccontato la suburra di Roma, la mafia e la ‘ndrangheta, due guerre in Medio Oriente, terremoti, tsunami e alluvioni, negli ultimi anni ha seguito la cronaca a Milano.
Ha vinto il premio Ilaria Alpi, il Premiolino e il premio Goffredo Parise. Ha pubblicato sette libri, incrociando spesso il calcio con la cronaca: il primo, Pistole e palloni sulla Lazio anni Settanta, ha avuto otto edizioni in quindici anni e ha ispirato la serie Sky Grande e maledetta.

Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio

Ciro Romano ci racconta le gesta dello storico portiere olandese Jongbloed, eroe dell’arancia meccanica di sua maestà Cruijff . Un viaggio dentro la vita di uno dei calciatori più importanti della sua era. Non una monografia, dimenticate i tabellini, quello che troverete in queste pagine è l’atmosfera, è l’uomo prima del calciatore, è la storia prima dei gol, è il lato nascosto del pallone. Preparatevi, riavvolgete il nastro, premete play e godetevi questa partita di carta e inchiostri, inseguendo in campo un calciatore indimenticabile. Una nuova figurina letteraria da collezionare, una nuova figurina per completare lo scaffale dei campioni.

L’autore

Ciro Romano vive a Salerno è avvocato, abilitato alle Magistrature Superiori. Guarda il calcio dall’età di tre anni, e ne scrive per testate giornalistiche e pagine social. Prima per passione, poi per motivi professionali, diventa esperto di tifo radicale. Tiene conferenze e partecipa a dibattiti pubblici per l’abolizione alle limitazioni di legge al tifo e agli spostamenti delle tifoserie.

Ha pubblicato “Volevo solo giocare a ping pong” (Caffèorchidea).

(Foto: DepositPhotos)

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Le bombe di Vlad

Napoli, allarme Lobotka: rischio stiramento e fino a 7 gare di stop. La sosta aiuta Conte

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Napoli

La sosta arriva nel momento giusto per il Napoli. L’infermeria azzurra è piena e le due settimane di pausa saranno fondamentali per Antonio Conte, che potrà sfruttare il tempo per recuperare alcuni uomini chiave e ricaricare una squadra apparsa stanca dopo il primo tour de force stagionale.

A Castel Volturno si lavora per rivedere in campo Alessandro Buongiorno, accelerare il rientro di Amir Rrahmani e gestire i giocatori arrivati col “serbatoio vuoto”. Ma a preoccupare di più sono gli ultimi problemi muscolari che hanno colpito due titolari, tra cui Stanislav Lobotka.

Allarme Lobotka: rischio stiramento e stop prolungato

Dalla Slovacchia sono arrivate conferme: il regista azzurro avrebbe accusato un fastidio muscolare che, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe rivelarsi uno stiramento. Gli esami strumentali in programma oggi chiariranno l’entità dell’infortunio e i tempi di recupero, ma le prime indiscrezioni non lasciano tranquilli.

In caso di conferma, Lobotka rischierebbe di restare fuori per fino a sette partite, saltando quindi in Serie A, i match contro Torino, Inter, Lecce, Como e forse Bologna. In Champions League, le sfide con PSV Eindhoven ed Eintracht Francoforte.

Ovviamente, in casa Napoli si spera in uno stop più breve, con la sosta che potrebbe dimezzare i tempi di recupero.

Come cambia il centrocampo di Conte

In attesa di notizie ufficiali, Conte si prepara a riorganizzare il centrocampo. Il sostituto naturale di Lobotka è Billy Gilmour, protagonista di una buona prova nell’ultimo match contro il Genoa. Tuttavia, con sette gare ravvicinate, sarà difficile affidarsi solo allo scozzese.

Una delle alternative è Kevin De Bruyne, che già in alcune fasi arretra il suo raggio d’azione per impostare il gioco. In caso di rotazioni, potrebbe trovare spazio anche Eljif Elmas, soprattutto se Conte decidesse di confermare il 4-1-4-1.

In alternativa, il tecnico potrebbe optare per un 4-3-3 più tradizionale, sacrificando un centrocampista e inserendo un esterno sinistro puro per dare maggiore ampiezza.

Situazione infermeria Napoli

Oltre a Lobotka, si attendono aggiornamenti anche su Matteo Politano, mentre Buongiorno e Rrahmani puntano al pieno recupero entro la ripresa del campionato. La sosta, mai come stavolta, arriva nel momento perfetto per un Napoli che ha bisogno di ritrovare energie, lucidità e uomini.

(Foto: DepositPhotos)

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