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Juventus, Tacchinardi: “Non solo colpa di Motta ma anche di Giuntoli. Su Vlahovic…”

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Juventus

Alessio Tacchinardi, ex centrocampista ed ora allenatore e opinionista calcistico, ha parlato ai microfoni riguardo la situazione in casa Juventus.

L’ex centrocampista italiano, Alessio Tacchinardi, ha parlato ai microfoni dopo la sonora sconfitta della Juventus contro l’Atalanta. Queste le parole sulla situazione e sulla gestione Motta.

Juventus

THIAGO MOTTA PENSIEROSO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Juventus, le parole di Tacchinardi

In seguito le parole dell’opinionista:

Sensazioni dopo la gara di ieri

“Incredulità. Onestamente ho pensato a diversi scenari possibili, anche alla luce della grande partita di andata della Juventus, oltre allo zoppicare di chi stava davanti. E senza le coppe, la partita poteva essere preparata meglio: forse ero un po’ troppo euforico anche io nell’intravedere una speranza, che non so nemmeno da cosa fosse data, viste le recenti eliminazioni con PSV e Empoli… Però mettici anche l’autocritica fatta da Motta, parlando tra loro si poteva sperare in qualcosa di diverso. La situazione che si era creata non faceva davvero immaginare un crollo del genere”.

Sulle colpe a Thiago Motta

“L’allenatore è un mestiere talmente difficile che come fai, sbagli. Di errori, comunque, ne ha fatti, ciò che mi stupisce in ogni caso è aver visto un allenatore che lo scorso anno ha dato un’identità forte al Bologna e che in questo, già dall’inizio, ha invece faticato fino ad oggi. Ancora a dicembre non capivo quale fosse la Juventus voluta da Motta. Mi piacerebbe essere una mosca per capire quale sia stato il vero problema. Forse lui non ha saputo vestirsi da condottiero, o la squadra non gli è andata dietro? È un integralista, magari? Io non lo so, ma mi fa terribilmente strano vedere come la Juve non sia riuscita a creare un’identità. E non solo tecnica, ma anche empatica: guardate come entra Vlahovic ieri, nemmeno ha guardato il suo allenatore”.

Su Vlahovic

“Dopo l’Empoli il tecnico dice che qualcuno pretende senza dare, nella partita dopo poi Vlahovic sta fuori ed entra 3 minuti. Qualcosa non va a livello empatico, oggi però il serbo è un giocatore totalmente diverso. Per esperienza oggi la società deve, a tavolino e chiunque decida, fare un certo discorso: Motta ha il gruppo dalla sua parte? Il progetto va portato avanti? Nel caso ci devi credere a prescindere, però solo loro sanno le dinamiche nella gestione e devono prendersi una grande responsabilità per capire se è l’uomo giusto per la rinascita. Dopo l’Empoli hanno preferito aspettare, adesso è ora di riunirsi e fare una chiacchierata a 360 gradi. Anche discorsi franchi, che magari faranno male a qualcuno, ma per migliorare”.

Su Giuntoli

“Ho sempre pensato che fosse un ottimo direttore sportivo. Quest’anno diverse scelte non sono state redditizie: Koopmeiners, Luiz, Gonzalez, Kelly… Sono tanti. Giusto criticare Giuntoli e Motta, però bisogna anche capire perché nessuno stia rendendo. O quantomeno perché crollino sempre nei momenti decisivi: qualcuno può aver pensato siano dei leader, forse non lo sono. Oggi non puoi essere convinto neanche del lavoro di Giuntoli, però ha preso giocatori che lo scorso anno avevano fatto molto bene. Io non difendo nessuno, ma oggi vedo Koopmeiners ed è irriconoscibile: di chi è la colpa, se l’Atalanta mettendo dentro altri volti nuovi continua ad andare a duemila? C’è una linea sottile per la proprietà, devono capire se oltre a Motta anche Giuntoli sia l’uomo giusto. Di solito dopo 7-8 mesi lo capisci perché non stai rendendo. E invece si sono visti tanti capitani diversi ma anche tanti scontenti e numerosi crolli. Non penso che i giocatori della Juventus siano a livello dei giovani dell’Empoli o siano tali da essere presi a pallate dall’Atalanta. Evidentemente c’è qualcosa che non va”.

E sulla Dea

“Da una parte ero dispiaciuto per la Juve da tifoso, però vedere Percassi esultare… Se proprio deve perdere con qualcuno, meglio sia con l’Atalanta. Ricordo ancora quando nel 1992/93 sono stato premiato da Percassi come capitano dopo il Torneo di Viareggio, l’entusiasmo che conserva ancora è il suo segreto. Siamo nel 2025 e ancora esulta come un bambino: è un grande. La testa di una società è fondamentale, il resto è tutto a cascata. Grande società e grande Gasperini, che è un fenomeno. Ora sono a petto in fuori nella lotta Scudetto, se vincono il campionato fanno un miracolo. Oltre a loro spero che anche Conte riesca a farcela, è un top. Atalanta e Napoli sono due outsider toste per l’Inter, che è una corazzata ma ha un calendario fitto. Giocando una partita a settimana magari tra poco assisteremo all’allungo decisivo. L’Inter ha tante, tante partite e la vedo in riserva, pur con un Lautaro mostruoso. Stanno vincendo le partite coi nervi, ora però dovranno alzare ancora di più il livello e temo stiano raschiando le energie al barile. Atalanta-Inter può essere una partita chiave”.

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Napoli, guarda chi si rivede: Big Rom torna in gruppo

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Lukaku

Arrivano ottime notizie in casa Napoli alla vigilia dell’ostica trasferta in Portogallo contro il Benfica, valida per la sesta giornata di Champions League.

Tanti sorrisi in casa Napoli. Infatti, a Castel Volturno è arrivata una notizia molto positiva per i partenopei in vista dei tanti impegni tra campionato, Champions League e Supercoppa Italiana.

Lukaku

ROMELU LUKAKU PUNTA IL DITO IN ALTO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Infatti, quest’oggi, come riportato da Sky Sport, è tornato ad allenarsi con il gruppo Romelu Lukaku. L’attaccante belga si trovata ai box dallo scorso 14 agosto, quando aveva riscontrato una lesione di alto grado del retto femorale della coscia sinistra. Quattro mesi sono passati e finalmente il conto alla rovescia per il suo ritorno in campo è sempre più vicino allo zero.

L’attaccante ex Roma ed Inter non prenderà parte alla trasferta di Champions League contro il Benfica. Il suo obbiettivo è quello di rientrare nella lista dei convocati per il match contro l’Udinese del prossimo weekend o per la Supercoppa a Riyadh.

 

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Doni: “Con Ranieri non ho mai avuto un rapporto. Totti? Un brasiliano mancato”

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Ranieri, Roma

Doni, ex portiere della Roma, si è raccontato in un’intervista rilasciata per La Gazzetta dello Sport, dove ripercorre gli anni vissuti nella capitale

Doni, la Roma, Totti e Ranieri

Julio Sergio, Fiore

Alexander Doni è stato il portiere dei capitolini dal 2005 al 2011, con 150 presenze tra i pali. Ora il brasiliano vive in Florida ed è a capo della “D32 Invest”. 32, come il numero che portava sulla schiena. L’azienda si occupa di case, palazzi e centri commerciali sul territorio statunitense, e nel frattempo Doni gira il mondo. Ma quando ritorna sul suo periodo in Italia, si illuminano gli occhi ed è il cuore a parlare.

“Dopo il calcio ho studiato tanto e ho aperto una serie di attività. Vivo in Florida dal 2017 ma giro in tutto il mondo. Ho anche un centro sportivo legato alla scuola calcio della Roma, una palestra, un’agenzia di gestione di atleti e tante attività nel settore immobiliare. Abbiamo costruito più di tremila case. In più, ho pure aperto un parco divertimenti con il mio ex compagno Fabio Simplicio”.

Si diceva che lo scorso anno è stato vicino a comprare il Brescia. Quanto c’è di vero?  “Sì, la trattativa era stata avviata. Io facevo parte di un gruppo d’investimento e l’idea mi piaceva molto. Ma ci sono state un po’ di dinamiche interne che ci hanno portato a non concludere l’affare. Peccato”. 

Avete in programma di acquistare altre società? “Con il fondo ho negoziato l’acquisizione di club in Portogallo, Brasile e Italia. Alcuni affari sono andati bene, speriamo ci sia occasione di farne altri in futuro. Magari proprio nel vostro paese…”. 

Passiamo ai ricordi. Se nomino Roma le cambia lo sguardo. Ci ha lasciato il cuore? “La considero casa. Mi sono innamorato della città non appena ho visto il Colosseo. Poi la Roma, i tifosi, l’Olimpico. Un sogno”.

Spalletti la buttò dentro per la prima volta in un derby. Un battesimo di fuoco.  “Era il 23 ottobre 2005, pareggiamo 1-1. Io non avevo mai giocato prima in campionato, fu incredibile esordire in una partita così. Avevo 26 anni, mi passò davanti tutto il percorso fatto fino a quel momento”. 

Con Spalletti poi c’è stato un bel feeling. È stato il migliore mai avuto? “Si. Un genio. Luciano è una persona vera, diretta. Ti dice le cose in faccia. Poi era meglio non farlo arrabbiare, poteva pure prenderti a schiaffi. Quando urlava faceva tremare i muri di Trigoria…”. 

Vi siete divertiti in quegli anni, però… “Eccome. Avevamo un super gruppo, composto da tanti brasiliani. Ci sentiamo ancora spesso, sono amicizie che ti porti per la vita. In spogliatoio ogni giorno ne succedeva una. Quanto abbiamo riso con Totti e De Rossi”. 

Un aneddoto col capitano? Francesco era un fenomeno, in campo e fuori. Era sufficiente uno sguardo per infonderci sicurezza. È un brasiliano mancato, ha colpi che ho visto fare solo a Ronaldinho e Kakà, con cui ho giocato in nazionale. Poi, però, uscivamo ed era uno show continuo. Una sera offrì mille euro a un cameriere per passare vicino ai tavoli, saltare in piscina in mutande e urlare come Tarzan battendosi il petto. Ancora mi viene da ridere se ci penso”. 

Dal punto di vista personale, invece, a Roma ha subito un ambiente particolare… “È una piazza stupenda, che ha però spigolature e difetti. Per esempio, le radio. Negli anni ho sentito tante cose non vere su di me: dicevano che causavo problemi in spogliatoio, che volevo andare via, che non ero un professionista serio. Tutte cazzate. Per fortuna potevo contare su un gruppo squadra stupendo che mi ha sempre sostenuto. Lo disse anche De Rossi in un’intervista. Chiese di smetterla di inventarsi storie false…”.  

Anche su Ranieri se ne sono lette tante… “Preferisco non parlarne, non ho tanto da dire. Per me quella fu una stagione complicata, giocai poco. Io e il mister, però, non abbiamo mai avuto rapporto”. 

Le fece pagare l’aver accettato una convocazione in nazionale, quando secondo lui sarebbe dovuto restare a Trigoria per curarsi? “Io stavo bene e non mi sentivo di rinunciare alla chiamata della nazionale: in estate c’era il Mondiale. Sono tornato e nessuno mi ha più considerato. Facevo il quarto portiere, mi allenavo a parte. Non mi è stata mai data una spiegazione”. 

È vero che fu vicino alla Juventus? “Sì, due volte. Una dopo il primo anno in Italia, un’altra dopo la mia esperienza al Liverpool. I bianconeri cercavano un vice Buffon, sarei lì andato a giocarmi il posto. Nel 2006 mi voleva anche il Barcellona di Eto’o e Messi. Ero uno dei portieri del Brasile, ci sta che mi cercassero le grandi europee. Io, però, volevo giocare sempre e a Roma stavo davvero bene”. 

Le capita di tornare? “Meno di quanto vorrei. Mio fratello Joao vive lì e anche mia sorella. Tornerei per mangiare una carbonara fatta come si deve. Sono legatissimo alla città e alla gente, ho ricordi fantastici”. 

Che rapporto ha col calcio oggi? Lei fu costretto a smettere per un problema al cuore. “Con il passare del tempo è cambiato. Io sono stato costretto a smettere per un problema al cuore: arresto cardiaco e ho rischiato la vita. Poi ho ripreso a giocare col Botafogo nel 2014, ma dopo una stagione mi sono dovuto fermare di nuovo. È stato terribile. Ricordo che per un po’ di tempo avevo proprio il rifiuto: non guardavo nessuna partita, anzi appena vedevo il calcio in tv cambiavo canale. Oggi non seguo tanto, ma sarò sempre un tifoso giallorosso”. 

Tornerebbe nel calcio? “Nella vita mai dire mai. Magari lo farò da investitore, chi lo sa…”. Questa l’intervista di Doni a La Gazzetta dello Sport

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Juventus, prosegue l’attesa per il direttore sportivo: spunta il nome di James Gow

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Juventus

Con il mercato di gennaio alle porte, la Juventus non ha ancora scelto il direttore sportivo: continua la ricerca iniziata in estate.

Per settimane la Juventus sembrava aver trovato il profilo adatto per il ruolo di direttore sportivo, corrispondente al nome di Marco Ottolini. Reduce da un’esperienza triennale al Genoa e già conoscitore dell’ambiente juventino, Ottolini aveva impressionato positivamente Comolli durante il colloquio svolto e sembrava destinato a occupare la casella del nuovo ds.

Tuttavia, il via libera non è mai arrivato e il dirigente, in attesa di una chiamata definitiva, ha iniziato a interrogarsi sulle reali intenzioni dell’amministratore delegato.

Secondo quanto riportato da Tuttosport, nelle ultime ore Comolli avrebbe rivolto una particolare attenzione a un nome nuovo: James Gow, dirigente inglese che aveva già incrociato ai tempi del Liverpool, seppure in un ruolo completamente diverso da quello del direttore sportivo.

Il suo profilo ha conquistato rapidamente consensi all’interno del club, anche per la forte competenza nell’analisi dei dati, un elemento che si integra perfettamente con il nuovo corso bianconero.

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Cosa potrebbe dare James Gow alla Juventus

Gow svolge la professione di direttore sportivo da soli tre anni. Dopo poco più di una stagione all’Al Jazira, negli Emirati Arabi Uniti, tra il 2021 e il 2022, ha guidato per due anni l’Aalborg, in Danimarca, fino al 2025.

Prima di assumere incarichi dirigenziali, aveva trascorso tredici anni al Liverpool, dove aveva ricoperto ruoli molto diversi: prima nel settore dedicato ai ragazzi con disabilità, poi come match analyst del vivaio, e infine come responsabile di due progetti internazionali, in Cina e in Australia.

La sua crescita è stata accompagnata da una costante attenzione all’analisi statistica, un ambito in cui è considerato un vero e proprio “mago”. Gow ha studiato Science and Football a Liverpool e, nei colloqui con Comolli, sarebbe riuscito a distinguersi per brillantezza e approccio metodico.

Nonostante la valutazione positiva, risulta comunque difficile che un eventuale arrivo di Gow possa concretizzarsi in tempo per permettergli di incidere sul mercato di gennaio. La sessione invernale, con ogni probabilità, sarà gestita direttamente da Comolli, che nel frattempo continua il processo di selezione del nuovo direttore sportivo.

La Juventus immagina questa figura con un ruolo strategico e meno a contatto quotidiano con la squadra rispetto al modello del passato, attribuendogli l’ultima parola sullo scouting e la gestione dei rapporti con i club internazionali.

L’impressione che filtra dalla Continassa è che non ci sia alcuna fretta. La società preferisce attendere pur di trovare il profilo perfettamente allineato alla nuova visione tecnica e gestionale, nonostante la squadra avrebbe bisogno di interventi immediati, considerando che gli investimenti estivi non stiano ancora offrendo i risultati sperati.

 

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