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Esclusiva CS, Giovanni Toschi:” Da bambino tifavo Fiorentina. Con Reggina e Mantova anni fantastici. Sul Toro…”

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Giovanni Toschi

Sono passati diversi mesi da quel 2 Gennaio 2023, il giorno in cui, per la prima volta, mi son sentito veramente un giornalista sportivo.

Ma facciamo un passo indietro. A Settembre 2022 sbarco all’Academy Porcari e, ad allenare con me, vengono messi un ragazzo della mia età ed un signore di una settantina di anni abbondanti.

Di quest’ultimo mi colpiscono subito la disponibilità, la simpatia e l’umiltà. La mia curiosità mi spinge ad informarmi su di lui e, dopo aver scoperto la sua storia, non posso che volerne sapere di più.

In una fredda serata di inizio Dicembre, sento che potrei farmi avanti. Gli chiedo se potessi avere l’onore di intervistarlo, ma non per rubagli qualche spoglio e passeggero parere da consumismo mediatico.

Io voglio conoscere quanto più possibile della sua carriera: i retroscena, le emozioni, le particolarità che solo chi ha vissuto la Serie A può raccontare. Un sorriso gli si stampa in faccia e, dopo avermi ringraziato per l’idea, si dice felice di accettarla.

Dunque, secondo giorno del nuovo anno, in centro, con un caffè a fare compagnia, mi trovo seduto a registrare una conversazione con un ex calciatore professionista.

Quel calciatore è il protagonista di questa intervista, colui che mi ha permesso di essere qui a scrivere: Giovanni Toschi.

Ecco, allora, la mia intervista a Giovanni, piccolo, grande, uomo.

Per rompere il ghiaccio, volevo chiederti che squadra tifassi da bambino e se tu avessi un idolo calcistico

Da ragazzino ero tifoso della Fiorentina. Quando iniziai a giocare nel piazzale della chiesa vicino casa mia, la Viola aveva una grande squadra, con un’ala destra svedese chi mi entusiasmava: Kurt Hamrin. Purtroppo, però, dal vivo non ho mai assistito ad una partita della società, poiché non vi era la possibilità economica di farlo. Le seguivo tra televisione e radio, per lo più.

Come ti sei approcciato al calcio giocato?

Prima non si aveva una squadra a 5 o 6 anni. Non esisteva la scuola calcio, solo il giocare con altri ragazzi al collegio oppure all’oratorio. Giocavo ed imparavo. La mia prima società arrivò a 12 anni con la Farfalla Sport di Lammari, in cui rimasi per due anni, prima di passare al San Pietro a Vico. Più competitiva, lì arrivarono le prime vittorie di campionati e tornei.

Quando è arrivato il primo, vero, campionato?

Da San Pietro a Vico, passai ad Altopascio, in 2ª Categoria. Ho seguito, insieme ad altri 5 compagni, il nostro allenatore. Due anni di 2ª Categoria , dove sono rimasto fino a 20 anni. Adesso, a quella età, se non sei ancora arrivato…

Il grande salto, invece, quando avvenne?

Ebbi la grande fortuna che la Lucchese mi vide e si interessò. Andai lì a fare una prova, che andò bene e fui preso. In un anno, collezionai 34 partite con 10 gol. Fu buono come primo impatto, visto che erano retrocessi dalla C alla 4ª serie, in cui vi erano tante squadre importanti. La Reggina, in B, venne a vedermi diverse volte e mi prese. Ero al settimo cielo: dalla 2ª Categoria alla B in poco tempo. A Reggio, ricordo un pubblico meraviglioso. Tre anni bellissimi, il cui secondo giocai in coppia con Causio, grande campione. Io a sinistra e lui a destra. Arrivai lì a 22 anni.

Giovanni Toschi

Fonte: Pinterest

Il passaggio, a quella età, volle dire anche cambiare totalmente vita?

Certamente. Io non ero mai uscito dalla regione. Per andare a quella età a Reggio Calabria, dovevo essere veramente innamorato di questo pallone. Avevo tanta malinconia, ma la superavo costantemente con gli allenamenti e le partite. Dopo il primo anno, tra l’altro, il Palermo versò tanti milioni per portarmi in Sicilia, in A, oltre che dare in cambio un’ala destra al posto mio. Presero me, Liguori dalla Ternana e due dalla Juve. Io feci la preparazione e le amichevoli con loro, ma poi tornai alla Reggina, perché i rosanero non davano garanzie di pagamento dei debiti. Mi trovai a fare altri due anni di B prima di conquistarmi la massima serie.

Arriviamo ora all’ultima tappa prima della Serie A: il Mantova

Il Mantova, sempre in B, puntò su di me. Una squadra molto competitiva! Non che la Reggio non lo fosse, ma si arrivava sempre a ridosso di altri. Con il Mantova, vinsi il campionato e conquistammo la A. Da lì, il nostro allenatore, Gustavo Giannioni, mi portò con sé al Toro. Mi seguiva anche il Bologna di Mondino Fabbri, grandissimo allenatore e persona.

Giovanni Toschi

fonte: Pinterest

Il biennio al Toro, dunque, con l’esordio in massima serie. Come fu l’impatto?

Furono due anni fantastici, di cui uno purtroppo segnato dall’infortunio in Coppa delle Coppe. Ero partito fortissimo: Mantova-Torino, esordio assoluto e contro la mia ex squadra. Segnai e poi raddoppiò Sala, con un mio assist. Poi segnai 3 gol in Coppa delle Coppe ad una squadra irlandese e poi un gol in Svizzera sempre in coppa. 5 gol in 3 partite. Sempre lì, contro l’Austria di Vienna, uno stiramento. Purtroppo fu curato male, rientrai subito dopo 7 giorni e mi strappai, stando fuori 4 mesi. Questo mi precluse la Nazionale.

Giovanni Toschi

Fonte: Wikipedia

La Nazionale? Questa non la sapevo!

A quel tempo, il ct era Valcareggi e vi era la Nazionale A e quella Sperimentale, per vedere chi portare nella prima. Dovevo giocare, dopo la convocazione, in coppia con Chinaglia, ma persi il momento e finì lì, purtroppo. Uno dei pochi rimpianti che ho: successe al momento sbagliato.

Come rientrasti da quello stop così lungo?

Dopo l’infortunio, segnai il famoso gol al Napoli. Era il 90′, mancava un minuto alla fine e non c’era recupero, perché non era previsto. Aver perso tempo o no, non faceva differenza.

Fu una marcatura particolare, che permise al mio Toro di tornare primo in classifica dopo 23 anni. L’arbitro non dette un angolo ed il portiere ed il libero fecero “il giochino”: il portiere la passa al difensore al limite dell’area; lui la rende, con l’estremo difensore che poteva prenderla con le mani, visto che non vi era la regola contro il retropassaggio. Io mi girai e, con la coda dell’occhio, vidi e capii tutto.

Con uno scatto intercettai il passaggio di Zurlini, un po’ corto. Superai il portiere ed il difensore mi tirò a terra con uno strattone e, mentre cadevo, di sinistro, insaccai.

Rete, palla al centro e fischio finale. A rendere tutto più glorioso, vi fu la radiocronaca di Sandro Ciotti, oltre che la testa della classifica con la Juventus, a pari merito.

Detengo anche un altro record al Torino: unico calciatore ad aver fatto 3 gol in una partita di coppa europea. Dal ’73 regge ancora. I gol son sempre difficili da fare, contro ogni squadra.

Pensi che il fisico al giorno d’oggi conti più della tecnica?

Quando giocavo ad Altopascio, feci diverse prove: Fiorentina, Spal, Perugia. Tutti dicevano: “Il ragazzo è bravo, ma è piccolo”. Ho avuto difficoltà a superare questa cosa, ma ringrazio la Lucchese di avermi dato fiducia. Io penso che, anche se sei piccolo, se riesci a saltare l’uomo, sei un valore aggiunto. Una cosa importante è non mollare mai, credere nelle proprie qualità ed essere pronti. Tanti mollano e non hanno fiducia in sé stessi, cosa sbagliata.

Dopo il Toro?

Dopo il biennio granata, in cui collezionai 52 presenze e 12 gol, andai al Cesena, alla sua prima volta in A. Lì altri 2 anni buoni, in cui ho lasciato un altro record: primo giocatore della storia del Cesena a segnare in A. Era Ottobre ’73, contro il Verona, 1-0. Ogni tanto mi chiamano per invitarmi e ricordare quei giorni…bei ricordi! Da lì, Foggia in B, con Cesare Maldini allenatore. Feci una partita lì in A ed a Novembre andai a Novara, dato che avevo già passato i 30 anni. Chiusi, poi, con 2 anni a Viareggio in C2 e poi Porcari.

Quali erano le tue sensazioni a saper di dover difendere dei colori, una città?

Un onore ed un piacere, ogni maglia. Le ho amate tutte. Scendevo in campo e non pensavo a soldi o altro, volevo solo dare il massimo per compagni, società, tifosi. A Torino, ora, penso di aver avuto un privilegio unico vestendo quella divisa, storica e gloriosa. Anche a Porcari, a 35 anni, in 2ª Categoria, esultavo come i gol più importanti tra i professionisti. Ho cercato di dare l’esempio, sempre, di passione ed umiltà.

Chi è il giocatore più forte con cui hai giocato? E quello affrontato?

Assolutamente Gianni Rivera, a ruota subito Gigi Riva. Ma Rivera aveva un’intelligenza fuori dal comune. Con cui ho giocato, invece, direi Causio, campione del Mondo poi nell’82. Menziono anche Pulici, grande attaccante e pezzo di storia granata.

Quante volte hai affrontato Rivera?

Anche con il Mantova in coppa, con il Toro, col Cesena…lo ammiravo e un mio grande amico che ci ha giocato 12 anni, Lodetti, mi ha detto che come lui, in giornata, non c’era nessuno.

Invece un difensore che ti metteva in difficoltà, chi era?

Angelo Anquiletti del Milan, che vinse anche l’Europeo del 1968. Aveva un passo molto simile al mio. Era veloce, non facile da superare, a differenza di chi era più macchinoso.

Quando hai iniziato ad allenare?

Iniziai ad allenare al Porcari-Montecarlo, che all’epoca, ossia nel 1994, era una sola società. Sono sempre stato nel settore giovanile, rifiutando anche proposte importanti, ma non mi interessava più andare a giro. Una scelta di vita, per trasmettere ai bambini la mia passione.

Qualche aneddoto che vuoi raccontarci?

Quando andai in prova alla Lucchese, era un giovedì pomeriggio, e vi era una partita: titolari contro rincalzi. L’allenatore, Ruggero Sala, un bestione di 1.90, che aveva giocato a Roma ed alla Triestina, andò dal portiere Semenzin, veneto come lui, per dirgli: “Visto che roba mi hanno portato? Un calciatore da oratorio, la Lucchese ha una storia. Lo mando a casa!” Semenzin insistette: “Ma dai mister, vediamolo. Un attaccante, tra l’altro, ci serve anche”. Iniziai la partita contro la prima squadra ed il primo tempo finì 2-0 con una mia doppietta. Allora Sala andò da Semenzin e gli disse: “Questo me lo tengo e anche stretto” e difatti non mi ha mai levato, nemmeno quando avevo la febbre!

Un altro piacevole ricordo risale ad un derby, Toro-Juve. Noi eravamo tutti italiani e loro avevano Helmut Haller, un campione assoluto. Aveva un carattere molto umile, tant’è che, a fine partita, venne da me e mi disse: “Noi due li faremmo ammattire tutti quanti” e mi abbracciò. Un onore detto da lui.

Giovanni Toschi

Fonte: Luccaindiretta.it

Poi, con la Reggina, giocammo a Napoli, in campo neutro, contro la Lazio, una sfida di Coppa Italia. Sivori era a vedere la partita e, mentre andavo negli spogliatoi, mi fermò e mi disse: “Come ti chiami?” ed io, ingenuamente, dissi: “Giovanni” “No, il cognome mi serve!” Ero emozionato dinnanzi a lui e mi disse “Complimenti, stai facendo cose eccezionali”.

Non si può dimenticare il mio primo gol in B, contro il Catanzaro, ho ancora le foto. Dalla felicità feci il giro del campo!

Per chiudere: un giocatore in cui ti rivedi ed uno che ti piace particolarmente del calcio attuale?

Mi rivedo molto nel Papu Gomez, che ha fatto la storia recente dell’Atalanta. Sia fisicamente, ma anche nello stile di gioco simile: accelerazione e frenata, esattamente come facevo io. Un grande calciatore. Mentre, se devo scegliere qualcuno che mi interessa, dico Leao, ma forse ancora di più Chiesa. Anche Berardi, ma l’attaccante della Juventus, quando vuole, è devastante, tecnicamente e fisicamente. Ci sono tantissimi ragazzi interessanti nel nostro movimento. Serve solo un pochino più di pazienza e di fiducia, cose che a suo tempo mi furono offerte.

Non è possibile volere i giovani già pronti. O sono giovani o sono pronti. Difficilmente entrambi.

Edoardo Elia Sartini

Giovanni Toschi

fonte: Ntacalabria.it

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Alexandra Colasanti: “Il successo crea invidia”

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Intervista all’ex arbitro Alexandra Colasanti, ora presentatrice ed opinionista televisiva, in esclusiva per Calciostyle.it con la nostra redazione.

Di seguito le parole di Alexandra Colasanti

Alexandra Colasanti

Ciao Alexandra, partiamo da una cosa fondamentale, tu sei stata un arbitro…

“Sono stata un arbitro perché all’età di 18 anni, quindi un po’ in tarda età perché oggi gli arbitri diciamo che si avvicinano a questo ambiente intorno ai 16 o 17 anni, che credo che sia l’età giusta per fare poi un giusto iter che ti permette poi se hai i numeri e soprattutto la preparazione atletica di arrivare poi nelle divisioni alte del campionato.

Ho iniziato un po’ per ribellione e un po’ per dimostrare al capo famiglia che fossi più brava di lui ed ovviamente ho fallito (ride) come tante cose che ho provato a fare come mio padre. Sono cresciuta nel calcio perché è stato un arbitro di Serie A, soprattutto di quei tempi, secondo me, in cui la Serie A era ancora calcio-poesia, io questo ci tengo a sottolinearlo”.

Alexandra tu sei opinionista nella trasmissione “Calcissimo” di Fulvio Collovati che va in onda su TopCalcio24 ma sei anche conduttrice di una trasmissione in onda su Città Celeste TV in Roma…

“Si, in realtà Città Celeste è un ritorno a quello che era il mio passato, arbitrai una partita e da lì mi coinvolsero in una radio che era in partnership con Città Celeste che era Centro Suono Sport che era quella della Roma. Da lì passai poi a Città Celeste e tutti i Lunedì, da Settembre, ho scritto questo programma ritagliandomi questo spazio che si chiama “Il salotto di Sasha” in cui parlo di calcio. Ovviamente parlo molto di Lazio ma anche molto del campionato a 360° perché da 7 mesi ho cercato di far comprendere agli spettatori Laziali storici e veterani, che in realtà è importante vedere cosa stanno facendo le altre squadre perché il “nemico” bisogna vederlo anche da vicino per capire cosa sta facendo. Quindi il Lunedì è anche importante esaminare qual è l’andamento delle competitor”.

Tifosa della Juventus, Allegriana o no cosa pensi a fine della stagione per il discorso della panchina bianconera?

“Io sono sempre stata per 2 anni consecutivi pro-Allegri perché credo che questo allenatore sia il miglior condottiero che la Juventus possa avere in questo momento. Come consuntivo della stagione io direi che Allegri inizia questo campionato senza un mercato. Pogba si infortuna, si è puntato il dito su Allegri che lo ha voluto, però Pogba si infortuna e sceglie una terapia alternativa quindi va contro quello che gli viene consigliato dalla società Juventus e questo non lo poteva gestire Allegri. Arriva Alcaraz e si infortuna e Allegri non poteva prevedere che si infortunasse.

Allegri gestisce una squadra dove non c’è una struttura societaria, quale altra squadra in Italia senza una struttura societaria… parlo proprio della struttura che manca! C’è stato un periodo in cui le vicende della dirigenza della Juventus sono state veramente pesanti ed hanno veramente colpito in modo importante questa società ed Allegri è stato sempre lì da scudo! E poi mettiamoci anche la vicenda delle scommesse in cui si vede portar via uno dei giocatori importanti, forse uno dei più importanti del centrocampo ovvero Fagioli, che poi porta Locatelli a giocare in un altro ruolo.

Guarda caso si inizia un processo che sappiamo tutti coinvolge una serie di giocatori, però come mai ci si ferma a Fagioli, Tonali e Zaniolo e non si va più a fondo? Era per buttare il polverone sui bianconeri, perché purtroppo in questo paese, e lo continuo a sostenere, il successo crea invidia!

Di seguito il link della video-intervista integrale di Alexandra Colasanti dove parla ampiamente di Allegri, di Juventus e di tanto altro…

 

 

 

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Esclusiva CS, Graziano Campi: “Conte darebbe stabilità, a Motta servirebbe tempo. La situazione economica dell’Inter è un mistero. Su Milan-Roma…”

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Campi

Graziano Campi, giornalista, commentatore e opinionista sportivo nonché consulente per la comunicazione, ha concesso un’intervista a noi di CalcioStyle.

Indice

Le parole di Campi a CalcioStyle

campi

Di seguito, l’intervista rilasciata da Graziano Campi a CalcioStyle.

Ciao Graziano, cosa ne penseresti della possibilità di avere il prossimo anno come allenatore Conte o Thiago Motta?

Antonio Conte darebbe subito stabilità al gruppo. E’ molto esigente, ma più che accontentarlo sul mercato è necessario dargli la possibilità di gestire lo spogliatoio: cosa di cui Juventus e Napoli hanno assoluto bisogno. Thiago Motta deve portare una nuova filosofia e sistemare una difesa che Allegri non cosidera adatta per giocare a quattro dietro. Ci vuole più tempo e pazienza con lui: non so se i tifosi della Juventus ne avranno.”

Cosa pensi del futuro scudetto dell’Inter?

Non hanno avuto rivali per tutto l’anno, quindi avrebbero potuto fare di più in Coppa Italia e in Champions League. Rosico un po’, ma Juventus e Milan hanno iniziato un processo di riequilibrio finanziario di cui beneficieranno nei prossimi anni. E’ stato uno scudetto normale, caratterizzato da un dominio indiscusso dentro e fuori dal campo.”

Un giudizio sulla situazione economica dell’Inter.

E’ un grande mistero. I regolamenti attuali vanno migliorati per rispettare quella che è la filosofia del Fair Play Finanziario. Non si può dire che l’Inter bara, ma sicuramente è lecito invocare regole più stringenti per evitare una disparità competitiva. Oggi i grandi club godono di benefici che falsano la sfida rispetto ai club minori.”

Cosa deve fare il Milan per tornare competitivo?

Il Milan è già competitivo, il problema è legato agli infortuni e al bisogno di riorganizzarsi dopo un’estate con troppi cambi. Ora arriverà un nuovo centravanti, probabilmente un centrocampista e un terzino per completare la rosa che già ha recuperato Bennacer rispetto a inizio anno. Zirkzee è secondo me il giocatore giusto per portare il Milan a inseguire la seconda stella.”

Cosa pensi di De Rossi? Merita la conferma?

De Rossi merita una rosa all’altezza. La prossima stagione alcuni giocatori non ci saranno più e andranno sostituiti, ma l’ossatura della squadra è molto buona: lo dimostra questo finale di stagione. E’ poi è l’anno del Giubileo: non si sa mai che possa arrivare una sorpresa…”

Su Tudor?

Deve raddrizzare la squadra. Essere arrivato a fine stagione lo aiuta a capire quali giocatori vanno bene per il suo progetto e quali no. Sta a Lotito accontentarlo, trovando un centravanti che sostituisca degnamente Ciro Immobile. Il resto dipenderà dalle valutazioni che darà il tecnico su Pellegrini e Lazzari sugli esterni e sui trequartisti in rosa. Tenere Felipe Anderson e Zaccagni è fondamentale. Con Luis Alberto e Immobile ormai è il momento di salutarsi: la speranza è che i tifosi li salutino degnamente.”

Come vedi Manna al Napoli?

E’ alla sua prima esperienza da direttore sportivo. Avere De Laurentiis è sia un vantaggio che uno svantaggio. C’è da capire chi sarà l’allenatore, tra Conte e Italiano vedo una straordinaria differenza per il mercato. La difesa va rifatta ma centrocampo e attacco sono già a posto così, in attesa di individuare il centravanti che potrebbe sostituire Osimhen. Sempre che parta: mai dire mai nella vita.”

La Fiorentina deve ricostruire…

❞In questo finale di stagione ha perso Joe Barone e l’allenatore ha già detto che andrà via: è stata una brutta botta. Ora Conference e Coppa Italia servono per chiudere in bellezza, ma poi c’è una squadra da rifare. Vanno scelti allenatore, direttore generale e direttore sportivo: dal mio punto di vista il mercato dei viola negli ultimi tre anni è stato disastroso.”

Atalanta e Bologna invece vanno a gonfie vele…

All’Atalanta vanno fatti i complimenti per la vittoria contro il Liverpool, ma il quinto posto va ancora raggiunto e la Coppa Italia va ribaltata. Credo non ci sia nulla da toccare. Il Bologna invece dovrà fare i salti mortali per trattenere i protagonisti di questo miracolo sportivo. L’infortunio brutto di Ferguson è una tegola oggi, ma potrebbe far restare in Emilia lo scozzese anche per la prossima stagione. Zirkzee e Calafiori, come Motta, invece, andranno sostituiti degnamente. Sono sicuro che ci faranno divertire anche l’anno prossimo.”

E il Torino…

Mi auguro che il presidente faccia qualcosa di più per completare questa rosa. Alcuni giocatori sono a fine corsa e altri non hanno mai performato: il cambio di allenatore sarà fondamentale per individuare quei calciatori in grado di far fare il salto di qualità al club e riportarlo a lottare per un posto in Europa.”

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Cartoline dal futuro. Stefano Trillocco: “Il mio idolo? Vidal”

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Cartoline dal futuro: Stefano Trillocco del Grosseto

Oggi inauguriamo un ciclo di interviste fatte a talenti giovani, ragazzi che potrebbero fare tanta strada nel mondo del calcio. Il primo è Stefano Trillocco.

Per il ciclo di interviste Cartoline dal futuro oggi conosciamo meglio Stefano Trillocco, 18 anni, un metro e ottantotto di potenza, difensore centrale del Grosseto. Al momento è fermo per un infortunio al ginocchio ma presto tornerà a giocare nel club toscano.

Originario di Civitavecchia, frequenta l’ultimo anno delle superiori e parallelamente alla scuola porta avanti la sua carriera da giocatore di calcio professionista. Dopo aver militato nella maggior parte dei club del Lazio, Trillocco ha intrapreso una nuova avventura in Toscana.

Ha un procuratore che è tutto un programma: Franco Zavaglia, noto per essere stato il primo procuratore di Francesco Totti e l’agente di Giuseppe Giannini.

Simpatizzante juventino, è un ragazzo sicuro dei propri mezzi e con le idee chiare sul proprio futuro. Ecco che cosa ci ha raccontato.

Stefano Trillocco (Grosseto Calcio)


Descriviti.

“Sono un difensore centrale molto dotato tecnicamente e fisicamente”.

Quali sono le tue specialità, come difensore centrale?
“La marcatura a uomo: sono cattivo il giusto, senza troppi falli. Infatti raramente prendo cartellini, intervengo sempre pulito sul pallone. La dote migliore che ho sono i lanci, da 50-60 metri”.

Sei destro o sinistro?
“Sono tendenzialmente destro, ma crescendo ho imparato anche a giocare sinistro”.

Hai iniziato la tua carriera da difensore centrale?
“Io ho iniziato da difensore centrale e ho quasi sempre giocato in questo ruolo, tranne alcuni anni che ho giocato con ragazzi più grandi di due anni: a 16 anni giocavo con la Juniores del Rieti e lì giocavo anche come terzino”.

Quando hai scoperto la tua propensione per il calcio?
“Ho iniziato da piccolo, a 5-6 anni, qui a Civitavecchia. Mi aveva segnato papà, mi piaceva il calcio e fin da subito, anche perché ero un po’ più alto degli altri, mi hanno messo dietro fin da subito. Da piccolo non mi piaceva più di tanto fare il difensore, segni raramente… Poi, crescendo, ho capito che è uno dei ruoli più importanti del calcio. Mi piace prendermi questa responsabilità”.

Quindi il merito della tua passione è anche della tua famiglia.
“Ho un ricordo, da piccolino, della finale degli Europei 2012 Spagna-Italia: lì mi sono innamorato di Torres. Poi ho iniziato a giocare a pallone, vedevo tutte le partite con papà. Pure mamma è molto appassionata di calcio, e ci accompagna avanti e indietro tutti i giorni per Grosseto. E’ un sacrificio più per loro che per me, perché vado lì, gioco, mi diverto. Loro guidano, stanno in macchina tutto il pomeriggio, tutti i pomeriggi.

Mi sento di doverli ringraziare perché mi stanno appresso tutti i giorni 24 ore su 24 ore e perché qualsiasi cosa mi serva me lo fanno trovare subito. A partire dalle cure mediche quando mi faccio male a portarmi avanti e indietro tutti i giorni”.

Hai fratelli o sorelle?
“Ho una sorella più grande di 8 anni che non si occupa di calcio: fa la commercialista e il revisore legale a Roma”.

Quand’è che hai pensato che il calcio potesse essere un’opportunità lavorativa, per te?
“Da piccolo. Quando giocavo qui al DLF Civitavecchia mi è arrivata una chiamata dal Ladispoli. Avevo 14 anni. Quell’anno, forse perché ero troppo piccolo, non ci sono voluto andare. Ma è stato meglio così, visto che dopo è arrivata la chiamata della Viterbese e sono andato lì per un anno. Poi purtroppo si è bloccato tutto con il COVID”.

Come hai gestito la situazione, nel periodo del COVID?
“Andavo da solo, ogni tanto mi videochiamavo con la squadra. Quando è finito il COVID abbiamo fatto alcuni tornei e li abbiamo vinti, sempre nel Viterbese, con squadre di zona. All’epoca, alla Viterbese giocavano anche Baschirotto, Adopo… Li ho visti, loro erano grandi, io ero piccolo. Quindici, sedici anni”.

Dopo la Viterbese, com’è continuato il tuo percorso?
“Dopo è arrivata la chiamata del Rieti, e mi hanno detto di giocare nella Juniones. Io sono 2005 e giocavo con ragazzi 2003-2004. Ero un po’ scettico di andare tutti i giorni fino laggiù, ma poi quell’anno mi sono divertito molto. Ho imparato tanto sul piano caratteriale. Loro erano più grandi, io non mollavo mai e sono arrivato al passo loro, a volte superandoli. Loro mi hanno insegnato a non mollare mai“.

Quanto è importante per un giocatore molto giovane potersi confrontare con compagni più grandi ed esperti?
“Per me è stato fondamentale”.

E poi?
“Il Rieti è fallito. Così lo scorso anno sono andato a Grosseto, ci sono stato fino a dicembre-gennaio nella sezione Juniores, poi ho avuto un infortunio al ginocchio e sono tornato a Civitavecchia. Sono stato fermo 3 mesi e poi all’inizio di questa stagione sono tornato al Grosseto”.

Lo stemma del Grosseto Calcio, il club di Stefano Trillocco

Insomma: ti sei girato un po’ tutto il Lazio.
“Sì, lo scorso anno mi sono fatto anche un po’ di esperienza al Civitavecchia in Prima Squadra”.

A noi puoi dirlo: quali sono i tuoi obiettivi?
“Magari, l’anno prossimo, esordire in Prima Squadra in Serie C o Serie D. Mio padre è stato già contattato da alcune squadre. Spero di trovare una squadra di buon livello e iniziare a giochicchiare. Andare avanti con il calcio fino a… sognare”.

Posso chiederti quali squadre ti hanno cercato?
“Non lo dico per scaramanzia (ride, ndr)”.

Saresti disposto a trasferirti altrove?
“Lo sono sempre stato, anche ai tempi della Viterbese. Tranne quest’ultimo anno, perché sono in quinto e ho deciso di concludere le scuole qui”.

Andresti anche all’estero?
“Volentieri. Sognando in grande, a me piacerebbe giocare in Inghilterra. Per il clima e perché mi piacciono i campionati tecnici molto più di quelli fisici”.

In quale squadra inglese ti piacerebbe giocare, se potessi sognare in grande?
“Mi piacerebbe molto giocare all’Old Trafford con il Manchester United“.

Quali sono i tuoi giocatori preferiti?
“Da piccolino, nel mio ruolo mi è sempre piaciuto Sergio Ramos. Però il mio idolo è sempre stato Arturo Vidal“.

Dei difensori centrali della Serie A ce n’è qualcuno che ti piace?
“Quest’anno, secondo me, Bremer è molto forte fisicamente. Uno dei più forti del mondo”.

A proposito di Juventus: che chances ha quest’anno?
“Secondo me non può puntare troppo in alto, deve aspirare al terzo o quarto posto e arrivare in Champions per andare bene l’anno prossimo. Secondo me ci arriva”.

Tornando a te: cosa vedi nel tuo immediato futuro?
“Non trascuro la scuola per il calcio, ho sempre fatto tutte e due insieme senza problemi. Mi vorrei anche iscrivere all’università qui a Civitavecchia, alla Tuscia di Economia. Alle medie ho frequentato l’Istituto Tecnico Economico. Vorrei prendere una laurea in Economia Circolare come mia sorella, di cui vorrei seguire le orme”.

Come si concilia la vita di un giovane calciatore con la vita privata?
“Ormai ci sono abituato, sono 4-5 anni che faccio questa vita. Ho sempre messo in primo piano il calcio, poi c’è sempre stata la scuola. Vado abbastanza bene. La sera studio e faccio i compiti che ci danno. La famiglia la vedo sempre e quando posso esco, ho tanti amici. Conduco una vita normale”.

Quante volte a settimana ti alleni?
“Dal lunedì al giovedì. Esco da scuola, parto e torno a cena”.

Se andassi a giocare in Serie A, dove andresti a giocare?
“Adesso come adesso l’Inter è il top in Italia. Poi Juventus e Milan, indifferentemente”.

Con quale allenatore ti piacerebbe lavorare?
“In Serie A forse Thiago Motta, per il suo stile di gioco”.

Per la Juve: meglio Motta o Conte?
“Lo stile di gioco di Allegri non mi fa impazzire. Fra Conte e Thiago Motta sceglierei Conte, perché ha la carica giusta come con lo scudetto dell’Inter di qualche anno fa. Però anche Thiago Motta è un nuovo allenatore che ha le sue idee ben chiare”.

A proposito di allenatori: cosa pensi di Palladino del Monza?
“E’ un bravo allenatore. Forse un gradino sotto Thiago Motta”.

Come giudichi l’operato di De Rossi a Roma?
“Ha cambiato la squadra: perché con Mourinho non giocava. Con l’arrivo di De Rossi, soprattutto per la sua romanità e per la sua grinta, ha risvegliato tutti quanti, compreso Pellegrini. C’è un’alta probabilità che il suo contratto venga rinnovato a fine stagione”.

Roma-Milan chi la vince?
“Roma-Milan in casa della Roma dipende da come starà Leao: se sta bene non ce n’è per nessuno”.

Dimentichi il fattore Abraham.
“Anche Abraham è forte, ma prima che ritrovi la condizione si arriva all’inizio della prossima stagione. Recuperare dopo una lesione al crociato non è mai semplice”.

Chiudiamo con un quiz: l’attaccante più forte della Serie A.
Lautaro Martinez“.

Il centrocampista più forte?
Barella, che per me è molto simile a Vidal”.

Il difensore più forte?
“Bremer”.

E il portiere?
“Ce ne sono tanti in Serie A. Provedel della Lazio è fortissimo, Szczęsny è un gatto, Sommer prende raramente gol. Ma secondo me il più forte è Maignan del Milan“.

Ringraziamo Stefano per il tempo che ci ha dedicato e gli auguriamo tanta fortuna per la sua carriera.

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