Le bombe di Vlad
Dejan Savicevic, il Genio montenegrino
Ha visto la luce in quella che si chiamava ancora Repubblica Popolare di Montenegro, stato federato della allora Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.
Da molti considerato uno dei migliori calciatori balcanici di tutti i tempi, Savicevic, mancino dotato di grande fantasia, estro e velocità, è stato per molti anni il “dieci” del Milan.
E a Milano si è guadagnato il soprannome con cui ancora il popolo rossonero lo ricorda: il Genio.
Il piccolo Dejo
Dejo, come lo chiamano il papà Vladimir, ferroviere, e la mamma Voika, cresce nel quartiere popolare di Stari Aerodrom (Vecchio aeroporto), dove si divide tra le bravate con gli amici e le partite di calcetto sul campo di cemento dietro la stazione.
“Ero un giovane bandito, avevo un futuro da tagliagole. Per fortuna sono diventato un calciatore” dirà di se in un’intervista.
Per fortuna sua e di molti tifosi milanisti.
I primi passi nel calcio
La classe cristallina è evidente già nelle partitelle di “futsal”.
È il migliore, di molto superiore ai suoi coetanei.
Dejo comincia allora a sognare un futuro lontano dalle storiacce di quartiere, un futuro da campione, sull’erba verde di un campo vero.
Viene tesserato, a soli tredici anni, dall’OFK di Titograd.
Due anni di formazione e il futuro bussa alla sua porta.
Il Buducnost (in serbo “Futuro”) Podgorica, club più importante della capitale montenegrina, lo tessera.
Ha quindici anni e comincia a crederci sul serio.
Debutta nella Prva Liga jugoslava e dopo due anni di adattamento esplode.
La guerra e la prima Coppa dei Campioni
Lo nota la Stella Rossa, la storica squadra della capitale Belgrado, che ne acquisisce le prestazioni nel 1988.
Eredita la pesante maglia numero dieci di un certo Dragan Stojkovic, passato l’anno prima all’Olympique Marsiglia.
Quello stesso anno (qualcuno malizia ci fosse dietro lo zampino del Partizan, che si era visto rifiutato) gli arriva la chiamata alle armi.
Gioca poco, dovendo “servire la Patria”, ma nell’esercito si allena molto, entrando nel reparto speciale chiamato “sportska ceta”, creato apposta per atleti professionisti bisognosi di tenersi in forma e di osservare una alimentazione controllata.
È qui che conosce Zvonimir “Zorro” Boban, il quale diventerà suo grande amico, Darko Pancev e Aljosa Asanovic.
Quando ricomincia a giocare con continuità, insieme a giocatori del calibro di Mihajlovic, Prosinecki, Pancev e Jugovic, fa la storia del club di Belgrado.
Il 29 maggio 1991, nel nuovissimo e bellissimo impianto del San Nicola di Bari, dono di Italia ‘90, la sua Stella Rossa conquista la prima e ad oggi unica Coppa dalle grandi orecchie nella storia del club.
Dejan Savicevic è tra i protagonisti, tanto che in Italia qualcuno lo definisce “il Platini dei Balcani”.
Non vince il pallone d’oro solo perché il premio, francese, va al francese Papin, bomber dell’Olympique Marsiglia sconfitto in finale.
Savicevic e il Milan, una storia bella e tormentata
In Europa si scatena l’asta tra le big ma, come spesso accadeva allora, il Presidente Silvio Berlusconi arriva prima di tutti.
Dejan Savicevic giunge alla corte di Don Fabio Capello nell’estate del 1992, fresco campione d’Europa e vincitore della Coppa Intercontinentale.
Arriva nell’indifferenza, il Milan è costellato di stelle.
Ci sono Gullit, Rijkaard e Van Basten, solo per citarne alcuni.
Con lui arrivano il rivale Papin e Boban.
Il primo anno si scorna con Capello e gioca pochissimo.
Ma uno che appena arrivato, non più tardi del 1^ agosto del 1992, dichiarava “Accetterò disciplinatamente tutte le scelte del tecnico, anche se non tralascerò nessuna occasione per far vedere che merito di giocare sempre”, non demorde facilmente.
Con le partenze di Gullit e Rijkaard, i guai fisici di Van Basten e Simone, la crisi di Papin, trova continuità.
E nel 1994 compie l’impresa per cui sarà sempre ricordato dai tifosi rossoneri.
La finale di Atene
È il 18 maggio del 1994.
Il Milan deve affrontare ad Atene lo schiacciasassi Barcellona del mitico Johan Cruijff: è nettamente sfavorito.
Il campione olandese, non certo noto per modestia, si fa fotografare con la Coppa in mano una settimana prima della finale.
Definisce Desailly “un operaio del pallone senza tecnica calcistica”.
Dichiara anche “I tifosi del Milan si godano questo Barcellona, agli italiani non capita tutte le settimane di vedere una squadra che gioca bene come la nostra. Signori, il mondo ha bisogno del nostro spettacolo”.
Ma lo spavaldo olandese non ha fatto i conti col Genio, che ha un appuntamento col destino.
Il suo Barcellona esce fragorosamente sconfitto dalla storica finale.
Quattro a zero e tutti a casa.
Doppietta di Massaro su assist di Savicevic prima, che illumina la gara e fa quel che vuole in mezzo al campo, e di Donadoni poi.
Savicevic si toglie perfino lo sfizio di fare lo scavetto al leggendario Zubizarreta, per il tre a zero.
E Desailly, l’operaio senza tecnica, affonda i blaugrana con il definitivo quattro a zero.
I rossoneri non dimenticheranno mai quella notte ed il Genio.
Immaginiamo anche il buon Cruijff.
Il Genio oggi
Savicevic lascia il calcio giocato nel 2001.
Dopo qualche anno poco fortunato come allenatore, della nazionale jugoslava prima e della Serbia Montenegro poi, ha fatto carriera nella associazione calcistica patria.
Oggi è il Presidente della FSGC, Federazione calcistica del Montenegro, ma il carattere, pur addolcito dagli anni, non è cambiato.
Auguri Genio, buon compleanno.
(Foto: Depositphotos)
Calciomercato
Sassuolo, esplode Tarik Muharemovic: da promessa a titolare inamovibile
Una delle grandi rivelazioni di questo inizio di Serie A si chiama Tarik Muharemovic. Il centrale mancino del Sassuolo ha già lasciato il segno nel massimo campionato.
Uno dei segreti del grande avvio di stagione del Sassuolo è Tarik Muharemovic. Il bosniaco, cresciuto nella Juventus, sta avendo una costanza da veterano. Un talento puro che Fabio Grosso sta valorizzando partita dopo partita e che, inevitabilmente, è già diventato un nome caldo sul mercato.
Il club neroverde, però, non ha alcuna intenzione di lasciarselo scappare: l’obiettivo è blindarlo a gennaio per poi valutarne il futuro nella prossima sessione estiva.
Dai vivai sloveni alla Serie A: l’ascesa di Muharemovic

LA GRINTA DI FABIO GROSSO CHE FA IL SEGNO OK ( FOTO SALVATORE FORNELLI )
Cresciuto calcisticamente nei vivai locali sloveni, Muharemovic ha costruito le basi della sua carriera in Austria, all’interno dell’academy del Wolfsberger, con cui ha anche debuttato tra i professionisti contro il Red Bull Salisburgo.
Da lì il salto in Italia, con la firma alla Juventus, dove si impone nella Next Gen collezionando 47 presenze e 2 gol in campionato. Nell’estate del 2024 approda al Sassuolo, inizialmente in prestito. Il suo impatto è immediato: debutto contro il Cosenza in Serie B e subito un gol in Coppa Italia contro il Lecce.
Nonostante la giovane età, il messaggio è chiaro: Muharemovic è pronto. Il suo contributo è stato determinante nella cavalcata che ha riportato il Sassuolo in Serie A, convincendo il club a riscattarlo per circa 5 milioni di euro, un vero affare.
Il nuovo pilastro di Grosso
Oggi, il numero 80 sloveno è un titolare fisso nella formazione di Fabio Grosso. Le sue prestazioni sono da top di reparto e la società ha già deciso di premiarlo con un rinnovo di contratto fino al 2031.
Già nazionale bosniaco, Muharemovic rappresenta il presente e il futuro del Sassuolo. Ma se continuerà su questa strada, il suo nome tornerà sicuramente protagonista nel calciomercato estivo.
Un potenziale rimpianto per la Juventus, che non ha creduto fino in fondo in un difensore che oggi brilla nel massimo campionato.
(Foto: DepositPhotos)
Le bombe di Vlad
LBDV presenta: “Il portiere di Ceaușescu” e “Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio”
Domenica 16 novembre, alle ore 18.00, il Punk Roma (Via dei Durantini 18, Roma) ospiterà un evento speciale dedicato alla letteratura sportiva e alla cultura calcistica.
Protagonisti della serata saranno due firme d’eccezione: Guy Chiappaventi, giornalista di La7, autore del libro “Il portiere di Ceaușescu” (Bibliotheka Edizioni), e Ciro Romano, caporedattore di LBDV, che presenterà “Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio” (Garrincha Edizioni).
A dialogare con gli autori ci sarà Daniele Garbo, giornalista sportivo già volto di Mediaset e Direttore Editoriale di LBDV, mentre la presentazione sarà affidata al giornalista di Le Bombe di Vlad, Alberto Caccia.
L’incontro rappresenta un’occasione imperdibile per tutti gli appassionati di calcio, giornalismo e narrazione sportiva. Due libri diversi ma accomunati da una stessa passione: quella per il pallone e per le storie che lo rendono eterno.
Il portiere di Ceaușescu. Helmut Duckadam, storia di un antieroe
Una storia lunga quasi quarant’anni e undici metri, la storia di quando una squadra di sconosciuti strappò il titolo più importante del calcio europeo – la Coppa dei Campioni – a una superpotenza, il Barcellona.
Era la notte magica del 7 maggio 1986 quando, nello stadio di Siviglia, Helmut Duckadam, allora ventisettenne, riuscì nell’impresa di parare tutti e quattro i rigori dei giocatori catalani consentendo alla Steaua Bucarest di laurearsi campione d’Europa, prima volta per una squadra dell’Est. Una notte di felicità per un popolo che viveva con le luci spente, senza riscaldamento e con il frigorifero vuoto.
Quando la Steaua rientrò in Romania, all’aeroporto 15 mila persone accolsero i giocatori e almeno altrettante scesero in strada per seguire il tragitto del pullman fino a Bucarest. Fu un fatto insolito per la Romania comunista, dove le manifestazioni spontanee di piazza erano vietate, ma il regime volle capitalizzare la vittoria. Il presidente Ceaușescu invitò la squadra a palazzo e Duckadam diventò per sempre l’eroe di Siviglia.
L’autore
Giornalista, inviato del tg La7. Dopo aver raccontato la suburra di Roma, la mafia e la ‘ndrangheta, due guerre in Medio Oriente, terremoti, tsunami e alluvioni, negli ultimi anni ha seguito la cronaca a Milano.
Ha vinto il premio Ilaria Alpi, il Premiolino e il premio Goffredo Parise. Ha pubblicato sette libri, incrociando spesso il calcio con la cronaca: il primo, Pistole e palloni sulla Lazio anni Settanta, ha avuto otto edizioni in quindici anni e ha ispirato la serie Sky Grande e maledetta.
Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio
Ciro Romano ci racconta le gesta dello storico portiere olandese Jongbloed, eroe dell’arancia meccanica di sua maestà Cruijff . Un viaggio dentro la vita di uno dei calciatori più importanti della sua era. Non una monografia, dimenticate i tabellini, quello che troverete in queste pagine è l’atmosfera, è l’uomo prima del calciatore, è la storia prima dei gol, è il lato nascosto del pallone. Preparatevi, riavvolgete il nastro, premete play e godetevi questa partita di carta e inchiostri, inseguendo in campo un calciatore indimenticabile. Una nuova figurina letteraria da collezionare, una nuova figurina per completare lo scaffale dei campioni.
L’autore
Ciro Romano vive a Salerno è avvocato, abilitato alle Magistrature Superiori. Guarda il calcio dall’età di tre anni, e ne scrive per testate giornalistiche e pagine social. Prima per passione, poi per motivi professionali, diventa esperto di tifo radicale. Tiene conferenze e partecipa a dibattiti pubblici per l’abolizione alle limitazioni di legge al tifo e agli spostamenti delle tifoserie.
Ha pubblicato “Volevo solo giocare a ping pong” (Caffèorchidea).
(Foto: DepositPhotos)
Le bombe di Vlad
Napoli, allarme Lobotka: rischio stiramento e fino a 7 gare di stop. La sosta aiuta Conte
La sosta arriva nel momento giusto per il Napoli. L’infermeria azzurra è piena e le due settimane di pausa saranno fondamentali per Antonio Conte, che potrà sfruttare il tempo per recuperare alcuni uomini chiave e ricaricare una squadra apparsa stanca dopo il primo tour de force stagionale.
A Castel Volturno si lavora per rivedere in campo Alessandro Buongiorno, accelerare il rientro di Amir Rrahmani e gestire i giocatori arrivati col “serbatoio vuoto”. Ma a preoccupare di più sono gli ultimi problemi muscolari che hanno colpito due titolari, tra cui Stanislav Lobotka.
Allarme Lobotka: rischio stiramento e stop prolungato
Dalla Slovacchia sono arrivate conferme: il regista azzurro avrebbe accusato un fastidio muscolare che, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe rivelarsi uno stiramento. Gli esami strumentali in programma oggi chiariranno l’entità dell’infortunio e i tempi di recupero, ma le prime indiscrezioni non lasciano tranquilli.
In caso di conferma, Lobotka rischierebbe di restare fuori per fino a sette partite, saltando quindi in Serie A, i match contro Torino, Inter, Lecce, Como e forse Bologna. In Champions League, le sfide con PSV Eindhoven ed Eintracht Francoforte.
Ovviamente, in casa Napoli si spera in uno stop più breve, con la sosta che potrebbe dimezzare i tempi di recupero.
Come cambia il centrocampo di Conte
In attesa di notizie ufficiali, Conte si prepara a riorganizzare il centrocampo. Il sostituto naturale di Lobotka è Billy Gilmour, protagonista di una buona prova nell’ultimo match contro il Genoa. Tuttavia, con sette gare ravvicinate, sarà difficile affidarsi solo allo scozzese.
Una delle alternative è Kevin De Bruyne, che già in alcune fasi arretra il suo raggio d’azione per impostare il gioco. In caso di rotazioni, potrebbe trovare spazio anche Eljif Elmas, soprattutto se Conte decidesse di confermare il 4-1-4-1.
In alternativa, il tecnico potrebbe optare per un 4-3-3 più tradizionale, sacrificando un centrocampista e inserendo un esterno sinistro puro per dare maggiore ampiezza.
Situazione infermeria Napoli
Oltre a Lobotka, si attendono aggiornamenti anche su Matteo Politano, mentre Buongiorno e Rrahmani puntano al pieno recupero entro la ripresa del campionato. La sosta, mai come stavolta, arriva nel momento perfetto per un Napoli che ha bisogno di ritrovare energie, lucidità e uomini.
(Foto: DepositPhotos)
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