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Olimpic story: Jesse Owens, l’atleta che fece arrabbiare Hitler
La storia dell’atleta nero che fece infuriare il Fuhrer.
Siamo a Berlino nel 1936, sotto gli occhi attenti di Hitler si svolgono le XI Olimpiadi dell’era moderna. Jesse Owens è un’atleta nero americano ed è malvisto da Hitler proprio per il colore della sua pelle. Ma Owens non si lascia intimorire dagli sguardi minacciosi, corre, veloce come il vento, e vince 4 ori Ma chi era davvero Jesse Owens? Come arrivò a Berlino? Vediamolo insieme.
Owens nasce a Oakville, in Alabama, ma da piccolino si trasferisce con la famiglia a Cleveland Ohio. La filosofia dell’arrangiarsi del vivere è quella tipica di tutti i neri americani della Grande Depressione e James, questo il suo vero nome, vive un’infanzia difficile. Il nome Jesse gli viene dato da un’insegnante di Cleveland che non capiva lo slang del ragazzo, che diceva di chiamarsi J.C.
Jesse studiò alle scuole tecniche e, terminatele, andò a lavorare in un negozio di scarpe. Nel tempo libero si allenava nel suo sport preferito, la corsa. Nel 1933, ai campionati nazionali studenteschi, stupisce tutti per la sua impressionante velocità e cattura l’attenzione di tutto il mondo sportivo anche nel salto in lungo; questo gli fece ottenere l’ammissione nell’Università Statale dell’Ohio, in realtà annunciata ufficialmente solo dopo che il padre ebbe ottenuto un posto di lavoro sicuro. Poté allora cominciare a dedicarsi seriamente all’atletica.
Il 25 maggio 1935, ad Ann Arbor, nel Michigan, nel Big Ten meet in 45′ Jesse stabilisce i record mondiali di salto in lungo con la misura di 8,13 metri (record destinato a durare fino 1960), nelle 220 iarde piane in rettilineo (20″3), nelle 200 iarde a ostacoli in rettilineo (22″6, primo uomo a scendere sotto i 23″) ed eguagliò quello delle 100 iarde (9″4). Da notare che i record delle 220 iarde era validi anche per i 200 metri, sia piani che ostacoli, quindi i record fissati da Owens in quella giornata storica furono 6.
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Il trionfo del 1936 e la reazione di Hitler
Come abbiamo già visto, alle Olimpiadi di Berlino Owens conquisto quattro medaglie d’oro. Il 3 agosto vinse il 100 metri piani, il 4 agosto il salto in lungo, il 5 agosto i 200 metri piani e il 9 agosto la staffetta 4×100 metri. Owens, sazio di successi (e ignaro del fatto che stava per stabilire un record storico) era pronto a rinunciare alla staffetta per lasciare il posto alle riserve. Dichiarò: “Ho già vinto tre medaglie d’oro. Lasciamoli gareggiare, se lo meritano!“. Ma i suoi dirigenti, che vollero mettere in campo la squadra migliore, gli ordinarono di rimanere in pista. Stabilì così l’ennesimo record e fu eguagliato solo dal connazionale Carl Lewis, che vinse quattro ori nelle stesse gare.
Il 4 agosto era presente anche Adolf Hitler e si racconta che, dopo la vittoria di Owens nel salto in lungo sul tedesco Luz Long, l’allora Cancelliere tedesco si fosse alzato per lasciare lo stadio e non stringere la mano all’atleta afroamericano. Successivamente, Owens nella sua autobiografia scrisse che in realtà Hitler si alzò in piedi e gli fece un cenno con la mano: “Dopo essere sceso dal podio del vincitore, passai davanti alla tribuna d’onore per rientrare negli spogliatoi. Il Cancelliere tedesco mi fissò, si alzò e mi salutò agitando la mano. Io feci altrettanto, rispondendo al saluto. Penso che giornalisti e scrittori mostrarono cattivo gusto inventando poi un’ostilità che non ci fu affatto.”
Owens tornò in patria da eroe ma non venne dal Presidente americano Roosevelt, che cancellò l’appuntamento alla casa bianca per timore di una reazione negativa degli stati del Sud. Owens quindi si iscrisse al Partito Repubblicano, facendo campagna per il suo candidato alla presidenza per il 1936 Alf Landon. Nel 1955 il Presidente Eisenhower, repubblicano ed ex atleta, lo nominò “Ambasciatore dello Sport”.
Questa è la storia di Jesse Owens, il più grande e leggendario atleta afroamericano, che dopo Berlino passò al professionismo (le Olimpiadi erano riservate solo ai dilettanti) vincendo gare con handicap in cui concedeva anche 20 iarde di vantaggio ai suoi avversari, battendoli ugualmente. Passò poi all’insegnamento.
Nel 1976 venne insignito del Collare d’argento dell’ordine olimpico per il suo affronto al razzismo nelle Olimpiadi del 1936 e nello stesso anno venne premiato con la Medaglia presidenziale della libertà, il massimo titolo per un civile americano dal Presidente Ford che lo omaggiò con queste parole: “Owens ha superato le barriere del razzismo, della segregazione e del bigottismo mostrando al mondo che un afro-americano appartiene al mondo dell’atletica.”
Owens morì di cancro ai polmoni a 66 anni nel 1980. Nel 2013 la leggenda di Jesse Owens era ancora viva, visto che una sua medaglia d’oro di Berlino venne battuta all’asta per 1,4 milioni di rossi.
Gli è stato dedicato persino un’asteroide e la medaglia d’oro del Congresso postuma. Jesse Owens, la freccia nera, resterà per sempre nella leggenda dello sport e, soprattutto, nella storia olimpica.
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Milan, Furlani difende Pioli:” Nessuno ha mai parlato di panchina a rischio”
Milan, durante una lunga intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport, l’Amministratore Delegato rossonero ha toccato diversi temi tra i quali quelli in merito all’allenatore Stefano Pioli.
Un Giorgio Furlani a tutto tondo quello che si è presentato davanti ai microfoni della Gazzetta dello Sport. L’Amministratore Delegato è stato intrattenuto anche sul futuro di Stefano Pioli, domanda di grandissima attualità.
Leggiamo qui di seguito le sue parole:” Nessuno della società ha mai parlato di panchina a rischio. E non sarà valutato per l’Europa League o il derby. La nostra stagione fino a qui è stata buona, ma come l’anno scorso c’è una squadra che è andata oltre le previsioni, ieri il Napoli, oggi l’Inter. Pioli al Milan ha una storia decisamente positiva, ha riportanto la squadra in Champions e vinto lo scudetto. Ora sarebbe ingeneroso valutarlo in base al futuro percorso in Europa League o all’esito del derby”.
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eFootball™: è iniziata la qualificazione per l’Arsenal
eFootball™: il 25 marzo sono iniziate le competizioni per il club inglese. Quattro round per decidere chi si qualificherà alla finale del 4 maggio.
Oggi si sta disputando la finale del Bayern, che ha visto fronteggiarsi 4 players di console e 4 di mobile.
Mentre è iniziata lunedì quella per l’Arsenal. Ecco il calendario.
Indice
Le qualificazioni online
Chi rappresenterà “I Gunners”?
Il primo round, iniziato il 25 marzo, è tutt’ora in corso.
Il secondo si svolgerà dal 1 al 4 aprile. Il terzo sarà dal 5 al 7 aprile.
L’ultima fase di qualificazione online si svolgerà il 20 aprile tramite la modalità torneo.
Finale il 4 maggio.
Gli altri club
Decretati un mese fa i gamers che rappresenteranno il Barcellona alle finali mondiali di Tokyo in estate.
Saranno l’americano LaCasAA su piattaforme mobile, e il brasiliano FuTeFacil su console.
Verso la finale, il 3 aprile, anche l’Inter.
I Canali ufficiali dell’evento eFootball™:
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Media
Ultras Juventus, messaggio profondo e incisivo
Gli ultras della Juventus sono pronti a sostenere la squadra fino alla fine della stagione, senza contestazioni, ma con una condizione chiara.
Ultras dei 7 Gruppi annunciano sostegno alla Juventus
Nel cuore di Torino, di fronte alla maestosità dell’Allianz Stadium e agli occhi vigili della Continassa, quartier generale della Juventus, si è verificato un momento di comunione straordinaria tra la squadra e i suoi tifosi più appassionati. Gli Ultras della Juventus hanno dato vita a un gesto che ha fatto eco nell’animo di molti: uno striscione, imponente e carico di significato, è stato srotolato con orgoglio e determinazione.
La frase incisa su questo striscione è stata una dichiarazione di intenti, una promessa di sostegno eterno: “Ciò che facciamo in vita riecheggia nell’eternità. Forza Juve, noi siamo la Serie A”. Questo potente messaggio è stato firmato dagli “Ultras Juve“, una firma che porta con sé un senso di autenticità e appartenenza profonda.
La citazione, tratta dal celebre film “Il Gladiatore”, non è stata scelta a caso. Evoca un senso di grandezza e immortalità, suggerendo che le azioni compiute durante la vita lasciano un’impronta indelebile nella storia. È un richiamo alla grandezza della Juventus, una squadra che ha scritto pagine di gloria nel panorama calcistico nazionale e internazionale, e che continuerà a farlo per sempre.
Ma il messaggio va oltre la semplice glorificazione del passato. Con la frase “Forza Juve, noi siamo la Serie A”, gli ultras ribadiscono il loro impegno totale verso la squadra e la competizione stessa. Essi si identificano con la Serie A, la massima espressione del calcio italiano, e considerano la Juventus come il suo cuore pulsante, il fulcro intorno al quale ruota tutto il mondo calcistico nazionale.
Questo gesto non è solo un atto di tifo, ma una testimonianza della profonda relazione che lega la squadra ai suoi tifosi più accesi. In un’epoca in cui il calcio è spesso dominato da polemiche e controversie, gli ultras della Juventus offrono un esempio di passione e dedizione.
Oltre al suo impatto emotivo, questo striscione rappresenta anche un richiamo alla responsabilità che la Juventus ha nei confronti dei suoi tifosi. È un impegno a dare sempre il massimo sul campo, a lottare per ogni pallone e a perseguire la gloria con determinazione e spirito di squadra.
In conclusione, lo striscione “Ciò che facciamo in vita riecheggia nell’eternità. Forza Juve, noi siamo la Serie A”, rimarrà come un simbolo tangibile della passione e della dedizione che caratterizzano il rapporto tra la Juventus e i suoi tifosi. E mentre la stagione calcistica continua il suo corso, questo messaggio continuerà a risuonare nell’anima di tutti coloro che amano e sostengono la Vecchia Signora.
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