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Milan, il ritorno di Donnarumma a San Siro: fischi o indifferenza ?
Milan, il ritorno di Donnarumma a San Siro: fischi o indifferenza ? Grande attesa e sold out a San Siro per l’impegno degli azzurri contro l’Inghilterra. L’ex bambino prodigio torna nel “suo” stadio, come sarà accolto ? Andiamo ad analizzare la storia di un rapporto intenso
Sono ormai due anni che Gianluigi Donnarumma ha cambiato indirizzo di residenza, traslocando a Parigi. Dove con la maglia del Paris Saint Germain non è ancora riuscito ad imporsi definitivamente.
L’anno scorso è stato complicato dall’alternanza con Keylor Navas, mentre nella stagione in corso il nuovo allenatore Philippe Galtier lo ha imposto come titolare indiscusso.
Venerdi 23/09 tornerà a San Siro con la maglia della nazionale azzurra campione d’Europa in carica, grazie soprattutto alle sue doti di para rigori nella semifinale contro la Spagna e nella finalissima di Wembley contro i padroni di casa.
Salvo imprevisti dovrebbe partire come titolare, malgrado la forte concorrenza di portieri in ascesa come Ivan Provedel (Lazio) e Alex Meret (Napoli).
Negli ambienti federali c’è grande timore e preoccupazione in merito a come verrà accolto l’ex portiere rossonero dalla frangio del tifo milanista presente allo stadio. Fischi, contestazione aperta o indifferenza ? La nazionale ha bisogno di serenità per affrontare un incontro chiave nella corsa al primo posto della Nations League.
Indice
Milan, anatomia di un addio doloroso e il ruolo delle persone intorno al portiere
Arrivato giovanissimo al Centro Vismara, Gianluigi Donnarumma ha bruciato tutte le tappe ed ha esordito giovanissimo in prima squadra, all’età di 16 anni e 8 mesi, lanciato dall’allora tecnico Sinisa Mijhailovic. Da quel momento è diventato titolare indiscusso della porta rossonera.
Si sono succeduti per sei lunghi anni allenatori e dirigenti, proprietà e preparatori dei portieri, colleghi portieri e compagni di squadra, l’unico intoccabile e sempre al suo posto è stato il portiere campano. Che nel tempo era diventato l’emblema del tifo milanista, lo scoglio su cui aggrapparsi in tempi grami di un Milan minore.
L’avvento della famiglia Singer, coinciso con l’arrivo di Paolo Maldini e Frederic Massara ha riportato piano piano il Milan al centro del villaggio. Senza però il portiere nato a Castellammare di Stabia il 25/02/1999. Il quale nell’estate del 2021 è passato al Paris Saint Germain a parametro zero, dopo una telenovela lunghissima e piena di equivoci.
Il ruolo di Raiola
Un ruolo decisivo nell’addio di Gianluigi Donnarumma al Milan fu giocato dall’allora agente Mino Raiola (prematuramente scomparso) ingolosito dalla ricca commissione parigina e dalla famiglia del giocatore. Il ragazzo si è trovato in mezzo a una situazione più grande di lui e non è stato in grado di gestirla a livello di comunicazione e rapporti. Ci può anche stare data la giovane età.
L’astio perdurante del tifo milanista, quella chat del gruppo squadra mai abbandonata e una storia dove hanno perso tutti (e continuano a perdere….)
Un addio sbagliato a livello di comunicazione verbale e la situazione aggravata dall’essere andato via a parametro zero, hanno fatto sì che il tifo milanista arrivasse addirittura ad odiare l’ex beniamino. Ogni volta che il portiere si è presentato a San Siro sono piovuti fischi copiosi.
Ma la cosa più triste di tutta la storia sono gli insulti sui social nei confronti non solo del portiere, ma anche della famiglia. Ripetuti nel tempo e ogni volta che Gianluigi Donnarumma sbaglia qualcosa durante le partite. L’uso dei social andrebbe regolamentato per evitare queste situazioni.
La voce dei tifosi
In questa situazione stanno perdendo tutti, anche e soprattutto i tifosi rossoneri che se da un lato hanno le loro ragioni, dall’altro dimenticano le prodezze dell’ex numero uno. Ci sono le sue parate nella qualificazione alla Champions League nell’ultimo anno in rossonero, ci sono i suoi rigori parati in una fredda serata portoghese nei preliminari di Europa League contro il Rio Ave.
Il possente portiere (è alto 1.96 cm per 94 kg) è ancora nella chat del gruppo squadra milanista (a differenza dell’antro transfuga che risponde al nome di Hakan Calhanoglu…) e sente regolarmente quasi tutti gli ex compagni. Non solo, anche i rapporti con Paolo Maldini sono buoni. Segno di un legame con i colori rossoneri mai interrotto del tutto. Le parate di Mike Maignan fanno felice anche l’ex guardiano dei pali rossoneri.
La speranza è che la parte sana del tifo, prevalga su quella becera. I giocatori di calcio sono soprattutto dei professionisti che fanno delle scelte in merito a una carriera breve. Il tempo delle bandiere è praticamente finito, soprattutto con l’avvento della doppia sessione di calciomercato. Bisogna adeguarsi e sostenere i calciatori nel tempo che indossano la maglia.
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La risposta di Lotito a Gravina: “La FIGC non è il suo granducato personale”
Continuano le schermaglie verbali a distanza fra il presidente della Lazio Claudio Lotito e quello della FIGC Gabriele Gravina.
Le parole di Lotito su Gravina
Non si è fatta attendere troppo la replica del presidente della Lazio Claudio Lotito alle accuse del numero uno della FIGC Gabriele Gravina. Repetita iuvant: stamane vi avevamo riportato le dichiarazioni del presidente federale, rilasciate a “Il Foglio“, in cui quest’ultimo attaccava frontalmente il patron bianco celeste.
In sostanza, Gravina accusava il vulcanico patron della società capitolina di voler dettare legge all’interno del consiglio federale. Oltre ad alludere a un presunto conflitto d’interesse, dato che Lotito è al tempo stesso membro del consiglio federale e membro del consiglio della Lega Calcio.
Oltre che, ovviamente, senatore della Repubblica Italiana e Presidente della Lazio. Tempo qualche ora ed è arrivata anche la replica del diretto interessato, affidata a un’intervista concessa all’Ansa.
❝Leggo con stupore le dichiarazioni del sig. Gravina sulla mia persona, che si commentano da sole. Chiare manifestazioni di pura ostilità e scomposto rancore nei miei confronti, al fine di difendersi dalle responsabilità circa lo stato attuale del calcio in Italia che tutti gli attribuiscono. I suoi rapporti personali con alcuni presidenti non escludono il disagio e la confusione che oggi regna nel sistema calcio, condivise da tutti gli operatori che cercano, nonostante gli ostacoli posti dal sig. Gravina, di rinnovarne le regole. La mia posizione di proprietario di club, consigliere federale, consigliere di Lega e componente del Senato, ruoli peraltro acquisiti con regolari e democratiche elezioni, mi consente di avere una visione più ampia e completa dei problemi e delle soluzioni possibili per eliminare i guasti prodotti. Il mondo del calcio non chiede isolamento, ma necessita di una visione ampia delle sue varie componenti. Alle quali i miei ruoli istituzionali, attesa l’importante ed alta valenza del calcio, mi danno la possibilità di offrire un contributo fattivo, facendolo uscire da un’autonomia erroneamente intesa come ‘granducato personale’.❞
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Mourinho: “Roma? Mi dissero di andare via dopo Budapest”
L’ex tecnico della Roma, José Mourinho, è tornato a parlare del suo passato sulla panchina giallorossa, terminato a gennaio 2024 per esonero.
José Mourinho torna a parlare della sua avventura a Roma sulla panchina giallorossa. Nell’intervista rilasciata qualche giorno fa al The Telegraph, Il tecnico portoghese si è soffermato sul post finale di Europa League di Budapest dove gli fu consigliato da amici e parenti di lasciare la società giallorossa.
Mourinho ha passato due anni e mezzo nella Capitale collezionando su 138 match 68 vittorie, 30 pareggi e 40 sconfitte con una media punti pari a 1,70. Nella sua avventura giallorossa il portoghese ha portato la Roma a giocare due finali consecutive in Conference League (trionfo contro il Feyenoord) ed in Europa League (sconfitta ai rigori contro il Siviglia).
Mourinho, l’addio dopo Budapest
“I miei amici, la mia famiglia, perfino il mio agente mi dissero di andare via dopo la finale di Europa League dello scorso anno. Ma ho sentito la spinta del club, dal punto di vista emotivo, e sono andato avanti. Ho rifiutato la panchina della nazionale portoghese e anche un’offerta molto conveniente dall’Arabia Saudita per restare alla Roma”.
Scelta, quella di rimanere ai giallorossi, risultata sbagliata visto l’esonero arrivato a fine gennaio dopo aver collezionato 29 punti in 20 partite.
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