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Milan: così non va, occorre cambiare strategie
Il Milan non funziona, il progetto Elliott non sta decollando e sul banco degli imputati devono presentarsi tutti, nessuno escluso, dalla società stessa ai giocatori senza ovviamente escludere i tecnici che si sono succeduti. La dirigenza ha speso un mucchio di soldi senza al momento raccogliere alcun frutto, puntare sui giovani può essere una strategia vincente, ma il progetto deve valutaria nel medio periodo, ma non c’è tempo per aspettare, si vogliono risultati immediati ed ecco che allora bisogna cambiare strada. Se non si ha tempo di aspettare i giovani, ma in squadra non si hanno ancora campioni affermati, si è di fronte ad un problema e ad un madornale errore di valutazione le cui responsabilità devono essere imputate a chi ha formato la squadra.
Una stagione complicata
21 punti, undicesimo posto in classifica con le capoliste Inter e Juventus a quota 42 che risultano già irraggiungibili dopo solo mezza stagione, quinto peggiore attacco del campionato, questi sono solo alcuni degli impietosi numeri che attestano una stagione fino a qui fallimentare. Non sappiamo cosa succederà col mercato invernale, ma il 5-0 contro l’Atalanta non dovrà solo essere interpretato come un incidente di percorso, ma come una vera e propria caduta in un baratro il cui fondo al momento non si vede, ma si spera di aver toccato.
Crescono le minusvalenze
Il Milan ha speso molto e male. Giocatori acquistati come potenziali campioni ora si trovano in rosa con un valore giocoforza ridotto, sarà difficile venderli senza perdere dei soldi, da desiderate plusvalenze si dovrà fare nuovamente i conti con nuove minusvalenze non facendo altro che ritardare ulteriormente la rinascita del club. Giocatori come Leao, Duarte, Castillejo saranno difficili da vendere senza perdere soldi e la situazione non può che peggiorare se non si cambierà qualcosa.
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La risposta di Lotito a Gravina: “La FIGC non è il suo granducato personale”
Continuano le schermaglie verbali a distanza fra il presidente della Lazio Claudio Lotito e quello della FIGC Gabriele Gravina.
Le parole di Lotito su Gravina
Non si è fatta attendere troppo la replica del presidente della Lazio Claudio Lotito alle accuse del numero uno della FIGC Gabriele Gravina. Repetita iuvant: stamane vi avevamo riportato le dichiarazioni del presidente federale, rilasciate a “Il Foglio“, in cui quest’ultimo attaccava frontalmente il patron bianco celeste.
In sostanza, Gravina accusava il vulcanico patron della società capitolina di voler dettare legge all’interno del consiglio federale. Oltre ad alludere a un presunto conflitto d’interesse, dato che Lotito è al tempo stesso membro del consiglio federale e membro del consiglio della Lega Calcio.
Oltre che, ovviamente, senatore della Repubblica Italiana e Presidente della Lazio. Tempo qualche ora ed è arrivata anche la replica del diretto interessato, affidata a un’intervista concessa all’Ansa.
❝Leggo con stupore le dichiarazioni del sig. Gravina sulla mia persona, che si commentano da sole. Chiare manifestazioni di pura ostilità e scomposto rancore nei miei confronti, al fine di difendersi dalle responsabilità circa lo stato attuale del calcio in Italia che tutti gli attribuiscono. I suoi rapporti personali con alcuni presidenti non escludono il disagio e la confusione che oggi regna nel sistema calcio, condivise da tutti gli operatori che cercano, nonostante gli ostacoli posti dal sig. Gravina, di rinnovarne le regole. La mia posizione di proprietario di club, consigliere federale, consigliere di Lega e componente del Senato, ruoli peraltro acquisiti con regolari e democratiche elezioni, mi consente di avere una visione più ampia e completa dei problemi e delle soluzioni possibili per eliminare i guasti prodotti. Il mondo del calcio non chiede isolamento, ma necessita di una visione ampia delle sue varie componenti. Alle quali i miei ruoli istituzionali, attesa l’importante ed alta valenza del calcio, mi danno la possibilità di offrire un contributo fattivo, facendolo uscire da un’autonomia erroneamente intesa come ‘granducato personale’.❞
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Mourinho: “Roma? Mi dissero di andare via dopo Budapest”
L’ex tecnico della Roma, José Mourinho, è tornato a parlare del suo passato sulla panchina giallorossa, terminato a gennaio 2024 per esonero.
José Mourinho torna a parlare della sua avventura a Roma sulla panchina giallorossa. Nell’intervista rilasciata qualche giorno fa al The Telegraph, Il tecnico portoghese si è soffermato sul post finale di Europa League di Budapest dove gli fu consigliato da amici e parenti di lasciare la società giallorossa.
Mourinho ha passato due anni e mezzo nella Capitale collezionando su 138 match 68 vittorie, 30 pareggi e 40 sconfitte con una media punti pari a 1,70. Nella sua avventura giallorossa il portoghese ha portato la Roma a giocare due finali consecutive in Conference League (trionfo contro il Feyenoord) ed in Europa League (sconfitta ai rigori contro il Siviglia).
Mourinho, l’addio dopo Budapest
“I miei amici, la mia famiglia, perfino il mio agente mi dissero di andare via dopo la finale di Europa League dello scorso anno. Ma ho sentito la spinta del club, dal punto di vista emotivo, e sono andato avanti. Ho rifiutato la panchina della nazionale portoghese e anche un’offerta molto conveniente dall’Arabia Saudita per restare alla Roma”.
Scelta, quella di rimanere ai giallorossi, risultata sbagliata visto l’esonero arrivato a fine gennaio dopo aver collezionato 29 punti in 20 partite.
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