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I Campioni in… viola: Stevan Jovetic

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“Parte Jovetic!!! 1-1, aveva intuito e toccato Consigli”. Aveva commentato così Pierluigi Pardo il 5 aprile 2009, in occasione del primo goal in maglia viola di un ragazzino alla sua prima stagione in assoluto in Serie A, arrivato l’estate precedente dal Partizan Belgrado per 8 milioni – abbastanza per uno di 18 anni – e considerato uno dei più grandi prospetti del calcio europeo. Ma andiamo per gradi.
Arriva a Firenze con un cesto di capelli ricci a coprire gli occhi impauriti ma allo stesso tempo entusiasti di questa nuova avventura; il suo italiano è già discreto, ma a colpire di più è la scelta di prendere un numero di maglia importante, l’8, perché somma delle cifre del suo numero preferito, il 35, indossato fino a quel momento al Partizan.

Considerato il ‘nuovo Baggio Viola’ e soprannominato da tutti Jo-Jo, Stevan Jovetic ha rapprensetato un pezzo importante della storia della Fiorentina.

Il suo esordio nel campionato italiano avviene il 31 agosto 2008, quando Cesare Prandelli decide di gettarlo nella mischia – entrò al posto di Almiron – subito alla prima giornata, nella gara pareggiata 1-1 tra Fiorentina e Juventus e contribuirà con grandi prestazioni alla seconda qualificazione consecutiva della sua squadra in Champions League (i tifosi ricordano la straordinaria prestazione nella partita finita 4-1 contro la Roma) , segnando due goal contro Atalanta e Catania.
Col passare degli anni aumenterà la sua vena realizzativa, come dimostra già la stagione successiva, dove, oltre che in Champions, continua ad incantare anche in campionato, dove i goal salgono a 6 in 29 presenze. A colpire di più, però, sono i suoi strappi durante i 90′ di gioco, la capacità di saltare l’uomo in velocità nell’uno contro uno e la grande visione di gioco, come confermano i 5 assist messi a segno.

Indice

2011/2012 (parte prima)

Fermiamoci un attimo. Il percorso di Jovetic, se da una parte è stato costante dal punto di vista delle reti, d’altra lo è stato meno sotto il profilo della posizione ricoperta in campo. Se con Prandelli aveva molta libertà in campo, giocando principalmente da trequartista dietro le due punte fino, addirittura, a coprire il ruolo di esterno di centrocampo nel 4-4-2, con il nuovo tecnico Sinisa Mihajlović, tolto il terzo anno saltato completamente per infortunio, l’attaccante montenegrino viene considerato l’acquisto in più per la stagione 2011/2012 e già da quell’anno avviene la sua trasformazione…

Capelli spuntati, un po’ più di fisico e via. L’allenatore serbo ha in mente di schierarlo ala d’attacco nel 4-3-3. Ok, che fosse il calciatore su cui puntare era fuori dubbio, ma che l’intera squadra dipendesse da lui per cercare di non retrocedere non era nei piani. Il ragazzo corre, si dà da fare e già alla 11a giornata, dopo un anno e poco più, arriva il cambio di panchina. Sì, perché Miha non è più l’allenatore viola e sarà proprio Jovetic, con la grande umiltà che lo ha sempre contraddistinto, a prendersi le proprie responsabilità sul momento negativo della squadra.

2011/2012 (parte seconda)

Al suo posto arriva l’acclamato Delio Rossi, reduce negli ultimi anni di una qualificazione in Champions con la Lazio e in Europa League con il Palermo. I tifosi iniziano a sognare, i risultati, però, sorridono meno. Con lui la Fiorentina scivola ancora più giù in classifica e lo spogliatoio sembra ormai spaccato. Il cambiamento del modulo, che passerà da 4-3-3 a 3-5 2, coinciderà anche con un nuovo modo di stare in campo del numero 8 viola. Infatti, oltre ad aver accorciato ulteriormente quei riccioli che tanto lo avevano contraddistinto, il fisico di Jo-Jo cambierà durante la pausa invernale irrobustendosi notevolmente, cosi come a mutare sarà la sua posizione in campo: seconda punta a supporto di Amauri.

Come era prevedibile, Stevan non è più il giocatore sgusciante che partiva da lontano e si inventava la giocata, bensì era diventato più decisivo in area di rigore, raggiungendo per la prima volta in Italia la doppia cifra – 14 reti in 27 presenze – contribuendo ad un 13esimo posto finale. Da ricordare la doppietta contro il Catania  (una delle sue vittime preferite, a cui segno un goal di punta e uno a giro nel sette, entrambi da fuori area) , il goal straordinario allo Stadium contro la prima Juve di Antonio Conte, la doppietta all’Udinese dei record e le due reti segnate rispettivamente a Milan e Roma.

Forcing Juve e anno 0

Queste sue prestazioni, ovviamente, gli sono valse le prime attenzioni delle big d’Europa e, appunto, come poteva non mancare l’interessamento dell’allora tecnico bianconero, Conte, convinto più che mai che il suo acquisto potesse dare una dimensione più europea alla Vecchia Signora.

Andrea Della Valle, però, intervenne in prima persona e lo convinse a restare un altro anno e a contribuire alla rinascita dei gigliati con il nuovo progetto targato Vincenzo Montella, affiancato dalla coppia di ds Prade’-Macia. Il nuovo anno inizia bene, la Fiorentina vince e diverte e Jovetic ne è il principale condottiero, o almeno così sembrava fino alla fine del girone d’andata. Dopo che il tecnico campano lo ha spostato da attaccante del 3-5-2 a falso nueve nel 4-3-3, in modo da lasciare spazio alle giocate di Cuadrado e Ljajic (esploso proprio in quella stagione), il suo rendimento è cominciato a calare piano piano e alla fine i centri messi a segno saranno 13 in 31 match, contribuendo al raggiungimento dell’Europa dopo tre anni dall’ultima volta. Da ricordare la doppietta contro l’Udinese – ormai ci aveva preso gusto – e contro l’Inter, entrambi al Franchi, oltre al bel rasoterra all’Olimpico contro la Lazio.

Molti tifosi, purtroppo, si ricorderanno del goal contro il Pescara. Purtroppo perché è stato l’ultimo con la maglia viola addosso. A fine anno le strade si seprareranno e Jo-Jo, nonostante il forte pressing della Juve, non vuole tradire Firenze, la città che lo ha accolto come un figlio e che l’ha visto diventare grande. Accetta quindi il Manchester City e tre anni dopo, con il ritorno di Corvino come ds, era quasi fatta per un suo ritorno. Questa però è un’altra storia…

Champions League

“Comotto… quindi traversone, un pallone per Jovetic, dribbling, il tiro e la reteee…”. Partiva così l’avventura del montenegrino in UEFA Champions League, competizione che lo ha reso grande e che tutti ricorderanno per le sue grandi gesta. Partiamo da Firenze: 27 agosto 2008, gara di ritorno dei preliminari contro lo Sporting Lisbona, risultato sull’1-0 per gli ospiti, vantaggio momentaneo di Joao Moutinho. Ai viola basta il pareggio, in virtù del risultato di 2-2 in Portogallo. All’intervallo Prandelli parla a lungo col ragazzino e decide di schierarlo subito a inizio ripresa al posto di Gobbi, arretrando Vargas terzino e sbilanciando, di fatto, tutta la squadra in avanti. L’intuizione è quella giusta, perchè Jo-Jo al 54′ segna il goal del pareggio. La partita finirà 1-1 e a passare ai gironi con Liverpool, Lione e Debrecen sarà la Fiorentina.

Ma lo show non finisce qui… arrivano, appunto, i Reds di Torres e Gerrard, il Franchi si riempie come sempre per far sentire il calore ai propri beniamini. La serata sarà di ispirazione per il giovane attaccante e basterà solo il primo tempo per rendersene conto; dopo 45′, infatti, il risultato è di 2-0 e a far doppietta ci pensa l’8 viola, sempre con la sua solita esultanza con le mani rivolte al cielo e quei capelli che volano al vento. Dopo Stevan ci prende gusto e ne fa altri due al Bayern Monaco di Robben, Ribery, Schweinsteiger, Lahm e Klose, giusto per citarne alcuni, anche se non basteranno per il passaggio del turno ai quarti (loro avevano Ovrebo).

Eh sì, perchè la sua firma sul momentaneo 3-1 sarà l’ultima rete della Fiorentina nella massima competizione europea fino ad oggi, con la speranza di rivivere quelle emozioni in futuro…

Problemi fisici

La carriera di Jovetic è stata caratterizzata, purtroppo, da diversi problemi fisici. Tutto cominciò dallo scontro con Bolatti nell’estate del 2010, quando riportò la rottura del crociato e la sua stagione si concluse prima che potesse iniziare. Anche la stagione successiva saltò diverse partite per lo stesso motivo, così come nel 2012/2013, dove, a detta di qualcuno, non riusciva proprio a correre per un unghia incarnita.

Anche dopo, nel corso della sua carriera, i fastidi non mancheranno e, solo poco tempo fa, è tornato tra i giocatori a disposizione del Monaco, visto che si era rotto per la seconda volta il crociato. Noi gli auguriamo il meglio, perché Firenze non dimentica chi ha dato tutto per questa maglia, per questi colori e lui per 5 anni ha dimostrato di essere un grande professionista.

Perché se togli il 10, il 9 e il 7 (Antognoni, Batistuta e Hamrin) e pensi alle ultime generazioni, dici 1 e pensi a Toldo, dici 2 e pensi a Gonzalo, dici 4 e pensi a Dunga, dici 6 e pensi a Passarella, dici 11 e pensi ad Edmundo, dici 13 e pensi ad Astori, dici 23 e pensi a Pasqual, dici 8 e pensi a… Jovetic.

 

 

 

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Inter, parla Marotta dopo lo scudetto

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Inter, Marotta

Il CEO dell’ Inter ha elogiato il presidente Steven Zhang per la sua abilità nel delegare responsabilità efficacemente.

Le parole del CEO dell’Inter

Dapprima Marotta ha sottolineato l’importanza di concedere autonomia al management per consentire all’Inter  di operare al meglio.  Un’altra questione approfondita dal dirigente  é come  Zhang comprenda l’importanza della delega di compiti per il successo dell’organizzazione.

Marotta ha dichiarato che Zhang è costantemente informato sulle attività dell‘Inter. Quindi il team  è per lui   responsabile di ciò che accade all’interno del club.

Ha evidenziato come la responsabilità ricade sul management e non sulla proprietà.

Lavorare insieme in modo efficiente è essenziale per il successo e Marotta ha  apprezzato il rapporto di collaborazione tra il management e la proprietà.

Marotta parla del club

Anche la fiducia di Marotta nella leadership di Zhang è evidente cosí come la solidità della gestione del club sembra promettente per il futuro.

Marotta ha garantito ai tifosi che il club è finanziariamente solido . Probabilmente la proprietà fornirà inoltre ulteriori dettagli sul rifinanziamento del debito.

Ha assicurato che qualsiasi errore è imputabile al management e non alla proprietá  ed ha enfatizzato la trasparenza e la responsabilità del team di gestione nerazzurro.  Ha sottolineato che lavoreranno duramente per garantire il successo della squadra.

Inter, Marotta

Giuseppe Marotta

La collaborazione efficace tra management e proprietà è orientata verso la stabilità e il successo del club.

La gestione di Zhang ha portato a significativi risultati sportivi per i neroazzurri. Marotta ha voluto rassicurare i tifosi sulla solidità della leadership del presidente.La prospettiva di continuità e di successo per il club sembra essere al centro della strategia di gestione del team.

È  importante sottolineare che da quando é presente la gestione di Zhang ha portato a importanti risultati sportivi per il club. Tra questi la vittoria del titolo di campione d’Italia nella stagione 2020/2021.

 

 

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Assemblea ECA, Al-Khelaifi: “La Superlega non esiste”

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Assemblea ECA, Nasser Al-Khelaifi

All’Assemblea ECA (European Club Association) svoltasi ieri a Madrid ha presenziato il presidente Nasser Al-Khelaïfi, noto per essere anche il presidente del PSG.

Il presidente Nasser Al-Khelaïfi ha parlato della situazione dell’ECA. che sta attraversando una fase di grande espansione e conta oggi oltre 600 club affiliati grazie all’arrivo di 266 squadre aggiuntive in questa stagione.

Queste le parole di Al-Khelaïfi a tale proposito: “È un momento fantastico a causa della nostra rapida espansione e della nostra evoluzione positiva. Questo dimostra che l’ECA è un’organizzazione dinamica, democratica, rappresentativa e inclusiva.

Quando sono diventato presidente dell’ECA, c’erano 174 club… ora siamo 610. L’unità è la forza dell’ECA, che è completamente diversa dal precedente G-14”.

Il presidente ne ha approfittato anche per polemizzare sulla Superlega. Queste le sue parole: “La porta è sempre aperta per quei club che non sono nell’ECA. La Superlega non esiste. Quindi, quando se ne renderanno conto, saranno i benvenuti a tornare (l’allusione è soprattutto al Barcellona, ndr).

Abbiamo giocato contro di loro nei quarti di finale della Champions League, la migliore competizione per club al mondo. È la migliore competizione, il miglior sistema che abbiamo. Non sono davvero contenti, ma ancora una volta ci giocano perché sanno che è importante.

Sanno che è la competizione principale. Spero che quindi ne siate consapevoli. Sanno che la porta è sempre aperta. Siamo in contatto congiunto con la FIFA e l’UEFA”. I club che ancora sostengono convintamente il progetto della Superlega sono, in particolare, il Barcellona e Real Madrid.

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Milan, così non va: esci dalla mediocrità! | L’editoriale di Mauro Vigna

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Milan, già dal titolo si può capire di che tenore (senz’altro duro) è il taglio di questo articolo. Non si può sprecare un’altra stagione.

Parlare con mesi di anticipo a volte può dare delle soddisfazioni, in quanto, spesso si viene smentiti. Ed è quello che spero vivamente accada. Perché altrimenti dovremo nuovamente assistere a un anno, il prossimo, sotto il segno della mediocrità.

Mediocrità, parola ricorrente durante questa stagione, basti vedere alcuni elementi in rosa. Che vanno cambiati, o meglio, vanno sostituiti con rinforzi qualitativamente superiori. Iniziamo da Calabria, bravo bello educato e con un cuore grande così, ma vederlo capitano di una squadra come il Milan appare, scusatemi, una bestemmia. Sapete vero di cosa stiamo parlando? Del Milan, squadra che ha alzato al cielo 7 Champions. Giusto per ricordarlo.

Una squadra che per due anni non è stata in grado di trovare un vice Theo Hernandez facendo giocare al suo posto terzini destri, difensori centrali e facendo il segno della croce in settimana augurandogli lunga vita calcistica.

Un centrocampo inesistente, caratterizzato da giocatori bravissimi ad accarezzare il pallone, un po’ meno a picchiare. Quanto servirebbe un Kessiè qualsiasi. E quanto servirebbe una punta centrale che non avesse 38 anni, con tutto il rispetto per Giroud, un ex campione, ma che da marzo in avanti deve giocare con l’ossigeno perché non ha un vero e proprio sostituto.

Quindi che si fa? Con Pioli a fine ciclo ci si trova praticamente a maggio senza avere deciso un allenatore e con gli altri club che stanno praticamente prendendosi i migliori attaccanti, lasciando a noi – forse – qualche briciola per quando decideremo di fare mercato.

Capitolo allenatore. Da qui capiremo se aspettarci un altro campionato mediocre, oppure no. Antonio Conte avrebbe permesso di alzare l’asticella, ma un Van Bommel, brava persona eh, ha pure pianto quando se ne è andato, pensate possa rappresentare la scelta giusta? Uno che ha la stessa esperienza di Palladino che almeno ha allenato in Serie A? Uno che ha subìto le stesse reti di Pioli, ma in Belgio? Giovane, parla 5 lingue, ma a noi serve uno con gli attributi che sappia strigliare Leao quando passeggia come fosse in Via Montenapoleone a Milano, durante un derby.

Ripeto, se sarò smentito sarò felice. In realtà è quello che voglio, essere smentito coi fatti. Con uno come Conte in panchina, con Gyokeres in attacco, magari uno come Amrabat in mediana, Buongiorno Scalvini in difesa. Un forte terzino destro. E poi ne parliamo. Altrimenti…la solità mediocrità.

Questa deve essere la stagione della svolta, non serve molto. L’ossatura della squadra c’è, servono 4-5 rinforzi di qualità nei posti giusti. È un allenatore con le palle quadrate.

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