Le interviste
Roma, Petrachi: “Dispiace non aver finito il mio lavoro a Roma, contento per i ragazzi”
Gianluca Petrachi è intervenuto a TeleRadioStereo per parlare del traguardo raggiunto dalla Roma quest’anno e non solo.
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L’ex ds della Roma, Gianluca Petrachi è tornato a parlare del suo periodo con i giallorossi. Da quando è stato allontanato dalla squadra è rimasto senza un impiego, anche se adesso sembra essere vicino alla dirigenza dell’Hellas Verona. Inoltre in finale, molti dei giocatori schierati da Mourinho sono nella Capitale proprio grazie a Petrachi, segno del buon lavoro svolto a Roma. Ospite di TeleRadioStereo ha risposto a molte domande. Ecco le sue parole:
Che valore dà alla vittoria della Conference League da parte della Roma?
“Il giudizio su questa vittoria lo darà il tempo. Un competizione alla portata ma con squadre di livello. Il tempo dirà se funzionerà o meno una competizione come questa. Un plauso alla Roma, vincere non è mai facile”.
Tanti dei suoi giocatori hanno vinto, che soddisfazione le dà?
“Sì, sarebbe grave il contrario. Di tanti di loro ho conosciuto l’anima, sono riusciti a vincere perché dentro hanno un’anima. Anche nel veder gioire calciatori come Pellegrini, Zaniolo e Cristante, che ho mantenuto in squadra, sono contento. Il trio difensivo, per come è stato costruito, ha dato la testimonianza della grande unità della squadra. So che sono bravi ragazzi e ci tenevano”.
Come nacque l’idea di portare alla Roma Smalling e Mkhitaryan?
“Per quanto riguarda Smalling, stavo combattendo per prendere Lovren, ma vidi che non era convinto, si portava dietro infortuni e volevamo prenderlo in prestito. Si creò l’occasione di Smalling, non credevo fosse possibile in prestito, ma gli agenti mi dissero che era fattibile e non ci pensai due volte. Su Mkhitaryan, oggi non c’è più Raiola, è un’operazione che feci con lui, mi aiutò a portarlo anche economicamente con l’Arsenal per lo stipendio. Il giorno dopo mi chiamò e mi disse che era entusiasta di venire alla Roma”.
Su Carles Perez, cosa gli è mancato per imporsi a Roma?
“Si è ritrovato in una squadra con competizione dei compagni, non riuscirà mai a fare 10/12 gare consecutive, magari gli servirebbe giocare in una squadra dove può far 30 patite in stagione. Non è semplice, sono tanti i calciatori del genere. Leao di quest’anno non è quello di due anni fa, era discontinuo, aveva più concorrenza. Ci vuole una certa maturità. Nella Roma tante condizioni non ci sono, non può avere il posto garantito”.
Pensa che Ibanez potrà correggere alcune distrazioni in campo?
“È un giocatore che va stimolato, va aiutato. È un brasiliano, tende a non prendersi troppo sul serio, devi stargli sempre addosso. Deve imparare a gestire il tempo di anticipo. Per caratteristiche è un difensore difficile da trovare”.
Come mai scelse di non puntare su Karsdorp?
“Non è un quarto, è un quinto. In un 3-5-2 va bene, in un 4-2-3-1 secondo me no, soprattutto dopo l’infortunio, poteva fare fatica. Ritengo sia, come quinto, un giocatore importante. Non l’ho mi giudicato scarso, ma devi saper adattare i giocatori alle caratteristiche”.
Continua a sentire Belotti? Pensa possa essere un buon colpo a parametro zero?
“Il messaggino c’è sempre con qualche giocatore. Con Pellegrini anche, non accade con tutti. Belotti è uno con cui ho anche ora rapporti, è un ragazzo straordinario. Comunque vada chi prende Belotti prende uno che ti dà l’anima, è un giocatore che vede la porta. A zero lo prendo ieri, non oggi”.
Antonio Conte prese in considerazione l’idea di venire alla Roma?
“Antonio è esigente, prima di tutto con se stesso. È uno che non fa passare nulla, nel lavoro da sempre mette il massimo ed esige la stessa volontà da tutti. Sulla Roma: secondo me ci poteva stare, ma sono passati degli anni. Non so se ascoltò la Roma, non posso parlare per altri, sicuramente Conte è affascinato dalla Roma. Ha compreso cosa è”.
Cosa ne pensa di Villar?
“Credo che sia adatto ad un centrocampo a 3, come Veretout. Mourinho gioca con due mediani, le caratteristiche contano. Villar davanti alla difesa, e a 3, è da prendere, fa girare la squadra ha capacità intuitive, ha bisogno di protezione. Mourinho aveva poco tempo, è stato pragmatico e sono state fatte delle scelte di questo tipo”.
Secondo lei dove andrà Bremer?
“Bremer è un top, giocatore eccezionale. Meticoloso, attento, voleva migliorarsi. Ne ho ricevute di critiche quando lo portai per 5 milioni, fui investito. Trovare difensori veloci, forti fisicamente è difficile. Questa sua grande qualità la intravidi dal vivo in Brasile. Quando l’ho conosciuto capii che potevo puntarci. Merito suo, anche quando non giocava si è impegnato, ci ha sempre creduto. Chi prende Bremer fa un affare strepitoso”.
Qualche rimpianto di mercato alla Roma?
“No, il rimpianto è non aver potuto finire il mio lavoro. Tante cose sono sta fatte, resta il fatto che vedere 8 giocatori in finale presi da me, un po’ ti dispiace. Hai il pensiero di cosa poteva essere e non è stato. Soprattutto per cosa è la Roma e i suoi tifosi: tanta passione, coinvolgente e straripante. Non è comprensibile se non lo vivi”.
Le interviste
Esclusiva CS – Ariedo Braida: “Il Milan sta trovando la sua identità. Napoli favorito per lo scudetto, su Thiago Motta…”
Ariedo Braida, ex-dirigente del Milan, ha concesso un’intervista esclusiva ai microfoni di Calcio Style, riguardo la situazione dei rossoneri ma non solo.
Ariedo Braida è stato per 27 anni dirigente del Milan. Prima direttore sportivo (per 16 anni, dal 1986 al 2002) e poi direttore generale per undici anni, dal 2002 al 2013. Dopo le esperienze alla Sampdoria, al Barcellona e in ultimo alla Cremonese, terminata lo scorso 30 Giugno, è attualmente libero da oneri contrattuali.
Le parole di Ariedo Braida
Il dirigente ha concesso un’intervista esclusiva ai nostri microfoni. Di seguito le parole che l’ex-Milan ha rilasciato al collaboratore di Calcio Style Alessandro Aglione.
Milan
“Con il Leverkusen l’ho visto bene, mi è piaciuto. Secondo me ha fatto una buonissima prestazione, il risultato non lo dimostra ma questo può succedere. Vedo dei miglioramenti rispetto all’inizio del campionato e sta trovando la propria identità. A darti una dimensione è la consapevolezza di ciò che sei, la consapevolezza della propria forza e dell’essere una grande squadra. I valori ci sono, deve solo trovare il suo equilibrio“.
Leao
“Leao è fatto così, è il suo carattere. E’ meteoropatico, dipende dal tempo. O lo prendi così oppure lo lasci andare. Io credo che se una squadra ha un giocatore come lui, che ti fa la differenza creandoti la superiorità numerica nell’1 vs 1, deve tenerselo stretto, perché sono merce rara. Le cose vanno vissute dal di dentro per poterle capire e giudicare. Solo dopo puoi dire ‘questo è bravo, ha talento ma non mi serve’.”
Braida poi si sofferma sulla discussa dirigenza del Milan, affermando che non è nel suo stile giudicare il lavoro dei suoi colleghi. L’ex-dirigente afferma che “sono tutti professionisti di alto livello” e che “possono aver sbagliato, perché tutti possiamo sbagliare, ma sicuramente sono persone che conoscono il calcio“.
Napoli e Inter
“Il Napoli con Conte e Lukaku è la mia favorita per lo scudetto e non lo dico solo perché attualmente sono primi i classifica. L’Inter ha tanta qualità e soprattutto ha dimostrato in questi anni continuità. Poi un derby prima o poi avrebbe dovuto perderlo, perché mica li puoi vincere. Il calcio è anche questo, sennò noi che siamo milanisti che facciamo? Dobbiamo soffrire e basta? (ride, n.d.r.) Ci sono persone che spostano gli equilibri, come ho detto di Leao prima. Con il massimo rispetto per tutti gli altri, ma quei due (Conte e Lukaku) hanno qualcosa in più”.
Thiago Motta
“Thiago mi piaceva già quando giocava. L’unico problema è che a inizio carriera ha avuto tanti infortuni e non sapevo come avrebbe reagito il suo corpo, ma poi ha dimostrato di essere un giocatore di altissimo livello e ora anche da allenatore. Prima al Bologna e ora alla Juventus. E’ un allenatore che ha delle qualità, che portano delle novità quando arrivano in una squadra. Anche lui è uno di quelli che ha qualcosa in più degli altri“.
Braida si concede poi una chiosa finale su un tema molto dibattuto in Italia, ovvero quello relativo all’impiego dei giovani talenti. Egli cerca di sfatare un mito, affermando che nel calcio esiste un principio meritocratico che deve essere rispettato a prescindere dall’età anagrafica dei pretendenti alla maglia.
“Sento spesso dire che i giovani in Italia non giocano, ma questo non è vero. E’ un falso mito, i giovani vengono fatti giocare e anche Allegri, criticato per questo motivo, ne ha fatti giocare tanti. Non è che uno deve giocare a prescindere solo perché è giovane. Giochi se sei bravo, punto. L’età è un valore anagrafico, non un sinonimo di qualità. Ma voi pensate che Yamal e Cubarsì giochino perché sono giovani o perché sono bravi? E Yildiz?”
Le interviste
ESCLUSIVA CS – Lino Banfi: “I club di Serie A devono avere il presidente italiano, Juric mi sta incuriosendo. Su De Rossi…”
Il noto attore comico e grande tifoso della Roma Lino Banfi ha rilasciato delle dichiarazioni in esclusiva ai nostri microfoni.
Il noto attore comico Lino Banfi ha rilasciato delle dichiarazioni in esclusiva ai microfoni di Calciostyle e Almanacco Cinema, soffermandosi in particolar modo sul club giallorosso: di cui è un grande tifoso.
Le parole di Lino Banfi
Di seguito le parole del noto attore comico Lino Banfi, rilasciate in esclusiva i nostri microfoni.
Un giudizio sul nuovo tecnico della Roma Ivan Juric?
“È un allenatore che mi sta incuriosendo molto. Considerando che io sono molto amico di De Rossi ed ero in buoni rapporti con Mourinho, quando è arrivato un altro allenatore straniero come Juric sono rimasto un po’ spiazzato.
Io penso, come ho sempre detto nelle mie interviste calcistiche, che in una squadra di Serie A ci vuole un allenatore italiano e una presidente italiano: se è romano ancora meglio.
Come ho già detto in precedenza, Juric è un allenatore che mi sta incuriosendo molto e se riesce a risollevare la Roma in un momento del genere, così complicato, vuol dire che è un validissimo tecnico.”
Mi può spiegare brevemente come è nata l’idea di fare il film “L’allenatore nel pallone”?
“L’idea di fare questo film me la diede Liedholm nel periodo in cui allenava la Roma, in una domenica sera in cui eravamo entrambi diretti a Milano.
In quella circostanza mi disse se avevo mai pensato di fare un film su un allenatore di calcio e mi raccontò di questo Oronzo pugliese che poi sarebbe diventato il protagonista dei miei film: ovvero Oronzo Canà“.
Rimanendo in tema “L’ allenatore nel Pallone”, nel secondo film della saga appare per pochi minuti Daniele De Rossi. Come ha vissuto il recente esonero dell’ormai ex tecnico giallorosso?
“Io, come tutti i tifosi giallorossi, non ho vissuto bene l’esonero di De Rossi, perché in quel momento non riuscivo a capire bene il motivo per cui è stata fatta questa scelta. Poi, quando abbiamo saputo che la scelta era stata fatta dall’ormai ex CEO dei giallorossi, ci siamo rimasti molto male.
Io personalmente non condivido l’esonero di De Rossi, perché come Totti è stato una bandiera della Roma e non meritava di finire in quel modo, ma ormai non si può tornare indietro e dovremo farcene una ragione.”
Le interviste
ESCLUSIVA CS – Napoli, Sollazzo: “Lukaku? Atleticamente imbarazzante ma decisivo”
In questo momento, il Napoli è capolista in Serie A. Il giornalista Boris Sollazzo, tifoso del club, parla della sua squadra del cuore. A partire dai tifosi.
Nel panorama giornalistico italiano Boris Sollazzo è una mosca bianca: un professionista che si occupa sia di cinema che di calcio, sia come penna che come radiocronista, dotato di grande capacità analitica e spirito critico.
Affezionatissimo tifoso del Napoli, al club azzurro e ai suoi protagonisti ha dedicato anche alcuni libri.
Con lui abbiamo parlato dell’attuale Napoli, della sua tifoseria e della lotta scudetto: ecco cosa ci ha raccontato.
Noi lo ringraziamo per la cortesia e il molto tempo che ci ha dedicato.
Napoli mon amour: l’intervista a Boris Sollazzo
È arcinoto il fatto che sei tifoso del Napoli: undici anni fa hai anche scritto anche un manuale per i tifosi del club, #chevisietepersi: sapresti farmi un identikit del tifoso azzurro?
“No, perché son tanti: quello che va allo stadio, quello che non ci va, quello che sta a Napoli e quello che vive fuori Napoli.
Il tifoso juventino è un ‘non tifoso’ antropologicamente parlando, perché non ha un legame culturale e territoriale con la propria squadra. Si dice sempre che sono legati alla vittoria, ma la vittoria è quello che li connota: non c’è un fattore culturale, di amore per ciò che si rappresenta. In questo è lontano da molte squadre, come il Real Madrid, che ha un’identità ‘governativa’, legata alla città di Madrid (anche se l’Atletico Madrid è più rappresentativo)”.
Il napoletano, più di ogni altro, è il tifoso che si trova anche fuori Napoli. Ci sono più napoletani fuori che in città, anche per le ondate di migrazione. Questo ha dato vita a tante classi di tifosi.
Forse ciò che li accomuna è l’essere molto competenti di calcio, anche se a volte troppo esigenti rispetto alla propria storia.
Ne ha fatto le spese Aurelio De Laurentiis, che con il club ha fatto un autentico miracolo e che, a mio avviso, è la cosa migliore che potesse capitare al Napoli. Ma ha il grande torto di essere romano e di non aver sedotto i napoletani con belle parole, avendo cercato di farli diventare la squadra di una metropoli. Una squadra che avesse anche una sostenibilità economica.
Quello del Napoli è un tifoso con un grande senso estetico, nel suo cuore ci sono gli scudetti ma anche squadre che non hanno vinto nulla, come quelle di Sarri e Vinicio: questo è abbastanza unico. È un tifoso che dà il meglio quando sta peggio: il tifoso del Napoli in Serie C era commovente, quello del terzo scudetto è stato irritante.
È il tifoso che in fondo vorrebbe gioire sempre, e che quando lo fa finisce nei film come Parthenope di Sorrentino, ma può anche perdere a lungo, perché ha avuto il privilegio di veder giocare nelle proprie fila il giocatore più forte del mondo e lo sportivo più rilevante nella storia dello sport, che ti ha amato alla follia.
Mi piace molto Napoli-Como che alle 18:30 fa il tutto esaurito: quello mi ricorda molto Napoli”.
Qual è la prospettiva del club, attualmente capolista, in questa stagione?
“Faccio finta che sia un’altra squadra. Il Napoli si trova in una condizione non dissimile da quella in cui ha vinto il terzo nonsipuòdire (ride, ndr): lì c’era il Mondiale invernale e un allenatore che sapeva come affrontare la sosta. C’era un’ottima squadra e una grande campagna acquisti.
Ora c’è una squadra che non fa le coppe europee mentre tutte le sue concorrenti le fanno, un allenatore straordinario e forse la migliore campagna acquisti mai fatta nella storia del club. Lo dissi allora e lo ripeto ora: due anni fa non pensavo che avremmo vinto, ma dissi a Radio24 che era una squadra estremamente coerente e ci avrebbe fatto divertire.
Anche ora dico che ci divertiremo parecchio, perché con Conte sarà bello pure perdere, perché nessuno mollerà mai: è questo quello che il tifoso del Napoli vuole vedere.
Il tifoso non si è sentito umiliato lo scorso anno perché la squadra è arrivata decima e credo che se 5 anni fa gli avessero detto che avrebbe vinto lo scudetto e l’anno dopo sarebbe arrivato decimo, avrebbe chiesto dove firmare.
Dopo essere stato orgoglioso della squadra che ha dettato legge in Europa, il tifoso si è sentito umiliato dallo scarso impegno, dallo scarso attaccamento alla maglia. E dal non capire che l’orgoglio è più importante della vittoria.
Quest’anno sarà divertente vedere l’orgoglio di questa squadra, che ha vinto 2-1 contro il Parma e probabilmente ha cambiato il senso della stagione. Se avessimo perso quella partita probabilmente ora parleremmo di altro”.
Parlando di campagne, non acquisti ma prestiti: qual è il tuo punto di vista su Lukaku? Ha iniziato bene la stagione con 2 gol e 3 assist in 5 partite.
“Un giocatore che in questo momento è atleticamente impresentabile e tecnicamente imbarazzante ti ha fatto vincere contro il Parma, ti ha fatto vincere contro il Cagliari, perché 3 dei 4 gol hanno tutti la sua firma, come gol o come assist… Stiamo parlando di 6 punti sui 13 realizzati. È un giocatore che costringe la squadra avversaria a rimanere indietro.
Abbiamo un difensore incredibile come Buongiorno, che è forse il difensore più forte che abbiamo visto da queste parti, perché lì davanti ci sono Politano e Kvaratskhelia, che non perdono un pallone, e c’è Lukaku, che fa reparto da solo.
Quindi, sperando che a 31 anni abbia ancora molti colpi in canna, mi aspetto che quando sarà un minimo in forma faccia lo sfacelo. Ho visto raramente un giocatore che non dovrebbe nemmeno andare in tribuna essere così decisivo”.
Quindi è Lukaku il giocatore “da attenzionare”?
“No. Io sono di quella parte che pensa che McTominay sia il futuro capitano di questa squadra. Verso di lui c’è un entusiasmo del popolo napoletano che deriva dalle sue dichiarazioni, dal fatto che lui ha detto che quando lo ha chiamato il Napoli ‘ha sentito il fuoco dentro’, dal fatto che ha baciato lo stemma. L’ho visto giocare al Manchester United e mi è sembrato fortissimo.
Ma mi piacciono tutti: Gilmour mi pare un Lobotka ancora più bravo nei contrasti, Neres mi fa impazzire: gioca 10 minuti e segna, o rischia di segnare, o fa un assist. È una squadra che, se si escludono i centrali difensivi di riserva, è davvero interessante”.
E Di Lorenzo?
“Sono felice che non mi abbia lasciato come ultimo ricordo quello dell’anno scorso, non se lo meritava. È forse un capitano troppo buono ma è un bel capitano: è un bravo ragazzo, ed è bello rivederlo all’altezza di quanto visto negli ultimi anni.
Ha avuto un black out, non siamo stati molto generosi con lui. L’anno scorso ha fatto di tutto per farci dimenticare ciò che aveva fatto, ma è bello rivederlo in queste condizioni. Mi sta benissimo se continua a giocare male in Nazionale e bene al Napoli”.
A proposito di giocatori della Nazionale, non hai menzionato Raspadori, che si è messo in luce positivamente alle qualificazioni per i Mondiali e in Nations League. Secondo te potrà trovare spazio in campionato?
“Mi sembra difficile per una questione tattica, avendo davanti Lukaku come centravanti, Simeone e pure Ngonge. Raspadori è sicuramente un giocatore molto diligente, anche con colpi incredibili – si pensi ai gol dello scorso anno a Glasgow e ad Amsterdam – ma è un centravanti che ha bisogno di un allenatore e di un modulo di un certo tipo. Questo è il motivo per cui ha fatto bene con Spalletti e De Zerbi.
Io lo vedo benissimo nello spogliatoio, perché Conte ama i giocatori che non danno problemi e si allenano strenuamente, ma non riesco a capire quale possa essere il suo ruolo. Non è un giocatore scarso ma non si sembra fatto per questo tipo di gioco. Non è fatto per Mourinho ma potrebbe esserlo per Sarri o Thiago Motta: per quegli allenatori che hanno nel possesso palla e nella manovra dell’attaccante come vertice alto la loro cifra distintiva.
Noi, con Mertens, abbiamo capito 10 anni dopo che avevamo sbagliato il ruolo: non era un laterale ma un centravanti. Io non vorrei che Raspadori non fosse un centravanti: segna davvero poco per esserlo. Magari deve trovare un’altra collocazione, cosa difficile in questo Napoli”.
Cosa ti aspetti dall’imminente partita di campionato contro il Como? Chi può rappresentare un pericolo?
“A me il Como entusiasma: come idea imprenditoriale, come idea tattica, per Fabregas che è stato uno dei miei giocatori preferiti. Credo che il giocatore dal quale guardarsi di più sia Nico Paz, che mi sembra davvero forte e potrebbe essere una delle grandi sorprese di questo campionato.
Il Verona l’ha battuto lui da solo, mettendo Cutrone nella condizione di segnare. Cutrone che, ci tengo a dire, ho preso al Fantacalcio in tempi non sospetti.
Secondo me è la partita più difficile delle prossime, però deve dare a Conte la misura di ciò che si può permettere. Il Napoli deve ricominciare dalle piccole cose, vincendo con le squadre che sono tecnicamente più deboli. Se ci riesce, vuol dire che c’è solidità mentale.
Adesso è primo in solitaria, vincendo potrebbe rimanere tale per 2 settimane durante la pausa Nazionali e psicologicamente è una prova di maturità”.
Chi è la principale contendente per lo scudetto?
“Inter o Juventus. Dovendo sceglierne una la Juventus, perché ha un allenatore più abile, ha fatto un’ottima campagna acquisti e… ha fame, perché è da troppo che non vince trofei importanti. In realtà credo che lo scudetto se lo giocheranno loro, con il Napoli che potrebbe fare il terzo incomodo”.
Tu hai scritto un libro su Diego Armando Maradona, Diegopolitik. Il sottotitolo recita così: “L’ultimo grande leader del ‘900”. Secondo te chi è, se c’è, il “grande leader del 2000”?
“È durissima… (resta in silenzio) Non mi sembra che ci sia un leader. Quel pezzo finale di ‘900 aveva Diego, aveva Lula, aveva Chavez, aveva un continente in subbuglio… Oggi non vedo neanche un continente che possa dire la sua. In quel momento il Sudamerica era quello di ‘Un altro mondo è possibile’.
Io ora vedo un mondo che si sta rattrappendo su sé stesso, come il Gabbiano di Gaber. È molto più grande il terrore di Trump e dei suoi (i vari Bolsonaro, Milei ecc) che dominano il mondo che la speranza di un leader che non vedo da nessuna parte”.
E un leader in ambito calcistico?
“Proprio no. Il calcio è diventato il calcio delle sponsorizzazioni, vedi anche Messi. Non ha più il coraggio di rappresentare qualcosa.
Cercherei in altri sport: non sono dei leader, ma mi piacciono Sinner e Alcaraz per quello che rappresentano come simbolo delle nuove generazioni e per come affrontano lo sport come se fosse non una questione di vita o di morte ma un gioco. Ma niente più di questo, purtroppo”.
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