Le interviste
ESCLUSIVA – Mandorlini: “Scudetto Napoli ora o mai più. Juve? Allegri dovrebbe dare di più. Zaniolo al Milan…”
L’ex calciatore ed allenatore Andrea Mandorlini ha parlato in esclusiva ai microfoni di Calcio Style, esplicitando il suo punto di vista sui nuovi equilibri creatisi in Serie A, e sui possibili ultimi colpi di mercato.
Face to face con Mandorlini
Signor Mandorlini cosa pensa del momento dell’Inter?
“Il momento dell’Inter è un momento particolare perché, pur avendo vinto la Supercoppa, ha dimostrato di soffrire la distanza dalle prime in classifica.
Penso che sia molto difficile che possa raggiungere il Napoli, troppi punti di distanza. Non vedo squadre che possano impensierire i ragazzi di Spalletti.“
Vede meglio la coppia Dzeko-Lautaro oppure il ritorno di Lukaku migliorerà la pericolosità dell’Inter?
“Lukaku quest’anno è sempre stato condizionato dagli infortuni che ancora non ha risolto totalmente.
Credo che la coppia Dzeko-Lautaro sia la più pronta, la più efficace, anche perché Correa continua a fornire prestazioni altalenanti.”
La crisi inaspettata del Milan da cosa può dipendere?
“Gli ultimi risultati negativi ottenuti hanno avuto un notevole peso specifico nell’economia dell’atteggiamento e dell’attitudine della squadra.
Nonostante il vantaggio di un punto su Inter, Roma, Lazio penso che attualmente sia quella messa peggio.”
Zaniolo potrebbe essere un giocatore adatto al Milan?
“Zaniolo è un giocatore molto forte, che sicuramente potrebbe fare al caso del Milan. E’ un calciatore con tecnica, fisico, dal grande strappo in profondità: farebbe comodo a tutte le grandi squadre.
Il Milan dovrebbe comprare qualcuno in questo mercato di Gennaio per rendere ancora più competitiva la rosa.”
Si aspettava una stagione della Juventus così anonima, a prescindere dalla penalizzazione appena ricevuta?
“A parte la penalizzazione appena subìta, la Juventus avrebbe dovuto disputare una prima parte di campionato migliore per la qualità della propria rosa. Credo, però, che nonostante i 15 punti di penalizzazione, possa ancora recuperare posizioni e lottare per la Champions.”
Che impatto ha avuto Dybala in una città come Roma e nel gioco di Mourinho?
“Dybala è un giocatore molto forte, lo aveva dimostrato anche a Torino, seppur con altri e bassi. In estate era stato cercato anche dall’Inter ma alla fine ha scelto la Roma, rivelatasi la più lungimirante sia per l’ambiente che per il ruolo di grande rilevanza che occupa all’interno della squadra.
Mourinho è un allenatore che stimo tanto sotto tutti i punti di vista. E’ riuscito a far esprimere al ventuno giallorosso tutte le sue qualità.
La Roma dovrebbe portare a compimento qualche acquisto per essere ancora più competitiva, anche se non sono io a dover consigliare dei giocatori allo Special One.
I giallorossi lotteranno fino alla fine del campionato per arrivare nelle prime quattro posizioni della classifica.”
Ziyech come sostituto di Zaniolo?
“E’ un calciatore importante, molto tecnico, gioca più esterno e meno dentro il campo come fa spesso Zaniolo. Bravo anche nel servire la punta dentro l’area di rigore. Sarebbe un grande acquisto per la Roma.“
La Juve è prossima a dire addio a McKennie. Quale profilo reputa essere il più adatto al centrocampo bianconero?
“Non penso che il centrocampo sia il problema della “Vecchia Signora”. Paredes, Fagioli, Pogba, Locatelli, Rabiot formano una linea mediana forte.
Il valore della squadra è di livello, ma Allegri dovrebbe dare qualcosa in più.
Mandorlini ha avuto delle proposte per continuare ad allenare?
“Ho ricevuto qualche proposta, ma cose di poco conto. Spero di poter aver altre possibilità di allenare perché sento di avere ancora molto da dare e spero che a breve potrò ricominciare a fare ciò che amo.”
Le interviste
Esclusiva CS – Ariedo Braida: “Il Milan sta trovando la sua identità. Napoli favorito per lo scudetto, su Thiago Motta…”
Ariedo Braida, ex-dirigente del Milan, ha concesso un’intervista esclusiva ai microfoni di Calcio Style, riguardo la situazione dei rossoneri ma non solo.
Ariedo Braida è stato per 27 anni dirigente del Milan. Prima direttore sportivo (per 16 anni, dal 1986 al 2002) e poi direttore generale per undici anni, dal 2002 al 2013. Dopo le esperienze alla Sampdoria, al Barcellona e in ultimo alla Cremonese, terminata lo scorso 30 Giugno, è attualmente libero da oneri contrattuali.
Le parole di Ariedo Braida
Il dirigente ha concesso un’intervista esclusiva ai nostri microfoni. Di seguito le parole che l’ex-Milan ha rilasciato al collaboratore di Calcio Style Alessandro Aglione.
Milan
“Con il Leverkusen l’ho visto bene, mi è piaciuto. Secondo me ha fatto una buonissima prestazione, il risultato non lo dimostra ma questo può succedere. Vedo dei miglioramenti rispetto all’inizio del campionato e sta trovando la propria identità. A darti una dimensione è la consapevolezza di ciò che sei, la consapevolezza della propria forza e dell’essere una grande squadra. I valori ci sono, deve solo trovare il suo equilibrio“.
Leao
“Leao è fatto così, è il suo carattere. E’ meteoropatico, dipende dal tempo. O lo prendi così oppure lo lasci andare. Io credo che se una squadra ha un giocatore come lui, che ti fa la differenza creandoti la superiorità numerica nell’1 vs 1, deve tenerselo stretto, perché sono merce rara. Le cose vanno vissute dal di dentro per poterle capire e giudicare. Solo dopo puoi dire ‘questo è bravo, ha talento ma non mi serve’.”
Braida poi si sofferma sulla discussa dirigenza del Milan, affermando che non è nel suo stile giudicare il lavoro dei suoi colleghi. L’ex-dirigente afferma che “sono tutti professionisti di alto livello” e che “possono aver sbagliato, perché tutti possiamo sbagliare, ma sicuramente sono persone che conoscono il calcio“.
Napoli e Inter
“Il Napoli con Conte e Lukaku è la mia favorita per lo scudetto e non lo dico solo perché attualmente sono primi i classifica. L’Inter ha tanta qualità e soprattutto ha dimostrato in questi anni continuità. Poi un derby prima o poi avrebbe dovuto perderlo, perché mica li puoi vincere. Il calcio è anche questo, sennò noi che siamo milanisti che facciamo? Dobbiamo soffrire e basta? (ride, n.d.r.) Ci sono persone che spostano gli equilibri, come ho detto di Leao prima. Con il massimo rispetto per tutti gli altri, ma quei due (Conte e Lukaku) hanno qualcosa in più”.
Thiago Motta
“Thiago mi piaceva già quando giocava. L’unico problema è che a inizio carriera ha avuto tanti infortuni e non sapevo come avrebbe reagito il suo corpo, ma poi ha dimostrato di essere un giocatore di altissimo livello e ora anche da allenatore. Prima al Bologna e ora alla Juventus. E’ un allenatore che ha delle qualità, che portano delle novità quando arrivano in una squadra. Anche lui è uno di quelli che ha qualcosa in più degli altri“.
Braida si concede poi una chiosa finale su un tema molto dibattuto in Italia, ovvero quello relativo all’impiego dei giovani talenti. Egli cerca di sfatare un mito, affermando che nel calcio esiste un principio meritocratico che deve essere rispettato a prescindere dall’età anagrafica dei pretendenti alla maglia.
“Sento spesso dire che i giovani in Italia non giocano, ma questo non è vero. E’ un falso mito, i giovani vengono fatti giocare e anche Allegri, criticato per questo motivo, ne ha fatti giocare tanti. Non è che uno deve giocare a prescindere solo perché è giovane. Giochi se sei bravo, punto. L’età è un valore anagrafico, non un sinonimo di qualità. Ma voi pensate che Yamal e Cubarsì giochino perché sono giovani o perché sono bravi? E Yildiz?”
Le interviste
ESCLUSIVA CS – Lino Banfi: “I club di Serie A devono avere il presidente italiano, Juric mi sta incuriosendo. Su De Rossi…”
Il noto attore comico e grande tifoso della Roma Lino Banfi ha rilasciato delle dichiarazioni in esclusiva ai nostri microfoni.
Il noto attore comico Lino Banfi ha rilasciato delle dichiarazioni in esclusiva ai microfoni di Calciostyle e Almanacco Cinema, soffermandosi in particolar modo sul club giallorosso: di cui è un grande tifoso.
Le parole di Lino Banfi
Di seguito le parole del noto attore comico Lino Banfi, rilasciate in esclusiva i nostri microfoni.
Un giudizio sul nuovo tecnico della Roma Ivan Juric?
“È un allenatore che mi sta incuriosendo molto. Considerando che io sono molto amico di De Rossi ed ero in buoni rapporti con Mourinho, quando è arrivato un altro allenatore straniero come Juric sono rimasto un po’ spiazzato.
Io penso, come ho sempre detto nelle mie interviste calcistiche, che in una squadra di Serie A ci vuole un allenatore italiano e una presidente italiano: se è romano ancora meglio.
Come ho già detto in precedenza, Juric è un allenatore che mi sta incuriosendo molto e se riesce a risollevare la Roma in un momento del genere, così complicato, vuol dire che è un validissimo tecnico.”
Mi può spiegare brevemente come è nata l’idea di fare il film “L’allenatore nel pallone”?
“L’idea di fare questo film me la diede Liedholm nel periodo in cui allenava la Roma, in una domenica sera in cui eravamo entrambi diretti a Milano.
In quella circostanza mi disse se avevo mai pensato di fare un film su un allenatore di calcio e mi raccontò di questo Oronzo pugliese che poi sarebbe diventato il protagonista dei miei film: ovvero Oronzo Canà“.
Rimanendo in tema “L’ allenatore nel Pallone”, nel secondo film della saga appare per pochi minuti Daniele De Rossi. Come ha vissuto il recente esonero dell’ormai ex tecnico giallorosso?
“Io, come tutti i tifosi giallorossi, non ho vissuto bene l’esonero di De Rossi, perché in quel momento non riuscivo a capire bene il motivo per cui è stata fatta questa scelta. Poi, quando abbiamo saputo che la scelta era stata fatta dall’ormai ex CEO dei giallorossi, ci siamo rimasti molto male.
Io personalmente non condivido l’esonero di De Rossi, perché come Totti è stato una bandiera della Roma e non meritava di finire in quel modo, ma ormai non si può tornare indietro e dovremo farcene una ragione.”
Le interviste
ESCLUSIVA CS – Napoli, Sollazzo: “Lukaku? Atleticamente imbarazzante ma decisivo”
In questo momento, il Napoli è capolista in Serie A. Il giornalista Boris Sollazzo, tifoso del club, parla della sua squadra del cuore. A partire dai tifosi.
Nel panorama giornalistico italiano Boris Sollazzo è una mosca bianca: un professionista che si occupa sia di cinema che di calcio, sia come penna che come radiocronista, dotato di grande capacità analitica e spirito critico.
Affezionatissimo tifoso del Napoli, al club azzurro e ai suoi protagonisti ha dedicato anche alcuni libri.
Con lui abbiamo parlato dell’attuale Napoli, della sua tifoseria e della lotta scudetto: ecco cosa ci ha raccontato.
Noi lo ringraziamo per la cortesia e il molto tempo che ci ha dedicato.
Napoli mon amour: l’intervista a Boris Sollazzo
È arcinoto il fatto che sei tifoso del Napoli: undici anni fa hai anche scritto anche un manuale per i tifosi del club, #chevisietepersi: sapresti farmi un identikit del tifoso azzurro?
“No, perché son tanti: quello che va allo stadio, quello che non ci va, quello che sta a Napoli e quello che vive fuori Napoli.
Il tifoso juventino è un ‘non tifoso’ antropologicamente parlando, perché non ha un legame culturale e territoriale con la propria squadra. Si dice sempre che sono legati alla vittoria, ma la vittoria è quello che li connota: non c’è un fattore culturale, di amore per ciò che si rappresenta. In questo è lontano da molte squadre, come il Real Madrid, che ha un’identità ‘governativa’, legata alla città di Madrid (anche se l’Atletico Madrid è più rappresentativo)”.
Il napoletano, più di ogni altro, è il tifoso che si trova anche fuori Napoli. Ci sono più napoletani fuori che in città, anche per le ondate di migrazione. Questo ha dato vita a tante classi di tifosi.
Forse ciò che li accomuna è l’essere molto competenti di calcio, anche se a volte troppo esigenti rispetto alla propria storia.
Ne ha fatto le spese Aurelio De Laurentiis, che con il club ha fatto un autentico miracolo e che, a mio avviso, è la cosa migliore che potesse capitare al Napoli. Ma ha il grande torto di essere romano e di non aver sedotto i napoletani con belle parole, avendo cercato di farli diventare la squadra di una metropoli. Una squadra che avesse anche una sostenibilità economica.
Quello del Napoli è un tifoso con un grande senso estetico, nel suo cuore ci sono gli scudetti ma anche squadre che non hanno vinto nulla, come quelle di Sarri e Vinicio: questo è abbastanza unico. È un tifoso che dà il meglio quando sta peggio: il tifoso del Napoli in Serie C era commovente, quello del terzo scudetto è stato irritante.
È il tifoso che in fondo vorrebbe gioire sempre, e che quando lo fa finisce nei film come Parthenope di Sorrentino, ma può anche perdere a lungo, perché ha avuto il privilegio di veder giocare nelle proprie fila il giocatore più forte del mondo e lo sportivo più rilevante nella storia dello sport, che ti ha amato alla follia.
Mi piace molto Napoli-Como che alle 18:30 fa il tutto esaurito: quello mi ricorda molto Napoli”.
Qual è la prospettiva del club, attualmente capolista, in questa stagione?
“Faccio finta che sia un’altra squadra. Il Napoli si trova in una condizione non dissimile da quella in cui ha vinto il terzo nonsipuòdire (ride, ndr): lì c’era il Mondiale invernale e un allenatore che sapeva come affrontare la sosta. C’era un’ottima squadra e una grande campagna acquisti.
Ora c’è una squadra che non fa le coppe europee mentre tutte le sue concorrenti le fanno, un allenatore straordinario e forse la migliore campagna acquisti mai fatta nella storia del club. Lo dissi allora e lo ripeto ora: due anni fa non pensavo che avremmo vinto, ma dissi a Radio24 che era una squadra estremamente coerente e ci avrebbe fatto divertire.
Anche ora dico che ci divertiremo parecchio, perché con Conte sarà bello pure perdere, perché nessuno mollerà mai: è questo quello che il tifoso del Napoli vuole vedere.
Il tifoso non si è sentito umiliato lo scorso anno perché la squadra è arrivata decima e credo che se 5 anni fa gli avessero detto che avrebbe vinto lo scudetto e l’anno dopo sarebbe arrivato decimo, avrebbe chiesto dove firmare.
Dopo essere stato orgoglioso della squadra che ha dettato legge in Europa, il tifoso si è sentito umiliato dallo scarso impegno, dallo scarso attaccamento alla maglia. E dal non capire che l’orgoglio è più importante della vittoria.
Quest’anno sarà divertente vedere l’orgoglio di questa squadra, che ha vinto 2-1 contro il Parma e probabilmente ha cambiato il senso della stagione. Se avessimo perso quella partita probabilmente ora parleremmo di altro”.
Parlando di campagne, non acquisti ma prestiti: qual è il tuo punto di vista su Lukaku? Ha iniziato bene la stagione con 2 gol e 3 assist in 5 partite.
“Un giocatore che in questo momento è atleticamente impresentabile e tecnicamente imbarazzante ti ha fatto vincere contro il Parma, ti ha fatto vincere contro il Cagliari, perché 3 dei 4 gol hanno tutti la sua firma, come gol o come assist… Stiamo parlando di 6 punti sui 13 realizzati. È un giocatore che costringe la squadra avversaria a rimanere indietro.
Abbiamo un difensore incredibile come Buongiorno, che è forse il difensore più forte che abbiamo visto da queste parti, perché lì davanti ci sono Politano e Kvaratskhelia, che non perdono un pallone, e c’è Lukaku, che fa reparto da solo.
Quindi, sperando che a 31 anni abbia ancora molti colpi in canna, mi aspetto che quando sarà un minimo in forma faccia lo sfacelo. Ho visto raramente un giocatore che non dovrebbe nemmeno andare in tribuna essere così decisivo”.
Quindi è Lukaku il giocatore “da attenzionare”?
“No. Io sono di quella parte che pensa che McTominay sia il futuro capitano di questa squadra. Verso di lui c’è un entusiasmo del popolo napoletano che deriva dalle sue dichiarazioni, dal fatto che lui ha detto che quando lo ha chiamato il Napoli ‘ha sentito il fuoco dentro’, dal fatto che ha baciato lo stemma. L’ho visto giocare al Manchester United e mi è sembrato fortissimo.
Ma mi piacciono tutti: Gilmour mi pare un Lobotka ancora più bravo nei contrasti, Neres mi fa impazzire: gioca 10 minuti e segna, o rischia di segnare, o fa un assist. È una squadra che, se si escludono i centrali difensivi di riserva, è davvero interessante”.
E Di Lorenzo?
“Sono felice che non mi abbia lasciato come ultimo ricordo quello dell’anno scorso, non se lo meritava. È forse un capitano troppo buono ma è un bel capitano: è un bravo ragazzo, ed è bello rivederlo all’altezza di quanto visto negli ultimi anni.
Ha avuto un black out, non siamo stati molto generosi con lui. L’anno scorso ha fatto di tutto per farci dimenticare ciò che aveva fatto, ma è bello rivederlo in queste condizioni. Mi sta benissimo se continua a giocare male in Nazionale e bene al Napoli”.
A proposito di giocatori della Nazionale, non hai menzionato Raspadori, che si è messo in luce positivamente alle qualificazioni per i Mondiali e in Nations League. Secondo te potrà trovare spazio in campionato?
“Mi sembra difficile per una questione tattica, avendo davanti Lukaku come centravanti, Simeone e pure Ngonge. Raspadori è sicuramente un giocatore molto diligente, anche con colpi incredibili – si pensi ai gol dello scorso anno a Glasgow e ad Amsterdam – ma è un centravanti che ha bisogno di un allenatore e di un modulo di un certo tipo. Questo è il motivo per cui ha fatto bene con Spalletti e De Zerbi.
Io lo vedo benissimo nello spogliatoio, perché Conte ama i giocatori che non danno problemi e si allenano strenuamente, ma non riesco a capire quale possa essere il suo ruolo. Non è un giocatore scarso ma non si sembra fatto per questo tipo di gioco. Non è fatto per Mourinho ma potrebbe esserlo per Sarri o Thiago Motta: per quegli allenatori che hanno nel possesso palla e nella manovra dell’attaccante come vertice alto la loro cifra distintiva.
Noi, con Mertens, abbiamo capito 10 anni dopo che avevamo sbagliato il ruolo: non era un laterale ma un centravanti. Io non vorrei che Raspadori non fosse un centravanti: segna davvero poco per esserlo. Magari deve trovare un’altra collocazione, cosa difficile in questo Napoli”.
Cosa ti aspetti dall’imminente partita di campionato contro il Como? Chi può rappresentare un pericolo?
“A me il Como entusiasma: come idea imprenditoriale, come idea tattica, per Fabregas che è stato uno dei miei giocatori preferiti. Credo che il giocatore dal quale guardarsi di più sia Nico Paz, che mi sembra davvero forte e potrebbe essere una delle grandi sorprese di questo campionato.
Il Verona l’ha battuto lui da solo, mettendo Cutrone nella condizione di segnare. Cutrone che, ci tengo a dire, ho preso al Fantacalcio in tempi non sospetti.
Secondo me è la partita più difficile delle prossime, però deve dare a Conte la misura di ciò che si può permettere. Il Napoli deve ricominciare dalle piccole cose, vincendo con le squadre che sono tecnicamente più deboli. Se ci riesce, vuol dire che c’è solidità mentale.
Adesso è primo in solitaria, vincendo potrebbe rimanere tale per 2 settimane durante la pausa Nazionali e psicologicamente è una prova di maturità”.
Chi è la principale contendente per lo scudetto?
“Inter o Juventus. Dovendo sceglierne una la Juventus, perché ha un allenatore più abile, ha fatto un’ottima campagna acquisti e… ha fame, perché è da troppo che non vince trofei importanti. In realtà credo che lo scudetto se lo giocheranno loro, con il Napoli che potrebbe fare il terzo incomodo”.
Tu hai scritto un libro su Diego Armando Maradona, Diegopolitik. Il sottotitolo recita così: “L’ultimo grande leader del ‘900”. Secondo te chi è, se c’è, il “grande leader del 2000”?
“È durissima… (resta in silenzio) Non mi sembra che ci sia un leader. Quel pezzo finale di ‘900 aveva Diego, aveva Lula, aveva Chavez, aveva un continente in subbuglio… Oggi non vedo neanche un continente che possa dire la sua. In quel momento il Sudamerica era quello di ‘Un altro mondo è possibile’.
Io ora vedo un mondo che si sta rattrappendo su sé stesso, come il Gabbiano di Gaber. È molto più grande il terrore di Trump e dei suoi (i vari Bolsonaro, Milei ecc) che dominano il mondo che la speranza di un leader che non vedo da nessuna parte”.
E un leader in ambito calcistico?
“Proprio no. Il calcio è diventato il calcio delle sponsorizzazioni, vedi anche Messi. Non ha più il coraggio di rappresentare qualcosa.
Cercherei in altri sport: non sono dei leader, ma mi piacciono Sinner e Alcaraz per quello che rappresentano come simbolo delle nuove generazioni e per come affrontano lo sport come se fosse non una questione di vita o di morte ma un gioco. Ma niente più di questo, purtroppo”.
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