Focus
Top 5 campionati: quando un valore di rosa non fa classifica

Avere una rosa valida non sempre è sinonimo di successo. Analizziamo il rapporto tra valore di rosa e posizione in classifica nei Top 5 campionati.
Confrontando i valori di mercato delle rose dei top 5 campionati europei, infatti, e le reali posizioni di classifica negli stessi tornei c’è tanto equilibrio. Esempi lampanti sono PSG e Bayern al comando in Ligue 1 e Bundesliga. Ma le sorprese, positive e negative, non mancano.

VINCENZO ITALIANO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Top 5 Campionati: sorprese e delusioni
Cominciamo dalle note negative. Per trovare i club con gli andamenti più inferiori al valore della rosa bisogna andare in Premier League. La prima di queste è il Tottenham, undici posizioni sotto quella che occupa nel campionato inglese per VdM (valore di mercato) dei componenti squadra.
Da segnalare poi il Manchester United ed il West Ham. Red Devils, con una rosa da 694 milioni di euro, hanno un malus di 8 posizioni rispetto a queto confronto. Per gli Hammers, invece, un -7 con un valore di rosa da 454 milioni.
Sbilanciati, però, sono anche il Girona e il Milan. Gli spagnoli, secondi in questo dato, hanno una differenza di 9 posizioni.
I Rossoneri, invece, dispongono di un gruppo che vale 523,5 milioni di euro, il terzo più prezioso della Serie A. Tuttavia, stazionano nell’anonimato di metà classifica (9° posto) con una differenza di -6. Non ci sono slittamenti così importanti nel resto del campionato, sebbene non fa ben sperare per la salvezza il -4 dell’Empoli, 15° per valore di mercato e 19° sul campo.
Di contro, è da risaltare il fatto che il probabile avversario del Diavolo in Coppa Italia, il Bologna, è la migliore del Paese con quattro posizioni guadagnate. Sarebbero le stesse del Napoli, se si volesse tener conto solo di alcuni fattori per la parità punti.
Detto ciò, la stagione dei partenopei è, decisamente positiva. Con la quinta rosa per VdM, la squadra di Antonio Conte, sta impensierendo l’Inter, che sta cercando di confermare con le unghie e con i denti il proprio posto per valore di rosa.
Nel resto d’Europa il salto più grande è del Fulham, sopra di 8 posti come l’incredibile Rayo Vallecano, decimo ne LaLiga con un gruppo da 68 milioni di euro.
Tutto questo a dimostrazione che, con adeguata programmazione e innesti giusti, si può far bene investendo con intelligenza.
Focus
17 maggio 1989: il Napoli vince la Coppa Uefa

Allo Neckarstadion di Stoccarda, il Napoli di Maradona, Careca e Renica batte la squadra tedesca e conquista la Coppa UEFA del 1989.
La squadra partenopea vince così la sua prima e unica Coppa UEFA della sua storia grazie al numero dieci argentino, e anche ad altri personaggi meno “rumorosi”.

Argentine football legend Diego Maradona speaks at a promotional event for Swiss watchmaker Hublot at Peninsula Hotel in Shanghai, China, 17 January 2012.
Argentinian football legend Diego Maradona will return to coaching Al-Wasl after he was successfully treated for kidney stones at a Dubai hospital, the club said on Monday (16 January 2012).
Napoli: la Coppa è tua
Gli azzurri avevano imposto la propria legge all’andata, vincendo per 2-1 con gol di Maradona e Careca a ribaltare l’iniziale vantaggio di Gaudino (padre d’arte visto che suo figlio giocherà poi anche con il Chievo Verona senza lasciare grandi tracce).
Il ritorno appare più complicato, anche se parte subito in discesa. Alemao sigla il vantaggio al diciottesimo, così da costringere lo Stoccarda a segnare due gol per andare ai supplementari e tre per vincere la Coppa. Tutto questo per effetto dei gol in trasferta che vengono pareggiati.
Jurgen Klinsmann, che poi andrà all’Inter, firma il pareggio, ma Ferrara si oppone. Con l’1-2 partenopeo i tedeschi avrebbero dovuto segnarne tre. Così quando segna Careca, Napoli può finalmente esplodere: l’1-3 a mezz’ora dalla fine è la pietra tombale.
I tedeschi dovrebbero farne quattro in un sesto della doppia sfida. Una mission impossible. C’è da dire che De Napoli fa autogol, e poi Schmaler firma il 3-3 finale.
Da citare tra i protagonisti neanche troppo silenziosi di quella edizione c’è anche Renica, oltre a Maradona e Careca. Perché il difensore nei quarti di finale contro la Juventus siglerà il gol decisivo per passare il turno, appena prima dei rigori. Così nel 1989 il Napoli conquista la sua prima – e finora unica – coppa europea.
Focus
Buon compleanno Stadio Olimpico: 72 primavere oggi

Il 17 maggio del 1953 la Nazionale italiana di calcio inaugurava lo Stadio Olimpico, con un avversario di lusso: l’Ungheria di Ferenc Puskas.
L’impianto romano, dunque, per la sua prima partita ospitava quella Nazionale dell’Est che annoverava tra le sue fila l’attaccante più forte -all’epoca- del Mondo.

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Lo Stadio Olimpico vs Ferenc Puskas
L’Ungheria, però, non era solo Puskas. Era anche la squadra migliore di tutte. Questo per via della grande vittoria nell’Olimpiade del 1952 -2-0 contro la Jugoslavia– e il soprannome di Aranycsapat, Squadra d’Oro.
Era la squadra oltre che di Puskás di Gyula Grosics, Nándor Hidegkuti, Zoltán Czibor e Sándor Kocsis tra gli altri. Una formazione che ha fatto storia, tanto da arrivare da strafavorita al Mondiale 1954. In quel caso poi avvenne il cosiddetto “miracolo di Berna“, con la Germania che recuperò un 2-0 che sembrava dare il Mondiale ai magiari. Potrebbe c’entrare il doping, ma questa è un’altra storia.
Ma torniamo all’Italia e all’impianto romano. Per la partita contro l’Ungheria gli spettatori erano 90 mila. Presenti all’incontro tra gli altri il Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi. Prima dell’inizio della contesa furono liberati circa 3000 colombi. Non una scelta casuale, visto che lo stesso stadio aveva una predominanza di bianco.
Ma si nascondeva anche un valore simbolico, visto che i colombi erano il simbolo della pace. Dopo la recente guerra Mondiale era un tentativo per sperare in un lungo periodo di prosperità.
La sfida contro gli ungheresi, per onor di cronaca, terminò 0-3, con il gol del primo centravanti arretrato della storia, Hidegkuti, a sbloccarla. Il resto è solo Puskas. Prima con una finta su Venuti e una conclusione sotto la traversa, poi con una serpentina al limite dell’area e palla, a giro, sul palo più lontano.
Non male come esordio, almeno per lo stadio. Per l’Italia il Mondiale svizzero non fu un granché (eliminata dai padroni di casa nello spareggio di Basilea).
Focus
Sampdoria, Retrocedere e ristrutturare: la difficile estate della doria tra vincoli economici e rinegoziazioni

dalla pagina più triste della sua storia al nodo economico. Ora il problema sono gli ingaggi troppo alti per la C. Come si muoverà sul mercato la Sampdoria?
La pagina più triste della storia della Doria è, ahimè, appena stata scritta. Ora, prima ancora di chiedersi come risalire, bisogna capire come sistemare le cose in vista della prossima stagione, che – come già detto – vedrà la Sampdoria affrontare il campionato di Serie C.
Ormai, quel che è fatto è fatto. La dirigenza della Doria dovrà ora affiancare alla profonda delusione vissuta sul campo anche le difficoltà operative sul mercato, condizionate dai paletti finanziari imposti dalla retrocessione in Serie C.
A partire dalle condizioni legata ai prestiti, bisogna considerare che, in almeno tre casi, sono già scattati gli obblighi di riscatto. Di conseguenza, giocatori come Gennaro Tutino, Simone Ghidotti e l’ex Juventus Nikola Sekulov faranno parte – almeno sulla carta – della rosa della prossima stagione, salvo eventuali cessioni.
Situazione diversa, invece, per gli altri giocatori in prestito: Pietro Beruatto farà ritorno al Pisa, così come Ioannou tornerà alla base. Stessa sorte per Veroli, Romagnoli, Chiorra, Perisan, Akinsanmiro, Bellemo e Rémi Oudin, tutti destinati a lasciare Genova il prossimo 30 giugno, data di scadenza dei rispettivi prestiti.
Per quanto riguarda invece i giocatori attualmente sotto contratto, sarà necessario aprire un confronto per un eventuale adeguamento degli ingaggi, così da rientrare nei limiti del salary cap previsto per la Serie C ed evitare ulteriori sanzioni o penalizzazioni economiche. I nomi dei giocatori che, ad oggi, risultano ancora sotto contratto con il club blucerchiato sono: Benedetti, Pio Riccio, Venuti, Vieira, De Paoli, Ferrari, Ricci, Borini, Meeleuntsen e Massimo Coda.
Storia a parte per altri elementi come Niang, Yepes, Bereszynski, Romagnoli e Cragno: si tratta infatti di giocatori in scadenza al termine di questa stagione e, molto probabilmente, si andrà verso una separazione o, in alternativa, una rinegoziazione dei termini economici contrattuali, qualora ci fosse la volontà comune di proseguire insieme.
Particolare la situazione invece di Giorgio Altare, attualmente sotto contratto con il Venezia, che però sarà in prestito alla Samp fino al 2026.

FABIO BORINI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Sampdoria, il regolamento dei contratti in Serie C
Dunque, per la Samp si prospetta un’estate tutt’altro che semplice. La dirigenza blucerchiata sarà infatti costretta a intervenire su ogni singolo contratto attualmente in essere, avviando un confronto con i giocatori per una rinegoziazione degli accordi economici. Qualora non si trovasse un’intesa, le alternative resterebbero due: la rescissione consensuale oppure la cessione sul mercato, al fine di alleggerire un monte ingaggi diventato insostenibile alla luce della retrocessione in Serie C.
Ma come funziona il regolamento riguardante i contratti in materia economica della Serie C:
In sostanza, ogni club non potrà spendere più del 55% del rapporto tra emolumenti e valore della produzione. Dove per valore della produzione si intende il fatturato totale del club in un anno, che comprende entrate da sponsor, biglietti, diritti TV e altre fonti. E per emolumenti invece si intendono le spese per gli stipendi di giocatori, allenatori, staff tecnico e dirigenti. Questo significa che, se la Sampdoria in Serie C avesse un valore della produzione di 10 milioni di euro (cifra del tutto ipotetica), potrà spendere al massimo 5,5 milioni in stipendi totali.
Questa misura verrà introdotta dalla prossima stagione in via sperimentale, prima di entrare definitivamente a regime nell’annata 2026-2027. Per il momento, tutte le squadre che supereranno il tetto massimo imposto dal salary cap saranno multate, seguendo un modello simile a quello della NBA, dove ogni franchigia che eccede il limite è tenuta a versare una penalità economica.
L’importo delle multe sarà destinato a un fondo interamente dedicato a finanziare lo sviluppo dei settori giovanili (Riforma Zola) di tutti i club associati alla Lega Pro
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