Focus
Storie di Campioni: Giuseppe Meazza
Riviviamo la carriera calcistica dei migliori campioni del passato. Dai primi calci al pallone alla gloria eterna. Oggi è il turno di Giuseppe Meazza.
Giuseppe Meazza è stato uno degli attaccanti italiani più forti della storia. A lui intitolato lo stadio di San Siro, casa dell’Inter e del Milan, i due club nei quali ha collezionato più presenze.

View of Stadio Giuseppe Meazza also known as San Siro Stadium, is a football stadium of A.C. Milan and Inter Milan in Milan, Italy.
Giuseppe Meazza: gli inizi
Meazza nasce a Milano il 23 agosto 1910, è considerato uno dei calciatori più forti di tutto il panorama calcistico italiano. Giuseppe già dalla tenera età di 6 anni comincia a dare i primi calci ad un pallone sui campi di Greco Milanese e Porta Romana con un gruppo di ragazzi che lui definiva “Maestri Campionesi“. All’età di 12 anni però comincia a giocare per davvero nella Gloria F.C dove comincia a mettersi in mostra per le sua grandissime doti tecniche. Successivamente fu scartato dal Milan per il suo fisico mingherlino e approdò nell’Ambrosiana-Inter.
La storia d’amore con l’Inter
Fin dall’età di 14 anni Meazza entrò a far parte delle giovanili dell’Ambrosiana-Inter e pochi anni dopo entrò a far parte della prima squadra. Esordì quindi in veste nerazzurra all’età di 17 anni in una gara di Coppa Volta, da lì il soprannome “balilla” Quando l’allenatore Weisz lesse nello spogliatoio la formazione, un anziano giocatore dell’Inter, Leopoldo Conti, esclamò: “Adesso facciamo giocare anche i balilla”. Con la Beneamata giocherà per 14 anni collezionando 408 presenze condite da 284 gol, ancora oggi è il capocannoniere all-time della storia nerazzurra.
Il tradimento: prima Milan e poi Juventus
La stagione 1938/39 segnò il declino di Giuseppe Meazza, “Pepin” (Giuseppe in milanese) infatti subì un grave infortunio chiamato all’epoca “piede gelato” esso consisteva in un’occlusione dei vasi sanguigni al piede sinistro che lo tenne lontano dai campi da calcio per oltre un anno. Tornato nella stagione 1940 approda al Milano (Milan) dove però non riuscirà più ad essere il campione visto negli anni passati nell’Ambrosiana. Dopo due stagioni in rossonero passa alla Juventus dove riuscirà a tornare su buoni livelli arrivando in doppia cifra di reti in campionato.
La Guerra
La Guerra è sempre stato un aspetto chiave della vita di Meazza, esso infatti perse il padre nella Prima Guerra Mondiale nel 1917. Nato nell’epoca delle due guerre, oltre a subire la morte del padre dovette disputare il “campionato di guerra 1943/44” per via della Seconda Guerra Mondiale. Disputò dunque questo campionato con la maglia del Varese siglando 7 reti in 20 presenze.
Giuseppe Meazza: il finale di carriera
Dopo il campionato di guerra disputato con il Varese passa per una sola stagione all’Atalanta in un’annata un po’ travagliata dove dovette ricoprire per un periodo anche il ruolo di allenatore. Per l’ultima stagione decise di ritornare alla sua amata Inter, maglia con la quale decise di ritirarsi siglando la sua ultima marcatura contro la Triestina il 13 aprile 1947 in quello stadio di Milano oggi comunemente chiamato: “Giuseppe Meazza“.
Nazionale
Con la maglietta della Nazionale italiana di calcio, Meazza, vinse due Mondiali, il primo disputato nel 1934 in Italia realizzando 4 reti e il secondo nel 1938 in Francia trionfi che proiettarono l’Italia nel panorama del calcio mondiale. Con la casacca azzurra in totale sono 53 presenze con 33 gol. Tutt’ora è il secondo miglior cannoniere della storia della nostra nazionale dietro solo a Gigi Riva con 35 reti.
Giuseppe Meazza: il palmares
Club
- Campionato italiano: 3 Ambrosiana-Inter: 1929/30, 1937/38, 1939/40.
- Coppa Italia: 1 Ambrosiana-Inter: 1938/39.
Nazionale
- Campionato mondiale: 2 Italia: 1934, 1938.
- Coppa Internazionale: 2 Italia: 1927-1930, 1933-1935.
Individuali
- Capocannoniere Serie A: 3: 1929/30, 1935/36, 1937/38.
- All-star team del Mondiale: 1: 1934.
- Capocannoniere Coppa Italia: 1: 1937/38.
- Capocannoniere della Coppa dell’Europa Centrale: 3 (record condiviso con György Sárosi): 1930, 1933, 1936.
- Inserito nella Hall of fame del calcio italiano : 2011.
- Inserito nella Walk of Fame dello sport italiano: 2015.
- Inserito nella Hall of Fame dell’Inter nella categoria Attaccanti: 2019.
Giuseppe Meazza: Carriera
Club
Ambrosiana-Inter: 1927-1940
Milano: 1940-1942
Juventus: 1942/43
Varese: 1943/44
Atalanta: 1944-46
Inter: 1946/47
Nazionale
Italia: 1930-1939
Focus
Milan, gerarchie ribaltate: Bartesaghi supera Estupiñán
Il Milan prepara l’ultimo impegno del 2025 e Allegri punta sulle certezze: Bartesaghi ha superato Estupiñán e ora guida la corsia sinistra.
Dopo la delusione in Supercoppa Italiana, il Milan si prepara a chiudere il 2025 davanti al proprio pubblico. A San Siro arriverà un Hellas Verona in grande forma e con il morale alle stelle dopo due vittorie consecutive.
Proprio per questo Massimiliano Allegri e i rossoneri sono chiamati a una risposta forte: servono i tre punti, soprattutto dopo i tanti passi falsi contro le piccole che stanno pesando sul cammino in campionato. La sensazione è che il tecnico punterà senza troppi esperimenti sull’undici titolare, affidandosi a chi in questo momento offre più garanzie.
Tra queste certezze c’è ormai, a tutti gli effetti, Davide Bartesaghi. Il giovane terzino è stato protagonista assoluto nel 2-2 contro il Sassuolo, con una doppietta che ha sorpreso tutti. Ma ridurre la sua crescita ai gol sarebbe un errore: Bartesaghi sta vivendo una stagione in costante ascesa, fatta di prestazioni solide, personalità e continuità, elementi che gli hanno permesso di guadagnarsi la fiducia piena di Allegri.

PERVIS ESTUPINAN ( FOTO SALVATORE FORNELLI )
Milan, Bartesaghi titolare: Estupiñán ora insegue
La sua ascesa è stata favorita anche dai problemi fisici e da un rendimento non esaltante di Pervis Estupiñán. L’esterno ecuadoriano, arrivato in estate dal Brighton per 17 milioni più 2 di bonus, sembrava destinato a raccogliere l’eredità di Theo Hernández sulla fascia sinistra. Finora, però, le sue prestazioni sono state ben lontane dai livelli mostrati in Premier League, e Bartesaghi ha saputo approfittarne con qualità e personalità.
Le gerarchie, al momento, appaiono ribaltate. Bartesaghi è davanti e parte con i favori del pronostico anche contro il Verona, ma la sfida resta aperta. Per mantenere il posto, il giovane rossonero dovrà continuare a tenere alta la concentrazione e confermare quanto di buono mostrato finora.
Estupiñán, dal canto suo, resta un investimento importante del club e avrà occasioni per rilanciarsi. La concorrenza è aperta, ma oggi il Milan sa di poter contare su una nuova certezza: Bartesaghi non è più una sorpresa, ma una realtà.
Focus
Alla scoperta di Alex Toth, il mediano sui radar della Juve
Uno dei talenti da seguire nel mercato 2026 è il centrocampista ungherese Alex Toth, classe 2005 del Ferencvaros, nel mirino della Juventus.
Uno dei nomi che potrebbe accendere le prossime finestre di mercato del 2026 è quello di Alex Toth, centrocampista ungherese classe 2005 del Ferencvaros, finito anche nel mirino della Juventus. I bianconeri guardano al futuro e, tra i profili monitorati per rinforzare la mediana, hanno individuato nel giovane talento magiaro uno dei prospetti più interessanti del panorama europeo, già protagonista in patria e pronto al salto in un campionato di alto livello.
Cresciuto nel vivaio del club ungherese e diventato titolare fisso in meno di un anno, Toth si è imposto come uno dei giovani più promettenti del calcio europeo, attirando l’attenzione di numerosi top club del continente.
Un centrocampista totale
Nato a Budapest il 23 ottobre 2005, alto 1,81 e destro naturale, è un giocatore estremamente duttile: nasce come centrocampista centrale ma può interpretare più ruoli in mediana. Ha i tempi e la visione del regista, gli inserimenti della mezz’ala e, all’occorrenza, può agire anche da trequartista. A soli vent’anni gioca con la tranquillità di un veterano: verticalizza con naturalezza, conduce palla con sicurezza ed è efficace nei duelli sia difensivi sia offensivi. Tecnico, dinamico e pulito nelle scelte, abbina intensità, personalità e intelligenza tattica, diventando un vero faro della mediana. In patria molti lo indicano come il talento più promettente della nuova generazione ungherese e c’è già chi lo paragona a Dominik Szoboszlai, anche se il suo percorso è ancora tutto da scrivere.

I numeri di Toth
La stagione 2025-2026 sta confermando il suo valore: finora Toth ha collezionato 25 presenze, 2 gol e 5 assist, per un totale di 1803 minuti tra campionato ungherese, preliminari di Champions League e fase iniziale di Europa League. A questi dati si aggiungono le 9 presenze con la Nazionale Maggiore guidata da Marco Rossi, ulteriore testimonianza di una crescita ormai sotto gli occhi di tutti.
Il suo contratto con il Ferencvaros è valido fino a giugno 2027 e la valutazione attuale oscilla tra i 10 e i 15 milioni di euro, cifra destinata a salire se continuerà su questi livelli. La Juventus lo segue con attenzione grazie al lavoro della propria rete scout, ma sul giocatore si registrano anche gli interessi di club di primissimo piano come Liverpool, Bayern Monaco, Borussia Dortmund, Bayer Leverkusen e Red Bull Lipsia.
Le parole del presidente del Ferencvaros
Il prossimo mercato invernale potrebbe già portare novità: attorno a Toth sta nascendo una vera e propria corsa internazionale, con diversi club pronti a inserirsi. La sensazione è che il giovane centrocampista sia destinato, prima o poi, a lasciare l’Ungheria per confrontarsi con un campionato di livello superiore.
A confermare la centralità del suo profilo è stato anche il presidente del Ferencvaros, Gabor Kubatov, che ai microfoni di M4 Sport, il canale sportivo della televisione pubblica ungherese, ha dichiarato:
“Sono convinto che la cessione di Alex Toth sarà una delle più importanti della storia del calcio ungherese. Questo trasferimento darà impulso non solo al Ferencvaros, ma all’intero movimento calcistico nazionale. Se arriverà l’offerta giusta, bisognerà essere pronti a lasciarlo partire.”
La Juventus osserva, valuta e riflette. E se dovesse decidere di affondare il colpo, potrebbe assicurarsi uno dei talenti più intriganti del calcio europeo emergente.
🎙️| Kubatov on Alex Tóth:
“I am convinced that the sale of Alex Tóth will be one of the biggest player sales in Hungary. This will elevate not only us, Ferencváros, but also Hungarian football..
If an offer comes along, you have to be able to let go.”
Via: M4 Sport https://t.co/BMsKidoZJD pic.twitter.com/NjApifm9tI
— Hungarian Football Xtra (@HunFootballXtra) December 18, 2025
Focus
Sul filo del rasoio: il Frosinone e l’anno che ha ribaltato tutto
Serie B, il caso Frosinone e la lezione del campionato: progettualità, identità e scelte che fanno la differenza.
La Serie B è un mondo a parte, ma questo lo sapevamo già. Un campionato dagli equilibri labili, mai definitivi, e dal finale quasi mai scontato. La stagione 2025 lo conferma ancora una volta spiattellandoci anc e la prova più evidente è rappresentata dal Frosinone.
La squadra ciociara è protagonista di una rinascita sorprendente, un vero e proprio ritorno di fiamma. Un percorso che dimostra come, nella vita come nel calcio – e forse ancor di più nella categoria cadetta – il fattore economico non sia sempre determinante. Non serve necessariamente investire cifre importanti per costruire un gruppo solido o trovare la giusta alchimia tra i giocatori.
Il confronto con il Palermo è emblematico. I rosanero hanno speso, anche in maniera significativa, senza però riuscire a dare continuità né a trovare una vera identità di squadra. Il Frosinone, al contrario, sta lavorando in silenzio, senza clamore, costruendo qualcosa di nuovo attraverso idee chiare, organizzazione e senso di appartenenza.
È la dimostrazione che in Serie B contano più di tutto la progettualità, la gestione quotidiana e la capacità di creare un gruppo che sappia riconoscersi in un’idea di calcio. Un campionato che non perdona l’improvvisazione e che premia chi riesce a dare stabilità anche nei momenti più complicati.
In questo contesto, il percorso del Frosinone rappresenta una lezione per molti: meno riflettori, meno proclami e più lavoro. Perché in Serie B, spesso, è proprio così che si costruiscono le storie migliori.
Il caso Calò
Tra i rimpianti recenti della Sampdoria c’è anche un certo Giacomo Calò. Cresciuto nel vivaio blucerchiato, oggi il centrocampista sta disputando un gran campionato di Serie B con il Frosinone. La scorsa estate il suo ritorno a Genova era stato più di una semplice idea: il giocatore aveva aperto alla cessione e le condizioni per chiudere sembravano favorevoli. Alla fine, però, la Samp ha scelto un’altra strada, puntando su Jordan Ferri.
Calò, lasciato andare in passato a parametro zero, ha continuato il suo percorso senza clamore, confermandosi uno dei centrocampisti più continui del campionato. Un rimpianto che oggi pesa.
Perché, soprattutto in Serie B, le scelte sbagliate prima o poi tornano sempre a chiedere il conto.
Frosinone, essere ciociari è un vanto

L’ESULTANZA DEL FROSINONE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Il Frosinone di un anno fa oggi faticherebbe a riconoscersi allo specchio. Fanalino di coda della Serie B 2024-25, salvo soltanto grazie al fallimento del Brescia che evitò ai ciociari la disputa dei playout. Una stagione segnata da difficoltà evidenti, dentro e fuori dal campo.
In rosa c’erano già elementi come Chedjemis e Kvernadze, ma mancava qualcosa di più profondo. Forse lo spirito giusto, forse una mente ancora appesantita dalla retrocessione dalla Serie A dell’anno precedente. Di certo una squadra che faticava a creare gioco, schiacciata da una serie di sconfitte e da un contesto che sembrava andare sempre nella direzione sbagliata.
Dodici mesi dopo, lo scenario è completamente cambiato. Il Frosinone si ritrova a guardare verso l’alto, in mezzo a squadre costruite con nomi altisonanti e investimenti importanti. Eppure i canarini sognano, non per caso, ma grazie a un progetto preciso.
Un progetto che passa dalla continuità tecnica, dalla crescita dei singoli e da una società che ha investito sulle strutture: uno stadio di proprietà, con bar, ristorante e store interni, in pieno stile inglese. Ma soprattutto passa dalla propria gente. Sempre presente, in casa e in trasferta, compatta anche nei momenti più bui. Perché, come recita un coro storico della Curva Nord, “Sono ciociaro e me ne vanto”.
Il Frosinone dovrebbe essere un modello da osservare con attenzione in un’Italia calcistica spesso in ritardo sul piano della progettualità rispetto a realtà come Inghilterra o Spagna. Qui il calcio è appartenenza prima ancora che ambizione. Tradizione, identità e presenza non vengono mai meno.
Perché, nello sport come nella vita, restare uniti è spesso il segreto. Senza farsi condizionare troppo dal rumore esterno. A Frosinone questo lo sanno bene.
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