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Napoli, Maradona come “metafora” di una città intera

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Napoli

Napoli è una città folle e intensa, esattamente come il suo calcio e come il suo campione: Maradona. Al punto da celebrare il campione e l’uomo.

Napoli è una città, ma è anche il luogo di un film intenso realizzato da Paolo Sorrentino: “E’ stata la mano di Dio”.

Anche se, oggi, il cannoniere del club partenopeo è Romelu Lukaku; la città del Vesuvio non dimentica il suo mito Maradona.

Nel 2021 è uscito nelle sale cinematografiche un film che metteva al centro Napoli ed il campione Diego Armando Maradona.

Sorrentino (regista del film) ne “E’ stata la mano di Dio” rappresenta il legame viscerale tra i vicoli dei Quartieri Spagnoli ed uno dei bomber più controversi della storia del calcio internazionale.

Napoli e Sorrentino si conoscono da lunga data: la città partenopea, infatti, ha dato i natali al regista (ormai di respiro internazionale) che non ha mai nascosto di avere un’affinità esclusiva con la città, le sue fragilità e problematiche.

Napoli

ROMELU LUKAKU IN ELEVAZIONE SFIORA IL GOL DI TESTA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Napoli si mostra nel film in modo parallelo all’uomo Maradona

Il regista napoletano racconta la città di Napoli attraverso alcune storie (fatte di speranze e dolori) in un momento magico: l’arrivo del campione Diego Armando Maradona. Dimostra, attraverso la trama, il legame fortissimo con il giocatore argentino, al punto di adottarlo ed anestetizzare i propri disagi sociali.

Il titolo, infatti, richiama il gol (contestato) a Maradona durante il Mondiale del 1986, quando l’argentino ha segnato aiutandosi con la mano sinistra.

Un episodio che ha segnato la carriera del calciatore, che è diventato un “contro-esempio calcistico”. Perché questo episodio e la vita alquanto “al limite” hanno fatto sì che i tifosi e gli appassionati di calcio fossero sempre reticenti a considerarlo un vero campione.

E’ la mano di Dio il gesto che la città ha perdonato al campione, ma che il resto del mondo gli ha condannato e che ne ha segnato l’immagine.

Lo scugnizzo Maradona diventa il più napoletano dei giocatori e, magari, lo è stato davvero, ma non nel senso che – in troppi – hanno pensato, ma perché amava divertirsi ed essere allegro nonostante tutto.

Tra Napoli e Maradona si consuma un amore folle, al punto che la città (alla morte del campione) gli dedica lo stadio cittadino che diventa – appunto – il Diego Armando Maradona.

Sorrentino coglie l’ingrippo e parte proprio da questo rapporto controverso tra la città e il calciatore; Maradona diventa una metafora della vita complicata con gli abitanti di Napoli. Una città tanto bella, quanto complicata.

di Ludovica Cassano

editoriale

Roma, Koné si conferma il mediano totale a cui manca l’ultimo passo

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Serie A

Roma – Dominatore del centrocampo con Gasperini, ma il francese fatica a incidere sotto porta. Numeri alla mano, il gol resta il grande assente…

Manu Koné è ad oggi uno dei centrocampisti più affidabili del campionato. Sotto la guida di Gasperini, il mediano francese sta confermando tutto il suo valore: precisione nei passaggi (91%), instancabile nel recupero palla (72) e autentico padrone dei contrasti, con ben 86 duelli vinti.

Numeri da top player, che però nascondono una lacuna evidente. A Koné manca l’altra metà del gioco: l’incisività negli ultimi metri, soprattutto in zona gol. Non per presenza, perché il suo movimento continuo lo porta spesso nei pressi dell’area avversaria, ma per scelta e freddezza.

Roma, Koné…provaci di più!

I dati del campionato 2025-26 parlano chiaro. In 16 presenze e 1440 minuti giocati, Koné ha tentato appena 9 conclusioni: 5 da fuori area e 4 dentro l’area, tra cui pesa il clamoroso errore ravvicinato contro il Bologna. Ancora più significativo è il dato sui tiri nello specchio: uno soltanto, in Roma-Udinese. Il suo xGOT si ferma a 0,05, un numero che fotografa perfettamente il problema.

Roma

MANU KONE GUARDA AVANTI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Il confronto interno non lo aiuta: Mancini ha tirato quanto lui ma con maggiore precisione, mentre Cristante ha tentato ben 21 conclusioni, trovando la porta cinque volte. Koné corre, lotta e recupera come pochi, ma quando si tratta di finalizzare, si tira indietro.

Per diventare davvero completo, e smettere di sentirsi dire che “gli manca solo il gol”, Manu Koné dovrà osare di più. La qualità c’è tutta: ora serve il coraggio di provarci.

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Milan, difesa e attacco da paura: ma cosa aspettiamo? L’editoriale di Mauro Vigna

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Milan

Milan, emergono grossi (sempre gli stessi) problemi. La dirigenza dovrà per forza metterci mano a gennaio. Ma in quale maniera?

Tutti i nodi vengono al pettine. Checché se ne dica, le continue lamentele (credetemi ci sono) di Massimiliano Allegri alla dirigenza finora hanno sortito alcun effetto, ma sempre più evidente è il fatto che il tecnico livornese abbia dannatamente ragione.

In estate c’erano gli stessi identici problemi attuali, qualcuno si è preoccupato di ascoltarlo? Rispondo io: no, nessuno. E i risultati sono quelli di una squadra carente in difesa inesistente in attacco.

Leao non è un attaccante, Nkunku nemmeno e Pulisic sta tenendo in piedi la baracca sebbene anche lui non sia una prima punta. In difesa il trio Gabbia-Tomori e Pavlovic si stanno dimostrando dei discreti mestieranti se il centrocampo non perde colpi. Quando invece accade, vanno in affanno perché, come detto, di fenomeni non ce ne sono.

Serve mettere mano, ma in modo deciso, a difesa e attacco. La soluzione può essere Thiago Silva? Assolutamente no, 41 anni e oltre 40 partite giocate. E in attacco la soluzione può essere Fullkrug? Uno che in due anni ha segnato meno di Gimenez? Ed è tutto detto?

Dispiace perché così facendo la dirigenza, esclusivamente lei, sta buttando alle ortiche il miracolo calcistico portato avanti da Allegri da agosto fino adesso. Basterebbe poco, due rinforzi di qualità ed esperienza e le cose migliorerebbero. Ma forti, non un 41enne e un attaccante che la porta non la vede nemmeno più col binocolo.

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editoriale

Serie A, a quanto oscilla il prezzo degli infortuni?

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Immobile

Uno studio inglese rivela l’impatto economico degli stop fisici nei top campionati europei: in cinque anni il calcio ha perso 3,45 miliardi di euro. Ecco quali squadre di Serie A ci hanno rimesso di più.

Uno studio inglese ha acceso i riflettori su un aspetto sempre più centrale del calcio moderno: il costo degli infortuni. Il Men’s European Football Injury Index, presentato a Londra da Howden – gruppo intermediario di assicurazione – ha analizzato i dati sugli infortuni negli ultimi cinque anni nei principali campionati europei, misurandone frequenza, gravità e impatto economico in termini di stipendi pagati a giocatori indisponibili.

I numeri sono imponenti. Secondo quanto riportato dalla Gazzetta dello Sport, nelle top leghe europee gli infortuni sono costati complessivamente 3,45 miliardi di euro negli ultimi cinque anni. La Serie A, pur restando lontana dai livelli della Premier League (che spende in media 275,83 milioni di euro a stagione), sfiora comunque il mezzo miliardo di euro complessivo.

Serie A, troppi soldi bruciati per gli stop

Solo nell’ultima stagione di Serie A, gli stipendi versati a giocatori infortunati hanno raggiunto quota 103,14 milioni di euro. Nel periodo compreso tra il 2020-21 e il 2024-25, i club italiani hanno pagato complessivamente 495,23 milioni di euro, con una media di 99,05 milioni a stagione.

Dal punto di vista sportivo, nello stesso arco temporale si sono registrati 3.967 infortuni in Serie A, il quarto dato tra le cinque principali leghe europee. In media, ogni stagione ha fatto segnare circa 793 infortuni, con uno stop medio di 20,15 giorni per giocatore, uno dei valori più alti in Europa. Il trend, inoltre, è in crescita: nella stagione 2024-25 si è arrivati a una media di 43 infortuni per squadra, otto in più rispetto all’anno precedente.

A spiccare sono soprattutto Juventus e Milan, le uniche due squadre costantemente sopra la media del campionato nelle ultime cinque stagioni. I bianconeri hanno toccato il picco nel 2021-22 con 91 infortuni, per poi chiudere l’ultima stagione a quota 56. Complessivamente, la Juventus ha speso 97,71 milioni di euro in stipendi per giocatori infortunati, quasi 20 milioni a stagione.

Serie A

Il Milan, invece, ha oscillato tra i 61 infortuni del 2020-21 e i 51 del 2023-24, chiudendo il 2024-25 con 58 stop, il secondo dato più alto della Serie A. Per i rossoneri il conto totale degli infortuni nelle cinque stagioni analizzate è stato di 48,99 milioni di euro.

Numeri che raccontano una realtà chiara: gli infortuni non sono solo un problema tecnico e sportivo, ma rappresentano un peso economico sempre più rilevante per i club.

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