editoriale
Milan, retroscena Sarri. Scanzi: “Saltò tutto per colpa mia”

La nota firma de “Il Fatto Quotidiano”, Andrea Scanzi, ha svelato un interessante retroscena sul perché Sarri non abbia mai allenato il Milan.
Maurizio Sarri avrebbe potuto allenare il Milan. Era tutto fatto, ma poi Galliani decise di virare sul compianto Siniša Mihajlović. Forse questo lo sapevate già, ma in pochi sanno il motivo di questa decisione.
Quando Sarri disse: “Renzi è peggio di Berlusconi” e il Milan gli stracciò il contratto. Scanzi conferma: “Tutto vero”
Nell’estate del 2015, Maurizio Sarri è sulla cresta dell’onda. Il suo Empoli ha stupito il calcio italiano e il tecnico si prepara ad un mercato degli allenatori che lo vedrà come principale oggetto del desiderio di molte squadre. A partire dal Milan, voglioso di ripartire dopo l’esperimento fallito con Filippo Inzaghi.
L’allenatore individuato dal duo Berlusconi-Galliani è proprio Sarri, che al Cavaliere ricorda molto quel Sacchi che tanto lo aveva fatto innamorare durante la Golden Age del Diavolo. Era tutto fatto, con tanto di pre-contratto già firmato. L’attesa per l’annuncio è trepidante, ma a quel punto i due si accorgono di una cosa.
Pochi mesi prima, infatti, “Il Fatto Quotidiano” aveva pubblicato (4 Dicembre 2014) un’intervista proprio a Sarri tramite la penna di Andrea Scanzi: noto tifoso rossonero. I temi trattati sono trasversali e vanno dal calcio alla politica, ed è proprio l’orientamento politico di Sarri che spinge il Milan a strappargli il contratto.
Il tecnico, notoriamente di sinistra e con simpatie comuniste, si lascia andare ad una battuta, sollecitato proprio da Scanzi. “Magari la sinistra avesse un uomo come Landini (Maurizio Landini, attuale segretario generale della CGIL ndr). Renzi? Non lo voterei mai, è più a destra di Berlusconi“.
In questi anni molti siti sportivi e testate giornalistiche hanno rilanciato l’indiscrezione, ma il retroscena ora è stato confermato anche da uno dei diretti interessati. Scanzi, infatti, ha parlato (tramite il suo canale YouTube) di quel giorno. “Conosco personalmente Maurizio. Siamo stati premiati (il cosiddetto “Premio Chimera“, ndr) assieme ad Arezzo, la mia città, dove lui ha anche allenato molti anni. Abbiamo lo stesso fornitore di vino.
Io ero già al Fatto da tre anni. Antonio Padellaro (il fondatore del giornale e all’epoca direttore, prima di cedere il testimone a Marco Travaglio) è un grande appassionato di calcio e mi chiese se volevo intervistare qualche allenatore emergente. Io risposi Sarri e andai ad Empoli per intervistarlo. Anche i muri sanno che Sarri è di sinistra e io allora gli faccio una domanda retorica, dato che se sei di sinistra è ovvio che non puoi apprezzare Renzi. La risposta che mi diede convinse Galliani a prendere Mihajlovic, perché notoriamente a Berlusconi gli allenatori di sinistra non piacciono: vedi Zaccheroni. Comunque, io oggi lo prenderei.
Ora Berlusconi non c’è più e Galliani nemmeno. Io ho vomitato per mesi quando ho saputo che avevamo preso Fonseca, di Conceicao non parliamo nemmeno. Sarri è un grandissimo allenatore, ma se gli offrono sei mesi di contratto (come a Conceicao, ndr) è ovvio che rifiuta. Lui vorrebbe almeno 2-3 anni di contratto per portare avanti un progetto, ma la società è tonta per usare un eufemismo: potevo usare parole peggiori.”
Il resto della storia la conoscete. Sarri andrà al Napoli, al Chelsea, alla Juventus e alla Lazio, facendo quel che poi ha fatto. Il Milan, dal canto suo, rimarrà arrovellato per anni nei suoi problemi, prima dell’avvento di Pioli. Il nome di Sarri in questi anni è stato spesso associato alla panchina rossonera e chissà che il Milan non possa seguire il consiglio di Scanzi e tornare sui suoi passi, ora che calcio e politica non s’intrecciano più.

MAURIZIO SARRI FA I COMPLIMENTI A CIRO IMMOBILE ( FOTO FORNELLI/KEYPRESS )
editoriale
Napoli, che delusione: l’atteggiamento non è da Scudetto

Il Napoli pareggia a Venezia e fallisce l’occasione per il sorpasso sull’Inter. Il sogno Scudetto non è svanito, ma serve una svolta.
Il Napoli perde punti anche a Venezia e fallisce l’opportunità di sorpassare, almeno momentaneamente, l’Inter in classifica. Un pareggio che pesa per gli azzurri, ma in cui la vera preoccupazione non è il risultato in sé, quanto l’atteggiamento.
Il Venezia ha affrontato la gara con più determinazione, dimostrando fin dal primo minuto una fame che avrebbe dovuto appartenere agli uomini di Conte. Nei contrasti, sulle seconde palle e nella ricerca del gol, i padroni di casa hanno messo in campo un’intensità nettamente superiore.
Non è la prima volta che si critica l’approccio del Napoli nelle ultime settimane: da gennaio in poi la squadra ha iniziato a creare più occasioni, ma è venuta meno quella mentalità che aveva contraddistinto la prima parte di stagione.

Rome, Italy 15.02.2025 : Amir Rrahmani of Napoli during Italian football championship Serie A Enilive 2024-2025 match SS Lazio vs SSC Napoli at Olympic stadium in Rome.
Napoli, troppi giocatori in calo
Tra i singoli, alcuni sembrano aver perso brillantezza. Amir Rrahmani, dopo una prima parte di stagione eccellente, sta vivendo un momento difficile: dopo l’autogol rocambolesco contro il Como, anche a Venezia è apparso incerto, sbagliando diversi anticipi e buttando via molti palloni in impostazione.
In difesa anche Giovanni Di Lorenzo è apparso in affanno, mentre Alessandro Buongiorno non sembra ancora completamente recuperato dall’infortunio che lo ha tenuto fuori a lungo.
I due giocatori più deludenti, però, sono Stanislav Lobotka e Matteo Politano. Il regista slovacco fatica a garantire fluidità alla manovra, risultando spesso troppo lento nel fraseggio e poco incisivo nei contrasti.
Politano, invece, sembra quasi un terzino aggiunto più che un esterno offensivo: pochi assist, pochissimi gol (solo due in stagione) e tanti cross sbagliati. Con l’assenza di Kvaratskhelia, ci si aspettava molto di più anche da lui.

LA DELUSIONE DEL NAPOLI A FINE GARA CON ROMELU LUKAKU ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Serve una svolta: il Milan crocevia delle ambizioni
La mancanza di carattere e determinazione è forse il vero problema di questo Napoli. A volte si ha la sensazione che la squadra non rispecchi affatto il temperamento del proprio allenatore, che in panchina si agita, urla e sprona i suoi, mentre in campo la squadra appare statica e prevedibile.
Ora arriva la sosta, ma al rientro ci sarà subito una sfida cruciale contro il Milan. Gli azzurri hanno raccolto appena 8 punti nelle ultime 7 partite: se vogliono ancora credere nello Scudetto, la svolta deve arrivare subito.
editoriale
Fiorentina, volere è potere

La Fiorentina batte il Panathinaikos e approda ai quarti di Conference League contro il Celje.
La notte europea del Franchi regala qualche certezza e sicurezza in più a Palladino, probabilmente la miglior viola vista in stagione in Coppa, convincente per gran parte della gara.
Finalmente un avvio di gara convinto, con una squadra votata al pressing alto e al recupero palla nei pressi dell’area avversaria: il risultato dell’andata obbligava un certo atteggiamento, alla ricerca dei gol necessari al passaggio del turno.
Un approccio fisico e mentale che negli ultimi mesi raramente si è visto. Un primo tempo che ha visto i viola segnare due reti e creare almeno il doppio di altre occasioni favorevolissime.
Un’indicazione tecnico-tattica e mentale che se la Fiorentina vuole, può fare meglio di quanto espresso ultimamente. L’atteggiamento sparagnino “difesa-palla a Kean” deve essere superato in questo finale di stagione.
Il ritorno con continuità di Gudmundsson, l’inserimento di Fagioli, i ritorni di Adlì e Folorunsho, con la speranza che anche Zaniolo possa diventare un fattore sono indicatori di una Fiorentina che può e deve essere migliore di quanto visto fino adesso.
Domenica pomeriggio arriva la Juventus, subito la controprova per i cuori forti viola.
editoriale
Fiorentina, “anatomia di una caduta”

10 punti in 10 partite suonano come un campanello di allarme nelle menti di tifosi, cosa è successo alla bella Fiorentina delle prime fasi di stagione?
A differenza del film Anatomia di una caduta -(Anatomy of a Fall) è un film del 2023 diretto da Justine Triet, vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes – , che inizia con un evento tragico quasi come a preannunciare la sofferenza che pervaderà il resto della narrazione, la stagione della Fiorentina inizia in modo promettente. Fino a dicembre, infatti, si parlava della nuova viola targata Palladino come una delle possibili outsider del campionato, pronta a lottare per un piazzamento in Champions League, anche grazie al quarto posto vacante lasciato da una tra Milan e Juventus, complicate dalle difficoltà interne di entrambe le squadre.
Ma poi arriva la “caduta”: 10 punti nelle ultime 10 partite di Serie A, 8 sconfitte nelle ultime 16 (che diventano 9 includendo anche il Panathinaikos). Quattro mesi di “caduta libera”, simili a quella del personaggio di Samuel nel film, coinvolto nella tragica caduta su cui si basa la trama. E questa discesa sembrerebbe aver avuto inizio proprio a Firenze, proprio qualche mese fa, a partire da quel lunedì di Monza, passando per Verona, per culminare nella “caduta” casalinga contro il Como.
L’ombra della Fiorentina di Italiano
Il periodo di risultati altalenanti della Fiorentina sembra effettivamente mettere in discussione l’operato di Raffaele Palladino, che, all’inizio della stagione, era considerato una figura capace di portare la squadra a nuovi traguardi, anche grazie al doppio impegno tra Champions League e campionato del Bologna che avevano in qualche modo alterato la percezione parallela del lavoro dei due allenatori ( con la posizione sostanzialmente invertiva che vedeva il Bologna indietro rispetto alla viola) . Palladino era visto da molti come un degno sostituto di Vincenzo Italiano, o forse addirittura come una figura in grado di migliorare ulteriormente il lavoro del precedente allenatore,.
Tuttavia, con i recenti risultati, la situazione sta cambiando rapidamente. Se inizialmente Palladino sembrava destinato a costruire qualcosa di solido e ambizioso per il futuro, l’andamento della squadra negli ultimi due mesi, in particolare, sta alimentando dubbi sulla sua capacità di mantenere le promesse. A rendere ancora più complicata la situazione c’è l’ombra di Vincenzo Italiano, ormai non più protagonista a Firenze, ma la sua presenza resta comunque ingombrante. Il segno profondo che ha lasciato sulla squadra è evidente: due finali consecutive, una finale di Coppa Italia e ottimi piazzamenti in campionato sono risultati che, almeno fino a ora, sembrano difficili da eguagliare o superare.

Vincenzo Italiano
La decisione spetta alla dirigenza
Se è vero che “Il passato non ha mai visto il futuro, e il futuro non ha mai visto il passato,” allora le due versioni della Fiorentina dovrebbero essere considerate irrimediabilmente distanti, due realtà differenti che sembrerebbero difficili da paragonare. Eppure, così non è. La Fiorentina, pur avendo affrontato grandi cambiamenti negli ultimi anni si trova saldamente ancorata nella parte destra della classifica. È ormai una habitue delle fasi finali della Conference League, una competizione che, fin dalla sua creazione, ha sempre visto una squadra italiana contendersi i primi posti.
La Fiorentina è senza ombra di dubbio una realtà destinata a diventare sempre più grande e a rafforzarsi ulteriormente, anche grazie alla dirigenza ricchissima che ha a già dimostrato la voglia di crescere e di credere fortemente nel progetto, la quale non si accontenterà di un ottavo posto e di due finali consecutive, per di più tutte culminate con delle sconfitte.
La voglia di migliorare è palpabile; saprà Palladino essere l’uomo giusto per guidare la squadra chiamata a fare il salto di qualità?
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