editoriale
La Fiorentina vola sulle ali dell’entusiasmo
La Fiorentina vince 4-2 in Svizzera contro il San Gallo e per Palladino arrivano risposte positive da tutti i suoi giocatori.
Il momento viola è entusiasmante, 10 reti in due trasferte non sono così abituali nelle statistiche gigliate, 5 vittorie nelle ultime 6 partite tra Serie A e Conference alimentano una sensazione che Palladino stia creando qualcosa di veramente interessante.
Nella sfida contro il San Gallo il tecnico viola ha avuto risposte confortanti anche da quei giocatori che in questo momento sono scivolati in panchina in maniera costante: da Quarta a Biraghi, da Kayode a Sottil e Ikoné.
Usando un termine ormai vintage, sono state le due ali Sottil e Ikoné grandi protagonisti della vittoria della Fiorentina.
Il figlio d’arte, dopo un avvio un po’ lento, come per tutta la squadra, è stato una spina costante per la difesa biancoverde: dribbling, assist e tiri, anche se la solita imprecisione e alcune parate di Ati Zigi gli hanno impedito di rientrare nel tabellino dei marcatori.
Queste le parole di un soddisfatto Sottil nel dopo gara: “Grande reazione, quando vai sotto in questi campi in Europa non è mai facile ribaltarla. Oggi abbiamo fatto una grande partita tutti, anche chi è subentrato. Nel primo tempo siamo stati un po’ meno cinici, nel secondo tempo abbiamo concretizzato.
Sono soddisfatto della mia prestazione. Sto lavorando forte in allenamento e questi sono i tipi di prestazione che vorrei fare sempre”.
Fiorentina, Ikoné decisivo
Altro protagonista della serata il francese Ikonè, troppo spesso più croce che delizia della tifoseria viola. Dopo tante prestazioni incocludenti a San Gallo l’ex Lille è stato decisivo: dopo un primo tempo sonnacchioso, nella ripresa è stato una lama costante in un difesa diventata di burro come quella degli svizzeri.
Questa volta Ikoné ci ha messo tanta concretezza: due reti, un evento eccezionale anche per la sua carriera. Mai prima d’ora aveva realizzato una doppietta.
Terminata la partita, ai microfoni di Sky Ikoné ha spiegato come spera questa sia stata la partita della svolta per lui a Firenze: “Spero di cominciare un’altra storia qui. Mi manca il gol, quando sono davanti alla porta. E lo so, infatti lavoro per segnare e fare più assist. Oggi ho fatto doppietta e devo fare ancora così, devo essere ancora più forte e portare la squadra ancora più in alto”.
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Fiorentina, una vittoria da big
La Fiorentina vince a Como e si regala una classifica bellissima: sulle sponde del lago lariano arriva la settima vittoria consecutiva.
Sette vittorie in Serie A per la Fiorentina non si vedevano da tempo immemore, bisogna tornare alla Viola del 1960 per trovare un altro filotto del genere. Allora furono 8 e, se non si vuol essere scaramantici, si può sognare di almeno eguagliare quel record con i tre punti contro l’Inter domenica prossima.
A Como Adli e Kean hanno regalato una vittoria pesantissima a Palladino, che ha riconosciuto nel dopo gara di non aver visto la miglior prestazione stagionale per i suoi ragazzi.
Davanti ad un Como rimasto sempre in partita, con la voglia di ribaltare la situazione, non solo della gara ma del momento storico i cui risultati latitano, la Fiorentina non ha disdegnato di difendere con i denti la propria porta e ripartire con velocità.
Saper soffrire e difendersi di squadra e colpire in maniera cinica quando è il momento: virtù da grande squadra.
Entrambi i presupposti sono andati alla grande: altro cleen sheet per la porta viola, sono 6 partite su 13 che va così e altro finale di partita gestito in sicurezza. La squadra di Palladino non ha mai subito gol nell’ultima mezz’ora di partita, l’unica in Serie A.
L’attacco funziona alla grande con il magic moment di Kean, per lui 9 reti in campionato e la capacità di allungare la squadra con la sua potenza. Segnali importanti di risveglio anche da Sottil, che grazie alla sua velocità può essere un’arma importante per tagliare le difese avversarie, soprattutto se ad ispirare le azioni viola è il talento di Adli.
editoriale
Ajax-Maccabi Haifa, un occhio sulla realtà degli “scontri”
Essendo CS una testata giornalistica sportiva, ci siamo limitati a riportare gli scontri avvenuti in Ajax-Maccabi Haifa come fredda cronaca.
Prendo atto del fatto che forse derubricare come “scontri” quanto successo giovedì ad Amsterdam possa essere semplicistico e quindi è necessario fare un’errata corrige, nonostante fosse stata rispettata la deontologia.
Ajax-Maccabi Haifa, la genesi degli scontri
Giovedì 7 Novembre, Amsterdam Arena. Il meraviglioso Ajax di Farioli continua a stupire, trascinato dalla stella di Mika Godts: “the new Hazard” che fa impazzire tifosi olandesi e belgi. Lo spettacolo calcistico offerto in campo dai Lancieri viene però oscurato e deturpato da “scontri” avvenuti fuori lo stadio, prima e dopo la partita, anche se (come ho detto nell’introduzione) sarebbe riduttivo apostrofarli semplicemente in questo modo.
A venire coinvolti negli scontri non sono stati “generici tifosi israeliani”, ma esponenti del Maccabi Fanatics. Un gruppo di violenti riottosi, appartenenti alla frangia ultra-ortodossa dell’estrema destra israeliana. Come documentato da numerose fonti, con tanto di video a corredo, i “supporters” del Maccabi Haifa si sarebbero resi protagonisti di atti irricevibili non appena messo piede nella capitale olandese.
Cori disdicevoli dentro e fuori lo stadio, fra cui echeggia un sinistro “there isn’t school at Gaza, cause there are no children left“. Si esortavano inoltre le FDI (le Forze di Difesa Israeliane) a “finire il lavoro con i fott*ti arabi“. Un video particolarmente esplicativo è stato pubblicato sul canale YouTube ufficiale di TRT World (emittente televisiva turca) e ritrae Jazie Veldhuyzen (consigliere comunale di Amsterdam) commentare i fatti.
Vergogna ad Amsterdam: fischiato il silenzio per Valencia
“Erano armati. Giravano indisturbati per la città, attaccando le persone. Soprattutto quelli che gli sembravano arabi o musulmani e che indossavano effigi palestinesi. Hanno tirato giù bandiere palestinesi dalle case. Hanno intonato cori orribili (come quelli che vi ho descritto sopra, n.d.r.) e sventolavano banner/sticker con parti di quei cori stampati sopra, come per esempio ‘we have war for fun‘.” dice Jazie nel suo video.
Questa frase non ha una traduzione letterale in italiano, la potremmo tradurre con “facciamo la guerra per divertimento” ma anche con “troviamo divertente la guerra” et similia. Jazie poi prosegue, adducendo gli scontri ad una “reazione” dei cittadini olandesi: a suo dire molto arrabbiati per gli atti di vandalismo dei tifosi ospiti. Il consigliere attacca poi i media locali, “colpevoli” di perorare la propaganda israeliana.
Gli “hoolingans” del Maccaibi Haifa (così li ha definiti Veldhuyzen) hanno poi fischiato il minuto di silenzio che il UEFA aveva dedicato alle vittime dell’alluvione di Valencia. La versione ufficiale del gruppo è che questo gesto sarebbe stato una risposta al sostegno da parte del primo ministro spagnolo (Pedro Sanchez) alla causa palestinese: posizioni che hanno portato ad una vera e propria crisi diplomatica fra i paesi.
Ajax-Maccabi Haifa, una corretta cronaca dei fatti
Anche la definizione di “scontri fra tifosi” (utilizzata anche da noi nel precedente articolo e di questo mi scuso a nome della redazione di CalcioStyle) sarebbe inesatta, dal momento che (come riporta “Il Manifesto“) nessun supporter dell’Ajax avrebbe preso parte agli scontri. I disordini sarebbero avvenuti principalmente fra esponenti del Maccabi Fanatic e manifestanti pro-Palestina, che stavano svolgendo un corteo in centro città.
Scontri che hanno visto coinvolta anche la polizia locale, che avrebbe tentato di sedare i disordini, e che Jaze riconduce ad un atteggiamento che lui stesso chiama “gloryfing genocide“: “apologia del genocidio” in italiano. Sia il New York Times che il The Athletic hanno dedicato al caso due lunghissimi approfondimenti, non solo sugli scontri avvenuti giovedì scorso ad Amsterdam ma anche sulla storia dei Maccabi Fanatics.
Una storia di comprovato razzismo e islamofobia, che affonda le sue radici in una cultura etno-nazionalista che è estremamente diffusa in una parte della società sionista. Non c’è stato quindi nessun attacco di matrice antisemita né tantomeno un pogrom, parola utilizzata spesso a sproposito e da persone che ne ignorano il significato, ma semplicemente una “reazione” della società civile all’intemperanza di individui da marginalizzare.
editoriale
Hummels, da titolare in finale di Champions a escluso: la scellerata gestione di Juric
In uno dei periodi più difficili della storia recente della Roma, si sta trasformando in un vero e proprio caso il non utilizzo in campo di Mats Hummels.
La situazione riguardante Mats Hummels alla Roma è diventata un vero e proprio caso. Anche ieri nella trasferta in terra belga contro l’Union Saint Gilloise, il difensore ex Borussia Dortmund non ha preso parte alla gara, con Ivan Juric che gli ha preferito un Cristante fuori-ruolo.
La spiegazione ufficiale data dal tecnico giallorosso è quella puramente di una scelta tecnica. Prima della gara contro la formazione belga, l’ex allenatore di Torino ed Hellas Verona, alla domanda costante dei giornalisti sul mancato impiego del centrale tedesco aveva risposto con una semplice preferenza nel vederlo nella stessa posizione di Evan Ndicka, da inizio stagione il migliore del reparto difensivo.
Ieri però il difensore ivoriano non era stato convocato causa febbre e con l’assenza concomitata di Hermoso Juric aveva solamente due difensori di ruolo a disposizione: Mancini e appunto Hummels.
Nel pomeriggio antecedente alla gara di Europa League è uscita l’indiscrezione, poi confermata, che avrebbe giocato nella posizione di centrale della difesa a tre Bryan Cristante. Un ruolo che aveva già ricoperto in passato sotto la gestione Mourinho ma sicuramente non quello da lui prediletto e nel quale si esprime al meglio. Nei minuti prima del match contro i belgi, Juric ha parlato nuovamente di scelta tecnica, facendo intendere che il tedesco non sia in grado di riuscire a svolgere al meglio i compiti assegnati.
Una situazione ai limiti dell’assurdo se pensiamo che Mats Hummels non è sicuramente l’ultimo arrivato se parliamo dell’arte della difesa. Un giocatore che, oltre ad aver giocato l’ultima finale di Champions League (meno di 5 mesi fa) da assoluto protagonista, ha calcato palcoscenici che il tecnico croato non ha mai neanche visto. A dare ulteriori perplessità è il fatto che la difesa di Juric, suo grande punto di forza, non stia per niente performando.
Infatti, il reparto difensivo non sta lavorando come dovrebbe: sono 13 i goal incassati da quando l’ex Torino si è insediato sulla panchina giallorossa e sarebbero stati molti di più se in porta non ci fosse Mile Svilar, chiamato spesso agli straordinari.
Perciò in una difesa a tre così trasandata, in cui Angelino è costretto a fare il braccetto di sinistra e Cristante il centrale di difesa, davvero Mats Hummels non può giocare neanche uno spezzone di gara?
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