Le interviste
ESCLUSIVA CS – Andrea Fontana: “Un buon procuratore? Deve per forza riuscire a creare un equilibrio tra competenze tecniche e le qualità umane”
Questa è la modalità vincente di Andrea Fontana procuratore di vari calciatori che ci spiega come ha scoperto il calcio e come l’ha trasformato in professione.
In questa intervista per Calciostyle, ci indica quali sono le modalità normative per raggiungere questo traguardo. Famoso anche come opinionista dell’emittente SportItalia ruolo in cui si cala molto bene esprimendo le proprie opinioni in modo molto pacato ma ampiamente chiara. Considera Gattuso il ct che ci potrebbe finalmente portare ai Mondiali.
Esclusiva CS, intervista ad Andrea Fontana
Come hai scoperto il calcio?
Ho scoperto il calcio grazie alla passione che mi hanno trasmesso fin da piccolo mio nonno materno e mio padre. Con loro, nei primi anni Ottanta, ho incominciato a frequentare abitualmente gli stadi, ad assistere dal vivo alle prime partite e, soprattutto, ho avuto la possibilità di vedere da vicino quei calciatori che, fino ad allora, avevo visto soltanto alla televisione.
Porto sempre con me il ricordo di quegli anni, vuoi per le persone che mi hanno accompagnato in quell’esperienza e che oggi non ci sono più, vuoi per la bellezza di quel calcio che oggi (e credo non soltanto io) faccio un po’ fatica a ritrovare.
Quando hai capito potesse diventare parte della tua professione?
Dentro di me ho sempre avuto la convinzione che il calcio avrebbe comunque costituito almeno una parte della mia professione. Già durante la mia esperienza universitaria avevo avuto la forte tentazione di prendermi una breve pausa e andare a Roma a sostenere l’esame da Agente Fifa, ma alla fine mi ero convinto che sarebbe stato meglio terminare prima gli studi.
Così, una volta laureatomi in giurisprudenza, mi sono finalmente potuto dedicare alla mia grande passione. L’esame da Agente Fifa, peraltro, è sempre stato un ostacolo piuttosto duro da affrontare; basti pensare che quel giorno su oltre cinquecento candidati diventammo procuratori soltanto in 49.
La mia grande soddisfazione fu quindi quella di entrare finalmente a far parte di un mondo che mi aveva sempre affascinato e che fino a quel momento avevo sempre soltanto visto con gli occhi dello spettatore.
Qualche mese dopo ho superato anche l’esame di avvocato e, in poco tempo, ho avuto così la fortuna di raggiungere gli obiettivi che fin da ragazzino mi ero prefissato: diventare avvocato e procuratore di calciatori.

Sei un procuratore: quali sono i passi burocratici per svolgere questa professione?
Per diventare procuratore oggi la procedura è piuttosto articolata. Occorre infatti superare una prova generale al CONI e una prova speciale alla Federazione Sportiva Nazionale (FIGC).
È necessario inoltre compiere un tirocinio di almeno sei mesi presso un agente abilitato o frequentare un corso di formazione accreditato dal CONI.
Una volta superati entrambi gli esami, occorrerà quindi presentare una domanda di iscrizione al registro federale della FIGC e successivamente richiedere l’iscrizione nel Registro Nazionale Agenti Sportivi del CONI.
Per avere la fiducia di un giocatore e aver l’incarico di assisterlo, quali qualità umane e professionali bisogna avere?
Per costruire e mantenere rapporti di fiducia duraturi con i propri assistiti, il procuratore deve riuscire a creare un equilibrio tra competenze tecniche e qualità umane.
Il procuratore, per come lo intendo io, deve saper instaurare un rapporto di fiducia autentico, dimostrando sempre trasparenza e onestà intellettuale. Deve saper guardare oltre l’immediato, pianificare la carriera dell’assistito con una prospettiva di lungo termine che tenga conto delle opportunità di crescita professionale e delle esigenze personali del calciatore.
Ritengo che il procuratore di successo sia quello che riesce a coniugare competenza tecnica specialistica con qualità umane autentiche, costruendo rapporti di fiducia duraturi basati sulla trasparenza, l’integrità e la dedizione agli interessi dell’assistito.
Solo attraverso questo equilibrio può ottenere e mantenere la fiducia dei giocatori, elemento fondamentale per lo sviluppo di una carriera professionale di successo nel mondo del calcio.
Sei anche un opinionista televisivo: come ti trovi in questa veste?
Da parecchi anni sono ospite in qualità di opinionista a Sportitalia e mi trovo molto bene. Mi piace il loro modo di trattare il calcio, sempre con grande competenza, attenzione e professionalità.
Per quanto mi riguarda, quella di opinionista è una veste che mi sento perfettamente addosso: amo parlare pubblicamente di calcio, confrontarmi con gli addetti ai lavori e, non da ultimo, devo ammettere che questo ruolo negli anni mi ha dato un notevole riscontro in termini di visibilità.
Lotta scudetto: c’è molto equilibrio, chi vedi come favorita?
Vedo ancora favorito il Napoli perché rispetto allo scorso anno ha ulteriormente implementato la rosa e poi perché Antonio Conte, specie in ambito nazionale, è garanzia di successi.
L’Inter a livello di organico mi sembra la più attrezzata. Chivu, grazie agli ultimi risultati, sta acquistando sempre più fiducia e consapevolezza, anche se credo che oggi la squadra debba ancora smaltire del tutto le scorie della finale di Champions.
Il Milan mi sta impressionando: Modric e Rabiot hanno senz’altro alzato l’asticella verso l’alto e mister Allegri sa come si portano a casa i punti che servono a raggiungere traguardi importanti.
La Juventus invece ad oggi non mi sta convincendo. Credo stia scontando una campagna acquisti nella quale si è voluto concentrare di più sul reparto offensivo, quando a centrocampo serviva almeno un giocatore di qualità.
Questo è il mio ordine di arrivo, anche se credo che alla fine una sorpresa (forse la Roma?) ci sarà.
Nazionale: Gattuso secondo te è l’uomo giusto?
Gattuso è l’unico che in questo momento storico può portare un valore aggiunto alla Nazionale. Negli ultimi anni è un po’ venuto meno quel senso di appartenenza alla maglia azzurra che oggi solo lui può trasmettere in maniera tangibile.
Logicamente il compito che lo attende è difficilissimo perché, d’ora in poi, andrà incontro a tutte “finali”, ma credo che, come sempre, darà tutto se stesso per arrivare a disputare quel Mondiale a cui purtroppo non prendiamo parte addirittura dal 2014.
Var: come pensi possa essere migliorato?
Nonostante tutte le polemiche di questi anni, rimango sempre favorevole all’utilizzo del Var. Credo che alla fine abbia recato più benefici che danni.
Auspico soltanto che prossimamente il suo utilizzo venga esteso come si deve anche alle simulazioni, che reputo il male assoluto del calcio.
Negli ultimi anni c’è grande polemica sulle copiose commissioni che si prendono i tuoi colleghi, soprattutto quelli che assistono i giocatori più noti. Cosa ne pensi?
Logicamente chi assiste i calciatori più importanti riceve commissioni altrettanto importanti. È vero che negli ultimi tempi si è assistito a un aumento considerevole delle commissioni, ma va altrettanto riconosciuto che le stesse sono anche conseguenza del sensibile aumento dei cartellini dei calciatori e, ovviamente, dei rispettivi ingaggi.
Di Adamo Giacomo Recchia

Le interviste
ESCLUSIVA CS – Carlo Nervo: “Il Bologna può arrivare in Europa quest’anno ha una rosa molto competitiva. Nazionale? Ci sono troppi…”
L’ex centrocampista del Bologna Carlo Nervo (1994-2005, 2006-2007) ha parlato ai nostri microfoni della’attuale situazione dei rossoblù, sulla lotta Scudetto in Serie A e molto altro.
In un’intervista di 5 minuti, Carlo Nervo ha detto la sua su come può andare il Bologna questa stagione, parlando anche di giocatori come Bernardeschi e Orsolini, e anche dell’allenatore dei rossoblù Vincenzo Italiano.
Inoltre ha analizzato anche la situazione della Nazionale Italiana e del motivo per cui, secondo lui, gli Azzurri stanno vivendo un momento così complicato.
Di seguito, l’intervista di Carlo Nervo.
Le parole di Carlo Nervo
Dove può arrivare questo Bologna in campionato e in coppa?
“Vista espressione di gioco e i risultati, può arrivare in alto. Secondo me l’Europa dovrebbe essere la giusta posizione, però sognare non costa niente. Le altre squadre sono forti, però il Bologna li ha messi sotto”.
Secondo lei il Bologna ha bisogno di rinforzarsi nel mercato di gennaio, visti alcuni infortuni sulle fasce?
” A mio avviso, a parte gli infortuni, la rosa é completa. Immobile, al momento, é fuori ma é un giocatore forte che segna molti gol: inoltre la crescita di Bernardeschi é stata importante. Secondo me la rosa é molto competitiva, io non toccherei niente”.
Chi vince il campionato?
“Bella domanda, magari il Bologna. No, io vedo il Milan che può insidiarsi”.
Quindi Allegri con il suo Corto Muso?
“Secondo me hanno una bella rosa e un allenatore che sa vincere”.
Italiano é un pò sottovalutato come allenatore?
“No, non é sottovalutato, nel senso che lui é già in una grande squadra, perché il Bologna é una grande squadra”.

VINCENZO ITALIANO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Un aggettivo per l’allenatore e per quello che sta facendo?
“Consapevole: lui é consapevole di essere in una grande piazza”.
Orsolini? E’ un Nervo 2.0
“No, secondo me è più forte. Vede molto la porta, ma soprattutto é un ragazzo per bene che é legato alla città e alla maglia. Quindi deve continuare come sta facendo”.
Adesso nella Nazionale Italiana c’é meno abbondanza di grandi giocatori. Come si può risolvere questa cosa?
“Ai miei tempi per andare in Nazionale dovevi essere forte. Adesso fai dieci partite bene in Serie A e ti chiamano in Nazionale. Non ci sono i campioni come Del Piero e Totti: bisognerà analizzare perché non vengono fuori questi talenti qui in Italia, e valutare tutti i settori giovanili.
Poi, troppi stranieri: quando c’ero io arrivavano i top player stranieri, ora ci sono giocatori che trovi anche in Serie B, in Serie C. Hanno un cognome difficile, quindi impattano sul pubblico. E poi un’altra cosa, meno potere e procuratori”.
Le interviste
ESCLUSIVA CS – Giulio Scarpati: “La Roma non ha l’obbligo di vincere, per questo oggi vola. Gasperini ha cambiato tutto: ora la squadra corre fino al 90°”
Lo storico volto di Un Medico in Famiglia e romanista dichiarato, Giulio Scarpati ha raccontato ai nostri microfoni una vita intrecciata al giallorosso: dagli anni dell’alzabandiera sempre ammainato alle domeniche allo stadio con il fratello, fino allo sguardo lucido sulla Roma di oggi.
In una lunga intervista, Scarpati ha condiviso le sue opinioni sul lavoro di Gasperini, il momento della squadra, gli obiettivi stagionali e la crisi della Nazionale. Un dialogo sincero, appassionato, a tratti critico, che ci rivelato l’anima di un tifoso autentico, oltre che di un grande attore.
Di seguito, l’intervista di Giulio Scarpati.
Le parole di Giulio Scarpati
Ci vuole parlare del suo legame con la Roma?
“Essere tifoso della Roma significa, prima di tutto, accettare una certa dose di sofferenza. Negli anni ’60 la squadra non era certo tra le grandi. La Juventus ci passava spesso i suoi “bidoni”, giocatori ormai a fine carriera. Per fortuna, con il tempo, la società è cresciuta e si è strutturata molto meglio. La mia passione è nata grazie a mio fratello maggiore, romanista sfegatato. A casa avevamo l’alzabandiera da issare quando la Roma vinceva, ma non lo usavamo quasi mai… le vittorie erano rare, così la bandiera rimaneva per lo più ammainata. Ricordo anche che quando la Roma vinceva, ritagliavamo i titoli di giornale e li attaccavamo in camera. Da bambino andavo anche tanto spesso allo stadio con la tessera dello Junior Club, sempre assieme a mio fratello.
Da attore, poi, mi è capitato di giocare più volte con la Nazionale degli Attori, allenata da Giacomo Losi: una persona straordinaria. Mi dava ottimi consigli su come migliorare in difesa, il ruolo in cui giocavo. Io e mio fratello abbiamo sempre seguito la Roma, nel bene e nel male. Forse avremmo potuto vincere qualcosa di più, ma proprio perché si vince poco, quando succede la gioia è enorme. I festeggiamenti per uno Scudetto a Roma…a Torino se li sognano!”
Mettiamo da parte il passato e guardiamo al presente: avrebbe mai immaginato a inizio stagione questa Roma capolista?
“Assolutamente no, devo essere sincero. Però riponevo molta fiducia in Gasperini, che sa fare benissimo il suo lavoro. Si è integrato in modo sorprendente e credo che anche il lavoro miracoloso fatto da Ranieri l’anno scorso lo abbia agevolato. Peccato per quella Champions sfiorata di un punto. Chissà, magari con altre due partite ci saremmo qualificati noi al posto della Juventus… Da tifoso, comunque, sono felicissimo del percorso che stiamo facendo.”
È davvero soddisfatto in tutto?
“Beh, l’unica ombra, finora, è l’Europa League. Non stiamo brillando e migliorare la classifica sarà complicato, soprattutto con tutte le partite ravvicinate. L’obiettivo sarebbe entrare tra le prime otto, ma la vedo dura. Detto ciò, resto ottimista: per me è già molto ciò che la squadra ha fatto finora.”
Dove si nota maggiormente la mano di Gasperini?
“Ha ridato motivazione a tanti giocatori. Penso a Pellegrini, che sta vivendo una vera e propria rinascita. Anche il gioco è cambiato. Oggi le partite sono più dinamiche, divertenti, c’è una chiara volontà di dominare l’avversario – una sensazione che, con tutto il rispetto, si percepiva meno nell’era Mourinho. Gasperini è l’allenatore ideale per questo gruppo, e lo dimostra la condizione atletica: la Roma corre e pressa fino al 90°, è un miglioramento enorme. Serve però che gli attaccanti inizino a segnare con più continuità, quello resta un problema.”

GIAN PIERO GASPERINI DA INDICAZIONI AI SUOI RAGAZZI. IN EVIDENZA EL AYNAOUI E TSIMIKAS ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
La Roma ha subito solo cinque gol diventando così la miglior difesa del campionato. Come se lo spiega?
“Molto merito va a Svilar, che sta facendo miracoli. Negli ultimi anni abbiamo avuto portieri straordinari – da Alisson a Szczęsny – e lui sta seguendo quella scia. C’è poi la crescita di Mancini e, più in generale, l’organizzazione difensiva plasmata da Gasp. Non c’è un singolo leader: la forza è il gruppo. Ed è bello vedere che l’allenatore coinvolga tutti, soprattutto i giovani come Pisilli.”
Si può dire allora che Gasperini sia un allenatore che sposta gli equilibri? Guardando l’Atalanta con Juric verrebbe da pensarlo…
“Al di là del valore di Gasperini, credo che Juric abbia limiti nella gestione del gruppo. È suscettibile e comunica poco coi giocatori. Gasperini, anche quando si arrabbia, lo fa per stimolare. Juric non mi è sembrato ancora abbastanza maturo per allenare una grande squadra.”
Non teme un calo di rendimento della rosa?
“La vera incognita restano gli infortuni. Dybala è un valore assoluto, ma purtroppo non garantisce continuità. A questo si aggiunge il vincolo del fair play finanziario, che ha limitato la possibilità di intervenire sul mercato con innesti mirati. Detto ciò, apprezzo molto il lavoro della società e, in particolare, l’impronta lasciata da Ranieri: si sarà capito che ho un debole per lui! Lo stimo profondamente per come l’anno scorso è riuscito a risollevare la squadra.”
C’è qualcosa che la Roma ha più degli altri top club?
“Sì, ha un vantaggio psicologico enorme. Non ha l’obbligo di vincere sempre e comunque, come accade invece a Inter o Napoli. E questo, in campo, pesa eccome.”
Eppure, negli scontri diretti la squadra fatica…
“Diciamo che molti avversari contro cui abbiamo perso erano più attrezzati. Col Milan abbiamo sbagliato l’approccio perché siamo sì partiti fortissimo, ma non siamo mai riusciti a concretizzare. Con l’Inter il divario tecnico si è visto. Non credo ci sia un problema strutturale negli scontri diretti; piuttosto dobbiamo essere più cinici quando le occasioni capitano, perché in partite del genere non sono mai tante.”
Che idea si è fatto delle altre big del campionato?
“Sono certo che la Juventus con Spalletti adesso crescerà moltissimo. L’Inter è fortissima ma talvolta vince anche con un po’ di fortuna, ed è quella che temo di più. Il Milan mi sembra più solido dello scorso anno. Il Napoli con Conte non mollerà un centimetro: è tignoso e combatterà fino alla fine anche se ora è in difficoltà.”

L’ESULTANZA URLO DI ANTONIO CONTE DOPO IL GOL DI SPINAZZOLA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Qual è l’obiettivo minimo della Roma?
“La Coppa Italia.”
Perché proprio la Coppa Italia?
“Perché sarebbe fantastico vincere la decima.”
E l’obiettivo più grande, invece?
“Tornare a giocare in Champions. È un qualcosa di fondamentale anche a livello economico.”
Passiamo alla Nazionale. Cosa ne pensa della disfatta contro la Norvegia?
“È stata una partita strana. Nel primo tempo abbiamo fatto meglio noi, loro sembravano quasi in vacanza. Poi, quando la Norvegia ha iniziato a far valere la sua qualità, l’Italia ha perso ritmo ed è andata in blackout. Purtroppo, in Nazionale il problema è molto più profondo di quanto sembri…”
A cosa si riferisce?
“Al fatto che da anni la Nazionale non esprime un gioco convincente. I club hanno ormai un peso enorme e i raduni non sono più quelli di una volta. Spalletti, secondo me, ha fallito proprio per questo: non ha avuto il tempo necessario per costruire un’identità di gruppo.”
Che ne pensa invece di Gattuso?
“È un allenatore onesto, diretto, che dice ai giocatori ciò che pensa. Lo apprezzo molto.”
Ora che i playoff sono una realtà, ritiene che l’Italia riuscirà a supererli?
“Se incroceremo squadre meno attrezzate di noi, credo proprio di sì. E speriamo anche in un pizzico di fortuna, che non guasta mai.”

MATEO RETEGUI RAMMARICATO ( FOTO KEYPRESS )
Le bombe di Vlad
LBDV presenta: “Il portiere di Ceaușescu” e “Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio”
Domenica 16 novembre, alle ore 18.00, il Punk Roma (Via dei Durantini 18, Roma) ospiterà un evento speciale dedicato alla letteratura sportiva e alla cultura calcistica.
Protagonisti della serata saranno due firme d’eccezione: Guy Chiappaventi, giornalista di La7, autore del libro “Il portiere di Ceaușescu” (Bibliotheka Edizioni), e Ciro Romano, caporedattore di LBDV, che presenterà “Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio” (Garrincha Edizioni).
A dialogare con gli autori ci sarà Daniele Garbo, giornalista sportivo già volto di Mediaset e Direttore Editoriale di LBDV, mentre la presentazione sarà affidata al giornalista di Le Bombe di Vlad, Alberto Caccia.
L’incontro rappresenta un’occasione imperdibile per tutti gli appassionati di calcio, giornalismo e narrazione sportiva. Due libri diversi ma accomunati da una stessa passione: quella per il pallone e per le storie che lo rendono eterno.
Il portiere di Ceaușescu. Helmut Duckadam, storia di un antieroe
Una storia lunga quasi quarant’anni e undici metri, la storia di quando una squadra di sconosciuti strappò il titolo più importante del calcio europeo – la Coppa dei Campioni – a una superpotenza, il Barcellona.
Era la notte magica del 7 maggio 1986 quando, nello stadio di Siviglia, Helmut Duckadam, allora ventisettenne, riuscì nell’impresa di parare tutti e quattro i rigori dei giocatori catalani consentendo alla Steaua Bucarest di laurearsi campione d’Europa, prima volta per una squadra dell’Est. Una notte di felicità per un popolo che viveva con le luci spente, senza riscaldamento e con il frigorifero vuoto.
Quando la Steaua rientrò in Romania, all’aeroporto 15 mila persone accolsero i giocatori e almeno altrettante scesero in strada per seguire il tragitto del pullman fino a Bucarest. Fu un fatto insolito per la Romania comunista, dove le manifestazioni spontanee di piazza erano vietate, ma il regime volle capitalizzare la vittoria. Il presidente Ceaușescu invitò la squadra a palazzo e Duckadam diventò per sempre l’eroe di Siviglia.
L’autore
Giornalista, inviato del tg La7. Dopo aver raccontato la suburra di Roma, la mafia e la ‘ndrangheta, due guerre in Medio Oriente, terremoti, tsunami e alluvioni, negli ultimi anni ha seguito la cronaca a Milano.
Ha vinto il premio Ilaria Alpi, il Premiolino e il premio Goffredo Parise. Ha pubblicato sette libri, incrociando spesso il calcio con la cronaca: il primo, Pistole e palloni sulla Lazio anni Settanta, ha avuto otto edizioni in quindici anni e ha ispirato la serie Sky Grande e maledetta.
Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio
Ciro Romano ci racconta le gesta dello storico portiere olandese Jongbloed, eroe dell’arancia meccanica di sua maestà Cruijff . Un viaggio dentro la vita di uno dei calciatori più importanti della sua era. Non una monografia, dimenticate i tabellini, quello che troverete in queste pagine è l’atmosfera, è l’uomo prima del calciatore, è la storia prima dei gol, è il lato nascosto del pallone. Preparatevi, riavvolgete il nastro, premete play e godetevi questa partita di carta e inchiostri, inseguendo in campo un calciatore indimenticabile. Una nuova figurina letteraria da collezionare, una nuova figurina per completare lo scaffale dei campioni.
L’autore
Ciro Romano vive a Salerno è avvocato, abilitato alle Magistrature Superiori. Guarda il calcio dall’età di tre anni, e ne scrive per testate giornalistiche e pagine social. Prima per passione, poi per motivi professionali, diventa esperto di tifo radicale. Tiene conferenze e partecipa a dibattiti pubblici per l’abolizione alle limitazioni di legge al tifo e agli spostamenti delle tifoserie.
Ha pubblicato “Volevo solo giocare a ping pong” (Caffèorchidea).
(Foto: DepositPhotos)
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