Le interviste
Roma, Ricardo Faty: “I giallorossi possono puntare in alto. A me mancava la personalità. Koné lo stimo: può fare più gol”
L’ex centrocampista della Roma Ricardo Faty ha rilasciato il suo commento sulla prossima sfida dei giallorossi in Europa League ai microfoni di SportPaper Tv.
L’ex centrocampista franco-senegalese Ricardo Faty ha rilasciato una lunga intervista in esclusiva ai microfoni di SportPaper TV. Da calciatore ha avuto un passato nelle file della Roma tra il 2006 e il 2010, e ha commentato l’avvio di stagione dei giallorossi e i possibili obiettivi da inseguire per la squadra di Gasperini in Europa League e in campionato. Faty, che ha trascorso gran parte della sua carriera in Ligue 1 parla anche del Lille, prossimo avversario dei capitolini e del livello generale del calcio francese, anche in ottica Mondiale. Di seguito le sue dichiarazioni.
Roma, le parole di Faty
Roma inaspettatamente prima con 12 punti, insime a Roma e Milan: qual è la tua idea sul lavoro di Gasperini? Pensi sia una pretendente per lo scudetto?
“Sì, i punti ci sono e sono importanti ma gare come quelle con il Torino devono ricordare la necessità di mantenere alta la concentrazione; il derby con la Lazio, però, dimostra che si può puntare in alto. Per me è una squadra equilibrata che deve stare attenta e lavorare per rimanere al top. Bisognerà capire in che stato arriverà la squadra a gennaio, ma il lavoro con Gasperini procede bene ma bisogna continuare a fare punti adesso perché la squadra è fresca, i giocatori sono concentrati e attenti alle esigenze del loro allenatore. Per adesso va tutto bene e ho fiducia nella squadra, ma dalla prossima settimana arriveranno i veri test”
C’è qualcuno che Claudio Ranieri non era riuscito a valorizzare: Lorenzo Pellegrini. Il giocatore è tornato al derby però sembra stia dimostrando continuità. Quanto è importante per questa Roma? E come si gestiscono le critiche della piazza?
“Posso immaginare le cose che sta vivendo Lorenzo, lui le sta vivendo al doppio, da romano e romanista. Può essere una cosa veramente difficile, ma ha dimostrato di essere mentalmente forte: non lo conosco personalmente, ma è un grande professionista. Ha fatto cambiare idea su di lui con il derby, era pronto a questo momento e io non ho mai avuto dubbi su di lui, anche se non era in forma fisicamente. Sono sicuro che i romani hanno qualcosa in più perché conoscono l’importanza di questa partita e vanno oltre qualsiasi difficoltà fisica, lui era pronto e ha segnato: ora la Roma ha un giocatore più motivato e un leader in più, cosa di cui ha bisogno”.
Abbiamo intervistato Rio Mavuba, ex centrocampista del Lille e abbiamo parlato di Koné. Ci ha detto: “Se io facessi il DS di un top club lo andrei a prendere di corsa, non so se la Roma riuscirà a trattenerlo.” Secondo te, Koné riuscirà a crescere anche a livello di gol, magari toccando quota 6-7 a stagione?
“Seguivo Koné da tempo, proviene dalla mia stessa scuola calcio (Clairefontaine) e ho fatto il possibile per indurlo a firmare per la Roma. Ora sta alla grande e secondo me ha le qualità per fare qualche gol in più, dovrebbe avere più personalità per andare a cercare la conclusione o semplicemente entrare in area di rigore avversaria: deve crederci di più. Nel suo ruolo fa già benissimo, è uno che da equilibrio e che non perde la palla, fa quello che gli chiede il mister e va bene così”.
Questa Roma adesso è priva di Paulo Dybala. Ne ha ancora bisogno oppure no?

PAULO DYBALA INDICA IL NUMERO DUE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
“Assolutamente sì. Anche se non sta bene e ha qualche acciacco fisico, questa squadra ha sempre bisogno di Dybala. Io lo vedo bene, anche in questo caso si devono fare i conti a gennaio: bisogna contare su di lui anche per le rotazioni. Uno come Soulé, che mi piace tantissimo, non deve giocare tutte le partite perché fa fatica, ha bisogno di riposarsi per dare il massimo e non ha ancora tanta continuità. Uno come Dybala, come alternativa, potrebbe essere utile per la lotta Scudetto, per il quarto posto o per l’Europa League. Se non dovesse andare bene, i conti si faranno a gennaio…”.
Faty ripercorre la sua esperienza in giallorosso
“Tutti mi chiedevano: “Perché non sei riuscito a essere da Roma?”. La risposta è semplice: mi mancava la personalità. Quando mi ha cercato la Roma io non ho esitato, perché ammiravo la Serie A ed ero già un tifoso della squadra. Non so se il paragone con Parigi rende, ma vedevo molte similitudini tra le due città, perciò quando mi hanno cercato ci sono andato senza pensarci. Forse, però, non ero pronto a condividere lo spogliatoio con alcuni campioni: non ero ancora maturo, ero troppo buono e gentile, ero sempre il giovane che aveva bisogno di imparare.
Avrei dovuto cercare il mio posto. Non ero tanto giovane, avevo vent’anni e conoscevo già il mondo professionistico: probabilmente sentivo di star vivendo solo un sogno, vedevo Daniele (De Rossi) giocare, Simone (Perrotta) che vedevo in TV…io l’ho vissuto così, adesso me ne rendo conto: non ero abbastanza cattivo per prendermi il posto alla Roma.
Passando alla Francia, non pensi che bisognerebbe puntare su altri oltre che su Mbappé? Tu cosa ne pensi?
“Per me non è una polemica, ti dico la verità: quando Marcus Thuram ha avuto la possibilità di guidare l’attacco della sua Nazionale non ha fatto inciso. Non è stato abbastanza efficace come lo può essere con l’Inter. Deschamps è uno che ragiona bene e tanto, è molto riflessivo e sa che per la sua squadra è meglio avere Kylian ed esterni veri come Barcola o Dembélé o addirittura Olise, i posti sono pochi in Francia. Non c’è una polemica: Kylian ha il suo posto e Marcus, quando ha avuto una chance, non l’ha sfruttata. La Francia ha una bella rosa, anche Manu Koné è un punto fisso del centrocampo e sono i grandi favoriti per il Mondiale”.
Come hai vissuto la vittoria della Champions League del PSG?
“C’era una grande festa, ma soprattutto è stato un grande sollievo: la dirigenza ha fatto grandi investimenti e spese ingenti, anche per i tifosi è stata una grande soddisfazione. L’hanno meritato e continuano a fare un calcio incredibile con Luis Enrique: il tecnico è stato fortunato perché lo hanno ascoltato e supportato, allenatori come Tuchel e Pochettino, Unai Emery non hanno avuto la fortuna di poter sviluppare la propria idea di gioco”
Chi pensi che occuperà i primi quattro posti della classifica a gennaio?
“Ho commentato la gara tra Milan e Napoli: anche se nella ripresa la partita è cambiata, vedo molto bene i rossoneri. Per me il Milan è il grande favorito per lo scudetto, è tornato Leao, la squadra gioca molto bene e segna parecchio; il Napoli è forte, però non li vedo così bene. Credo che se la Roma dovesse riuscire a racimolare punti in trasferta e contro le piccole, potrebbe seriamente rientrare nelle zone alte della classifica”
Le interviste
ESCLUSIVA CS – Carlo Nervo: “Il Bologna può arrivare in Europa quest’anno ha una rosa molto competitiva. Nazionale? Ci sono troppi…”
L’ex centrocampista del Bologna Carlo Nervo (1994-2005, 2006-2007) ha parlato ai nostri microfoni della’attuale situazione dei rossoblù, sulla lotta Scudetto in Serie A e molto altro.
In un’intervista di 5 minuti, Carlo Nervo ha detto la sua su come può andare il Bologna questa stagione, parlando anche di giocatori come Bernardeschi e Orsolini, e anche dell’allenatore dei rossoblù Vincenzo Italiano.
Inoltre ha analizzato anche la situazione della Nazionale Italiana e del motivo per cui, secondo lui, gli Azzurri stanno vivendo un momento così complicato.
Di seguito, l’intervista di Carlo Nervo.
Le parole di Carlo Nervo
Dove può arrivare questo Bologna in campionato e in coppa?
“Vista espressione di gioco e i risultati, può arrivare in alto. Secondo me l’Europa dovrebbe essere la giusta posizione, però sognare non costa niente. Le altre squadre sono forti, però il Bologna li ha messi sotto”.
Secondo lei il Bologna ha bisogno di rinforzarsi nel mercato di gennaio, visti alcuni infortuni sulle fasce?
” A mio avviso, a parte gli infortuni, la rosa é completa. Immobile, al momento, é fuori ma é un giocatore forte che segna molti gol: inoltre la crescita di Bernardeschi é stata importante. Secondo me la rosa é molto competitiva, io non toccherei niente”.
Chi vince il campionato?
“Bella domanda, magari il Bologna. No, io vedo il Milan che può insidiarsi”.
Quindi Allegri con il suo Corto Muso?
“Secondo me hanno una bella rosa e un allenatore che sa vincere”.
Italiano é un pò sottovalutato come allenatore?
“No, non é sottovalutato, nel senso che lui é già in una grande squadra, perché il Bologna é una grande squadra”.

VINCENZO ITALIANO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Un aggettivo per l’allenatore e per quello che sta facendo?
“Consapevole: lui é consapevole di essere in una grande piazza”.
Orsolini? E’ un Nervo 2.0
“No, secondo me è più forte. Vede molto la porta, ma soprattutto é un ragazzo per bene che é legato alla città e alla maglia. Quindi deve continuare come sta facendo”.
Adesso nella Nazionale Italiana c’é meno abbondanza di grandi giocatori. Come si può risolvere questa cosa?
“Ai miei tempi per andare in Nazionale dovevi essere forte. Adesso fai dieci partite bene in Serie A e ti chiamano in Nazionale. Non ci sono i campioni come Del Piero e Totti: bisognerà analizzare perché non vengono fuori questi talenti qui in Italia, e valutare tutti i settori giovanili.
Poi, troppi stranieri: quando c’ero io arrivavano i top player stranieri, ora ci sono giocatori che trovi anche in Serie B, in Serie C. Hanno un cognome difficile, quindi impattano sul pubblico. E poi un’altra cosa, meno potere e procuratori”.
Le interviste
ESCLUSIVA CS – Giulio Scarpati: “La Roma non ha l’obbligo di vincere, per questo oggi vola. Gasperini ha cambiato tutto: ora la squadra corre fino al 90°”
Lo storico volto di Un Medico in Famiglia e romanista dichiarato, Giulio Scarpati ha raccontato ai nostri microfoni una vita intrecciata al giallorosso: dagli anni dell’alzabandiera sempre ammainato alle domeniche allo stadio con il fratello, fino allo sguardo lucido sulla Roma di oggi.
In una lunga intervista, Scarpati ha condiviso le sue opinioni sul lavoro di Gasperini, il momento della squadra, gli obiettivi stagionali e la crisi della Nazionale. Un dialogo sincero, appassionato, a tratti critico, che ci rivelato l’anima di un tifoso autentico, oltre che di un grande attore.
Di seguito, l’intervista di Giulio Scarpati.
Le parole di Giulio Scarpati
Ci vuole parlare del suo legame con la Roma?
“Essere tifoso della Roma significa, prima di tutto, accettare una certa dose di sofferenza. Negli anni ’60 la squadra non era certo tra le grandi. La Juventus ci passava spesso i suoi “bidoni”, giocatori ormai a fine carriera. Per fortuna, con il tempo, la società è cresciuta e si è strutturata molto meglio. La mia passione è nata grazie a mio fratello maggiore, romanista sfegatato. A casa avevamo l’alzabandiera da issare quando la Roma vinceva, ma non lo usavamo quasi mai… le vittorie erano rare, così la bandiera rimaneva per lo più ammainata. Ricordo anche che quando la Roma vinceva, ritagliavamo i titoli di giornale e li attaccavamo in camera. Da bambino andavo anche tanto spesso allo stadio con la tessera dello Junior Club, sempre assieme a mio fratello.
Da attore, poi, mi è capitato di giocare più volte con la Nazionale degli Attori, allenata da Giacomo Losi: una persona straordinaria. Mi dava ottimi consigli su come migliorare in difesa, il ruolo in cui giocavo. Io e mio fratello abbiamo sempre seguito la Roma, nel bene e nel male. Forse avremmo potuto vincere qualcosa di più, ma proprio perché si vince poco, quando succede la gioia è enorme. I festeggiamenti per uno Scudetto a Roma…a Torino se li sognano!”
Mettiamo da parte il passato e guardiamo al presente: avrebbe mai immaginato a inizio stagione questa Roma capolista?
“Assolutamente no, devo essere sincero. Però riponevo molta fiducia in Gasperini, che sa fare benissimo il suo lavoro. Si è integrato in modo sorprendente e credo che anche il lavoro miracoloso fatto da Ranieri l’anno scorso lo abbia agevolato. Peccato per quella Champions sfiorata di un punto. Chissà, magari con altre due partite ci saremmo qualificati noi al posto della Juventus… Da tifoso, comunque, sono felicissimo del percorso che stiamo facendo.”
È davvero soddisfatto in tutto?
“Beh, l’unica ombra, finora, è l’Europa League. Non stiamo brillando e migliorare la classifica sarà complicato, soprattutto con tutte le partite ravvicinate. L’obiettivo sarebbe entrare tra le prime otto, ma la vedo dura. Detto ciò, resto ottimista: per me è già molto ciò che la squadra ha fatto finora.”
Dove si nota maggiormente la mano di Gasperini?
“Ha ridato motivazione a tanti giocatori. Penso a Pellegrini, che sta vivendo una vera e propria rinascita. Anche il gioco è cambiato. Oggi le partite sono più dinamiche, divertenti, c’è una chiara volontà di dominare l’avversario – una sensazione che, con tutto il rispetto, si percepiva meno nell’era Mourinho. Gasperini è l’allenatore ideale per questo gruppo, e lo dimostra la condizione atletica: la Roma corre e pressa fino al 90°, è un miglioramento enorme. Serve però che gli attaccanti inizino a segnare con più continuità, quello resta un problema.”

GIAN PIERO GASPERINI DA INDICAZIONI AI SUOI RAGAZZI. IN EVIDENZA EL AYNAOUI E TSIMIKAS ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
La Roma ha subito solo cinque gol diventando così la miglior difesa del campionato. Come se lo spiega?
“Molto merito va a Svilar, che sta facendo miracoli. Negli ultimi anni abbiamo avuto portieri straordinari – da Alisson a Szczęsny – e lui sta seguendo quella scia. C’è poi la crescita di Mancini e, più in generale, l’organizzazione difensiva plasmata da Gasp. Non c’è un singolo leader: la forza è il gruppo. Ed è bello vedere che l’allenatore coinvolga tutti, soprattutto i giovani come Pisilli.”
Si può dire allora che Gasperini sia un allenatore che sposta gli equilibri? Guardando l’Atalanta con Juric verrebbe da pensarlo…
“Al di là del valore di Gasperini, credo che Juric abbia limiti nella gestione del gruppo. È suscettibile e comunica poco coi giocatori. Gasperini, anche quando si arrabbia, lo fa per stimolare. Juric non mi è sembrato ancora abbastanza maturo per allenare una grande squadra.”
Non teme un calo di rendimento della rosa?
“La vera incognita restano gli infortuni. Dybala è un valore assoluto, ma purtroppo non garantisce continuità. A questo si aggiunge il vincolo del fair play finanziario, che ha limitato la possibilità di intervenire sul mercato con innesti mirati. Detto ciò, apprezzo molto il lavoro della società e, in particolare, l’impronta lasciata da Ranieri: si sarà capito che ho un debole per lui! Lo stimo profondamente per come l’anno scorso è riuscito a risollevare la squadra.”
C’è qualcosa che la Roma ha più degli altri top club?
“Sì, ha un vantaggio psicologico enorme. Non ha l’obbligo di vincere sempre e comunque, come accade invece a Inter o Napoli. E questo, in campo, pesa eccome.”
Eppure, negli scontri diretti la squadra fatica…
“Diciamo che molti avversari contro cui abbiamo perso erano più attrezzati. Col Milan abbiamo sbagliato l’approccio perché siamo sì partiti fortissimo, ma non siamo mai riusciti a concretizzare. Con l’Inter il divario tecnico si è visto. Non credo ci sia un problema strutturale negli scontri diretti; piuttosto dobbiamo essere più cinici quando le occasioni capitano, perché in partite del genere non sono mai tante.”
Che idea si è fatto delle altre big del campionato?
“Sono certo che la Juventus con Spalletti adesso crescerà moltissimo. L’Inter è fortissima ma talvolta vince anche con un po’ di fortuna, ed è quella che temo di più. Il Milan mi sembra più solido dello scorso anno. Il Napoli con Conte non mollerà un centimetro: è tignoso e combatterà fino alla fine anche se ora è in difficoltà.”

L’ESULTANZA URLO DI ANTONIO CONTE DOPO IL GOL DI SPINAZZOLA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Qual è l’obiettivo minimo della Roma?
“La Coppa Italia.”
Perché proprio la Coppa Italia?
“Perché sarebbe fantastico vincere la decima.”
E l’obiettivo più grande, invece?
“Tornare a giocare in Champions. È un qualcosa di fondamentale anche a livello economico.”
Passiamo alla Nazionale. Cosa ne pensa della disfatta contro la Norvegia?
“È stata una partita strana. Nel primo tempo abbiamo fatto meglio noi, loro sembravano quasi in vacanza. Poi, quando la Norvegia ha iniziato a far valere la sua qualità, l’Italia ha perso ritmo ed è andata in blackout. Purtroppo, in Nazionale il problema è molto più profondo di quanto sembri…”
A cosa si riferisce?
“Al fatto che da anni la Nazionale non esprime un gioco convincente. I club hanno ormai un peso enorme e i raduni non sono più quelli di una volta. Spalletti, secondo me, ha fallito proprio per questo: non ha avuto il tempo necessario per costruire un’identità di gruppo.”
Che ne pensa invece di Gattuso?
“È un allenatore onesto, diretto, che dice ai giocatori ciò che pensa. Lo apprezzo molto.”
Ora che i playoff sono una realtà, ritiene che l’Italia riuscirà a supererli?
“Se incroceremo squadre meno attrezzate di noi, credo proprio di sì. E speriamo anche in un pizzico di fortuna, che non guasta mai.”

MATEO RETEGUI RAMMARICATO ( FOTO KEYPRESS )
Le bombe di Vlad
LBDV presenta: “Il portiere di Ceaușescu” e “Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio”
Domenica 16 novembre, alle ore 18.00, il Punk Roma (Via dei Durantini 18, Roma) ospiterà un evento speciale dedicato alla letteratura sportiva e alla cultura calcistica.
Protagonisti della serata saranno due firme d’eccezione: Guy Chiappaventi, giornalista di La7, autore del libro “Il portiere di Ceaușescu” (Bibliotheka Edizioni), e Ciro Romano, caporedattore di LBDV, che presenterà “Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio” (Garrincha Edizioni).
A dialogare con gli autori ci sarà Daniele Garbo, giornalista sportivo già volto di Mediaset e Direttore Editoriale di LBDV, mentre la presentazione sarà affidata al giornalista di Le Bombe di Vlad, Alberto Caccia.
L’incontro rappresenta un’occasione imperdibile per tutti gli appassionati di calcio, giornalismo e narrazione sportiva. Due libri diversi ma accomunati da una stessa passione: quella per il pallone e per le storie che lo rendono eterno.
Il portiere di Ceaușescu. Helmut Duckadam, storia di un antieroe
Una storia lunga quasi quarant’anni e undici metri, la storia di quando una squadra di sconosciuti strappò il titolo più importante del calcio europeo – la Coppa dei Campioni – a una superpotenza, il Barcellona.
Era la notte magica del 7 maggio 1986 quando, nello stadio di Siviglia, Helmut Duckadam, allora ventisettenne, riuscì nell’impresa di parare tutti e quattro i rigori dei giocatori catalani consentendo alla Steaua Bucarest di laurearsi campione d’Europa, prima volta per una squadra dell’Est. Una notte di felicità per un popolo che viveva con le luci spente, senza riscaldamento e con il frigorifero vuoto.
Quando la Steaua rientrò in Romania, all’aeroporto 15 mila persone accolsero i giocatori e almeno altrettante scesero in strada per seguire il tragitto del pullman fino a Bucarest. Fu un fatto insolito per la Romania comunista, dove le manifestazioni spontanee di piazza erano vietate, ma il regime volle capitalizzare la vittoria. Il presidente Ceaușescu invitò la squadra a palazzo e Duckadam diventò per sempre l’eroe di Siviglia.
L’autore
Giornalista, inviato del tg La7. Dopo aver raccontato la suburra di Roma, la mafia e la ‘ndrangheta, due guerre in Medio Oriente, terremoti, tsunami e alluvioni, negli ultimi anni ha seguito la cronaca a Milano.
Ha vinto il premio Ilaria Alpi, il Premiolino e il premio Goffredo Parise. Ha pubblicato sette libri, incrociando spesso il calcio con la cronaca: il primo, Pistole e palloni sulla Lazio anni Settanta, ha avuto otto edizioni in quindici anni e ha ispirato la serie Sky Grande e maledetta.
Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio
Ciro Romano ci racconta le gesta dello storico portiere olandese Jongbloed, eroe dell’arancia meccanica di sua maestà Cruijff . Un viaggio dentro la vita di uno dei calciatori più importanti della sua era. Non una monografia, dimenticate i tabellini, quello che troverete in queste pagine è l’atmosfera, è l’uomo prima del calciatore, è la storia prima dei gol, è il lato nascosto del pallone. Preparatevi, riavvolgete il nastro, premete play e godetevi questa partita di carta e inchiostri, inseguendo in campo un calciatore indimenticabile. Una nuova figurina letteraria da collezionare, una nuova figurina per completare lo scaffale dei campioni.
L’autore
Ciro Romano vive a Salerno è avvocato, abilitato alle Magistrature Superiori. Guarda il calcio dall’età di tre anni, e ne scrive per testate giornalistiche e pagine social. Prima per passione, poi per motivi professionali, diventa esperto di tifo radicale. Tiene conferenze e partecipa a dibattiti pubblici per l’abolizione alle limitazioni di legge al tifo e agli spostamenti delle tifoserie.
Ha pubblicato “Volevo solo giocare a ping pong” (Caffèorchidea).
(Foto: DepositPhotos)
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