Le interviste
INTERVISTA: Davide Carrieri, Inter e derby
Davide Carrieri, tifoso dell’Inter ed opinionista televisivo di Calcissimo in onda su TopCalcio24 si racconta ai microfoni di Calciostyle.
Inter, Carrieri ed il Carrierismo

Davide Carrieri, personaggio molto amato di TopCalcio, raccontati un po’.
“Ho iniziato ad entrare nel circuito di Calcissimo precisamente un anno fa, infatti ieri per chi ha avuto la fortuna, la voglia e soprattutto il tempo di seguirci ho festeggiato l’anniversario di collaborazione con Calcissimo. Infatti mi hanno dedicato uno splendido epilogo alla puntata nel celeberrimo quarto d’ora finale di “Ignorantissimo”.
Dunque, io sono entrato un anno fa lì con una coincidenza abbastanza fortuita se vogliamo. Una mia amica è una collega di Gianluca Drammis, che entrambi fanno gli insegnanti alla scuola primaria in zona Precotto. Questa mia amica è consapevole delle mie competenze calcistiche ed ha informato Gianluca con cui mi ha messo in contatto e così ci siamo fatti una chiaccherata di circa 10 minuti nella quale mi ha confinto alla fine a provare ad andare là.
Mi ricordo ancora la prima puntata ed era il giorno dopo la vittoria dell’Inter sul campo del Viktoria Plzen nella seconda giornata della Champions League dell’anno scorso in un momento particolarmente delicato della nostra stagione, e con questo credo che abbia già rivelato la squadra per cui tifo.
Ricordo che la prima puntata a Calcissimo restò molto calda perché la Juve aveva appena perso in casa contro il Benfica compromettendo di fatto la qualificazione agli ottavi di finale dando un ultra-segnale che sarebbe stata una stagione complicata per gli uomini di Allegri.
Per cui sono arrivato ed ho incontrato per la prima volta un Gabriele Cantella particolarmente caldo che diciamo non aveva accennato nemmeno la sua versione nei confronti del tecnico toscano, per cui avevo avuto già il modo di entrare nel mood di Calcissimo“.
Da quando sei interista e come lo sei diventato?
“Sono interista da 29 anni, da quando son nato si può dire, figlio di interisti ed anche nipote di interisti. Da piccolo piccolo non ero molto interessato al calcio e non seguivo le partite regolarmente, mi appassionavo un pochino infatti i miei primi ricordi erano proprio timidi cioè li guardavo dalla televisione, ma non è che fossi particolarmente esperto quando nel 2000 l’Italia perse gli Europei in finale con la Francia.
Mi ricordo semifinale e finale perché allora era fine Giugno inizio Luglio e andavo in estate a Portofino Est. Mi ricordo mio zio che ha visto la partita non ha avuto proprio una reazione “Oxfordiana” dopo l’amaro epilogo della finale di Rotterdam.
Mi ricordo qualche cosa dei mondiali dopo in Korea. Per quanto riguarda l’Inter anche io guardavo e non guardavo, ho iniziato ad appassionarmi proprio seriamente con cognizione di causa verso la decina d’anni tant’è che l’anno dopo 2004/2005 quando andavo in 4a elementare avevo fatto la prima tessera dando inizio a una parentesi che è aperta ancora adesso e che non ho proprio intenzione di chiudere.
Anche tifando una squadra si imparano tante cose, infatti non solo per quanto riguarda l’Inter ma anche per tutte le squadre e tutti i tifosi delle squadre (almeno che non tifi Bayern Monaco che in patria vince sempre) le delusioni son sempre più delle vittorie per cui è anche un modo, se vogliamo, che ti insegna ad affrontare la vita nel fatto di dover convivere con delle delusioni
.
Anche se devo ammettere che in 20 anni di militanza, se vogliamo chiamarla così dell’Inter, mi son tolto parecchie soddisfazioni. Ho avuto comunque anche io le mie arrabbiature e le mie delusioni però, insomma, direi che mi son tolto molte soddisfazioni, infatti ho visto vincere all’Inter una 20ina di trofei negli ultimi 18 anni sperando di vederne ancora altri nel più breve tempo possibile”.
Per quanto riguarda lo stadio, la prima volta? Ci vai ancora, ci andrai?
“Allo stadio ci vado sempre! La prima volta avevo 6 anni ed era un Inter-Brescia e mi ricordo che faceva freddo. Non c’era tantissima gente ed era finita 0-0, ricordo solo che Baggio che giocava nel Brescia aveva fatto un goal di tacco che gli era stato annullato per motivi misteriosi. Questa è stata la mia prima partita.
Negli anni dopo sono andato qualche volta, appunto dal 2004/2005 andavo tutte le domeniche fino anche ad adesso. Ho iniziato negli anni d’oro del ciclo Mancini-Mourinho a frequentare anche gli altri stadi italiani ed europei. Su tutti la straordinaria cavalcata dell’Inter di Mourinho me la son vista tutta, lì andavo veramente sempre.
Prima di tutto non c’erano i prezzi esorbitanti di adesso e se facevi parte di un gruppo dei tifosi avevi veramente il biglietto e viaggio a prezzi veramente stracciati, cosa che adesso.
Infatti quando ne parlo con i miei amici per quanto mi muovevo in quegli anni là mi prendono quasi per pazzo perché con le cifre che girano adesso sembra di essere in un paradiso di avventure. Se penso che adesso devi pagare 50€ per vedere una partita nemmeno di cartello di campionato, vabbè lasciamo stare è una battaglia dove ormai sono rassegnato”.
La partita che porti di più nel cuore e che ti ricordi di più?
“Non posso non ricordarmi lo scorso Euro-Derby! Cioè, un derby di coppa, di Champions League dello scorso Maggio credo non serva neanche dire quanto sia finito! Lo ricordo perch poi alla fine la partita è andata più liscia di quanto mi aspettassi, difatti dopo i primi 10 minuti della prima partita abbiamo già ipotecato la qualificazione alla finale di Instambul.
Però io mi ricordo che c’è tutto il pregresso, tutta la settimana… Non è che non ho visto partite importanti tipo finali di champions ecc. ma quei 10 giorni son quelli che mi han segnato di più in tutta la mia vita. Infatti mi ricordo che quando non ci eravamo qualificati col Porto ai quarti di finale, che già vedevo 3 italiane in semifinale dopo tantissimi anni, iniziavo a farmi le paranoie.
Lo scorso 18 Marzo c’era a Nyon il sorteggio per i quarti di finale che rischiava di diventare un incubo perché c’erano 3 italiane su 8. Le possibilità di uno scontro tra squadre del proprio paese non dico che erano elevate ma erano quantomeno possibili.
La mia priorità era sicuramente di evitare il derby perché sapevo quello che mi avrebbe provocato interiormente e poi non avrei nemmeno voluto incontrare il Napoli . Per me una sfida tra squadre delle stesso paese nelle coppe non mi piace perché poi ti porti degli strascichi per chissà quanto tempo.
Io nelle grandi notti di coppa preferisco, anche da appassionato di calcio, misurarmi con i Top-Club europei. Poi c’erano le 3 ingiocabili che erano Real Madrid, City e Bayer Monaco e le 2 intermedie con cui potevi stare lì a giocartela che erano Chelsea e Benfica“.
Il giocatore che per te rappresenta di più l’Inter, di questa o di un’altra rosa?
“Beh, nella mia vita il nome è obbligato e si chiama Javier Zanetti, è stato nei primi 10 anni in un periodo storto, quello in cui l’Inter era tra le grandi e faceva fatica a raggiungere i risultati. Infatti più penso a Zanetti e più sento disgusto per dei personaggi di adesso che per dei soldini di commissione o questioni d’ingaggio vogliono cambiare maglia.
Lui, dato che erano 17 anni che non vincevamo il campionato, ha rifiutato club come il Real Madrid dove avrebbe avuto la possibilità di guadagnare di più e di vincere ancora di più. Ma capisco che Zanetti era un’estremità dell’altro senso e capisco che purtroppo quei tempi non ci sono più. Infatti dico sempre che col calcio di adesso le splendide avventure come quelle di Zanetti all’Inter o Totti alla Roma col calcio di adesso non sarebbero state possibili”.
Cosa ne pensi dell’attuale gestione dell’Inter e della proprietà, di Zhang?
“Quando è arrivato nel Giugno 2016 avevamo grandi speranze in lui perché si era presentato con voglia di rilanciare la società che veniva da 5-6 anni non proprio semplici. Dopo l’era Moratti c’è stato l’intermezzo dei 3-4-anni di Thohir e si è pensato più che altro a sistemare i conti però senza ottenere grandi risultati sportivi.
Infatti Thohir è riuscito a rivendere l’Inter ad un prezzo superiore a quello con cui l’aveva acquistata senza aver nemmeno mai portato l’Inter in Champions League. Con Suning dopo un primo anno 2016/2017 dove è stato un po’ così così, aveva speso tanto ma doveva ancora imparare di come si gestisce una società italiana. Quella stagione è stata una delle più complicate che io mi ricordi, infatti sono stati 3 o 4 gli allenatori sulla panchina dell’Inter.
La stagione era iniziata con Mancini che poi si era dimesso, a ferragosto era arrivato De Boer. Dopo una serie di panchine non esaltanti con la splendida parentesi del successo interno con la Juve, la Juve che poi avrebbe fatto la finale di Champions. A fine stagione è arrivato Pioli che ha fatto una striscia di partite importanti ma poi quando aveva capito che, dato il ritardo accumulato nelle prime giornate e dato il grande ritmo che tenevano Juventus, Napoli e Roma e che andavano solo 3 squadre in Champions League, la qualificazione alla massima competizione europea per l’Inter era compromessa.
Per cui i giocatori, sapendo un po’ che Spalletti era il prossimo ad dover approdare a Milano hanno un po’ mollato Pioli per cui la squadra nelle ultime partite ha sbragato. Dall’anno dopo invece con l’arrivo di Spalletti con qualche innesto intelligente si è cominciato a ragionare come si deve ed infatti la squadra è tornata in Champions League dopo 6 anni di purgatorio, infatti una delle trasferte a cui sono più legato e quella di Roma all’ultima giornata dove in una partita spareggio ci siamo qualificati a spese della Lazio di Simone Inzaghi al 4° posto.
La stagione dopo di Spalletti è stata più complicata della prima per note vicende interne alla società per il casino della questione Icardi che ha complicato la stagione della squadra che si è qualificata all’ultima giornata quell’anno ma per me aveva i mezzi per arrivarci più agevolmente.
L’anno dopo con Conte c’è stato un ulteriore step e l’Inter ha cominciato a ritornare credibile poi vincente anche ad alti livelli per quanto riguarda l’ottica nazionale. Il primo anno che poi è stato segnato dalla pandemia più di mezza stagione è stato tutto sommato positivo dove abbiamo provato a tenere il ritmo della Juve per 2/3 di campionato. L’ultima Juventus dei 9 scudetti era ancora più esperta e consolidata e noi siamo arrivati secondi.
Lì c’è stata l’amarezza ad Agosto che infatti mi ha rovinato l’ultima settimana di ferie che è stata la sconfitta in finale di Europa League che però poi è stato lo slancio per la cavalcata tricolore dell’anno dopo. E fin qui sulla parentesi di Suning non posso che non esprimermi positivamente
Dall’estate 2011 in poi col ritorno della conquista dello scudetto dopo 11 anni di attesa l’era Suning ha svoltato in senso negativo.
Data la situazione straordinaria di emergenza perché per 1 anno e mezzo tutti gli stadi erano chiusi, tutte le società hanno avuto dei bilanci disastrosi, la priorità delle società non è stato più quello del raggiungimento dell’obiettivo sportivo ma quanto quello di applicare una politica di contenimento dei costi e di maggior attenzione al bilancio.
Infatti la squadra si è a poco a poco ridimensionata e in effetti nei 2 anni successivi in ottica nazionale non ha raggiunto gli obiettivi che avrebbe potuto raggiungere.
Su tutti lo scudetto 2022 che rappresenta forse la mia maggiore amarezza. Ora, senza rinnegare quanto è stato fatto, credo che la proprietà Zhang debba passare la mano”.
Cosa ne pensi di Inzaghi come allenatore?
“Quando era arrivato era una delle soluzioni post Conte più appetibili perché o ti prendevi Allegri che era abituato a vincere gli scudetti o prendevi Inzaghi che era un allenatore voglioso di fare quello step in più dopo anni di ottimi risultati ottenuti con la Lazio.
Su di lui mi dispiace che come professionista serissimo penda la spada di Damocle dello scudetto perso del suo primo anno che ha fatto dimenticare anche le 2 coppe che sono arrivate. Noi oggi facciamo gli schizzinosi ma se mi dicevi 6 anni fa che avremmo vinto una Supercoppa contro la Juve, una contro il Milan, una coppa Italia battendo Roma Milan e Juventus dicevo, beh insomma mica male.
Secondo me lui si è riabilitato con lo splendido percorso europeo dell’annoi scorso soprattutto con la vittoria nell’euro-derby. Non avesse superato quello scoglio avremmo detto che prima ha perso uno scudetto col Milan, poi li avrebbe fatti andare in finale di Champions e forse sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso.
Invece con quello step Simone Inzaghi è diventato quasi un idolo adesso, infatti noto in questo inizio di stagione di cui sono già stato già 2 volte a S.Siro e ci ritornerò per il derby, un interismo da parte del pubblico ed un entusiasmo che non vedevo dagli anni d’oro di Mancini e Mourinho“!
Che aspettative hai per il derby e come stai vivendo questo momento?
“Come si vive di solito una settimana pre-derby, a maggior ragione quando prima di questa partita c’è la sosta di mezzo che interrompe il ritmo del campionato e ci pensi già dal giorno dopo della partita precedente, dal giorno dopo della partita con la Fiorentina.
Dopo la traumatica esperienza della semifinale dell’anno scorso sono un po’ vaccinato, parliamoci chiaro: siamo alla 4a giornata di campionato ed in ogni caso non si decide nulla. Scaramanticamente parlando e vedendo l’ultima volta cosa è successo in un derby, sabato alle ore 18:00 ed alla 4a giornata non posso che essere ottimista.
Infatti i due precedenti sono l’anno dello scudetto di Conte che abbiam perso il derby con la doppietta di Ibrahimovic appunto alla quarta giornata in cui siamo precipitati momentaneamente a -5 dai cugini e poi alla fine si sa com’è finito il campionato.
Anche l’anno scorso una delle partite traumatiche è stato il derby che abbiamo perso 3-2 in cui per 1 ora ci abbiamo capito ben poco e fatti mettere sotto dal Milan sul piano del gioco ma anche soprattutto dell’intensità cui poi ci siamo risvegliati dopo il 3-2 di Dzeko e creato poi azioni pericolose che se non fosse stato per uno strepitoso Maignan potevamo raggiungere il pareggio, poi lì la stagione sappiamo com’è finita con 2 trofei e la finale di Champions a spese dei cugini
Ho sempre approcciato al derby con sensazione positiva, è la partita che io cancellerei dal calendario se dipendesse da me ma che ci vado sempre alla fine con l’idea di andare là e facciamogli vedere che ci sappiamo fare”.
Se potessi dare un messaggio al Mr. o alla squadra per il Derby che cosa gli diresti?
“Mah, premetto che io non sono proprio la persona più adatta per lanciare messaggi specialmente per questo tipo di partita ma userei i toni come se si dovesse trattare di uno sbarco in Normandia. Gli direi di affrontarla tranquillamente perché tanto i giocatori che scenderanno in campo sono quelli che hanno affrontato i derby di questo 2023 per cui gli direi di stare tranquilli perché voi siete sempre gli stessi, sapete come giocano loro.
Siete temprati perché avete vinto derby che contavano più di questo come posta in palio. Giocatevi la partita che è solo un capitolo di una maratona dove avete tutte le possibilità di ottenere l’obiettivo che è nelle vostre corde che è quello della conquista e vittoria dello scudetto”.
Finisci di raccontare la tua scalata ed i tuoi momenti Top a Calcissimo?
“Ho avuto la fortuna di trovarmi bene sin da subito. Mi ricordo la prima volta che dicevo “cavolo magari la prima volta con la telecamera e diverse persone che ci seguono entro un po’ in soggezione” ed invece no! Infatti penso di aver fatto una buona impressione anche all’editore Fulvio Collovati altrimenti non sarei ancora qua ed a fare questa intervista probabilmente.
Ho avuto l’opportunità di conoscere settimana dopo settimana i vari componenti della squadra di Calcissimo. Per il mio modo di fare e per il mio modo di vedere il calcio e di saper partecipare alla conversazione ho creato, anche per merito dei due maestri Drammis e Cantella che sono stati bravi che sono riusciti a commentare, la celebre filosofia del “Carrierismo” che è una simpatica aurea che mi hanno dato i due che ho nominato e che consiste ad aggiungere ad ogni puntata alcuni termini e neologismi che sono stati proposti da me nelle trasmissioni e con cui abbiamo avuto la possibilità di catturare numerosi followers.
Mi capitano persone anche davanti allo stadio che mi fermano e mi chiedono di fare un selfie con loro e questo, personalmente, è anche un motivo di soddisfazione. Vuol dire che se non altro in questo anno di militanza a Calcissimo qualcosa di buono penso di averlo dimostrato”.
Hai parlato di Fulvio Collovati, cosa ne pensi di lui come sportivo e anche come editore?
“Ho avuto la fortuna di conoscerlo a Gennaio e di approfondire il rapporto con lui intervistandolo a Giugno nel periodo di calciomercato e sono molto contento di averlo conosciuto perché si è rivelato un capo molto disponibile ed è stato molto bravo a farmi sentire a mio agio perché era la mia prima intervista che rilasciavo e mi dicevo:
Cavolo intervisto uno che è stato campione del monde ha giocato nel Milan e nell’Inter, contro i più grandi giocatori degli anni ’80. Forse il miglior periodo di splendore della nostra Serie A!
Mi son sentito di ammirarlo molto per la sua tranquillità e per la sua competenza nello spiegare le varie situazioni di campo che noi da tifosi emotivi. Sono molto contento di essere entrato nella sua squadra”!
Vuoi aggiungere tu qualcosa all’intervista?
“Se devo aggiungere qualcosa devo ringraziare voi, Lucia e Beppe e altri che mi avete fatto partecipare per la prima volta Lunedì scorso ad una sorta di salotto che si chiama I TIFOSI DEI SOCIAL in cui ho avuto la possibilità di interagire con altre persone competenti.
Ringrazio Claudio che mi ha anche scritto in privato quando abbiamo finito la riunione e mi ha anche salutato in chat Mercoledì quando ero lì a Calcissimo, e con cui spero di aver fatto solo la prima di una serie di una lunga serie di puntate. So già che mi aspetteranno al varco Lunedì dopo il derby, speriamo almeno di dovermi presentare in una sitazione senza caschetto, ecco!”
Le interviste
ESCLUSIVA CS – Carlo Nervo: “Il Bologna può arrivare in Europa quest’anno ha una rosa molto competitiva. Nazionale? Ci sono troppi…”
L’ex centrocampista del Bologna Carlo Nervo (1994-2005, 2006-2007) ha parlato ai nostri microfoni della’attuale situazione dei rossoblù, sulla lotta Scudetto in Serie A e molto altro.
In un’intervista di 5 minuti, Carlo Nervo ha detto la sua su come può andare il Bologna questa stagione, parlando anche di giocatori come Bernardeschi e Orsolini, e anche dell’allenatore dei rossoblù Vincenzo Italiano.
Inoltre ha analizzato anche la situazione della Nazionale Italiana e del motivo per cui, secondo lui, gli Azzurri stanno vivendo un momento così complicato.
Di seguito, l’intervista di Carlo Nervo.
Le parole di Carlo Nervo
Dove può arrivare questo Bologna in campionato e in coppa?
“Vista espressione di gioco e i risultati, può arrivare in alto. Secondo me l’Europa dovrebbe essere la giusta posizione, però sognare non costa niente. Le altre squadre sono forti, però il Bologna li ha messi sotto”.
Secondo lei il Bologna ha bisogno di rinforzarsi nel mercato di gennaio, visti alcuni infortuni sulle fasce?
” A mio avviso, a parte gli infortuni, la rosa é completa. Immobile, al momento, é fuori ma é un giocatore forte che segna molti gol: inoltre la crescita di Bernardeschi é stata importante. Secondo me la rosa é molto competitiva, io non toccherei niente”.
Chi vince il campionato?
“Bella domanda, magari il Bologna. No, io vedo il Milan che può insidiarsi”.
Quindi Allegri con il suo Corto Muso?
“Secondo me hanno una bella rosa e un allenatore che sa vincere”.
Italiano é un pò sottovalutato come allenatore?
“No, non é sottovalutato, nel senso che lui é già in una grande squadra, perché il Bologna é una grande squadra”.

VINCENZO ITALIANO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Un aggettivo per l’allenatore e per quello che sta facendo?
“Consapevole: lui é consapevole di essere in una grande piazza”.
Orsolini? E’ un Nervo 2.0
“No, secondo me è più forte. Vede molto la porta, ma soprattutto é un ragazzo per bene che é legato alla città e alla maglia. Quindi deve continuare come sta facendo”.
Adesso nella Nazionale Italiana c’é meno abbondanza di grandi giocatori. Come si può risolvere questa cosa?
“Ai miei tempi per andare in Nazionale dovevi essere forte. Adesso fai dieci partite bene in Serie A e ti chiamano in Nazionale. Non ci sono i campioni come Del Piero e Totti: bisognerà analizzare perché non vengono fuori questi talenti qui in Italia, e valutare tutti i settori giovanili.
Poi, troppi stranieri: quando c’ero io arrivavano i top player stranieri, ora ci sono giocatori che trovi anche in Serie B, in Serie C. Hanno un cognome difficile, quindi impattano sul pubblico. E poi un’altra cosa, meno potere e procuratori”.
Le interviste
ESCLUSIVA CS – Giulio Scarpati: “La Roma non ha l’obbligo di vincere, per questo oggi vola. Gasperini ha cambiato tutto: ora la squadra corre fino al 90°”
Lo storico volto di Un Medico in Famiglia e romanista dichiarato, Giulio Scarpati ha raccontato ai nostri microfoni una vita intrecciata al giallorosso: dagli anni dell’alzabandiera sempre ammainato alle domeniche allo stadio con il fratello, fino allo sguardo lucido sulla Roma di oggi.
In una lunga intervista, Scarpati ha condiviso le sue opinioni sul lavoro di Gasperini, il momento della squadra, gli obiettivi stagionali e la crisi della Nazionale. Un dialogo sincero, appassionato, a tratti critico, che ci rivelato l’anima di un tifoso autentico, oltre che di un grande attore.
Di seguito, l’intervista di Giulio Scarpati.
Le parole di Giulio Scarpati
Ci vuole parlare del suo legame con la Roma?
“Essere tifoso della Roma significa, prima di tutto, accettare una certa dose di sofferenza. Negli anni ’60 la squadra non era certo tra le grandi. La Juventus ci passava spesso i suoi “bidoni”, giocatori ormai a fine carriera. Per fortuna, con il tempo, la società è cresciuta e si è strutturata molto meglio. La mia passione è nata grazie a mio fratello maggiore, romanista sfegatato. A casa avevamo l’alzabandiera da issare quando la Roma vinceva, ma non lo usavamo quasi mai… le vittorie erano rare, così la bandiera rimaneva per lo più ammainata. Ricordo anche che quando la Roma vinceva, ritagliavamo i titoli di giornale e li attaccavamo in camera. Da bambino andavo anche tanto spesso allo stadio con la tessera dello Junior Club, sempre assieme a mio fratello.
Da attore, poi, mi è capitato di giocare più volte con la Nazionale degli Attori, allenata da Giacomo Losi: una persona straordinaria. Mi dava ottimi consigli su come migliorare in difesa, il ruolo in cui giocavo. Io e mio fratello abbiamo sempre seguito la Roma, nel bene e nel male. Forse avremmo potuto vincere qualcosa di più, ma proprio perché si vince poco, quando succede la gioia è enorme. I festeggiamenti per uno Scudetto a Roma…a Torino se li sognano!”
Mettiamo da parte il passato e guardiamo al presente: avrebbe mai immaginato a inizio stagione questa Roma capolista?
“Assolutamente no, devo essere sincero. Però riponevo molta fiducia in Gasperini, che sa fare benissimo il suo lavoro. Si è integrato in modo sorprendente e credo che anche il lavoro miracoloso fatto da Ranieri l’anno scorso lo abbia agevolato. Peccato per quella Champions sfiorata di un punto. Chissà, magari con altre due partite ci saremmo qualificati noi al posto della Juventus… Da tifoso, comunque, sono felicissimo del percorso che stiamo facendo.”
È davvero soddisfatto in tutto?
“Beh, l’unica ombra, finora, è l’Europa League. Non stiamo brillando e migliorare la classifica sarà complicato, soprattutto con tutte le partite ravvicinate. L’obiettivo sarebbe entrare tra le prime otto, ma la vedo dura. Detto ciò, resto ottimista: per me è già molto ciò che la squadra ha fatto finora.”
Dove si nota maggiormente la mano di Gasperini?
“Ha ridato motivazione a tanti giocatori. Penso a Pellegrini, che sta vivendo una vera e propria rinascita. Anche il gioco è cambiato. Oggi le partite sono più dinamiche, divertenti, c’è una chiara volontà di dominare l’avversario – una sensazione che, con tutto il rispetto, si percepiva meno nell’era Mourinho. Gasperini è l’allenatore ideale per questo gruppo, e lo dimostra la condizione atletica: la Roma corre e pressa fino al 90°, è un miglioramento enorme. Serve però che gli attaccanti inizino a segnare con più continuità, quello resta un problema.”

GIAN PIERO GASPERINI DA INDICAZIONI AI SUOI RAGAZZI. IN EVIDENZA EL AYNAOUI E TSIMIKAS ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
La Roma ha subito solo cinque gol diventando così la miglior difesa del campionato. Come se lo spiega?
“Molto merito va a Svilar, che sta facendo miracoli. Negli ultimi anni abbiamo avuto portieri straordinari – da Alisson a Szczęsny – e lui sta seguendo quella scia. C’è poi la crescita di Mancini e, più in generale, l’organizzazione difensiva plasmata da Gasp. Non c’è un singolo leader: la forza è il gruppo. Ed è bello vedere che l’allenatore coinvolga tutti, soprattutto i giovani come Pisilli.”
Si può dire allora che Gasperini sia un allenatore che sposta gli equilibri? Guardando l’Atalanta con Juric verrebbe da pensarlo…
“Al di là del valore di Gasperini, credo che Juric abbia limiti nella gestione del gruppo. È suscettibile e comunica poco coi giocatori. Gasperini, anche quando si arrabbia, lo fa per stimolare. Juric non mi è sembrato ancora abbastanza maturo per allenare una grande squadra.”
Non teme un calo di rendimento della rosa?
“La vera incognita restano gli infortuni. Dybala è un valore assoluto, ma purtroppo non garantisce continuità. A questo si aggiunge il vincolo del fair play finanziario, che ha limitato la possibilità di intervenire sul mercato con innesti mirati. Detto ciò, apprezzo molto il lavoro della società e, in particolare, l’impronta lasciata da Ranieri: si sarà capito che ho un debole per lui! Lo stimo profondamente per come l’anno scorso è riuscito a risollevare la squadra.”
C’è qualcosa che la Roma ha più degli altri top club?
“Sì, ha un vantaggio psicologico enorme. Non ha l’obbligo di vincere sempre e comunque, come accade invece a Inter o Napoli. E questo, in campo, pesa eccome.”
Eppure, negli scontri diretti la squadra fatica…
“Diciamo che molti avversari contro cui abbiamo perso erano più attrezzati. Col Milan abbiamo sbagliato l’approccio perché siamo sì partiti fortissimo, ma non siamo mai riusciti a concretizzare. Con l’Inter il divario tecnico si è visto. Non credo ci sia un problema strutturale negli scontri diretti; piuttosto dobbiamo essere più cinici quando le occasioni capitano, perché in partite del genere non sono mai tante.”
Che idea si è fatto delle altre big del campionato?
“Sono certo che la Juventus con Spalletti adesso crescerà moltissimo. L’Inter è fortissima ma talvolta vince anche con un po’ di fortuna, ed è quella che temo di più. Il Milan mi sembra più solido dello scorso anno. Il Napoli con Conte non mollerà un centimetro: è tignoso e combatterà fino alla fine anche se ora è in difficoltà.”

L’ESULTANZA URLO DI ANTONIO CONTE DOPO IL GOL DI SPINAZZOLA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Qual è l’obiettivo minimo della Roma?
“La Coppa Italia.”
Perché proprio la Coppa Italia?
“Perché sarebbe fantastico vincere la decima.”
E l’obiettivo più grande, invece?
“Tornare a giocare in Champions. È un qualcosa di fondamentale anche a livello economico.”
Passiamo alla Nazionale. Cosa ne pensa della disfatta contro la Norvegia?
“È stata una partita strana. Nel primo tempo abbiamo fatto meglio noi, loro sembravano quasi in vacanza. Poi, quando la Norvegia ha iniziato a far valere la sua qualità, l’Italia ha perso ritmo ed è andata in blackout. Purtroppo, in Nazionale il problema è molto più profondo di quanto sembri…”
A cosa si riferisce?
“Al fatto che da anni la Nazionale non esprime un gioco convincente. I club hanno ormai un peso enorme e i raduni non sono più quelli di una volta. Spalletti, secondo me, ha fallito proprio per questo: non ha avuto il tempo necessario per costruire un’identità di gruppo.”
Che ne pensa invece di Gattuso?
“È un allenatore onesto, diretto, che dice ai giocatori ciò che pensa. Lo apprezzo molto.”
Ora che i playoff sono una realtà, ritiene che l’Italia riuscirà a supererli?
“Se incroceremo squadre meno attrezzate di noi, credo proprio di sì. E speriamo anche in un pizzico di fortuna, che non guasta mai.”

MATEO RETEGUI RAMMARICATO ( FOTO KEYPRESS )
Le bombe di Vlad
LBDV presenta: “Il portiere di Ceaușescu” e “Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio”
Domenica 16 novembre, alle ore 18.00, il Punk Roma (Via dei Durantini 18, Roma) ospiterà un evento speciale dedicato alla letteratura sportiva e alla cultura calcistica.
Protagonisti della serata saranno due firme d’eccezione: Guy Chiappaventi, giornalista di La7, autore del libro “Il portiere di Ceaușescu” (Bibliotheka Edizioni), e Ciro Romano, caporedattore di LBDV, che presenterà “Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio” (Garrincha Edizioni).
A dialogare con gli autori ci sarà Daniele Garbo, giornalista sportivo già volto di Mediaset e Direttore Editoriale di LBDV, mentre la presentazione sarà affidata al giornalista di Le Bombe di Vlad, Alberto Caccia.
L’incontro rappresenta un’occasione imperdibile per tutti gli appassionati di calcio, giornalismo e narrazione sportiva. Due libri diversi ma accomunati da una stessa passione: quella per il pallone e per le storie che lo rendono eterno.
Il portiere di Ceaușescu. Helmut Duckadam, storia di un antieroe
Una storia lunga quasi quarant’anni e undici metri, la storia di quando una squadra di sconosciuti strappò il titolo più importante del calcio europeo – la Coppa dei Campioni – a una superpotenza, il Barcellona.
Era la notte magica del 7 maggio 1986 quando, nello stadio di Siviglia, Helmut Duckadam, allora ventisettenne, riuscì nell’impresa di parare tutti e quattro i rigori dei giocatori catalani consentendo alla Steaua Bucarest di laurearsi campione d’Europa, prima volta per una squadra dell’Est. Una notte di felicità per un popolo che viveva con le luci spente, senza riscaldamento e con il frigorifero vuoto.
Quando la Steaua rientrò in Romania, all’aeroporto 15 mila persone accolsero i giocatori e almeno altrettante scesero in strada per seguire il tragitto del pullman fino a Bucarest. Fu un fatto insolito per la Romania comunista, dove le manifestazioni spontanee di piazza erano vietate, ma il regime volle capitalizzare la vittoria. Il presidente Ceaușescu invitò la squadra a palazzo e Duckadam diventò per sempre l’eroe di Siviglia.
L’autore
Giornalista, inviato del tg La7. Dopo aver raccontato la suburra di Roma, la mafia e la ‘ndrangheta, due guerre in Medio Oriente, terremoti, tsunami e alluvioni, negli ultimi anni ha seguito la cronaca a Milano.
Ha vinto il premio Ilaria Alpi, il Premiolino e il premio Goffredo Parise. Ha pubblicato sette libri, incrociando spesso il calcio con la cronaca: il primo, Pistole e palloni sulla Lazio anni Settanta, ha avuto otto edizioni in quindici anni e ha ispirato la serie Sky Grande e maledetta.
Jongbloed. Il romanzo del tabaccaio
Ciro Romano ci racconta le gesta dello storico portiere olandese Jongbloed, eroe dell’arancia meccanica di sua maestà Cruijff . Un viaggio dentro la vita di uno dei calciatori più importanti della sua era. Non una monografia, dimenticate i tabellini, quello che troverete in queste pagine è l’atmosfera, è l’uomo prima del calciatore, è la storia prima dei gol, è il lato nascosto del pallone. Preparatevi, riavvolgete il nastro, premete play e godetevi questa partita di carta e inchiostri, inseguendo in campo un calciatore indimenticabile. Una nuova figurina letteraria da collezionare, una nuova figurina per completare lo scaffale dei campioni.
L’autore
Ciro Romano vive a Salerno è avvocato, abilitato alle Magistrature Superiori. Guarda il calcio dall’età di tre anni, e ne scrive per testate giornalistiche e pagine social. Prima per passione, poi per motivi professionali, diventa esperto di tifo radicale. Tiene conferenze e partecipa a dibattiti pubblici per l’abolizione alle limitazioni di legge al tifo e agli spostamenti delle tifoserie.
Ha pubblicato “Volevo solo giocare a ping pong” (Caffèorchidea).
(Foto: DepositPhotos)
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